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L’ART 29 AD ESITO DEL SEMESTRE DI PRESIDENZA LETTONE

Dopo quella italiana, anche la presidenza lettone ha lavorato sul progetto di Regolamento che istituisce l’ufficio del pubblico ministero europeo, pubblicando, ad esito del semestre70, un testo che in gran parte conferma le scelte effettuate dal Consiglio durante la presidenza italiana, ma che tuttavia presenta un’importante novità per quanto riguarda la disciplina del c.d. “compromesso”71.

Anzitutto, sono state riviste le condizioni che consentono di giungere al perfezionamento della procedura transattiva: infatti, l’ultima versione dell’art. 29 impone al delegato incaricato dell’indagine di ottenere l’approvazione della camera permanente competente prima di proporre il compromesso

69 Sul punto v. supra in questo Cap. par. 1; nel Cap. 2 paragrafi 2.2., 6.1., 9.. 70 Il semestre ha avuto inizio l’1 gennaio 2015 e si è concluso il 30 giugno

2015. Nel frattempo, il Parlamento europeo ha confermato, con una nuova Risoluzione del 29 aprile 2015, “la sua ferma volontà di realizzare le priorità necessarie all'istituzione della Procura europea”. Il testo della Risoluzione è disponibile all’indirizzo http://dirittopenaleeuropeo.it/

71 Il testo del progetto elaborato sotto la presidenza lettone (Doc. n. 9372/15)

è disponibile all’indirizzo

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all’indagato. Inoltre, l’archiviazione che ne consegue, oltre a dover soddisfare l’interesse alla “buona amministrazione” della giustizia, deve rispondere ai “general criminal law objectives”. Si specifica poi, che i danni agli interessi finanziari dell’UE e alle altre vittime, non devono superare in totale i 50.000 euro. Infine, l’indagato, oltre a non dover essere già stato condannato per un reato “PIF”, non dovrà neppure aver concluso, in precedenza, un compromesso ai sensi del Regolamento istitutivo dell’EPPO72.

Quanto al controllo giurisdizionale sulla “transaction”, si va ben oltre la mera eliminazione della norma che esclude un simile vaglio73. Infatti, nel nuovo par. 3a del suddetto articolo si stabilisce che sull’accordo debba intervenire l’autorizzazione dell’organo giurisdizionale nazionale, quando la legge dello Stato membro di appartenenza del delegato incaricato dell’indagine la richieda74. Tale modifica non può che essere accolta con favore dal nostro ordinamento nel quale, come osservato nel capitolo precedente, la garanzia del principio di obbligatorietà dell’azione penale passa anche attraverso il controllo del giudice sulle determinazioni del pubblico ministero (una delle quali è, appunto, l’archiviazione conseguente al compromesso)75.

72 Cfr. con i requisiti imposti nella bozza di Regolamento elaborata dal

Consiglio durante il semestre di presidenza italiana (v. supra in questo Cap. par. 2.3. )

73 V. Risoluzione del 12/03/2014 del Parlamento europeo e bozza di

Regolamento elaborata dal Consiglio durante il semestre di presidenza italiana. (v. supra in questo Cap. par. 1 e 2.3.)

74 Art. 29 par. 3a Doc. n. 9372/15: “When a judicial authorisation of a transaction

is required under the law of the Member State of the European Delegated Prosecutor handling the case, the said European Delegated Prosecutor shall seek such authorisation before communicating the final transaction proposal to the suspect”.

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Infine, al par. 3b si stabilisce che quando la Procura europea procede per uno dei reati che rientrano nella competenza “ancillare”, per la transazione è necessario il consenso delle autorità nazionali competenti dello Stato membro interessato. Se tali autorità negano il consenso, l’EPPO può deferire il caso alle autorità giudiziarie nazionali per ulteriori indagini o azioni penali76. Evidentemente si è voluto contemperare l’interesse della Procura europea all’archiviazione del procedimento con quello delle Procure nazionali alla prosecuzione dello stesso, con riferimento a reati che offendono beni diversi dagli interessi finanziari dell’Unione.

