Esaminando la disciplina dettata dalla Proposta in tema di ammissibilità delle prove raccolte dall’EPPO, abbiamo avuto modo di mettere in evidenza le criticità che derivano dall’art. 3059 senza, però, considerare le ricadute di una simile previsione dal punto di vista costituzionale. In proposito, è stato affermato che la suddetta disposizione “costituisce […] una delle norme più dubbie e problematiche della Proposta di regolamento, anche a causa della sua difficile compatibilità con l’art. 111 della nostra Costituzione e, segnatamente, con il principio di formazione della prova nel contraddittorio tra le parti”60. In effetti, la norma prevede che, ad esclusione delle ipotesi in cui, in sede di assunzione, non siano state rispettate l’equità del procedimento (“fairness of the procedure”) o le garanzie difensive, di cui agli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il giudice debba considerare ammissibili le prove raccolte dalla Procura europea “senza necessità di convalida o altra operazione giuridica analoga”, anche laddove il diritto interno preveda regole diverse e più rigorose per le prove corrispondenti. Tale previsione mal si concilia col quarto comma dell’art. 111 Cost.: quest’ultimo, a seguito della modifica introdotta dalla legge costituzionale n. 2 del 1999, stabilisce che “Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio
59 V. supra Cap. 2 par. 7.
60 Così Così SQUILLACI E., In margine alla Proposta di istituzione della Procura
europea per la tutela degli interessi finanziari dell’Unione, in Archivio penale
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nella formazione della prova”61, prevedendo, ai sensi del comma successivo, solo tre eccezioni (il consenso, l’irripetibilità della prova e la natura illecita di quest’ultima).
Sorge quindi spontaneo chiedersi come dovrebbe comportarsi il giudice di merito italiano laddove si trovi a dover valutare l’ammissibilità di una prova che, in applicazione del criterio della lex loci, è stata raccolta dall’EPPO, in base a norme diverse e meno rigorose rispetto a quelle previste dall’ordinamento italiano per le prove corrispondenti62. Nello specifico, se la legge del luogo in cui la prova deve essere acquisita non prevede il rispetto di una regola analoga a quella del comma 4 dell’art. 111 Cost., l’organo giurisdizionale italiano si troverebbe, evidentemente, a dover ammettere, sulla base del regolamento, una prova in violazione del suddetto parametro costituzionale, non potendosi ravvisare una delle eccezioni di cui al comma 5 dell’art. 111 Cost..
61 Sulla portata ed il significato del contraddittorio nella formazione della
prova v. LORUSSO S., I molteplici livelli del contraddittorio: dalle regole
costituzionali all’attuazione legislativa in Processo penale e Costituzione, a cura di
Dinacci F.R., Giuffrè, Milano, 2010 pp. 346 ss.; LONATI S., Il diritto
dell’accusato a “interrogare o far interrogare” le fonti di prova a carico,
Giappichelli, Torino, 2008, pp. 306 ss.
62 In questo senso vale la pene richiamare le considerazioni di AIMONETTO
M. G., L’acquisizione della prova dichiarativa in Prova penale e Unione Europea, a cura di Illuminati G., Bononia University Press, Bologna, 2009, p. 39, la quale afferma che l’incremento dell’uso delle dichiarazioni raccolte nella fase predibattimentale (senza l’osservanza del metodo del contraddittorio) come prova in dibattimento è una tendenza comune a Regno Unito, Francia, Spagna e Germania. “Solo l’Italia parrebbe sottrarsi a questo orientamento, ma sappiamo come ciò sia addebitabile all’intervento del legislatore costituzionale che, con la riscrittura dell’art. 111. Cost. ( l. cost. n. 2/1999), ha fissato dei rigidi paletti all’utilizzazione come prova in dibattimento delle dichiarazioni precedentemente assunte nelle indagini; e sappiamo anche come la modifica dell’art. 111 Cost. abbia costituito l’approdo di un “braccio di ferro” tra legislatore ordinario e Corte costituzionale in relazione al recupero di dichiarazioni rese in indagini”. Sulle ragioni che hanno portato alla modifica dell’art. 112 Cost. v. GALGANI B., Diritto probatorio e successione
di leggi nel tempo. Tempus regit actum?, Giappichelli, Torino, 2012, pp. 149 –
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Per evitare simili problemi, si potrebbe ricorrere al meccanismo del c.d. “double lock”63, in base al quale l’utilizzabilità dell’apporto probatorio raccolto in un determinato Stato, nel processo da celebrarsi in un altro Paese, è subordinata al rispetto delle condizioni di ammissibilità di entrambi i sistemi processuali. Se è vero che l’osservanza di un simile criterio, che impone al delegato di assumere la prova nel rispetto di due parametri normativi, dovendo tener conto non solo della legge del luogo in cui si deve raccogliere la prova, ma anche di quello in cui si svolgerà il processo (c.d. “lex fori”), finisce per dar vita ad un procedimento più lento e farraginoso, è altresì vero che la soluzione adottata dalla Proposta non può conciliarsi col nostro assetto costituzionale64.
