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A rigore di completezza, c’è da aggiungere che il sistema, che evidentemente presenta notevoli profili di difficoltà ed incertezza, è reso ancora più complesso dalla coesistenza, al fianco della definizione di produttore, della nozione di “detentore del rifiuto”. Si tratta di una nozione che “né la direttiva né in generale il diritto comunitario definiscono”132 e la cui portata può essere tratta esclusivamente dalle fonti del diritto nazionale. Ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. h), d.lgs. 152/2006, il detentore è “il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso” ed esso è destinatario delle medesime disposizioni che prevedono poteri, obblighi e responsabilità per il produttore. È evidente che, “rimanendo su un piano letterale, emerge che il detentore dei rifiuti è (recte, può essere) anche produttore”133; infatti il trasportatore o il destinatario del rifiuto non lo hanno prodotto, ma ne sono detentori. Dunque,

130 Traggo l’espressione da A.PIEROBON, “Decreto legge “salva ILVA – Fincantieri”: ma

non solo. Le novità”, consultabile in www.lexambiente.com, 23 luglio 2015.

131 Intervento auspicato da gran parte della dottrina, su tutti: O.H.KASSIM, ult.op.cit., p.145 132 Così l’avv. gen. Kokott, nelle conclusioni per la causa C-1/03, Regione Bruxelles c./

Texaco e Van de Walle, sent. Corte Giust. 7 settembre 2004.

133 M.BUSÀ-P.COSTANTINO, “La disciplina dei rifiuti. Prontuario tecnico-giuridico”,

la nozione di “detentore” ha carattere residuale ed ampio134 nel senso che finisce con il ricomprendere tutti i soggetti, che svolgono attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, che si trovino in “possesso” del bene.

Alla luce di queste premesse, è chiaro che il “legislatore, errando, considera la nozione giuridica di detentore come equivalente di possessore, che nel nostro codice civile identifica una posizione giuridica ben diversamente qualificata”135. Occorre, pertanto, una brevissima riflessione in ordine alle interazioni tra possesso e detenzione, anche e soprattutto per comprendere che la responsabilità permane sempre in capo al soggetto che detiene i rifiuti, a prescindere dal c.d. animus possidendi che caratterizza il possesso. Quindi, anche se la definizione di detentore è formulata con riguardo al possesso dei rifiuti (e non alla detenzione), questo non significa che la responsabilità per la loro gestione dipenda solo ed esclusivamente dalla sussistenza degli elementi costitutivi del possesso.

L’art. 1140 c.c. stabilisce che “il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa”. La detenzione, dunque, rappresenta la materiale disponibilità di una cosa. Gli elementi costitutivi del possesso, invece, possono essere identificati in uno di carattere oggettivo, il corpus possessionis, che si identifica con il comportamento di chi svolge un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale, ed in uno di carattere soggettivo, il c.d. animus possidendi, che si identifica con la intenzione di tenere la cosa come proprietario o titolare di un altro diritto reale e che permette di distinguere il possesso dalla detenzione. Per questi motivi il detentore, nei fatti, si comporta come il possessore. La differenza sta tutta nell’animus, perché il detentore esercita il potere sulla cosa con la consapevolezza di non voler tenerla come titolare di un diritto reale, ma per ragioni diversi; in sintesi, la detenzione è una sorta di “possesso depotenziato” in cui, esteriormente, il soggetto si comporta come un possessore, ma non ha l’animus poiché è consapevole e cosciente che la cosa è di altri. In ordine ai rifiuti, l’individuazione dello status di detentore o possessore non rileva, poiché si prescinde dalla effettiva esistenza dell’animus possidendi avendo invece riguardo al mero fatto

134 Cfr. Cass. Pen., Sez. III, 27 gennaio 2004, n. 2662 “la nozione di detentore ha carattere

residuale ed ampio e finisce con il ricomprendere tutti i soggetti che svolgono attività di raccolta, di trasporto, di recupero, di smaltimento, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, in quanto la nuova disciplina, in conformità con il principio “chi inquina paga” pone a carico del detentore gli oneri relativi allo smaltimento”.

della detenzione. “Per questo motivo, nell’ambito della gestione dei rifiuti, la categoria del possessore rientra in quella del detentore”136.

136 P.FICCO, “Produttore e detentore dei rifiuti: individuazione”, in Gestire i rifiuti tra legge

CAPITOLO IV

LA TRACCIABILITÀ DEI RIFIUTI

1.

Introduzione alla disciplina giuridica della tracciabilità dei rifiuti in Italia.