76 Art. 29 par. 3b Doc. n. 9372/15: “Where the European Public Prosecutor’s

Office exercices a competence in accordance with Article 18 (1), the decision to offer a transaction shall be taken only with the consent of the competent national authorities of the Member State concerned. Where the competent authorities deny giving their consent, the European Public Prosecutor’s Office may refer the case to the judicial authorities of the Member State for further investigation or prosecution”.

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CONCLUSIONE

Un documento ‹‹storico››. Questo l’attributo con cui l’allora vice presidente della Commissione europea, Viviane Reding, ha definito la Proposta del 17 luglio 2013 alla conferenza stampa di presentazione della stessa. In effetti, il progetto della Commissione rappresenta una tappa fondamentale nel percorso verso l’istituzione del pubblico ministero europeo: da una parte, esso costituisce il punto di arrivo di un iter che, originatosi sul finire degli anni Novanta con il Corpus Juris, aveva rischiato di arrestarsi in occasione della Conferenza di Nizza, per poi trovare nuova linfa vitale nell’art. 86 TFUE (così come riformulato dal Trattato di Lisbona); dall’altra, è sulla base di questo testo che le istituzioni europee hanno condotto, e conducono tutt’ora, i negoziati.

Il presente lavoro, muovendo dall’articolato della Proposta e considerandone i più recenti sviluppi, affronta due problematiche: la prima attinente alle “anomalie genetiche” della disciplina, la seconda relativa alla compatibilità di alcune previsioni con il nostro assetto costituzionale.

Per quanto riguarda il primo ordine di questioni, e in particolare la competenza dell’EPPO, con la Risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2014, prima, e con il testo licenziato dal Consiglio ad esito del semestre di presidenza italiana, poi, si è assistito alla riduzione del tasso di indeterminatezza delle condizioni in presenza delle quali scatta la c.d. “ancillary competence”. Si è scongiurato, in questo modo, il rischio di un’incontrollata espansione del campo d’azione dell’EPPO, che

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si sarebbe potuto spingere fino a ricomprendere fattispecie assolutamente differenti da quelle lesive degli interessi finanziari dell’Unione, determinando, pertanto, l’aggiramento della previsione di cui all’art. 86 par. 4 TFUE. Permangono, invece, le perplessità circa la c.d. “competenza naturale”, la cui individuazione è demandata ad un atto, la direttiva “PIF” (ancora allo stato di proposta), il quale appare più funzionale ad esigenze di armonizzazione, che all’operatività di un organo investigativo unitario con competenze accentrate.

Inoltre, per quanto attiene al tema delle regole applicabili alle indagini della Procura europea, si registra un significativo passo in avanti: infatti, se il criterio adottato dalla Proposta, quello della lex loci, non appare in grado di risolvere il problema delle indagini transfrontaliere, lo stesso non può dirsi per quello che si basa sulla lex fori, recentemente adottato dal Consiglio nella bozza di Regolamento.

Infine, rispetto alle garanzie procedurali riconosciute alle persone coinvolte nei procedimenti avviati dall’european public prosecutor, si assiste ad una modifica che lascia ben sperare. Invero, con la previsione della necessità che a tali soggetti vengano riconosciuti, “come minimo”, i diritti procedurali previsti dalla legislazione europea, si è andati oltre l’articolato della Commissione che, invece, faceva riferimento solo ad alcune garanzie, demandando la tutela di quelle non contemplate alla legislazione degli Stati membri.

Venendo al secondo ordine di questioni, rileva, anzitutto, la problematica, ad oggi non completamente risolta, relativa all’indipendenza del pubblico ministero europeo. Infatti, le procedure di nomina e destituzione dei membri dell’EPPO,

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tutt’ora affidate agli organi politici dell’Unione e caratterizzate dall’estromissione dell’organo di autogoverno nazionale, si pongono in contrasto con le disposizioni del titolo IV della nostra Carta fondamentale. Risultano, invece, attenuate le criticità concernenti i profili relativi all’indipendenza interna dell’ufficio. Infatti, ad esito del semestre di presidenza italiana del Consiglio, la struttura dell’accusatore europeo è stata completamente rivisitata, tant’è che i compiti, attribuiti nell’elaborato della Commissione ad un unico soggetto (ovvero il capo dell’ufficio, che, in tal modo, finisce per essere detentore di uno ius vitae ac necis sui delegates), vengono affidati a due nuovi organi collegiali: la competente camera permanente ed il collegio.