Taluno, si è spinto ad affermare che la disposizione de quo potrebbe ritenersi rispettosa dell’art. 111 comma 4 Cost., nella misura in cui la si considerasse “limitata ad una sorta di udienza preliminare, all’interno della quale tutte le prove raccolte dalla Procura europea nel corso delle indagini sarebbero utilizzabili, mentre la griglia selettiva delle prove trasferibili al giudizio
63 In questo senso v. CAMALDO L., La creazione della Procura europea in uno
spazio investigativo comune, in L’istituzione del procuratore europeo e la tutela penale degli interessi finanziari dell’Unione europea, a cura di Camaldo L,
Giappichelli, Torino, 2014, p. XII, il quale, però ipotizza l’introduzione di un simile meccanismo per scongiurare il fenomeno del c.d. “forum shopping”(v.
supra Cap. 2 nota n.143.
64 Non stupisce, pertanto, che ci sia chi è arrivato ad affermare che
“probabilmente, se questo fosse il testo definitivo della fonte europea, occorrerebbe intervenire, ove si volesse mai aderire alla nuova istituzione giudiziaria, sul piano costituzionale, per rendere simile previsione compatibile con la Carta fondamentale”. Così CAIANIELLO M.,
Sull’istituzione del pubblico ministero europeo, in Rivista di diritto processuale
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riguarderebbe (solo) lo sviluppo del procedimento e la sua trasformazione in processo”65.
Da ultimo, vale la pena sottolineare che il criterio della “fairness” processuale, sulla cui base il giudice, ai sensi del suddetto art. 30 della Proposta, è tenuto a valutare l’ammissibilità della prova raccolta dalla Procura, è stato di recente impiegato dalla Corte di Strasburgo che, operando una parziale “overruling” rispetto alla propria giurisprudenza precedente, si è spinta ad ampliare il margine di utilizzabilità delle prove, anche dichiarative, non formate nel contraddittorio66. Ciò dà conto di una tendenza che
65 Così SQUILLACI E., In margine alla Proposta di istituzione della Procura
europea per la tutela degli interessi finanziari dell’Unione, in Archivio penale
1/2014 (web) p. 14, il quale afferma che “in tal senso sembra militare – ma il condizionale è d’obbligo – l’ultima parte del par. 3 del successivo art. 32 (“Una volta che l'organo giurisdizionale nazionale competente ha preso atto dell'imputazione, i diritti processuali dell'imputato si basano sui regimi nazionali applicabili”.), nonché il par. 5 di quest’ultima disposizione (“Fatti salvi i diritti di cui al presente capo, l'indagato, l'imputato e le altre persone coinvolte nel procedimento della Procura europea godono di tutti i diritti processuali previsti dal diritto nazionale applicabile”.). A questo proposito, tuttavia, non è inutile osservare che se il diritto nazionale non è applicabile sulla base del regolamento, i diritti di difesa non hanno alcuna possibilità di attuazione”
66 Il riferimento è, in particolare, alle sentenze Al-Kahawaja e Tahery v.
Regno Unito del 15/12/2011, Stefancic v. Slovenia del 25102012 e Lucic v. Croazia del 27/02/2014. In esse la Corte EDU ha affermato che poiché l’art. 6 par. 3 CEDU () “va interpretato nel contesto di una valutazione globale della “fairness” del procedimento”, la regola dell’”influenza esclusiva o decisiva”(criterio sulla cui base, fino ad ora, si erano ritenute non utilizzabili le prove non formate nel contraddittorio) non dovrebbe essere applicata “in modo rigido”; in particolare, neppure quando un “hesrsay statement” (espressione qui usata nel senso ampio di “ogni dichiarazione diversa da quella formulata da una persona che depone oralmente e riferisce fatti di cui è stata personalmente testimone”) è l’unica o la decisiva prova a carico, la sua ammissione come prova “non risulterà automaticamente in contrasto con l’art. 6 par. 1” CEDU ma, quando una condanna si basa in modo esclusivo o decisivo sulla prova fornita da un testimone assente, la Corte europea deve sottoporre la vicenda processuale portata al suo esame “al più penetrante degli scrutini”, il che viene visto come un importante fattore di equilibrio contro i pericoli connaturati all’ammissione di prove del genere anche perché ne viene l’esigenza che nel procedimento sub iudice si riscontri l’esistenza di robuste garanzie: il problema, in ogni caso, è quello di vedere se sono stati posti in essere “sufficienti fattori di equilibrio, comprese misure che
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si sta affermando a livello europeo, ovvero quella di introdurre una serie di temperamenti al principio del contraddittorio nella formazione della prova, i quali mal si conciliano con la rigida formulazione dell’art. 111 Cost..