Le pressioni comunitarie relative all’introduzione di sistemi appropriati di sorveglianza relativi al ciclo dei rifiuti, con particolare riferimento al settore della gestione e dello smaltimento dei rifiuti pericolosi, nascono dalla ferma convinzione che un effettivo controllo di tale ciclo importi vantaggi non solo in termini di riduzione del danno ambientale, ma anche in termini di eliminazione di forme di concorrenza sleale tra imprese.

Sin dall’art.14 della direttiva quadro 91/156/CEE, infatti, il legislatore comunitario aveva previsto l’obbligo per un insieme limitato di soggetti di tenere un registro, da fornire, dietro richiesta, alle autorità competenti, in cui fossero indicati la quantità, la natura, l’origine nonché, se opportuno, la destinazione, la frequenza della raccolta, il mezzo di trasporto ed il modo di trattamento dei rifiuti.

Attraverso il recepimento congiunto nell’ordinamento interno della sopracitata direttiva e di quelle relative ai rifiuti pericolosi (dir. 91/689/CEE) ed agli imballaggi (dir. 94/62/CEE, la c.d. “packaging 1”), mediante l’art.12, d.lgs. n. 22/1997 (il c.d. “Decreto Ronchi”) si introduceva nell’ordinamento italiano il “registro di carico e scarico”, mentre con il successivo art. 15 veniva previsto il “formulario di identificazione dei rifiuti”. Il primo rappresentava il documento all’interno del quale il soggetto, obbligato a farlo, doveva annotare le caratteristiche salienti del rifiuto preso in carico, assumendosi la responsabilità riguardante la sua gestione (carico) e successivamente la decadenza della medesima (scarico); il secondo, invece, rappresentava il documento che, salve talune situazioni, doveva sempre accompagnare la movimentazione dei rifiuti e recava sia le caratteristiche salienti del rifiuto che quelle riguardanti il trasporto.

Questi strumenti di tracciabilità del rifiuto sono “sopravvissuti” alla riforma realizzata con il Testo Unico Ambientale (d.lgs. 152/2006) che, alla quarta parte, così come indicato agli artt. 190 e 193, prescrive che essi vengano tuttora utilizzati per tracciare alcune tipologie di rifiuti. I registri di carico e scarico ed i formulari di identificazione dei rifiuti costituiscono dunque i documenti che attualmente occorre compilare durante il corso della gestione dei rifiuti da parte di taluni operatori indicati dalla normativa citata. A questi si aggiunge anche il Modello Unico di dichiarazione, o MUD, “da compilare a consuntivo nell’anno “x+1” ed avente come oggetto i dati riguardanti quantità e qualità dei rifiuti gestiti nel corso dell’esercizio amministrativo

“x”137. Pertanto questi tre documenti costituiscono il c.d. “modello cartaceo di tracciabilità” così definito in relazione alla trascrizione delle annotazioni sui primi due documenti citati, in forma cartacea, e, in taluni casi particolari, del terzo.

Tuttavia a completare le attività di tracciamento, alla luce delle numerose sospensioni e riduzioni dei soggetti obbligati/chiamati ad applicarne le procedure (progressivamente ridotti in quantità e qualità nel corso del tempo), con D.M. Ambiente del 17 dicembre 2009 è stato istituito il sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti (c.d. SISTRI), che nelle intenzioni del legislatore doveva sostituire il previgente modello cartaceo di tracciabilità a favore di un modello totalmente informatizzato, ma che, invece, si è andato ad affiancare ad esso, perdendo gran parte delle caratteristiche e delle finalità iniziali.

Da questo punto di vista è utile sottolineare che anche la direttiva comunitaria 98/2008/CE, all’art. 17, non ha mancato di rimarcare la necessità che “gli Stati membri adottino le misure necessarie affinché la produzione, la raccolta, il trasporto, lo stoccaggio e il trattamento dei rifiuti pericolosi siano eseguiti in condizioni tali da garantire la protezione dell’ambiente e della salute umana, al fine di ottemperare le disposizioni di cui all’articolo 13, comprese mi- sure volte a garantire la tracciabilità dalla produzione alla destinazione finale e il controllo dei rifiuti pericolosi”138.

