L’art. 25 comma 1 della Costituzione afferma che “nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”. Tale norma, come più volte ribadito dalla Corte costituzionale, “tutela l'esigenza che la competenza degli organi giudiziari, al fine di una garanzia rigorosa della loro imparzialità, venga sottratta ad ogni possibile arbitrio attraverso la precostituzione per legge del giudice, in base a criteri fissati in anticipo e non in vista di singole controversie”49. Pertanto, “è escluso che il giudice possa essere designato tanto dal legislatore con norme singolari, che deroghino a regole generali, quanto da altri soggetti con atti loro rimessi, dopo che la controversia è insorta”50.
49 Così la C. cost. nella sent. n. 460/1994. Già a partire dai suoi primi anni di
attività la Consulta si è fatta carico di definire il contenuto del principio de
quo. In particolare, nella sent. n. 88/1962 ha affermato che il “ concetto di
"pre-costituzione del giudice", vale a dire della previa determinazione della competenza, con riferimento a fattispecie astratte realizzabili in futuro, non già, a posteriori, in relazione, come si dice, a una regiudicanda già insorta”. Nella successiva sent. n. 56/1967 ha chiarito che “il precetto costituzionale enunciato nel primo comma dell'art. 25 tutela una esigenza fondamentalmente unitaria: quella, cioè, che la competenza degli organi giudiziari, al fine di una rigorosa garanzia della loro imparzialità, venga sottratta ad ogni possibilità di arbitrio”.
50 In questi termini si è espressa la C. cost. nella sent. n. 419/1998. In altre
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Proprio sotto quest’ultimo profilo, sembra doveroso richiamare una norma della Proposta che, dato il suo contenuto, si pone in aperto contrasto col nostro parametro costituzionale51. Il riferimento è all’art. 27 par. 4, il quale, anzitutto, assegna al prosecutor, d’intesa con il delegato che presenta il caso e in considerazione della corretta amministrazione della giustizia, la scelta della giurisdizione. La seconda parte della disposizione in parola prevede quattro criteri che devono orientare il pubblico ministero europeo nell’individuazione della sede del processo. Essi, però, non sono presentati in rigida successione, ma proposti come alternativi e disponibili. L’assenza di un ordine gerarchico tra i suddetti parametri fa sì che l’individuazione dell’organo giurisdizionale avvenga “caso per caso”, in relazione a valutazioni discrezionali dell’organo d’accusa, e rende, quindi, imprevedibile la scelta del giudice52.
naturale, sancito dall'art. 25, primo comma, della Costituzione quando il giudice venga designato a posteriori in relazione ad una determinata controversia o direttamente dal legislatore in via di eccezione singolare alle regole generali ovvero attraverso atti di altri soggetti ai quali la legge attribuisca tale potere al di là dei limiti imposti dalla riserva di legge”(ord. n. 161/1992). Tale impostazione viene riproposta anche nell’ord. n. 176/1998 in cui si legge: “secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il principio della precostituzione per legge del giudice naturale è leso soltanto quando il giudice è designato in modo arbitrario e a posteriori, oppure direttamente dal legislatore in via di eccezione singolare alle regole generali, ovvero attraverso atti di soggetti ai quali sia attribuito il relativo potere in violazione della riserva assoluta di legge stabilita dall'art. 25, primo comma, della Costituzione”.
51 In questo senso v. tra gli altri SQUILLACI E., In margine alla Proposta di
istituzione della Procura europea per la tutela degli interessi finanziari dell’Unione
in Archivio penale 1/2014 (web), p. 11, il quale afferma: “particolarmente delicata, specie per un sistema come il nostro che accoglie in sede costituzionale il principio del giudice naturale e precostituito per legge, è poi la determinazione del foro competente per il giudizio”.
52 Sul punto v. SQUILLACI E., In margine alla Proposta di istituzione della
Procura europea per la tutela degli interessi finanziari dell’Unione, in Archivio penale 1/2014 (web) p. 11, il quale afferma: “particolarmente delicata, specie
per un sistema come il nostro che accogli in sede costituzionale il principio del giudice naturale e precostituito per legge, è […] la determinazione del
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Così congegnata, la norma si pone in conflitto non solo con il dettato costituzionale italiano, ma anche con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Il principio di precostituzione trova, infatti, espresso riconoscimento nell’art. 47 par. 2, in base al quale “ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge”. Inoltre, si ravvisa una contraddizione all’interno dello stesso progetto della Commissione, dal momento che quest’ultimo, nell’individuazione delle condizioni di ammissibilità della prova raccolta dall’EPPO, richiede il rispetto dell’art. 47 della Carta53.
Sul punto, non si può fare a meno di richiamare la recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, nel caso Camilleri v. Malta54: il ricorrente lamentava, infatti, che il sistema giudiziario maltese (in linea di massima simile a quello inglese) fosse in contrasto con il disposto degli artt. 6 (“Diritto a un equo processo”) e 7 (“Nulla poena sine lege”) della CEDU, per il fatto che l’organo d’accusa risultava avere un potere discrezionale quanto alla scelta del giudice davanti al quale rinviare a giudizio l’imputato. Tale circostanza non era di secondaria importanza, posto che, a seconda che si trattasse di
foro competente per il giudizio”; dello stesso avviso è RECCHIONE S.,
European Public Prosecutor Office. Anche gli entusiasti diventano scettici?, in Diritto penale contemporaneo, 2014, p. 19; Inoltre, come è stato già osservato,
così formulata la norma de quo cela il rischio che in concreto si realizzi il c.d. “forum shopping”. V. supra Cap. 2 par. 6.1.
