• Non ci sono risultati.

Vantaggi e svantaggi di una conquista moderna: il contributo di Peter Berger

CAPITOLO SECONDO Modernità e secolarizzazione

2.4 Vantaggi e svantaggi di una conquista moderna: il contributo di Peter Berger

Nell’accezione bergeriana «il termine “secolarizzazione” si riferisce a processi empiricamente verificabili che rivestono una grande importanza nella moderna storia occidentale».145

Con il processo di secolarizzazione “alcuni settori della società e della cultura vengono sottratti al dominio delle istituzioni e dei simboli religiosi. Quando parliamo della società e delle istituzioni della storia occidentale moderna, la secolarizzazione si manifesta nell’evacuazione da parte delle chiese cristiane di aree precedentemente

142 H. Cox, L’epoca della città secolare, in Acquaviva, Guizzardi, op. cit. p. 214 143 Ibidem, p. 224

144

Cfr. Ibidem

58

poste sotto il loro controllo e sotto la loro influenza. … Quando parliamo di cultura e di simboli… intendiamo dire che la secolarizzazione è qualcosa di più di un semplice processo socio-culturale in quanto influenza la totalità della vita culturale e creativa, come si può osservare nel declino dei contenuti religiosi nelle arti, in filosofia, in letteratura e, importantissimo, nella promozione della scienza come prospettiva autonoma, interamente secolare sul mondo.”146 In riferimento specifico alla religione egli definisce la secolarizzazione come un processo che provoca una perdita di autorevolezza della religione, sia a livello istituzionale che a livello della coscienza individuale.147

È proprio su questo aspetto che Berger pone l’attenzione. Ne La Sacra

Volta egli insiste in più punti nel descrivere la religiosità contemporanea

come “retorica pubblica e virtù privata”148.

Berger trova che l’epicentro originario della secolarizzazione sia nella sfera economica e, nello specifico, nello sviluppo e nella diffusione dei processi capitalistici e industriali.

Nel nuovo contesto industriale e capitalista, diffusosi a partire dai primi anni dell’Ottocento, la religione si “polarizza” tra lo Stato e la Famiglia, ovvero fra l’ambito pubblico e quello privato. Se nell’epoca pre- industriale anche l’attività pubblica era carica di contenuti religiosi, con l’avvento della modernità gli apparati pubblici tendono ad emanciparsi dalla sfera religiosa affermando la propria autonomia. Nell’ambito familiare, la religione continua ad avere un certo rilievo e continua ad essere fonte di giustificazione “oggettiva” delle attività quotidiane che avvengono in ambito domestico. Ad ogni modo, la sfera del sacro, il modo in cui essa è vissuta e intesa non resta indenne dai grandi cambiamenti sociali portati dalla modernità. Individualismo e pluralismo, tipici tratti moderni che hanno alterato l’organizzazione sociale in ogni ambito incidono fortemente anche nella sfera religiosa, dando forma ad una religione con tratti specifici dell’epoca in cui viviamo. La religione è individualizzata, questo significa che essa è oggetto di scelta o di preferenza dell’individuo e il volere “privatamente” la religione fa sì che essa cessi di interferire negli altri ambiti della vita sociale. D’altro canto il pluralismo ha portato ad una “demonopolizzazione” delle tradizioni religiose e, di conseguenza, ad una fragilità dell’appartenenza religiosa. «La chiave di ogni situazione pluralistica, quali che siano i dettagli del suo background storico, sta nel fatto che gli ex-monopoli religiosi non possono più accettare per concessa la fedeltà delle popolazioni clienti. La fedeltà è volontaria e quindi, per definizione, non esattamente sicura. Come risultato, la tradizione religiosa, che prima poteva venire imposta d’autorità, deve ora essere mercanteggiata. Deve essere “venduta” ad una clientela che non è più costretta “ comperare”».149

Dalla situazione pluralista in cui viviamo sorge il problema dell’ecumenismo, ma il pluralismo non è solo fra diverse religioni, esso è

146 Ibidem, p. 119, 120.

147 Cfr. P. Berger, L’imperativo eretico, Elle Di Ci, Torino, 1987, p. 60 148

Cfr. P. Berger,, La sacra volta, op. cit., p. 147

149 P. Berger, Secolarizzazione plausibilità della religione, in Acquaviva, Guizzardi, op.

presente anche all’interno delle singole religioni controllate in base alle “preferenze di ogni singolo consumatore”.150 Il linguaggio utilizzato da Berger, è volutamente economicista, ad indicare la pervasività della logica economicista in ogni ambito sociale della società odierna, dove scegliere in quali valori credere, non ultimi i valori religiosi, è come andare al supermercato, i clienti-credenti non “comprano” più tutto il pacchetto offerto dalle istituzioni religiose tradizionali, ma prendono solo ciò che a loro serve, tralasciando ciò che, invece, sembra meno congeniale alle proprie esigenze personali. A questo stato di cose, le istituzioni religiose, intese come “strutture di plausibilità”, si indeboliscono e reagiscono tentando di adeguarsi alle esigenze e ai bisogni privati degli individui.