consentano una corretta e adeguata valutazione dell’affidabilità della prova”, il che farebbe si che una condanna possa essere basata su una prova del genere “soltanto se è sufficientemente affidabile in relazione alla sua importanza” nel caso di specie. Così CHIAVARIO M., Diritto processuale
penale, Utet, Torino, 20156, pp. 432-434, il quale in ultima analisi afferma: “E’
opportuno rammentare che il segnalato mutamento del ‹‹diritto vivente›› europeo non necessariamente comporta ripercussioni in quello italiano. Stando a quanto ha precisato più volte la Corte costituzionale, se esso dovesse rivelarsi in maggiore o minor misura lesivo di un diritto costituzionalmente sancito, non se ne potrebbe dar conto e si potrebbe anche giungere ad una declaratoria di incostituzionalità, in parte qua, della norma che ha dato esecuzione alle regole su cui è stato costruito”.
160 CAPITOLO IV
UN PROCESSO CHE NON SI FERMA
SOMMARIO: 1. GLI EMENDAMENTI SUGGERITI DAL PARLAMENTO EUROPEO CON LA RISOLUZIONE DEL 12 MARZO 2014. - 2. LE MODIFICHE ELABORATE DAL CONSIGLIO DELL’UNIONE DURANTE IL SEMESTRE DI PRESIDENZA ITALIANA. - 2.1 La nuova fisionomia dell’EPPO. - 2.2. La “nuova” competenza. - 2.3. Indagini, esercizio dell’azione penale e archiviazione. - 2.4. Rafforzamento delle garanzie procedurali e controllo giurisdizionale sugli atti della Procura europea. - 3. L’ART. 29 AD ESITO DEL SEMESTRE DI PRESIDENZA LETTONE.
1. Gli emendamenti suggeriti dal Parlamento europeo con la Risoluzione del 12 marzo 2014
Con la Risoluzione del 12 marzo 20141, il Parlamento europeo ha espresso piena condivisione degli obiettivi che si intendono conseguire tramite l’istituzione dell’EPPO2 ed ha suggerito alcune modifiche alla Proposta, con l’intento di porre rimedio ad alcuni degli aspetti critici che erano emersi già all’indomani
1 Il testo completo della Risoluzione consultabile all’indirizzo
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=- //EP//TEXT+TA+P7-TA-2014-0234+0+DOC+XML+V0//IT
2 Al punto n. 1 della Risoluzione si legge, infatti, che il Parlamento europeo
“considera l'obiettivo della proposta della Commissione come un ulteriore passo verso la realizzazione di uno spazio di giustizia penale europea e il rafforzamento degli strumenti per la lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione, in grado di aumentare in tal modo la fiducia dei contribuenti nell'UE”. Mentre al successivo punto n. 2 il Parlamento afferma che “l'istituzione di una Procura europea possa apportare un particolare valore aggiunto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, presumendo che tutti gli Stati membri parteciperanno, poiché gli interessi finanziari dell'Unione e quindi gli interessi dei contribuenti europei devono essere protetti in tutti gli Stati membri”.
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dell’approvazione del progetto della Commissione3. Prima di entrare nel merito delle modifiche proposte, occorre precisare che quello del Parlamento europeo rappresenta un vaglio preliminare rispetto all’approvazione definitiva del testo, che costituirà, in ossequio a quanto disposto dall’art. 86 TFUE, una tappa necessaria del percorso che (forse) condurrà alla creazione della Procura europea4.
La prima novità che merita di essere presa in considerazione riguarda la c.d “ancillary competence” di cui all’art. 13 della Proposta. Come osservato a suo tempo, la formulazione della norma, caratterizzata da un evidente deficit di determinatezza, pone non pochi problemi dal punto di vista esegetico e rischia di estendere in modo incontrollato la competenza dell’EPPO, sino a ricomprendere fattispecie di reato assolutamente differenti da quelle lesive degli interessi finanziari dell’Unione5. Il Parlamento, dopo aver affermato che “l'ambito di competenza
3 Particolarmente efficace sembra l’espressione di CAMALDO L., Work in
progress sulla Procura europea: alcuni emendamenti proposti nella recente Risoluzione del Parlamento europeo, in Cassazione penale 7/8/2014, p. 2696, il
quale parla di “anomalie genetiche”.
