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L’apparato sanzionatorio: le fattispecie ex art.258, d.lgs 152/2006

Al pari di ciò che è stato detto riguardo all’apparato sanzionatorio per i registri di carico e scarico anche per quello relativo ai formulari il riferimento normativo è il medesimo: l’art. 258, d.lgs. 152/2006. Anche questo articolo, si è già visto, è stato oggetto di una completa riscrittura attraverso il d.lgs. 205/2010, di cui si darà conto nei paragrafi successivi. Anche in questo caso le modifiche introdotte non sono ancora efficaci, pertanto continuano a trovare applicazione le previsioni normative nella loro formulazione ante quarto correttivo.

Da questo punto di vista risulta di fondamentale importanza il comma 4 del suddetto articolo, il quale, nella formulazione ante quarto correttivo, “configura sei diverse condotte, sanzionandone due in via amministrativa e quattro in via penale”214. L’elemento discriminante fra le due tipologie di sanzioni è rappresentato dal fatto che quelle penali si riferiscono a trasporti aventi ad oggetto rifiuti pericolosi, mentre quelle di tipo amministrativo si riferiscono a trasporti di rifiuti non pericolosi.

Infatti chiunque effettua il trasporto di rifiuti non pericolosi senza il formulario ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600,00 euro a 9.300,00 euro. Quando viene effettuato il trasporto di rifiuti pericolosi, invece, alle medesime condotte precedenti consegue l’applicazione della pena di cui all’art.483 del codice penale, ossia alla reclusione fino a due anni215.

In particolare il richiamo all’art.483 c.p. ha portato ad uno “scontro” fra giurisprudenza e dottrina in merito alla possibilità che compilare il formulario rifiuti con dati falsi integri o meno il reato di falsità ideologica disciplinato, appunto, dal suddetto articolo. Tutto dipende dal valore che si intende attribuire al formulario inteso come “documento”. Da questo punto di vista, infatti, si assiste ad un dibattito che vede dottrina e giurisprudenza porsi su posizioni diametralmente opposte.

Da un lato autorevole dottrina216 la quale, sostiene facendo leva sul richiamo operato dall’art.258, comma 4, all’art.483 c.p., che il formulario sia un documento nel quale riposa la pubblica fede e pertanto le “informazioni incomplete o inesatte” presenti nel formulario

214 M.BENOZZO, ult.op.cit, p.670.

215 Cfr. art.483 c.p.: “Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico,

fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a tre mesi”.

216 P.FICCO, “Gestire i rifiuti, tra legge e tecnica”, Edizioni Ambiente, p.106-107;

A.PIEROBON, “Quale la “ragionevolezza” delle sanzioni penali? Il trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario”, consultabile in www.lexambiente.it

configurerebbero un’ipotesi di falsità ideologica poiché riguardano il contenuto delle informazioni fornite con un documento al quale l’ordinamento ha affidato la funzione di tutelare e proteggere la pubblica fede. E tale posizione sembrerebbe supportata anche da alcune pronunce del giudice amministrativo con cui si afferma che “si potrebbe eccepire che il formulario non è un atto pubblico poiché non è stilato in presenza di un pubblico ufficiale e non dispiega le sue funzioni solo nei confronti di un pubblico ufficiale; tuttavia, stante il citato richiamo quaed poenam all’art.483 c.p., il precetto violato è quello di fornire informazioni complete ed esatte a tutti e non quello, generico, dell’obbligo di fornire informazioni all’autorità”217.

Dall’altro lato abbiamo ormai una solida giurisprudenza di legittimità espressione di un differente orientamento218: secondo la Cassazione, infatti, compilare il formulario rifiuti con dati falsi non integra il reato di falsità ideologica, ex art.483 c.p., poiché il formulario è da considerare un documento recante mera attestazione del privato a contenuto puramente dichiarativo e non ha alcun valore certificativo della natura e composizione del rifiuto trasportato. Ne consegue, attesa la natura dei FIR come sopra individuata, che la mera consegna di una fotocopia di un FIR contenente dati non veritieri a personale di polizia giudiziaria non può integrare il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, difettando, nel formulario, la natura di atto pubblico e la destinazione a provare la verità e che non può ritenersi che un trasporto di rifiuti effettuato con formulario contenente dati non veritieri configuri autonomamente l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 483 cod. pen. Il richiamo all'art. 483 cod. pen. contenuto nell'art. 258 d.lgs. 152/06 è quindi un richiamo esclusivamente quoad poenam (utile, perciò, esclusivamente ai fini dell'irrogazione in concreto della pena). Deve però aggiungersi che l'esclusione della rilevanza penale della violazione consistente nella redazione e utilizzazione di FIR falsi non può incidere in negativo sull'accertamento dei reati di abusiva gestione di rifiuti o traffico illecito o su altre fattispecie di violazioni a carattere "sostanziale", perché i f.i.r. rappresentano, comunque, uno degli elementi di fatto che devono essere presi in considerazione ai fini di tale accertamento. Attenzione, tuttavia, a non confondere il formulario di identificazione con il c.d. certificato di analisi di rifiuti, di cui all’art.258, comma 4, d.lgs.152/2006, considerato che le conclusioni sopra esposte non valgono per quest’ultimo. Secondo la giurisprudenza, infatti, la falsificazione del menzionato certificato “conduce, sì, ad una responsabilità penale ex art.483

217 Cfr. Consiglio di Stato, VI sezione, 3 dicembre 2002.

c.p.”219. Il riferimento a tale documento è essenziale per completare il quadro sanzionatorio di cui all’art.258, comma 4. Da questo punto di vista, infatti, si prevede che a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti, ed a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto, si applica la sanzione della reclusione fino a 2 anni prevista dall’art.483 c.p. Rispetto a quest’ultima previsione la dottrina ha ritenuto che “in tema di certificati di analisi, il legislatore abbia introdotto una fattispecie autonoma di reato, avente natura speciale rispetto a quella contenuta nell’art.481 c.p. e riferita sia alle falsità nella fase di predisposizione del certificato, che al mero utilizzo”220. Si è in presenza di un reato proprio perché può essere commesso solo da soggetti che rivestono una determinata posizione soggettiva (quali il professionista che redige il certificato e il trasportatore che lo usa); di conseguenza, il reato si consuma nel momento e nel luogo della formazione del falso certificato oppure nel momento in cui il trasporto ha avuto inizio. Nel caso in cui tale momento e tale luogo non siano accertati, il giudice territorialmente competente è quello del luogo in cui ha sede l’impresa di trasporto, poiché si deve logicamente ritenere che il trasporto sia iniziato da quel luogo221.

Da ultimo occorre ricordare che, in materia di formulari, vige la previsione contenuta al comma 5, la quale trova applicazione, come abbiamo già visto, anche rispetto ai registri di carico e scarico. Così, se le indicazioni contenute nel formulario sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, nonché nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei formulari per cinque anni, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 260,00 euro a 1550,00 euro.