Attualmente, l’art.17 rappresenta il solo punto di riferimento comunitario per la disciplina nazionale in materia di tracciabilità dei rifiuti ed è evidente che esso non ponga delle limitazioni circa il modello da utilizzare. Per tale motivo alcuni Paesi, come ad esempio Francia e Spagna139, hanno adottato quasi esclusivamente un sistema di tipo cartaceo, e Paesi come la Germania140 ed i Paesi Nordici (Finlandia, Norvegia e Svezia) hanno, invece, affiancato a questo un sistema di tracciabilità informatico. Non è questa la sede per ribadire che l’effettiva realizzazione degli obiettivi comunitari in politica ambientale passa anche, e soprattutto, attraverso l’istituzione di un sistema di tracciabilità comune a tutti i Paesi dell’UE,

137 S.SASSONE, “La gestione documentale dei rifiuti e il sistema di tracciabilità SISTRI.

Competenze, responsabilità, procedure, prescrizioni secondo la normativa vigente”, EPC Editore, 2015, p. 104.

138 Art.13, direttiva 98/2008: “Gli Stati membri prendono le misure necessarie per garantire

che la gestione dei rifiuti sia effettuata senza danneggiare la salute umana, senza recare pregiudizio all’ambiente e, in parti- colare: a) senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, la flora o la fauna; b) senza causare inconvenienti da rumori od odori e c) senza danneggiare il paesaggio o i siti di particolare interesse”.

139 “La disciplina della tracciabilità dei rifiuti in Francia, Germania e Spagna” consultabile

all’indirizzo http://documenti.camera.it/leg17/dossier/Testi/NIS17006.html.

140 D.RÖTTGEN, “Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)”, in “La nuova

tuttavia è utile ribadire che le scelte nazionali non contrastano le disposizioni comunitarie. Come sottolinea P.Dell’Anno “deve quindi ritenersi che il sistema di controllo basato su adempimenti cartacei fosse conforme alla lettera ed allo spirito dell’obbligo europeo. Il legislatore italiano con la previsione del SISTRI dunque, come spesso avviene, ha inteso fare ancora di più”141.

In conclusione, il nostro sistema di tracciabilità dei rifiuti si plasma su un modello duale: il sistema cartaceo ed il sistema informatizzato. E l’analisi di detto sistema passa necessariamente dall’analisi dei due modelli, delle loro caratteristiche, delle loro regolamentazioni e dei loro (notevoli) punti di contatto.

1.1. Il c.d. doppio binario.

Prima di procedere all’analisi delle singole componenti di questo “sistema binario alternativo”142 di tracciabilità dei rifiuti è necessario fare una premessa che risulta fondamentale per comprenderne l’esatta operatività.

Come si vedrà nel dettaglio nei prossimi paragrafi, la vita del SISTRI è stata caratterizzata da una serie di interventi normativi che ne hanno continuamente procrastinato la piena entrata in vigore. Attualmente i termini a partire dai quali i soggetti obbligati al Sistri devono adempiere ai nuovi oneri di tracciamento imposti dal sistema variano in base alla categoria di appartenenza così come previsto dall’art.11, comma 3, del d.l. 31 agosto 2013, n.101 (“Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche

amministrazioni”). Purtroppo si tratta di una operatività a metà: l’art.11, comma 3-bis del

suddetto decreto, così come modificato, da ultimo143, dal d.l. 30 dicembre 2016, n. 244 (c.d. Decreto Milleproroghe) infatti, prevede che fino alla data del subentro nella gestione del servizio da parte del concessionario, e comunque non oltre il 31 dicembre 2017, al fine di consentire la tenuta in modalità elettronica dei registri di carico e scarico e dei formulari di accompagnamento dei rifiuti trasportati, continuano ad applicarsi pienamente gli obblighi di tracciamento tradizionale dei rifiuti ex art. 188, 189, 190, 193 del d.lgs. 152/2006, secondo il .tenore delle norme precedente alle modifiche introdotte dal d.lgs. 205/2010; la stessa

141 P.DELL’ANNO, Diritto dell’Ambiente, p.118. 142 M.BENOZZO, ult.op.cit., p. 641.

143 Il termine inziale di operatività è stato procrastinato con il d.l.133/2014, il d.l. 192/2014, il

d.l. 210/2015. Di questo argomento si tratterà abbondantemente nel paragrafo dedicato alla difficile attuazione del Sistri.

disposizione prevede altresì che non siano applicabili le sanzioni ex art. 260-bis, commi da 3 a 9, e 260-ter (ossia quelle che puniscono l’omesso o l’erroneo tracciamento Sistri dei rifiuti) ed infine che siano ridotte del 50 per centro le sanzioni di cui all’art.260-bis, commi 1 e 2 (per mancata iscrizione al Sistri e/o omesso versamento del relativo contributo).

