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Alcuni aspetti della religiosità “moderna”.

CAPITOLO SECONDO Modernità e secolarizzazione

2.2 Alcuni aspetti della religiosità “moderna”.

Abbiamo precedentemente osservato come Durkheim trovasse nella religione il fondamento morale della società, la base della coesione sociale. Nel Suicidio egli afferma che la religione è un “sistema di simboli mediante i quali la società prende consapevolezza di sé, è la maniera di pensare propria dell’essere collettivo”102. Nelle società complesse a prevalere non è il pensare collettivo ma quello individuale. In tale contesto, come abbiamo già avuto modo di evidenziare, la religione non funge più da collante sociale. La morale socialmente condivisa, fondata sulle credenze religiose, crolla e il rischio è quello dell’anomia che provoca un indebolimento dell’intera società con gravi ripercussioni anche sull’individuo. La stessa scelta di togliersi la vita, che potrebbe apparire come una decisione strettamente individuale, in realtà ha origine sociale.

Non a caso, Durkheim studia il suicidio come fatto sociale e, in base ai contesti sociali osservati, individua diversi tipi di suicidio.

La religione non risulta più adatta a tenere insieme la società e, dunque, non rappresenta più un deterrente efficace contro il suicidio. Essa viene percepita come troppo distante dalle cose di “questo mondo” per cui non riesce più a farsi valere come fondamento morale della società. Secondo Durkheim, in epoca contemporanea “la religione modera la tendenza al suicidio solo nella misura in cui impedisce all’uomo di pensare liberamente.

100 M. Weber, Economia e Società, Vol. I, op. cit., p. 38. 101

Ibidem

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Ora questo sequestro dell’intelligenza individuale è, già al presente, difficile, e lo diventerà sempre di più. … Ci rifiutiamo sempre di più di ammettere che si possa porre dei limiti alla ragione e dirle: non devi andare oltre”.103

L’individualizzazione tipica del protestantesimo, in taluni casi potrebbe portare ad uno sconfortante isolamento. A questo proposito ricordiamo ancora Franco Garelli, sociologo contemporaneo delle religioni, il quale, guardando specificatamente al cattolicesimo, sulla base delle osservazioni durkheimiane, ritiene che la fede cattolica, oggi, stia attraversando un processo di protestantizzazione104: l’individualismo che Durkheim riconosceva come caratteristica del credo protestante, diventa sempre più peculiarità anche della fede cattolica, sempre più soggettivizzata e svincolata dall’istituzione ecclesiastica, sempre più vissuta in modo personale e privato che comunitario e “pubblico”.

Nelle mutate situazioni di contesto, sia Weber, sia Durkheim, assunto l’indebolimento della forza integratrice delle grandi religioni storiche, riflettono su quali debbano essere le “nuove” credenze ai fini della coesione e dell’organizzazione sociale come se la mancanza delle “vecchie” credenze acutizzasse proprio la necessità di trovare delle credenze diverse, razionali e consapevoli, adeguate al contesto moderno.

In Weber la risposta si trova nella credenza nella legalità che avrebbe dovuto rappresentare il valore verso il quale orientare la razionalità dell’agire e sul quale basare l’organizzazione istituzionale della società.

Nelle moderne società caratterizzate da un’altissima divisione del lavoro, dove né politica, né famiglia, né religione riescono a garantire un’integrazione sociale efficiente, un modo per salvarsi dall’anomia, secondo Durkheim è la formazione di individui consapevoli del fondamento morale della società. In Educazione Morale, Durkheim partendo dall’individualismo proprio della modernità, insiste sulla necessità di formare, fin dalla fanciullezza, quindi nelle scuole, individui consapevoli del valore del legame sociale, consapevoli della “sacralità” della società, ritenendo che lo sviluppo di tale consapevolezza avrebbe portato ad un “individualismo morale” attraverso il quale rifuggire il rischio della solitudine e dell’anomia.105 Ne Il

Suicidio, Durkheim riflette poi sul valore delle corporazioni come ulteriore

possibilità di risposta ai rischi dell’individualismo moderno. Le corporazioni, come accennato nel capitolo precedente, sono composte da individui che condividono la stessa posizione lavorativa, gli stessi interessi e questo, avrebbe potuto facilitare la formazione di idee e sentimenti sociali. “Il gruppo professionale… non agisce sugli individui in modo intermittente come la società politica… segue i lavoratori ovunque si trasferiscano, cosa che la famiglia non può fare… Infine, siccome la vita professionale è quasi tutta la vita, l’azione corporativa si fa sentire in ogni dettaglio delle nostre occupazioni che vengono così orientate in senso collettivo”. 106

Ciò che conta, secondo Durkheim, è che la società sia in grado di organizzarsi in modo tale da orientare a fini collettivi e non personali le

103 Ibidem, p. 335 104

Cfr. F. Garelli, Forza della religione debolezza della fede, Il Mulino, Bologna, 1996. 105 E. Durkheim, L'educazione morale, Utet, Torino, 1969

azioni individuali, solo così si possono evitare le conseguenze negative dell’individualismo moderno.

