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1. IL CORPUS JURIS

1.6. Prime questioni problematiche

Dalla lettura delle disposizioni contenute nel progetto, emergono una serie di questioni che necessitano di essere messe a fuoco. Nel far ciò, occorre tenere a mente il fatto che il Corpus Juris rappresenta una soluzione, il più delle volte compromissoria, tra le diversità che caratterizzano gli ordinamenti degli Stati membri.

Anzitutto, non si può fare a meno di rilevare una certa contraddittorietà dell’articolato per ciò che concerne lo status di indipendenza riconosciuto al pubblico ministero europeo. Nonostante le modifiche intervenute con la seconda versione del progetto66, allo scopo di tutelare tale prerogativa, l’aver attribuito il potere di nomina al Parlamento europeo suscita non

64 v. art. 33 par. 2 Corpus Juris.

65 Lo stesso articolo prevede però la possibilità di rendere pubblica l’udienza

di fronte al tribunale delle libertà quando vi sia il consenso di tutte le parti processuali e ciò non arrechi pregiudizio alle indagini, agli interessi di terzi, all’ordine pubblico o al buon costume.

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poche perplessità rispetto alla proclamata indipendenza. Una soluzione di questo tipo, che prende le mosse dalla necessità, particolarmente sentita in alcuni Stati membri, di assicurare una legittimazione democratica del pubblico ministero europeo67, di fatto finisce col creare “un cordone ombelicale tra il rappresentante dell’accusa e il Parlamento europeo”68, che collide con la stessa previsione dell’art. 18 par. 2. Analoghi dubbi solleva il riconoscimento al Parlamento europeo del potere di stimolare, attraverso la richiesta alla Corte di Giustizia, la revoca dall’incarico dei membri dell’ufficio del pubblico ministero69. Alla luce di queste considerazioni non si comprende come i rappresentanti dell’accusa europea possano operare “completely indipendent in the performance of their duties”, come invece vorrebbe l’art. 18 del Corpus. Forse sarebbe stato più coerente coltivare l’idea, avanzata al momento della redazione del progetto de quo, poi abbandonata, di creare, a livello europeo, un organismo omologo al CSM con il nome di “Prosecution Service Commission”, composto da magistrati nominati dal Parlamento centrale, allo scopo di garantire l’indipendenza della Procura europea ed intervenire, se necessario, nei casi disfunzionali.

Anche con riferimento alla disciplina dell’azione penale emergono alcune criticità. Come si è già avuto modo di constatare la soluzione adottata dal Corpus Juris si muove nel

67 Tale esigenza può essere compresa avendo riguardo al fatto che la

maggior parte degli ordinamenti europei non prevedono un pubblico ministero assolutamente indipendente dal potere esecutivo e non sottoposto al poter di controllo del Ministro della giustizia.

68 Così CAMALDO L., Il pubblico ministero europeo: un quadro d’insieme tra

proposte de iure condendo e recenti sviluppi di diritto positivo, in Il difensore e il pubblico ministero europeo, a cura di Lanzi A., Ruggeri F., Camaldo L., Cedam,

Padova, 2002, p21.

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senso di una obbligatorietà “temperata” dal momento che, accanto all’affermazione dell’obbligo di esercitare l’azione penale, si è assistito all’introduzione di tre ipotesi alternative70. Tralasciando le questioni che attengono alla compatibilità della disciplina dettata dal Corpus con l’assetto costituzionale italiano, che saranno oggetto di trattazione specifica nel terzo capitolo71, vale la pena sottolineare un ulteriore elemento che conferma l’idea per cui, nell’articolato in esame, il principio di obbligatorietà dell’azione penale assume una connotazione “affievolita”. Dalla mancata previsione di un controllo giurisdizionale sulla decisione del pubblico ministero di archiviare il procedimento deriva, infatti, che la scelta nel senso della inazione è rimessa di fatto alla discrezionalità dell’organo d’accusa europeo. A ben vedere una forma di controllo sulle attività del PME (e quindi anche sulla scelta di archiviare il caso) si rinviene all’art. 18 implementig provisions, nella misura in cui stabilisce che il Procuratore generale europeo “deve presentare al Parlamento europeo e al Consiglio un rapporto annuale relativo al bilancio delle attività svolte”. Tuttavia, la norma de quo configura un controllo di carattere meramente politico e, pertanto, inidoneo a colmare il deficit, rispetto all’obbligatorietà dell’azione penale, derivante dalla mancata previsione di una verifica da parte di un organo giurisdizionale.

Le previsioni che regolano la materia probatoria rappresentano, senza dubbio, l’aspetto più problematico della proposta. Avendo già preso in considerazione le questioni concernenti il rispetto dei principi di oralità, immediatezza e del metodo

70 Sulle ragioni di un sistema di questo tipo e sulle tre ipotesi alternative

all’esercizio dell’azione penale v. supra par. 1.5.