4 Occorre poi precisare che, come osservato a suo tempo, il ruolo preminente
è affidato al Consiglio, che dovrà provvedere alla definitiva adozione del regolamento. In considerazione di ciò, al punto n. 3 della Risoluzione, il Parlamento “invita il Consiglio a coinvolgere ampiamente il Parlamento nella propria attività legislativa attraverso un flusso costante di informazioni ed una consultazione senza soluzione di continuità del Parlamento stesso che consenta di approdare ad un risultato che sia in linea con le modifiche apportate al TFUE dopo il processo di Lisbona e sia sostanzialmente condiviso”. V. supra. Cap. 1 par. 3.2.
5 V. supra Cap. 2 par. 2.2. Inoltre, è necessario ricordare che l’art. 86 par. 4
TFUE offre la possibilità di estendere le attribuzioni della Procura europea alla lotta contro la criminalità grave che presenta una dimensione transnazionale ma, a tal fine è necessario che il Consiglio europeo adotti una decisione che richiede, alla stregua di quella istitutiva, l'unanimità, oltre che la previa approvazione del Parlamento europeo e la consultazione della Commissione. Pertanto, le norme che disciplinano la competenza accessoria non devono essere tali da estendere la competenza dell’EPPO aggirando, di fatto, la suddetta previsione.
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della Procura europea deve essere esattamente definito consentendo di identificare ex ante le fattispecie criminose che vi rientrano”, ha suggerito un’attenta revisione delle definizioni contenute nell’art. 13 par. 1 della Proposta. In particolare, si legge nella Risoluzione che tale revisione deve essere fatta “in modo da garantire che i poteri della Procura europea si estendano a reati diversi da quelli che ledono gli interessi finanziari dell'Unione, solo se cumulativamente sussistono le seguenti condizioni:
a) una specifica serie di fatti costituisce contemporaneamente sia un reato che lede gli interessi finanziari dell'Unione che un altro reato; nonché
b) il reato o i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione sono prevalenti e l'altro o gli altri sono meramente accessori; nonché
c) l'ulteriore azione e sanzione penale per gli altri reati non sarebbe più possibile se essi non fossero perseguiti e giudicati insieme al reato o ai reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione”6.
Si apprezza, quindi, sotto diversi aspetti, una riduzione del tasso di indeterminatezza della disposizione: in primo luogo, è stato chiarito che devono sussistere tutti i suddetti requisiti; in secondo luogo, non compare più il riferimento al parametro della “buona amministrazione della giustizia” in base al quale valutare l’esigenza di svolgere congiuntamente le indagini e l’azione penale, sostituito da quello, sicuramente più preciso, di
6 V. il punto n. 5 iii) della Risoluzione e la modifica n. 2 del relativo Allegato
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cui alla lettera c)7; infine , è stato specificato il requisito della prevalenza, dovendosi verificare l’esistenza di un rapporto di accessorietà tra la fattispecie “PIF” e quella collegata. Nonostante questi positivi interventi di modifica, non può esser taciuto il fatto che la seconda parte del par. 1 è rimasta invariata, riproponendo, pertanto, la problematica legata al mancato coordinamento della disposizione in parola con quella contenuta nell’art. 11 par. 4. Quindi, l’assenza di una delle sopracitate condizioni fa scattare la competenza delle Procure nazionali anche rispetto ai reati lesivi degli interessi finanziari dell’UE, i quali, però, sono di competenza esclusiva della Procura europea8.
E’ stato, inoltre, modificato il par. 4 dell’art. 13 della Proposta, prevedendosi che la determinazione della competenza (che il progetto della Commissione affida, in caso di disaccordo tra Procura europea e Procura nazionale, al giudice nazionale competente, escludendo, poi, la possibilità di una revisione della decisione9) possa “essere soggetta a riesame, d'ufficio, dall'organo giurisdizionale, come stabilito ai sensi dell'articolo 27, paragrafo 4 della proposta”. Per cui, pur non essendo contemplata la possibilità di impugnare la decisione sulla competenza “ancillare” davanti ad un giudice superiore europeo (e quindi lasciando di fatto ai giudici nazionali il compito di individuare, anche in ultima istanza, i confini della competenza accessoria10), la previsione della possibilità di un
7 Sulle difficoltà interpretative legate al parametro della “buona
amministrazione della giustizia” v. supra Cap. 2 par. 2.2.
