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CAPITOLO TERZO

3.3 Le peculiarità del caso italiano

Guardando più specificamente al contesto italiano, Rusconi scrive: «Il fenomeno della secolarizzazione – comunque inteso – non porta affatto all’estinzione della religione o alla sua rigorosa privatizzazione, come molti studiosi anche “classici” si attendevano, ma a una fase che è chiamata post- secolare. In Italia, più che altrove, questa ripresa si traduce nell’enorme rilevanza della Chiesa-istituzione, della sua immagine pubblica in gran parte monopolizzata dalla figura e dal ruolo del pontefice, amplificati ed enfatizzati dal circuito mediatico».173

Il caso italiano, rispetto a quello europeo, è peculiare proprio per questa presenza forte della Chiesa-istituzione che apre non poche polemiche contrapponendo quanti ne denunciano l’invadenza e quanti, invece, ne rivendicano la legittima presenza nella sfera pubblica. Allo stesso tempo, resta vero, che i singoli individui, anche in Italia vivono appieno l’individualismo tipicamente odierno e, anche presso quanti si dicono credenti, è chiaramente dominante ciò che è noto come bricolage o self

service religioso, in questo consiste la specificità, o per usare ancora le

parole di Rusconi, “l’anomalia” italiana.174

Nell’analisi del cambiamento religioso, Franco Garelli pur riconoscendo che la fede cristiana non ha una dimensione di esclusività, ritiene che essa abbia ancora un ruolo decisivo e una importanza non trascurabile fra la popolazione italiana.175

Ancora secondo Garelli, il contesto italiano si contraddistingue rispetto al resto d’Europa per il mantenimento forte dell’appartenenza cattolica, seppur nelle sue diverse “versioni”. Questa tendenza conseguirebbe alle caratteristiche di un contesto sociale “carente di riferimenti culturali, in cui la gente è chiamata maggiormente a confrontarsi con la diversità culturale (…) caratterizzato da condizioni e prospettive di vita più incerte e precarie, appare plausibile che una parte della popolazione rivaluti le risorse di senso e di appartenenza che fanno parte della loro tradizione culturale e si affidi ad esse per ridurre la contingenza e le difficoltà di orientamento. … Tra queste risorse, vi è indubbiamente quella religiosa, che nel nostro contesto sociale, si presenta perlopiù con il repertorio di simboli, di pratiche di vita, di messaggi di solidarietà, di cui si compone l’esperienza cattolica”.176

Garelli descrive la religiosità italiana nel momento storico attuale affermando che essa è caratterizzata da un lato, dal fatto che la maggioranza della popolazione vive privatamente la religione e si rende autonoma dalle indicazioni della chiesa, dall’altro, dal fatto che esiste una “subcultura cattolica” che interpreta in modo convinto la propria fede e che è composta sia da militanti cattolici che da famiglie, individui che coltivano fuori dal gruppo la loro esperienza religiosa distinguendosi dall’orientamento maggioritario dei “cattolici generici”, i quali, comunque, di fronte ad

173 G. E. Rusconi, op. cit., p. 36 174

Cfr. Ibidem

175 Cfr. F. Garelli, Il pluralismo religioso in Italia, op. cit. 176 Ibidem, p. 595

avvenimenti di massa importanti, storici, “capaci di rendere evidenti le ragioni dello spirito e di celebrare il carisma di alcune grandi figure della carità e della fede”177, scendono insieme agli altri a riempire le piazze e a vivere “pubblicamente” e collettivamente la loro fede che, nella vita quotidiana, è privata e soggettiva. In questo frangente il riferimento è alla morte di Giovanni Paolo II, occasione in cui la religiosità, non solo degli italiani, con tutte le sue differenze e contraddizioni, è decisamente uscita dalle mura domestiche.

Un altro autore contemporaneo, Luca Diotallevi, ha definito il caso italiano come un “rompicapo” alla luce dei diversi aspetti che lo caratterizzano, per i diversi modi in cui i paradigmi teorici sulla secolarizzazione possano applicarsi all’Italia.178

I paradigmi teorici a cui questo si riferisce sono “l’old paradigm” e il “new paradigm”. Nel primo caso egli si riferisce a quelle teorie che leggono il processo di modernizzazione come un processo di frammentazione e destrutturazione della sfera religiosa, fino alla sua scomparsa, o meglio alla sua “evanescenza”,179 la prima forma di religiosità ad essere colpita da questo processo è quella istituzionale, ovvero la “religiosità di chiesa”. Secondo quest’analisi teorica la fine della religiosità, rappresenta la conseguenza diretta e inevitabile del processo di modernizzazione, letto come cammino dell’uomo verso l’emancipazione dai vecchi sistemi tradizionali, fra cui, quelli religiosi. In questo paradigma rientrano gli studiosi classici della modernizzazione ma anche le osservazioni di studiosi contemporanei, come Acquaviva sembrano muovere in questa direzione.

