• Non ci sono risultati.

La tradizione religiosa del Sud d’Italia nella società contemporanea

CAPITOLO QUARTO Il contesto della ricerca

4.3 Tra fede e tradizione: il posto del sacro nel Mezzogiorno d’Italia

4.3.2 La tradizione religiosa del Sud d’Italia nella società contemporanea

Federico D’Agostino, nel 1997, condusse una ricerca sulla religiosità di una comunità del Mezzogiorno, dove emerge il forte collegamento fra religione e tradizione225.

222 Cfr. A. Cavalli, Lemma Tradizione, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Grafiche Abramo, Roma 1998

223

Cfr. Ibidem

224 Cfr. P. Fantozzi, Comunità… op. cit. 225 Cfr. F. D’Agostino, op. cit.

Il presupposto di partenza della sua analisi è che la religione sopravviva alle trasformazioni storiche e socio-culturali, non c’è quindi una fine della religione, una sua scomparsa, nonostante i continui mutamenti che si succedono nella storia della società.

D’Agostino studia la religione come sistema culturale, definendola: “sintesi delle idee, norme, credenze, simboli e valori che sono interiorizzati dall’individuo e sedimentati nel tessuto sociale, sintesi che rappresenta un quadro collettivo di ordinamento”.226

Il sistema religioso rappresenta una realtà simbolica che, sedimentata nel sistema culturale e collegata con i diversi ambiti nei quali è inserita la vita individuale e collettiva, costituisce la tradizione.

A suo parere, studiare la religiosità di un determinato contesto, significa rintracciare l’ethos collettivo delle persone che vivono in quel contesto, così scrive a tal proposito: “I valori e le motivazioni prodotte da un orientamento religioso fanno luce sulle caratteristiche della vita secolare di un popolo, sintetizzano l’ethos di questo e nella credenza e nella pratica religiosa tale ethos è reso manifesto e comprensibile”227

La religiosità non è una categoria monolitica e lineare, piuttosto, esistono diverse forme in cui essa si manifesta e prende forma. D’Agostino individua cinque tipi di religiosità: la religiosità biocosmologica, familiare, istituzionale, profetica, sommersa.

Le ultime due tipologie sono, per così dire, le più “moderne” e sono, in un certo senso, l’emblema della crisi della religiosità istituzionale.

La religiosità profetica è rappresentata dai cristiani che si impegnano nella società con il volontariato, l’assistenza, ecc. In questo tipo di religiosità, presumibilmente, rientrano quanti guardano alla chiesa come ad un’istituzione che, innanzitutto, deve scendere in campo per affrontare e risolvere le problematiche sociali evitando di rimanere chiusa fra le sue mura e fra le sue celebrazioni rituali, delle quali, comunque, non viene negata l’importanza. La religiosità sommersa, invece, comprende tutti quelli che pur dicendosi credenti non praticano i riti religiosi e non frequentano la chiesa, è la religiosità invisibile di cui hanno scritto Acquaviva e Pace228 e che riscontreremo nell’esperienza religiosa di alcuni dei nostri intervistati.

Si tratta di forme di religiosità sempre esistite ma più incisive nel contesto della secolarizzazione, dove come abbiamo in precedenza precisato, la religiosità di de-istituzionalizza e la chiesa cattolica si trova a dover affrontare le sfide provenienti da una società che, in larga misura, non la vede più come detentrice della Verità e, tantomeno, come istituzione legittimata a dire cosa è giusto e cosa è sbagliato.

Anche il Mezzogiorno d’Italia è rappresentato da questo processo di de-istituzionalizzaione il quale, se era già caratteristica del Sud, si accentua nell’epoca della secolarizzazione. Esso, tuttavia, come abbiamo già avuto modo di affermare, resta un contesto peculiare rispetto al resto d’Italia, per la presenza, ancora forte, della due prime tipologie di religiosità elencate da D’Agostino: la religiosità biocosmologica e familiare che stanno alla base della tradizione del contesto meridionale e che sottintendono l’ethos collettivo della popolazione che in quel contesto vive quotidianamente.