53 Art. 30 par. 1 della Proposta: “Ove l'organo giurisdizionale di merito
ritenga che l'ammissione delle prove presentate dalla Procura europea non pregiudica […] né i diritti della difesa sanciti dagli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea…”.
54 Camilleri c. Malta (ricorso n. 42931/10), sent. 22/01/2013 – 27/05/2013. Il
testo della pronuncia è consultabile in http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001- 116076#{"itemid":["001-116076"]}.
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un giudice oppure di un altro, sarebbero cambiate le regole di giudizio e la stessa pena irrogabile in caso di condanna55. La Corte di Strasburgo ha ritenuto inutile esaminare la violazione del diritto al giusto processo, perché ha ravvisato la violazione di un principio logicamente precedente, quello di prevedibilità della sanzione56. In particolare, la scelta del giudice competente, effettuata dal prosecutor maltese senza che ne fossero indicati puntualmente i parametri, avrebbe comportato conseguenze giuridiche che l’agente non poteva prevedere o prefigurarsi al momento della commissione del fatto.
55 Nel sistema inglese si individuano tre categorie di reati sulla base di criteri
che guardano non soltanto alla gravità e alla natura dei reati, ma anche al regime processuale applicabile. In particolare si distinguono i c.d. “indictable
offences”, i c.d. “summary offences” e i reati c.d. “triable either way”. Rispetto alla
prima classe di reati (di regola i più gravi), il giudizio si svolge davanti alla
Crown Court, esso è definito dalla giuria e le pene sono di regola elevate. Per
quanto riguarda il secondo gruppo, il procedimento si svolge difronte
Magistrate’s Court, con il rito sommario e le pene sono sensibilmente minori.
Infine, alla terza famiglia di fattispecie appartengono quelle che possono essere definite con entrambe la procedure. Alla luce della sentenza Camilleri il problema si pone proprio rispetto a quest’ultima categoria dal momento che l’individuazione della Court competente dipende da una valutazione che non è legalmente predefinita. Il sistema maltese ripete tendenzialmente questo sistema. Nel caso di specie - possesso di stupefacenti a fini di spaccio – la pena massima che la Criminal Court può irrogare varia da 4 anni di detenzione all’ergastolo mentre quella che può essere inflitta dalla Court of
Magistrates varia da un minimo di sei mesi ad un massimo di dieci anni. Ai
nostri fini, assume particolare rilevanza il fatto che la decisione circa la corte competente riposa nella discrezionalità del prosecutor, il quale non è tenuto a giustificare la propria scelta sulla base di criteri predeterminati dalla legge e neppure previsti da linee guida cui uniformarsi. In definitiva, l’imputato non è in grado di conoscere previamente quale sia la conseguenza della sua azione in termini di punibilità.
56 Dispone, infatti, l’art. 7 della CEDU che “1. Nessuno può essere
condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso. 2. Il presente articolo non ostacolerà il giudizio e la condanna di una persona colpevole di una azione o di una omissione che, al momento in cui è stata commessa, costituiva un crimine secondo i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili.”
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Questa sentenza sembra imporre un’attenta riflessione con riguardo all’istituenda Procura europea ed, in particolare, all’art. 27 par. 4 della Proposta57, che, se non sarà oggetto di un intervento di modifica, potrà dar luogo ad una situazione a dir poco disfunzionale. E’ nota, infatti, la giurisprudenza della Corte di Strasburgo in materia di responsabilità degli Stati membri della CEDU in caso di violazioni di un diritto protetto dalla Convenzione (nel nostro caso quello di precostituzione del giudice), perpetrate da un soggetto terzo (nel caso di specie la Procura europea), anche se in relazione e in esecuzione di un accordo stipulato con il Paese aderente alla CEDU, che sia intervenuto successivamente all’adesione alla Convenzione. Gli obblighi derivanti da tale accordo, sostiene la Corte EDU, non sono invocabili e non hanno valore scriminante rispetto alle violazioni delle norme CEDU. Come è stato osservato, infatti, “sarebbe molto imbarazzante l’eventuale sentenza di condanna da parte della Corte di Strasburgo nei confronti di uno Stato membro dell’Unione europea, per la violazione dell’art. 7 (CEDU) ravvisata in una decisione di ‹‹scelta del foro›› operata dal pubblico ministero europeo”58 (come si è verificato nel caso della sentenza Camilleri v. Malta).
57 In questo senso v. SELVAGGI E., Il p.m. non può scegliersi il giudice: un
ammonimento quanto al pubblico ministero europeo (EPPO)?, in Cassazione penale
12/2013, pp. 4692-4694; MONETTI V., La Proposta di direttiva per la creazione
dell’ufficio del pubblico ministero europeo, in Questione giustizia 1/2014, pp. 207 e
216.
58 Così ancora MONETTI V., La Proposta di direttiva per la creazione dell’ufficio
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4. Ammissione della prova raccolta dall’EPPO e art. 111