La religione cessa di essere il “nomos” che rappresentava il fondamento ultimo di giustificazione della realtà. «Ciò che prima veniva dato per scontato come una realtà auto-evidente ora può essere raggiunto solo come uno sforzo deliberato, un atto di “fede”, il quale per definizione dovrà superare dubbi che permangono sopiti sullo sfondo».151 Le istituzioni religiose non hanno più l’appoggio della società, questo implica che esse non hanno più la funzione del consolidamento sociale e, quindi, non sono più durevoli e stabili.

Se nella prima parte del suo lavoro Berger, parlando di “nomizzazione” e “cosmizzazione”, indicava come i contenuti religiosi, interiorizzati tramite i processi di socializzazione, esteriorizzati e oggettivati, costituissero il fondamento oggettivo ultimo della società, in seguito, affrontando le problematiche dell’epoca contemporanea, si sofferma sul fatto che “I contenuti religiosi vengono «de-oggettivati», cioè, privati della loro condizione di realtà data per scontata, oggettivata nella coscienza. Essi vengono «soggettivati» in un duplice senso: la loro «realtà» … viene sentita come radicata nella coscienza del singolo anziché nella fatticità del mondo esterno. La religione non si riferisce più al cosmo o alla storia ma alla esistenza psicologica individuale”.152

In questo senso, la religione smette di accomunare, cessa di essere fattore di unione collettiva, si svuota il suo significato originario di collante

sociale.

Berger contribuisce in modo decisivo al dibattito sulla secolarizzazione anche in L’Imperativo eretico, dove sostiene la tesi secondo cui nella società moderna la soggettivizzazione e la privatizzazione del fenomeno religioso costringono sempre di più ad essere “eretici”. Il termine eretico è utilizzato dall’autore con il significato strettamente etimologico, così egli scrive: «La parola eresia deriva dal greco hairein, che vuol dire “scegliere”; originariamente un’hairesis significava molto semplicemente il decidersi per una scelta»153.

Berger individua tre possibili forme di religiosità: una deduttiva caratterizzata da un’autorità conferitagli dal passato, una forma di religiosità, dunque, sulla quale non si riflette e che si prende così come viene consegnata; una seconda forma è quella riduttiva, dove i valori religiosi vengono interpretati alla luce dei principi della secolarizzazione. La terza

150 Ibidem. 151 Ibidem, p. 129 152

Ibidem, p. 130

60

forma, è definita da Berger come religiosità induttiva. Su quest’ultima forma di religiosità ruota tutto il suo testo.

Si tratta di una religiosità fondata sull’esperienza diretta dell’individuo, che nella modernità si apre a plurali interpretazioni delle diverse opzioni possibili.

Ciò che contraddistingue l’uomo moderno è la sua libertà di scelta derivante dagli spazi che si sono aperti all’individualismo. Come abbiamo visto con Durkheim, Weber e Simmel: “L’uomo moderno vive in un mondo di scelta, in netto contrasto con il mondo di fato abitato dall’uomo tradizionale. ... Ciò che caratterizza la modernità è quindi la possibilità di progettare la propria vita, al prezzo della solitudine che ognuno prova di fronte alla responsabilità delle proprie scelte, così continua Berger a tal proposito: “Il passaggio dal fato alla scelta viene esperito in modo fortemente ambivalente: da una parte è una grande liberazione; dall’altra è ansia, alienazione, persino terrore”.154 La necessità della scelta è tipicamente moderna, non riguarda solo la sfera religiosa ma ogni ambito della vita sociale partendo dalle più semplici, fino alle più complicate scelte di vita. Questo non significa che l’uomo “premoderno” non scegliesse affatto o non si fermasse mai a riflettere o non avesse dei dubbi religiosi, così come non è detto che tutti gli uomini moderni siano assaliti dal dubbio incessante, Berger non fa distinzioni assolute che rischierebbero di essere fuorvianti, ciò che egli afferma è che “nelle situazioni premoderne c’è un mondo di certezza religiosa, occasionalmente rotta dalle devianze eretiche. Al contrario, la situazione moderna è un mondo di incertezza religiosa, occasionalmente tenuta a bada da costruzioni di affermazione religiosa più o meno precarie;… per l’uomo premoderno, l’eresia è una possibilità, di solito piuttosto remota; per l’uomo moderno, l’eresia diventa tipicamente una necessità. O ancora, la modernità crea una nuova situazione in cui scegliere diventa un imperativo”.155