226 Ibidem, p. 4 227

Ibidem, p. 5

86

“La religiosità biocosmologica è il tipo di religiosità legata ai fatti della vita e agli eventi del cosmo: essa si sviluppa prevalentemente in ambiti rurali e si esprime in rituali e simboli appropriati agli stadi della vita e ai passaggi cruciali dell’esistenza. Il cosmo e i suoi eventi, il ritmo delle stagioni, il destino, alcune forme magiche, la paura legata agli eventi che non si possono controllare, costituiscono gli aspetti principali di questa religiosità”.229

Ad essa si accosta la religiosità familiare, riferita a tutti quei riti di passaggio legati ai momento cruciali dell’esistenza che si svolgono all’interno della famiglia, rivestendo un’importanza comunitaria.

La religiosità familiare, sicuramente più marcata al Sud, resta, comunque, una caratteristica italiana, come abbiamo già avuto modo di osservare, infatti, riflettendo resta ampio il coinvolgimento collettivo che, ancora oggi, riti come battesimo, matrimonio, funerali hanno in Italia.

La combinazione della religiosità biocosmologica e di quella familiare costituisce un corpo di credenze caratterizzato da tutte quelle forme devozionali che si manifestano in suggestive manifestazioni popolari, processioni, oltre che attraverso riti specifici relativi alle fasi di passaggio della vita umana che, oltre ad essere segnati dalla natura, vengono suggellati e sacralizzati attraverso riti religiosi. Questo corpo di credenze e di riti al Sud si combina, spesso, con riti magici, superstizioni, credenze popolari, talvolta, anche contrari alla dottrina ufficiale dell’istituzione ecclesiastica. Tale “ibrido religioso” tipicamente meridionale affonda le sue radici nell’intreccio della tradizione greco-cristiana della quale abbiamo già detto e rappresenta oggi, quello che D’Agostino chiama il “basso continuo religioso”, ovvero, una “religione particolaristica, emozionale e intensa, chiusa al mondo esterno;… manifestazione di una continuità culturale con un passato molto antico, una forma di cultura che non solo è pre-moderna ma anche pre-cristiana”.230

Il “basso continuo religioso” rappresenta un tratto specifico della società meridionale che è sempre rimasto sullo sfondo, nonostante i grandi mutamenti storico-sociali avvenuti nel corso del tempo. Esso caratterizza il modo di pensare e di agire individuale e collettivo, trova il suo significato in una liminalità legata ai processi generazionali, agli stadi del ciclo vitale della famiglia e della collettività, rappresenta la “religione di base” dalla quale scaturisce una specifica visione del mondo che interessa non solo l’ambito religioso ma “sconfina” in ogni ambito della vita sociale.231

Nella cultura meridionale il basso continuo religioso “non rappresenta semplicemente una polarità rispetto a una religione più formale e istituzionale. Esso è, piuttosto, intrecciato con la cultura popolare e penetra il registro più alto della vita sociale e religiosa nella vita meridionale”.232

Si tratta di una base religiosa ovvero di un orientamento di base sul mondo e sulla vita. Qualsiasi sia l’ambito considerato, “la religione viene vista in stretto rapporto con la Weltanschauung, con la visione del mondo, con i codici morali e con i modi cognitivi di confronto tra la realtà ultima e

229 F. D’Agostino, op. cit., p.9 230

Ibidem., p. 15 231 Cfr. Ibidem, p. 15-17 232 Ibidem, p. 15

gli stadi cruciali della vita, tra il substrato o la cristallizzazione dei miti e dei simboli che costituiscono il nucleo della sedimentazione culturale”.233

D’Agostino mette in luce come lo specifico modo di vivere la religiosità influisce sui comportamenti sociali, non ultimo quello politico. Egli sottolinea la grande devozione ai santi, tipica del Meridione, e trova un’analogia fra modo in cui i meridionali si rapportano al trascendente e il modo in cui essi si rapportano a tutte le altre gerarchie di potere esistenti ordinariamente nella vita “terrena”. In entrambi i casi si è alla ricerca di intermediatori: a livello religioso i santi rappresentano figure di mediazione rispetto al rapporto con Dio, il santo non viene visto come modello da imitare, piuttosto, esso viene pregato e venerato, in quanto figura taumaturgica alla quale potersi affidare in momenti particolarmente difficili. Allo stesso modo, in campo politico-istituzionale si cercano dei mediatori attraverso i quali entrare in relazione con chi sta al potere per ottenere “protezione” e sostegno.