Si tratta, in particolare, di una disposizione normativa che ha dato vita a quel fenomeno che la dottrina ha definito “doppio binario”144: come ricorda Matteo Bonazzo, infatti, “fino all’entrata in vigore delle nuove regole e dell’operatività del sistema, imprese ed enti obbligati ad aderire al sistema di tracciabilità elettronica dei rifiuti saranno tenuti ad una doppia registrazione dei rifiuti, sia informatica, senza incorrere in sanzioni per eventuali irregolarità, sia cartacea, basata su registri e formulari, per i quali, quindi, rimangono in vigore tutti gli obblighi di cui agli artt. 188, 189, 190 e 193 del Codice dell’Ambiente, con relativo regime sanzionatorio ante quarto correttivo”145.

Alla luce di queste premesse e dell’incertezza che ha permeato gravemente l’intero sistema, due sono i quesiti a cui bisogna cercare di dare risposta.

Il primo problema riguarda l’inciso relativo agli “adempimenti e obblighi di cui agli artt. 188, 189, 190 e 193 del d.lgs. 152/2016, nel testo previgente alle modifiche apportate dal decreto legislativo 3 dicembre 2010, n.205”. In quale modo si può giustificare il rinvio ad una regolamentazione precedente a quella attualmente in vigore? Né il legislatore, né tantomeno la dottrina, danno una risposta a questo quesito: la prima infatti si limita a riportare la disposizione senza interpellarsi sulla sua reale portata, il secondo, invece, si è limitato ad accogliere un emendamento proposto dal Governo in sede di conversione del decreto legge146. È evidente che, per risolvere tale problema, sia necessaria una interpretazione sistematica della norma in esame. Da questo punto di vista, a mio parere, andando ad anticipare alcune questioni che saranno opportunamente approfondite nei prossimi paragrafi, le soluzioni possono essere due. Il d.lgs. 205/2010 (c.d. quarto correttivo del d.lgs.152/2006) ha “ratificato l’esistenza del Sistri con fonte di rango primario”147 cosicché il SISTRI ha fatto il suo ingresso anche nel Testo Unico Ambientale e quest’ultimo, nella sua Parte IV, è stata riscritto in funzione di esso.

144 V.DRAGANI, A.GEREMEI, “Sistri, quadro normativo ed operativo del sistema di

tracciamento telematico dei rifiuti”, consultabile all’indirizzo www.reteambiente.it/informativa/12855/, p. 6.

145 M.BENOZZO, “La tenuta dei registri di carico e scarico tra copie e originali”, in

Ambiente & Sviluppo, fasc. 3, 2015, p. 173.

146 Il riferimento è all’emendamento 11.500, presentato dal governo al disegno di legge

C.1682-A nella seduta del 24/10/2013. L’iter di approvazione ed i lavori preparatori all’atto

sono consultabili all’indirizzo

http://www.camera.it/leg17/126?tab=1&leg=17&idDocumento=1682&sede=&tipo=.

È chiaro dunque che, se il Sistri è, ad oggi, limitatamente operativo, nella moratoria delle sanzioni in qualche modo i rifiuti devono essere tracciati. E quale può essere la disciplina di riferimento? Di sicuro non quella attualmente in vigore, bensì quella precedente, scritta come se il Sistri non esistesse e composta di adempimenti, obblighi e sanzioni certamente operativi. La seconda soluzione al problema, collegata alla prima, riguarda il Catasto dei rifiuti, istituito dall’art. 3 del d.l. 9 settembre, n. 397, convertito dalla legge 9 novembre 1998, n. 475 e disciplinato attualmente all’art. 189 del d.lgs. 152/2006. Ai sensi dell’art. 189, comma 1, il Catasto è articolato in una Sezione nazionale, che ha sede in Roma presso l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) ed in Sezioni regionali o delle province autonome di Trento e di Bolzano presso le corrispondenti Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell’ambiente. Quanto alla sua funzione questa è individuata dal successivo comma 2, il quale prevede che il Catasto assicura un quadro conoscitivo completo e costantemente aggiornato dei dati acquisiti tramite il Sistri e delle informazioni acquisite tramite il sistema cartaceo, anche ai fini della pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti. Con l’introduzione del Sistri nella normativa primaria ad opera del quarto correttivo, anche l’articolo in questione è stato profondamente modificato per coordinarne il funzionamento al nuovo sistema informatico di tracciamento costante dei rifiuti. Ed invero, se in precedenza i dati venivano raccolti dal Catasto attraverso una comunicazione annuale cartacea e su supporto magnetico cui tutti i soggetti coinvolti nella filiera dei rifiuti erano tenuti presentando, alle singole Camere di Commercio, industria, artigianato e agricoltura, le informazioni riguardanti le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti prodotti e gestiti e la loro origine e destinazione utilizzando il modello unico di dichiarazione ambientale (MUD), oggi tale mole informativa dovrebbe essere acquisita dal Catasto attraverso il “Catasto telematico”, che raccoglie dati in via automatica dal Sistri e dal Sistema di tracciabilità dei rifiuti nella regione Campania (SITRA), mettendo poi tali dati a disposizione delle amministrazioni regionali e provinciali competenti e diffondendoli, annualmente, a livello nazionale148.