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dell'esame incrociato da parte della disposizione riguardante i singoli mezzi di prova72, occorre soffermarsi sulle criticità relative alla disciplina dell’esclusione delle prove ottenute illegittimamente. Il riferimento è anzitutto, alla modifica apportata dal progetto del 2000 all’art. 33 par. 1 con cui si è stabilito che una prova assunta in violazione della disciplina dettata dal Corpus, dalla CEDU o dal diritto nazionale (e pertanto inutilizzabile73), deve essere esclusa solo se la sua ammissione è idonea a ledere i principi del giusto processo74. L’effetto di tale previsione è quello di “far rientrare da una porta secondaria le prove illegittimamente ottenute escluse dalla porta principale del processo” nonché, data l’indeterminatezza della clausola di salvezza, quello di rendere “prive di effettivo valore le regole legislativamente predeterminate di esclusione, compromettendo gravemente le garanzie della difesa”75.

72 V. supra par.1.5.

73 Ai sensi del primo periodo dell’articolo 33 par. 1 Corpus Juris.

74 La manifesta contraddittorietà del testo fa intendere che si è compiuta una

operazione di fusione tra due differenti culture. Esso rispecchia da una parte “l’orientamento dei sistemi nei quali, come negli Stati Uniti d’America, la prova illegittima deve essere esclusa”, dall’altra “recepisce invece quasi alla lettera, probabilmente per suggestione dello studioso inglese che ha lavorato alla stesura del Corpus Juris, la regola sancita dall’art. 78 del Police and

Criminal Evidence Act del 1994. Nel solco di una tradizione che ha la sua

matrice nel pensiero di Jeremy Bentham, il filosofo che si era battuto nell’800 contro le regole probatorie legali, il processo inglese attribuisce al giudice il potere discrezionale di escludere la prova illegittima quando ritenga in concreto, tenuto conto di tutte le circostanze, comprese quelle attinenti al modo della sua acquisizione, che essa sia unfair cioè dotata di un effetto così pregiudizievole sui principi del processo giusto da rendere necessaria la sua esclusione”. Così AMODIO E., Diritto di difesa e diritto alla prova nello spazio

giudiziario europeo, in Il difensore e il pubblico ministero europeo, a cura di Lanzi

A., Ruggeri F., Camaldo L., Cedam, Padova, 2002, p. 105.

75 Così CAMALDO L., Il pubblico ministero europeo: un quadro d’insieme tra

proposte de iure condendo e recenti sviluppi di diritto positivo, in Il difensore e il pubblico ministero europeo, a cura di Lanzi A., Ruggeri F., Camaldo L., Cedam,

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Anche la previsione contenuta nel terzo paragrafo del suddetto articolo, in tema di circolazione della prova europea, non sembra condivisibile. Essa afferma, come già visto, che, alla utilizzabilità della prova raccolta conformemente al diritto dello Stato in cui ha avuto luogo l’assunzione, non è consentito opporre il solo fatto che il suo conseguimento sarebbe stato illegale nel paese di utilizzazione. Così congegnato, il regime di circolazione ha quale effetto quello di rendere utilizzabile una prova illegittima secondo il diritto nazionale “solo perché battezzata come “europea””76. Più coerente e rispettoso dei singoli ordinamenti nazionali sarebbe stato, invece, il ricorso al principio di “doppia legalità”, dal quale deriva che una prova può essere utilizzata solo se non viola sia le regole dello Stato di acquisizione, sia quelle del Paese in cui si svolge il giudizio77. Infine non si può fare a meno di rilevare come le regole probatorie contenute nel Corpus Juris delineino una situazione assai lacunosa per ciò he attiene al tema del rapporto tra il judge of freedoms e la raccolta delle prove. Nello specifico, accanto alla funzione di organo chiamato ad intervenire prima di porre in essere determinati atti78, l’art. 32 par.1 lett. a) attribuisce a tale organo un ruolo nell’ambito della attività istruttoria con riferimento al “verbale europeo di audizione”, prevedendo che le dichiarazioni siano raccolte dal pubblico ministero proprio davanti ad un giudice, il cui intervento, in assenza di una

76 Così AMODIO E., Diritto di difesa e diritto alla prova nello spazio giudiziario

europeo in Il difensore e il pubblico ministero europeo, a cura di Lanzi A., Ruggeri

F., Camaldo L., Cedam, Padova, 2002, p107.

77 Così ancora CAMALDO L., Il pubblico ministero europeo: un quadro d’insieme

tra proposte de iure condendo e recenti sviluppi di diritto positivo, in Il difensore e il pubblico ministero europeo, a cura di Lanzi A., Ruggeri F., Camaldo L., Cedam,

Padova, 2002 p. 51.

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disciplina ad hoc, non viene circoscritto dalla sussistenza di determinate esigenze79. Di fronte al silenzio del progetto si dovrebbe ricorrere alla disciplina dei singoli Stati, da cui, tuttavia, emergerebbero rilevanti profili problematici, legati alle notevoli differenze esistenti tra le normative interne.80

2. I problemi connessi alla base normativa del progetto,