Su questo aspetto riflette, come già accennato in precedenza, anche Simmel nel suo articolo La metropoli e la vita dello spirito comparso la prima volta nel 1903 e che rappresenta un’intensa riflessione sulle caratteristiche dell’esperienza umana nella modernità. Così come aveva già sottolineato Durkheim, anch’egli mette in luce che nella società moderna, rispetto a quella tradizionale e nei piccoli centri, rispetto alle metropoli, il controllo sociale diminuisce, si è meno vincolati gli uni gli altri e ognuno è più libero di essere se stesso. L’anonimità rende l’individuo più libero, garantisce la sua individualità, piuttosto che la sua conformità al gruppo di appartenenza, allo stesso tempo aumenta le sue responsabilità e la sua solitudine.

Per Simmel la metropoli è l’emblema della modernità, essa si distingue dalla città di provincia, sottoponendo gli individui a stimoli assai diversi con conseguenze decisive nella formazione dell’identità e nei rapporti interpersonali. “La base psicologica su cui si erge il tipo delle individualità metropolitane è l’intensificazione della vita nervosa, che è prodotta dal rapido e ininterrotto avvicendarsi di impressioni esteriori e interiori.”107 La città di provincia, invece, “è basata per lo più sulla sentimentalità e sulle relazioni affettive”.108

Nella metropoli, l’individuo è sovrastimolato, la sua vita nervosa si intensifica al punto tale da sviluppare in lui una particolare attività cerebrale che gli consente di reagire in modo efficace agli innumerevoli stimoli ricevuti: l’intelletto (verstand). “Il tipo metropolitano… si crea un organo di difesa contro lo sradicamento di cui lo minacciano i flussi e le discrepanze del suo ambiente esteriore: anziché con l’insieme dei sentimenti, reagisce essenzialmente con l’intelletto, di cui il potenziamento della coscienza, prodotto dalle medesime cause, è il presupposto psichico”.109 Si tratta di un meccanismo di protezione che l’individuo mette in atto contro la “violenza” della vita metropolitana. L’intelletto non corrisponde alla ragione (vernuft), come precisa Jedlowski “mentre la seconda è un principio che dà ordine alle conoscenze empiriche in base a domande che riguardano il loro «senso», che non rinuncia al confronto con i sentimenti e con le domande ultime sulla vita ed il valore, l’intelletto è una facoltà essenzialmente logico-combinatoria, eminentemente orientata alla calcolabilità”.110

Intellettualizzarsi corrisponde a diventare puntuali, calcolabili, oggettivi, come delle macchine; questo modo di fare e di essere è una conseguenza della logica dell’economia monetaria: “il carattere calcolatore del denaro ha introdotto nelle relazioni fra gli elementi della vita una precisione, una sicurezza nella definizione di uguaglianze e disuguaglianze, una univocità negli impegni e nei contratti, come quella che è prodotta esteriormente dalla diffusione generalizzata degli orologi da tasca”.111 Non c’è spazio per la sentimentalità, per gli istinti irrazionali, tutto deve essere rigorosamente calcolato.

107 G. Simmel, La metropoli e la vita dello spirito, op. cit. p. 36 108 Ibidem, p. 37

109 Ibidem 110

Ibidem, intr., P. Jedlowski, p. 20, 21 111 Ibidem, p. 40

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In tal senso, l’uomo che abita la metropoli è un uomo blasè, ovvero un uomo che attutisce la sua sensibilità rispetto alle differenze fra cose e persone, tutto è livellato, secondo la logica del denaro che misura le differenze qualitative in termini quantitativi, svuotando il contenuto delle cose. L’indifferenza verso i contenuti qualitativi non costituisce un tratto di superficialità dell’individuo, piuttosto esso è un meccanismo di protezione necessario e attraverso il quale Simmel spiega perché, nelle metropoli, gli individui tendono a rimanere distanti gli uni dagli altri: “se al continuo contatto esteriore con una infinità di persone dovesse corrispondere la stessa quantità di reazioni interiori che si verifica in una città di provincia… finiremmo per trovarci in una condizione psichica insostenibile”112. Sembra che Simmel voglia spiegarci, la necessità di diventare “insensibili”: l’uomo metropolita, deve, necessariamente, sviluppare la sua capacità intellettiva per vivere nella metropoli, necessariamente deve essere distaccato e freddo, non è tanto una questione di indifferenza reale, quanto un bisogno oggettivo. “La personalità dell’uomo blasé – l’abitante delle metropoli disincantato e annoiato… è considerata da Simmel il prodotto emblematico di questa costellazione di forze che spingono verso l’indifferenza nei confronti di tutta la varietà qualitativa delle cose. Ma non sfugga che questa annoiata indifferenza – cui Simmel affianca altri tratti: il riserbo e la relativa anonimità delle relazioni – è anche una forma di difesa posta in essere dall’abitante delle grandi città di fronte all’eccesso di stimoli che caratterizza la vita metropolitana: rispetto alla quantità e alla contraddittorietà di questi ultimi, la capacità di non farsi coinvolgere emotivamente è necessaria per proteggere la psiche”.113