Accanto, o meglio, in opposizione all’old paradigm, Diotallevi, pone il

“new paradigm”. In questo caso non è ritenuta valida l’ipotesi secondo la

quale la religione soccomberebbe alla modernizzazione, la sua scomparsa o la sua sopravvivenza dipenderebbero, piuttosto, dalla capacità di adattarsi al cambiamento. “Modernizzazione e differenziazione sociale producono individualizzazione, individualizzazione produce personalizzazione dei consumi. Questo processo riduce sì l’audience delle singole proposte religiose, ma se in una società a modernizzazione avanzata si produce un’adeguata diversificazione dell’offerta religiosa, il consumo di questo genere di beni non cala, anzi, cresce... La crisi della religione di chiesa, soprattutto in Europa è spiegata da questi economisti della religione come

crisi di monopoli, ovvero come crisi di quelle chiese e di quelle religioni di

chiesa che hanno agito in condizione di monopolio o di quasi monopolio e/o all’interno di mercati religiosi protetti”.180

Così come Garelli, anche Diotallevi ritiene che il caso italiano rappresenti un’eccezione rispetto al resto d’Europa, in quanto l’Italia è «un paese sicuramente avanzato in cui c’è un livello di partecipazione religiosa assolutamente superiore ed inspiegabile se si considera che si tratta certamente di un monopolio o quasi-monopolio religioso (da parte della Chiesa cattolica) e senz’altro di un “mercato” religioso molto regolato (in cui

177

F. Garelli, Piazze e chiese, il cattolicesimo nella secolarizzazione, in il Mulino, n. 3, Maggio-Giugno 2005, p. 533

178 Cfr. L. Diotallevi, Il rompicapo della secolarizzazione italiana, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2001.

179

Cfr. Ibidem, p. 16 180 Ibidem, p. 17,18

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non è certo facilitato l’accesso di nuovi competitors)».181 Entrambi i paradigmi, dunque, si “inceppano” di fronte al caso italiano, proprio in questo sta il “rompicapo” che egli definisce anche alla luce di comparazioni fatte con altri casi europei come, per esempio, quello francese.182

Ciò che caratterizzerebbe l’Italia è il fatto che esso rappresenta un paese moderno, e, soprattutto modernizzato, dove la partecipazione religiosa e l’adesione, almeno formale, alla chiesa resta rilevante rispetto al panorama europeo. Non va dimenticato tuttavia, che, come emerso da alcune ricerche sulla religiosità in Italia,183 il livello dei cattolici praticanti italiani è molto diminuito rispetto al passato e la pratica stessa non è ritenuta da molti come elemento fondamentale dell’essere religiosi. È questo un dato che accomuna gli italiani agli europei, per non parlare della forte autonomia individuale rispetto alle questioni di ordine etico-morale. Allo stesso tempo, resta vero che la presenza fisica in Italia della chiesa istituzionale, rappresenta un elemento forte di tradizione culturale e che, effettivamente, contraddistingue l’Italia dagli altri paesi europei.

Detto ciò, alla luce delle osservazioni di questi autori, il cattolicesimo italiano non sarebbe in via di estinzione, piuttosto, esso sembrerebbe essersi modernizzato a sua volta, differenziandosi al suo interno, rispondendo alle sfide dell’epoca contemporanea, misurandosi con il mutamento e la differenziazione sociale.

In una parola, ciò che conta, per la “sopravvivenza” della religione è la capacità di adattamento al mutamento sociale.

In questo scenario, qual è il futuro dei cattolici? In che misura e con che intensità le diverse forme di religiosità espresse possono essere ancora orientamenti di vita? E che differenze esistono in considerazione di diverse generazioni? Sono queste le domande intorno alle quali muove la riflessione della nostra ricerca.

181 Ibidem, p.41 182

Cfr. Ibidem, pp.44 e ss.

183 Cfr. Cesareo et al. La religiosità in Italia, Mondadori, Milano, 1995; Cfr. R. Gubert, op.

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CAPITOLO QUARTO