In secondo luogo, i recenti lavori del Consiglio, che introducono un ordine gerarchico tra i criteri che devono orientare l’EPPO nell’individuazione dell’organo giurisdizionale di merito, determinano il venir meno della violazione del principio di precostituzione del giudice, sancito non solo dall’art. 25 comma 1 Cost., ma anche dall’art. 47 par. 2 della Carta europea dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

In terzo luogo, si assiste all’attenuazione delle criticità che il progetto della Commissione presenta rispetto all’art. 111 comma 4 Cost., in tema di ammissione delle prove raccolte dall’EPPO. Invero, gli emendamenti suggeriti dal Parlamento europeo con la Risoluzione del 12 marzo 2014 impongono al giudice di valutare anche il rispetto dei principi contenuti nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Infine, si segnalano alcuni progressi rispetto al principio di obbligatorietà dell’azione penale di cui all’art. 112 Cost.. Il testo

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adottato dal Consiglio durante il semestre di presidenza italiana non contiene, infatti, alcun riferimento alla categoria della archiviazione c.d. “discrezionale”. Inoltre, con la bozza di Regolamento elaborata sotto la presidenza lettone, non solo si elimina la previsione che espressamente sottrae il c.d. “compromesso” al controllo giurisdizionale, ma si prevede anche che sull’accordo transattivo debba intervenire l’autorizzazione del giudice nazionale, quando la legge dello Stato membro di appartenenza del delegato incaricato dell’indagine la richieda. Residuano, tuttavia, le perplessità circa l’assenza di una previsione che imponga, o quantomeno renda possibile, un controllo giurisdizionale sull’archiviazione.

Come si può notare, nonostante il percorso sia ancora lungo, l’istituzione di una Procura europea per la tutela degli interessi finanziari dell’Unione è un tema posto costantemente al centro del lavoro delle istituzioni europee, le quali sembrano muoversi nella direzione giusta, dal momento che sono state risolte gran parte delle criticità.

Nondimeno, rimane aperta la questione relativa alle modalità attraverso le quali istituire l’EPPO: se da una parte, data la dimensione del bene giuridico che viene in considerazione, sarebbe auspicabile adottare la procedura speciale di cui all’art. 86 par. 1 TFUE (che richiede l’unanimità in seno al Consiglio e la previa approvazione del Parlamento europeo per l’adozione del Regolamento istitutivo), dall’altra, non bisogna sottovalutare l’ipotesi della c.d. “cooperazione rafforzata” (che, ai sensi del par. 3 del suddetto articolo, richiede l’accordo di almeno nove Paesi dell’Unione), in considerazione del fatto che alcuni Stati membri si mostrano tutt’ora ostili all’istituzione dell’EPPO.

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Questo meccanismo, come affermato dal Capo del Dipartimento per gli affari di giustizia (che chi scrive ha avuto la possibilità di intervistare), qualora riunisse un numero congruo di Paesi, potrebbe condurre alla creazione di un organo largamente condiviso e realmente efficace, idoneo, pertanto, a produrre un effetto trainante nei confronti degli altri Stati. Da ultimo, vale la pena sottolineare che, avendo avuto, chi scrive, l’occasione di partecipare, in qualità di spettatore, ai lavori del Gruppo Cooperazione in materia penale (COPEN), il clima che si respira in seno ai gruppi di lavoro sembra lasciare ben sperare. Forse, al di là delle questioni di carattere dogmatico, ciò è dovuto a ragioni di natura prettamente economica: infatti, se realmente si giungesse all’istituzione dell’EPPO, non è da escludere che l’Unione potrebbe decidere di erogare alcuni dei suoi fondi in considerazione dell’adesione o meno degli Stati membri al progetto della Procura europea. Pertanto, di fronte ad una simile prospettazione, i Paesi dell’UE sembrano avere tutto l’interesse a partecipare alla scrittura di regole, che, in un secondo momento, potrebbero trovarsi obbligati ad osservare.

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