8 Sul punto v. supra Cap. 2 par. 2.2. 9 Sul punto v. supra Cap. 2 par. 2.2.
10 Sulle problematiche legate ad una previsione così congegnata v. supra Cap.
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riesame d’ufficio consente quantomeno di fugare le perplessità relative ad una statuizione non più sindacabile.
La seconda modifica che merita di essere esaminata concerne l’individuazione della giurisdizione nazionale dinanzi alla quale esercitare l’azione penale. Nello specifico, il Parlamento europeo è intervenuto sull’art. 27 par. 4 della Proposta in due direzioni: da un lato, è stato eliminato il riferimento alla “corretta amministrazione della giustizia”, dall’altro, si è stabilito un preciso e vincolante “ordine di priorità” tra i criteri che devono orientare la scelta della giudice nazionale competente11. La modifica del Parlamento appare quanto mai opportuna dal momento che risulta idonea ad evitare che l’EPPO possa scegliere il giudice sulla base di una valutazione di opportunità, legata al successo della propria impostazione accusatoria (c.d. “forum shopping”)12, ma soprattutto rende la Proposta rispettosa dei principi di naturalità e precostituzione del giudice, presenti sia nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione che nella nostra Costituzione13.
11 V. modifica n. 4 dell’Allegato alla Risoluzione del Parlamento europeo.
Inoltre, il Parlamento, al considerando n. 5 i) della Risoluzione, afferma: “la Procura europea dovrà operare nella più stretta osservanza del diritto a un giudice imparziale e quindi ottemperare al principio del giudice naturale, il quale impone che i criteri che determinano quale sia il giudice competente ad esercitare la giurisdizione siano chiaramente stabiliti ex ante; poiché l'attuale formulazione dell'articolo 27, paragrafo 4, assegna alla Procura europea un'eccessiva discrezionalità nell'applicare i vari criteri di scelta della giurisdizione, è opportuno rendere vincolanti tali criteri e stabilire una gerarchia tra di essi al fine di garantire prevedibilità; a tale riguardo, si dovrà tenere conto dei diritti dell'indagato; inoltre, la determinazione della competenza in conformità a tali criteri dovrà essere soggetta a controllo giurisdizionale”.
12 Sul punto v. supra Cap. 2 par 6.1.
13In questo senso v. CAMALDO L., Work in progress sulla Procura europea:
alcuni emendamenti proposti nella recente Risoluzione del Parlamento europeo, in Cassazione penale 7/8/2014, p. 2702, nonché supra Cap. 3. par. 3.
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La Risoluzione ha toccato anche il tema delle determinazioni dell’EPPO al termine dell’attività investigativa. In primis, si è provveduto a ricondurre nell’ambito delle ipotesi di archiviazione c.d. “obbligatoria” ( di cui all’art. 28 par. 1 della Proposta) quella di carenza di “elementi di prova pertinenti”, che prima figurava tra i casi di archiviazione c.d. “facoltativa” (di cui all’art. 28 par. 2 della Proposta)14. L’emendamento proposto dal Parlamento riduce gli elementi di discrezionalità nella scelta affidata al pubblico ministero europeo e, per questo, concorre a garantire il rispetto del principio di obbligatorietà al quale la Proposta deve (rectius dovrebbe) ispirarsi e che costituisce un pilastro del nostro assetto costituzionale15. Gli stessi effetti sortisce la correzione che investe l’art. 29 della Proposta. In particolare, si è operata una riformulazione dei presupposti del c.d. “compromesso” sostituendo il requisito della rispondenza all’ “interesse della buona amministrazione della giustizia”, che lascia spazio a valutazioni discrezionali16,
14 In particolare, la Risoluzione aggiunge all’art. 28 par. 1 della Proposta la
lett. f) per cui “Il procuratore europeo archivia il caso se l'esercizio dell'azione penale è impossibile per uno dei seguenti motivi… f) a seguito di un'indagine completa, globale e proporzionata della Procura europea mancano elementi di prova pertinenti”. (modifica n. 5 dell’Allegato alla Risoluzione del Parlamento europeo). V. supra Cap. 2 par. 6.2.
15 Sul punto v. supra Cap. 3 par. 2.2. Inoltre, vale la pena sottolineare che il
Parlamento, pur non spingendosi fino a prevedere una modifica della norma in questione, raccomanda (punto n. 5 viii) della Risoluzione): “le disposizioni di cui all'articolo 28 della proposta devono indicare chiaramente che dopo l'archiviazione di un caso relativo a reati minori da parte della Procura europea, alle procure nazionali non viene impedito di indagare ulteriormente e di perseguire un caso qualora le leggi del paese glielo consentano, e che, qualora ulteriori misure investigative proporzionate non possano