Molto vicina alle considerazioni Bergeriana anche Carmen Leccardi che scrive: “In quanto fondamento dell’identità personale la scelta è anche, com’è noto, una dimensione squisitamente moderna. Ed è solo in epoca moderna che scegliere il proprio avvenire diventa al tempo stesso un imperativo e un’operazione via via più complessa in ragione, anzitutto, della crescente incertezza del futuro sociale”.156

In questo senso modernizzazione e soggettivazione sono strettamente congiunte e correlate alla libertà di scelta, alla riflessione, alla possibilità di progettare la propria vita, di costruire la propria biografia con il rischio di sentirsi schiacciati dalle proprie responsabilità e dall’ansia di fare la scelta sbagliata. Più specificatamente, in riferimento alla secolarizzazione, quello che emerge dall’analisi bergeriana non è un concetto negativo, né positivo, né catastrofico, né liberatore, piuttosto esso attiene alla precisa libertà di scelta anche in campo religioso che, da un lato, mina alla stabilità e alla autorevolezza delle tradizionali istituzioni religiose, dall’altro rende più riflessivo il soggetto e, forse, più sentita e autentica la sua scelta di fede.

154 Ibidem, p. 56 155

Ibidem, p. 61

156 C. Leccardi, Crescere nel Mezzogiorno, Rubbettino, Soveria Mannelli 1994, pp. 109- 110

È questo lo scenario di riferimento della nostra ricerca caratterizzato per il suo essere variegato, frammentato, incerto, complesso… in tale contesto la religione è ancora capace di offrire unità e certezze? Ma soprattutto, il moderno uomo d’occidente cerca ancora nella religione delle risposte ultime?

Certo è che gli effetti della modernizzazione arrivano, direttamente o indirettamente, ovunque, influenzando le scelte individuali. Questa considerazione vale ancora di più se ci si riferisce ai valori, come nel nostro caso ai sistemi di valori, intesi come principi guida che “indirizzano aspirazioni, atteggiamenti, orientamenti valutativi e normativi”157 e che, quindi, hanno un ruolo decisivo sugli orientamenti della vita quotidiana. Ci sono ancora fra questi principi guida elementi da rintracciare nella religione o anch’essi si sono totalmente laicizzati e secolarizzati? La religione è destinata a scomparire, a ritornare, o, è sempre rimasta lì, seppur modificandosi così come tutti gli altri ambiti sociali in cui l’individuo vive e agisce? Sicuramente la religione di chiesa è in crisi, sicuramente gli individui sono più liberi e consapevoli delle loro scelte anche quando queste contraddicono le indicazioni ufficiali della chiesa, ma quest’ultima continua a confrontarsi con la modernità affermando la validità dei propri principi anche e soprattutto nel mondo odierno. Sono elementi che convivono e che non si escludono, piuttosto, arricchiscono e rendono decisamente interessante la riflessione sociologica.

Le analisi sulla secolarizzazione fanno capo ad una macro-teoria, se così possiamo definirla, che fa capo ai classici e che considera la secolarizzazione come processo di laicizzazione delle sfere sociali, che si svincolano dalle sfere tipicamente religiose e si rendono indipendenti da esse. Partendo da questa base teorica, si sono sviluppate nel tempo delle “sotto-teorie” in base alle quali alcuni considerano e interpretano la secolarizzazione come progressivo e inevitabile declino della religione che porterebbe, fase dopo fase, all’emancipazione razionale dell’uomo; altri, invece, leggono tale processo essenzialmente come processo di privatizzazione e de-istituzionalizzazione della religione che, quindi, non finirebbe per sparire, piuttosto si trasformerebbe, dando vita a nuove forme di esperienza religiosa.

Si può considerare la secolarizzazione come esito processo di crisi e di declino della religione, come processo che conduce alla società multiculturale e multireligiosa, come processo di de-istituzionalizzazione e di affermazione di una sola religiosità extra-ecclesiale o come processo di differenziazione fra religioni e all’interno della stessa religione. Ad un diverso modo di leggere e interpretare la secolarizzazione e gli effetti che essa sulla vita sociale, corrispondono naturalmente, diverse interpretazioni anche in merito a come essa si presenta in diversi contesti.

Di seguito, ci soffermeremo a riflettere sulle specificità del caso italiano, rappresentando esso lo scenario di riferimento della nostra ricerca: un contesto ambivalente e variegato, poiché, per alcuni tratti è in linea con il

trend europeo, ma, per altri, è caratterizzato da elementi propri che lo

distinguono dal resto d’Europa.

157

R. Gubert, La via italiana alla postmodernità, verso una nuova architettura dei valori, Franco Angeli, Milano, 2000, p.16.

62