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L’art. 188-bis, comma 4, non potrebbe essere più chiaro: “il soggetto che non aderisce al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui al comma 2, lett. a), deve adempiere agli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico di cui all’art. 190 […]”. È chiara, pertanto, la natura alternativa e binaria del sistema di tracciabilità dei rifiuti: coloro che non aderiscono al sistema informatico devono conformarsi alle previsioni normative al sistema cartaceo.

Per quanto ovvia e scontata possa apparire questa considerazione, purtroppo non è completamente vera: da un lato l’esistenza di varie ipotesi di esclusione dall’operatività della disciplina, dall’altro lato una redazione normativa poco sistematica ed organica, danno vita a complessi problemi inerenti alla portata soggettiva della disposizione di riferimento155. Da

153 S.SASSONE, La gestione documentale dei rifiuti e il sistema di tracciabilità SISTRI, EPC

editore, 2015, p. 23.

154 M.BENOZZO, La gestione dei rifiuti, in Commento al Codice dell’ambiente, 2013, p. 624 155 Problemi di questa portata, ad esempio, si rinvengono in dottrina sin dal 1997. In

particolare, si v.: B.ALBERTAZZI, Registri di carico e scarico: problemi applicativi, in Ambiente, n. 11/1997, p.857. In questo scritto l’autore tratta il tema relativo all’immediata applicabilità o meno del disposto dell’art. 12 del decreto Ronchi ed all’individuazione dei soggetti destinatari del precetto ponendo l’attenzione, specificamente, su quattro categorie di soggetti: coloro che, nel nuovo regime, venivano esclusi dall’obbligo di tenuta dei registri a cui erano invece sottoposti nel regime previgente; coloro che risultavano esclusi dall’obbligo di tenuta dei registri nel regime previgente e che vengono assoggettati a tale obbligo dal decreto citato; coloro che risultavano trovarsi in situazioni soggettivamente ed oggettivamente coincidenti con quelle cui erano applicabili le normative previgenti; coloro che risultavano solo soggettivamente (e non anche oggettivamente) coincidenti con quelli a cui erano applicabili le normative previgenti. Aldilà delle specifiche conclusioni, l’A. afferma che “ (il decreto Ronchi), pur essendo stato emanato con finalità di semplificazione del corpus normativo nazionale, nell’ambito della gestione dei rifiuti, sta creando agli operatori del settori enormi problemi interpretativi ed applicativi”.

questo punto di vista, infatti, l’art. 190 è stato nel tempo oggetto di numerosi interventi normativi che hanno riguardato, in particolare modo, proprio il tema dei soggetti obbligati ed esclusi alla tenuta dei registri.

Il percorso evolutivo di questa disposizione parte con la riproposizione, pressoché pedissequa, dell’abrogato art. 12, decreto Ronchi, e si conclude, in seguito alle modifiche apportate ex art.11, comma 12-bis, d.l.101/2013, con l’attuale formulazione, finalizzata a rendere compatibile la sussistenza del sistema cartaceo con quello informatico e ad evitare la duplicazione delle informazioni già nella disponibilità del Catasto dei rifiuti attraverso l’interconnessione e l’interoperabilità del Catasto telematico con il Sistri ed il Sitra; nel mezzo ci sono stati interventi volti a modificarne il contenuto seppur, in alcuni casi, in misura notevolmente ristretta156.

Ai sensi della formulazione previgente al d.lgs. 205/2010 (c.d. quarto correttivo), pressoché identica alla formulazione originaria del 2006, a sua volta ripresa dal decreto Ronchi, l’art. 190, comma 1, prevedeva che “i soggetti di cui all’art. 189, comma 3 hanno l’obbligo di tenere un registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti, da utilizzare ai fini della comunicazione annuale al Catasto. I soggetti che producono rifiuti non pericolosi di cui all’art. 184, comma 3, lett. c), d) e g), hanno l’obbligo di tenere un registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti”.

È evidente, dunque, che nella vigenza di questa formulazione l’ambito soggettivo dell’art. 190 in esame veniva individuato, innanzitutto, tramite un rinvio a due norme del medesimo Codice dell’Ambiente: l’art. 183, comma 3, relativo ai soggetti obbligati a comunicare, annualmente, le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti gestiti al Catasto dei rifiuti tramite il c.d. MUD, come modificato dal d.lgs. 4/2008, art. 24, comma 24; l’art. 184, comma 3, lett. c), d) e g) relativa alla classificazione dei rifiuti secondo il criterio dell’origine e della pericolosità. Pertanto, le categorie soggette all’obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico erano identificate: in chiunque effettuasse a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti; nei commercianti ed intermediari di rifiuti senza detenzione; nelle imprese ed enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti; nelle imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi; nelle imprese ed enti produttori di rifiuti non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali, da lavorazioni artigianali, da attività di recupero e smaltimento di rifiuti, fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla

156 Si fa riferimento ai seguenti atti: d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4; d.lgs. 29 giugno 2010, n.

depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi; negl’imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 del codice civile, con un volume di affari annuo non superiore a euro ottomila, produttori di rifiuti. In riferimento a quest’ultima categoria, peraltro occorre fare una riflessione ad hoc: è evidente che l’art. 189, comma 3, non distingue a seconda che vengano prodotti rifiuti pericolosi o non, ma in forza di un’ordinanza della Corte europea di Giustizia, che ha ribadito l’obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico per tutti i produttori di rifiuti pericolosi, indipendentemente dalla forma giuridica sotto la quale viene svolta l’attività, parte della dottrina italiana ha ritenuto che gli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 c.c. con un volume di affari annuo non superiore a 8000,00 euro, e che producono rifiuti pericolosi dovessero tenere il registro di carico e scarico; viceversa, qualora avessero prodotto rifiuti non pericolosi, gli stessi sarebbero rientrati nell’ambito di operatività del predetto limite.157 Come ho già sottolineato questa formulazione dell’art.190, comma 1, è rimasta inalterata fino alle modifiche apportate dall’art. 11, comma 12-bis, d.l. 31 agosto 2013, n. 101 che ne ha riscritto totalmente il contenuto. Alla luce delle novità introdotte nel 2013, e confermate dagli ulteriori interventi modificativi che, pur andando a “ritoccare” in maniera seppur minima la disciplina generale dei registri, hanno lasciato inalterato il primo comma, sono soggetti obbligati alla compilazione e tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti: gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi; gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali non pericolosi di cui alla lett. c), d) e g) del comma 3 dell’art. 184; gli altri detentori di rifiuti, quali enti e imprese che raccolgono e trasportano rifiuti o che effettuano operazioni di preparazione per il riutilizzo e di trattamento, recupero e smaltimento; in caso di trasporto intermodale, i soggetti ai quali sono affidati i rifiuti speciali in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’impresa navale o ferroviaria o dell’impresa che effettua il successivo trasporto; gli intermediari ed i commercianti di rifiuti; gli imprenditori agricoli ex art. 2135 c.c. produttori iniziali di rifiuti pericolosi; i produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o impresa (che adempiono all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico conservando il documento rilasciato dal trasportatore dei rifiuti stessi).

Dal confronto fra le due disposizioni emergono, dunque, alcune riflessioni. Innanzitutto, sotto molti punti di vista, esse coincidono perché, seppur la nuova formulazione non ricorre allo

157 In questo senso si esprime, ad es., S.MAGLIA, Le ultime novità introdotte dal secondo

decreto correttivo in tema di MUD, registri e formulari, in Ambiente & Sviluppo, fasc. 6, 2008, p.521. Di altro avviso, invece, P.FICCO, in “Produttori, come gestire i rifiuti speciali”, Edizioni Ambiente, p.34 laddove ritiene che il limite minimo rappresentato dagli 8000,00 euro di volume d’affari si applichi anche ai rifiuti pericolosi.

strumento del rinvio formale158 all’art. 189, comma 3, entrambe continuano a prevedere le stesse categorie di soggetti obbligati. Le minime modifiche sono, in buona sostanza, introdotte per “ratificare” innovazioni legislative intervenute fra il 2008 ed il 2013 (si veda, ad esempio, il caso del trasporto intermodale). L’unico cambiamento da sottolineare è rappresentato dagli imprenditori agricoli perché è evidente che, nella nuova disciplina, non trova applicazione il limite minimo degli ottomila euro del volume dei loro affari precedentemente previsto: ad oggi, questi, laddove siano produttori iniziali di rifiuti pericolosi (ratificando, in questo modo, la posizione della precedente dottrina citata), devono adempiere “all’obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico o con la conservazione progressiva per tre anni del formulario di identificazione di cui all’art. 193, comma 1, relativo al trasporto di rifiuti, o della copia della scheda del Sistri oppure con la conservazione per tre anni del documento di conferimento di rifiuti pericolosi, rilasciato dal soggetto che provvede alla provvede alla raccolta di detti rifiuti nell’ambito del “circuito organizzato di raccolta” di cui all’art. 183, comma 1, lettera pp” (art. 190, coma 1-ter).

Le maggiori differenze tra le due formulazioni, invece, sussistono nell’ambito dell’esclusione dall’obbligo di tenere i citati registri. Alla luce, infatti, del combinato disposto fra l’art. 189 e l’art.190, nel testo previgente al d.lgs. 205/2010, i soggetti esclusi dalla tenuta del registro erano identificati: negli imprenditori agricoli, di cui all’art. 2135 c.c, produttori iniziali di rifiuti non pericolosi e con un volume di affari annuo non superiore a euro 8000,00; nelle imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi, di cui all’art.212, comma 8; nelle imprese ed enti produttori iniziali, che non hanno più di 10 dipendenti, per i soli rifiuti non pericolosi; nei soggetti indicati dal comma 8, art. 190, a condizione che dispongano di evidenze documentali o contabili con analoghe funzioni. L’attuale disposizione, invece, riduce l’individuazione dei soggetti svincolati dall’obbligo di tenuta dei registri a soli due commi dell’art. 190: il comma 1-bis ed il comma 9. In ragione di queste ultime norme, dunque, ad oggi sono esclusi dall’ambito applicativo dell’art. 190: le attività di raccolta e trasporto di propri rifiuti speciali non pericolosi effettuati dagli enti ed imprese produttori iniziali; le operazioni di gestione dei centri di raccolta di cui all’art. 183, comma 1, lett. mm), limitatamente ai rifiuti non pericolosi; gli enti e le imprese obbligati o che aderiscono volontariamente al Sistri.

158 In tema di rinvio formale si veda, ad es.: “Rinvio statico o dinamico?”, ricerca a cura

dell’unità FIRB dell’università di Genova, responsabile prof. P.COSTANZO, 2015, consultabile all’indirizzo web http://www.costituzionale.unige.it/dottorato/Rinvio.html.