In altre parole, come sottolinea Bonazzo, “oggi il Catasto è interconnesso e interoperabile su base nazionale con le altre pubbliche amministrazioni ed ha lo scopo di assicurare un unico quadro conoscitivo completo ed aggiornato dei rifiuti prodotti e gestiti […]”149. Per questo motivo, dunque, se il Sistri non è ancora pienamente a regime, perché, lo si ripete, non sono

148 Da questo punto di vista, è importante anche ricordare la posizione di chi, come

M.S.GIANNINI, Diritto pubblico dell’economia, Bologna, 1978, p. 72, ha ritenuto che il Catasto dei rifiuti potesse rientrare nel novero dei “registri di beni mobili sottoposti ad uno speciale regime di circolazione controllata”.

sanzionabili quelle attività prodromiche all’esattezza dei dati da inviare al Catasto, affinché quest’ultimo possa adempiere alle sue funzioni deve ottenere le informazioni necessarie secondo le regole tradizionali del sistema cartaceo così come questo era disciplinato in assenza del sistema informatico, appunto pre quarto correttivo.

Il secondo problema, invece, riguarda quali attività ed obblighi devono essere adempiuti dai soggetti per i quali non è obbligatoria l’iscrizione al Sistri. Da questo punto di vista bisogna premettere che l’art.11, commi da 12 a 12-quater del d.l. 101/2013, ha modificato anche gli artt. 190 e 193 del d.lgs 152/2006 relativi, rispettivamente, ai registri di carico e scarico ed ai formulari di identificazione dei rifiuti. Senza soffermarmi sul nuovo contenuto, che sarà oggetto di apposito approfondimento nel paragrafo specifico, ciò che è importante sottolineare è che questo sia diverso da quello dei medesimi articoli, precedente al quarto correttivo, cui sono obbligati, nel periodo transitorio, i soggetti iscritti al Sistri. A prima vista, dunque, sembrerebbe che, in attesa della piena operatività del Sistri, il sistema cartaceo si componga di due “piani” di operatività: il piano dei soggetti iscritti al sistema informatico, che devono seguire la disciplina precedente al 2010 e quello dei soggetti obbligati a tenere registri, formulari e MUD, che devono seguire la disciplina più recente.

Questa conclusione, tuttavia, è stata disattesa da una fondamentale Circolare esplicativa del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare150, per la quale “la nuova formulazione degli artt. 190 e 193, d.lgs. 152/2006, riguardanti gli adempimenti cartacei ai fini della tracciabilità sarà applicabile dal 1° agosto 2014, ai soggetti che non aderiscono al Sistri, vale a dire una volta cessato il periodo di moratoria (comportante, come esposto, l’ultrattività delle disposizioni nel testo previgente al d.lgs. n. 205/2010 e la moratoria delle sanzioni Sistri)”. Il riferimento alla data del 1° agosto 2014 non deve preoccupare: alla luce dell’originario testo dell’art. 11, comma 3.bis, d.l. 101/2013, questa infatti definiva il termine del periodo transitorio e l’inizio del periodo di piena operatività del Sistri; la circostanza che questo periodo transitorio sia stato prorogato di anno in anno, fino a corrispondere al 31 dicembre 2017, consente dunque di poter ritenere valida la lettura data dalla suddetta circolare. Pertanto ci si trova in una situazione nella quale, a fronte della nuova disciplina introdotta con il d.lgs.205/2010, della cui entrata in vigore si discute in dottrina, il legislatore ha riconosciuto ultrattività a norme che, teoricamente, non sono più efficaci.

150 Circolare n. 1 per l’applicazione dell’art.11 del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101,

concernente “semplificazione e razionalizzazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti…” (SISTRI), convertito in legge 30 ottobe 2013, n. 125, p.8.