Da questo atteggiamento che aggira le relazioni gerarchiche “dirette” nascono, secondo D’Agostino, tutte quelle forme clientelari che caratterizzano il Sud d’Italia234. Ciò che per Banfield prendeva il nome di “familismo amorale” e che per Fortunata Piselli nasceva dalla manipolazione della parentela, in questo frangente non prescinde dalla tradizione religiosa, anzi, è fortemente connesso ad essa.

Autore di attente analisi sulle peculiarità del Sud Italia è anche Ernesto de Martino, che nel suo saggio Sud e Magia235, articola delle importanti

osservazioni sui modi e le forme in cui nel Sud Italia religione e magia si intreccino costituendo il tessuto culturale di intere aree territoriali, ancora oggi.

Il ricorso ai riti magici è essenzialmente una necessità per trovare soluzione alle numerose esperienze negative alle quali continuamente si è costretti. La magia, così come la religione “lungi dall’essere luoghi culturali eminenti dell’irrazionalità, come da più parti si crede, sono invece i luoghi delle sicurezze, abitando i quali è possibile affrontare l’incertezza della vita quotidiana”.236

La storia del Sud, specialmente delle aree rurali, è storia di grande fatica, di grandi difficoltà sociali ed economiche. In tale situazione i riti “magico-religiosi” rappresentano, essenzialmente, l’unica giustificazione che permette di sopportare gli eventi negativi della vita.

Guardare alla vita come qualcosa di precondizionato, prestabilito in una dimensione metastorica, genera una rassegnazione che, in qualche modo, consola.

Anche De Martino si sofferma sull’influenza della tradizione greca nella formazioni di quelle che oggi sono specifiche pratiche di culto meridionale e sottolinea come la polemica protestante verso la chiesa cattolica si basasse anche sul paganesimo del Meridione d’Italia contrario allo spirito cristiano. Così l’autore scrive in tal proposito: “Il cattolicesimo meridionale, con le sue note di vistosità e di esteriorità e con le particolari sue accentuazioni cerimoniali e ritualistiche, ha formato un ricorrente

233 Ibidem, p. 17 234 Ibidem, p. 20 235

E. De Martino, Sud e Magia, Feltrinelli, Milano, 2003 236 Ibidem, intr. di U. Galimberti, p.4

88

oggetto di osservazione ed ha costituito uno dei bersagli elettivi nella polemica anticattolica degli scrittori protestanti”.237

Bisogna considerare, comunque, come precisa Federico D’Agostino, che “la religiosità meridionale non è solo magia; sotto l’influenza della Chiesa essa viene canalizzata verso forme devozionali, pietà, feste popolari, processioni, culto dei morti, riti di passaggio nell’ambito del ciclo vitale e familiare, con una Weltanschauung basata sull’accettazione della volontà di Dio, che può esprimere certamente anche una volontà antimagica”.238

De Martino, in più punti, sottolinea i tratti del cattolicesimo meridionale come fusione di folklore e magia. Se da un lato, questo rappresenta un elemento tradizionale di non indifferente interesse etnografico e antropologico, dall’altro, pone il Sud Italia in una situazione piuttosto ambigua rispetto al contesto della società moderna. Nella visione di questo autore, l’auspicio migliore per il contesto meridionale è che i suoi abitanti possano liberarsi dal surrogato “lume della magia”, scoprendo “l’autentica luce della ragione”.239

Fede, magia, tradizione, folklore, caratterizzano il contesto meridionale rendendolo assolutamente peculiare rispetto al resto d’Italia, nel corso del nostro lavoro cercheremo di far emergere in che modo le credenze religiose si iscrivono nella società meridionale dell’epoca contemporanea. In che modo e in che misura esse assumono i tratti tipici della secolarizzazione, se e come restano legate alla storia e, infine, se e in che modo, costituiscono ancora la base degli orientamenti di vita quotidiana.

237

Ibidem, p. 11

238F. D’Agostino, op. cit. p. 10 239 E. De Martino, op. cit., cfr. epilogo

89