Non si è troppo lontani da Weber e Durkheim se si pensa alle loro riflessioni teoriche sulla differenza fra comunità e associazione, società semplici e complesse, razionalizzazione e disincanto, solidarietà semplice e organica. In Weber, come in Simmel, inoltre, il cambiamento sociale trova una spinta decisiva nella sfera economica. Weber notava, specificatamente come nei paesi capitalisti il razionalismo fosse più incisivo e dilagante in ogni ambito sociale, allo stesso tempo, Simmel sottolinea che la logica dell’economia monetaria è alla base dell’intellettualismo moderno.

L’uomo blasè di Simmel, così come l’affine uomo disincantato di Weber, è calcolatore, razionale, è più libero, meno vincolato dal gruppo di appartenenza, ma allo stesso tempo più responsabile e solo.

Se è vero che la modernità apre nuove strade al soggetto e che la differenziazione sociale aumenta la libertà individuale non è detto che tale libertà sia sinonimo di realizzazione e felicità. La maggiore libertà, infatti, se da un lato rappresenta uno degli aspetti più positivi dell’epoca contemporanea, dall’altro costituisce la radice di nuovi problemi per gli individui, che si trovano in crisi di fronte alle innumerevoli possibilità di scelta e di perdita, poiché facendo una scelta piuttosto che un’altra, inevitabilmente dovranno selezionare, rinunciando a qualcosa rispetto a qualcos’altro.

I rischi che provengono dalla società industriale e dalla libertà dell’individuo moderno sono stati tenuti in considerazione, oltre che da

112 Ibidem.

Simmel e da Durkheim, come anche da molti autorevoli studiosi contemporanei, Berger innanzitutto ma anche Bauman, Beck, Giddens, Dahrendorf, Melucci.114 Così scrive quest’ultimo in proposito: “L’esperienza dell’incertezza è segnata da un paradosso, e cioè dal fatto che è impossibile non scegliere. … la scelta, che è stata associata da sempre all’idea di volontà e libertà, diventa una necessità, è cioè impossibile non scegliere tra i possibili. … Anche il non decidere è in realtà un scelta... La scelta e la decisione diventano così il nuovo fato”.115 Il “dramma” che coinvolge l’esperienza umana è quello della perdita, scegliendo qualcosa, si deve lasciare qualcos’altro e l’indecisioni potrebbe paralizzare l’individuo, non è molto diverso dal rischio a cui rispondeva Luhmann teorizzando la funzionalità e necessità dei subsistemi, fondamentali proprio per ridurre tutte le scelte esistenti in delle scelte possibili, così da costruire una sorta di bussola per il disorientato uomo d’oggi.

Viene ridisegnato ogni ambito della vita, messi in discussione i tradizionali elementi di legatura, ovvero quei “campi dell’agire umano strutturalmente precostituiti”116 su cui si fondava l’unità del soggetto e la coesione sociale.

Durkheim vedeva come conseguenza sociale estrema dei rischi provenienti dalla frenetica vita moderna il suicidio egoistico e anomico e trovava un possibile argine al fenomeno nel funzionamento delle associazioni professionali, mentre, in Simmel, l’intellettualismo rappresenta una risposta propria dell’individuo che si auto-protegge. Durkheim guarda alla società, Simmel all’individuo.

Tipico portato della modernità, come già accennato, è la secolarizzazione, concetto ambiguo e controverso che coinvolge profondamente l’oggetto di studio di questo lavoro di ricerca.

Fra le grandi rivoluzioni che hanno segnato il passaggio d’epoca dal “vecchio” al “nuovo”, la rivoluzione francese ha colpito più direttamente la religiosità, influenzando profondamente il modo di viverla e di intenderla. Così scrive, a tal proposito Rémond: “La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino e la Costituzione civile del clero, hanno inaugurato un’era nuova, la nostra”117, un’era in cui fra i diritti dell’uomo rientra quello di aderire o non aderire ad alcuna religione. È l’inizio di quella che noi conosciamo come l’era della secolarizzazione.