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2. L’OBBLIGATORIETÀ DELL’AZIONE PENALE ALLA LUCE

2.3. Il compromesso

La norma di cui all’art. 29 della Proposta è quella che pone i maggiori problemi rispetto all’articolo 112 Cost., in considerazione del fatto che in essa sono ravvisabili entrambi gli aspetti critici emersi dai paragrafi precedenti.

Anzitutto, le problematiche sottese all’assenza del controllo giurisdizionale sull’archiviazione si ripropongono in modo ancor più evidente rispetto all’istituto del compromesso, il cui perfezionamento da vita ad una ipotesi di inazione sottratta, per espressa previsione della Proposta, a qualsiasi verifica di carattere giurisdizionale. Di qui la necessità di epurare il testo del suddetto articolo dalla previsione che esclude il controllo giurisdizionale (par. 4) e di consentire, quindi, agli Stati che lo prevedono di effettuare tale vaglio .

40 In questo senso v. VALENTINI C., L’obbligatorietà dell’azione penale tra criteri

di priorità e garanzia di eguaglianza, in Processo penale e Costituzione a cura di

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In questo senso merita di essere approfondito il rilievo di chi, constatando che il compromesso incide sull’azione penale inibendola, ritiene improprio il riferimento alla “sanzione pecuniaria forfettaria”, presente nel testo dell’art. 29, dal momento che “alla scelta di inazione evidentemente non può seguire una conseguenza qualificabile come ‹‹sanzione››”41. Ma vi è di più: la comparazione delle diverse versioni linguistiche della Proposta ha portato taluno ad affermare che “il legislatore europeo sembra escludere la natura penale della (suddetta) sanzione solo nella versione italiana”42. Se questo punto di vista fosse confermato, risulterebbe, a parere di chi scrive, più che mai necessario il controllo del giudice nell’ambito di un ordinamento che, come il nostro, attribuisce, già a livello costituzionale, precise funzioni alla pena43. Si riproporrebbe, infatti, la problematica che la Corte costituzionale ha affrontato nella nota sent. n. 313/1990 rispetto all’istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti44. In quell’occasione la Consulta ha affermato che l’art. 444 comma 2 c.p.p., privando il giudice del potere di controllare la congruità della pena richiesta consensualmente dalle parti, collide con il principio di cui

41 Così RECCHIONE S., European Public Prosecutor Office. Anche gli entusiasti

diventano scettici?, in Diritto penale contemporaneo, 2014, p. 15.

42 In questo senso v. RUGGERI F., Spigolature “multilinguistiche” nello spazio di

libertà sicurezza e giustizia (note minime sull’obbligatorietà dell’azione penale nella Proposta di istituzione del pubblico ministero europeo), in Cassazione penale

02/2015, p. 801. In particolare, l’autore si sofferma sulle differenze esistenti tra la versione italiana e quelle francese, inglese e tedesca: la versione italiana fa riferimento ad una “sanzione pecuniaria forfettaria”; quella francese ad una “amende forfaitaire”; quella inglese ad una “lump-sum fine”; quella tedesca ad una “eine pauschale Geldstrafe”.

43 L’art. 27 comma 3 della Costituzione afferma, infatti, che “le pene non

possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

44 Per quanto riguarda gli aspetti che accomunano la disciplina del

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all’art. 27 comma 3 Cost.. Esso, infatti, “impone al giudice di valutare l'osservanza del principio di proporzione fra quantitas della pena e gravità dell'offesa, e quindi il concreto valore rieducativo della pena in relazione alla sua pregnante finalità”45. Sotto un diverso punto di vista si potrebbe ritenere violato l’art. 112 Cost., in considerazione del fatto che, come osservato a suo tempo, l’archiviazione che consegue alla “transaction” può aver luogo quando il “caso non deve essere archiviato” (“e la prosecuzione del procedimento è nell'interesse della buona amministrazione della giustizia”). Si tratta, evidentemente, di una situazione in cui il principio di obbligatorietà imporrebbe l’esercizio dell’azione penale. In realtà, istituti che sortiscono gli stessi effetti sono presenti anche nel nostro ordinamento. Da anni ormai, alla presa d’atto dell’impossibilità di gestire la moltitudine di notizie di reato che quotidianamente invadono le procure italiane, il legislatore ricorre a strumenti volti ad evitare che il canone dell’obbligatorietà “vada in pezzi nell’istante

45 Così la C. cost. nella sent. n. 313/1990. Sul punto v. BONINI V., Limiti

sistematici ed opzioni ricostruttive della negozialità nella giustizia penale,

Giappichelli, Torino, 2004, pp. 108 – 109, la quale, nell’individuare le ragioni che hanno portato la C. cost. all’emanazione della sent. n. 313/1990 rileva come con la disciplina originaria del “patteggiamento”, il legislatore italiano “aveva sicuramente consegnato alle parti processuali la disponibilità della commisurazione della risposta sanzionatoria penale, la quale poteva risultare variamente modulata secondo parametri che, in quanto svincolati da un successivo controllo giurisdizionale, potevano di fatto rispondere ai più vari interessi […]. Il congegno risultava talmente alieno dalla nostra cultura giurisdizionale da provocare subitaneamente l’intervento dei giudici delle leggi, adducendo la violazione di molteplici precetti costituzionali […] E peraltro una così ampia gamma di parametri di legittimità non soddisfa, come noto, i giudici costituzionali, che (nella suddetta sentenza) ritengono di dover individuare la violazione dell’art. 27 comma 3 Cost., assumendone l’implicito richiamo da parte dei remittenti […]. Si ripristina, così, il potere del giudice in ordine alla commisurazione della pena, che viene sottratta alla disponibilità delle parti”.

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stesso in cui approda presso i palazzi della Giustizia”46. Si pensi, da ultimo, alla sospensione del processo con messa alla prova, istituto con chiare finalità deflattive, che può essere attivato anche prima dell’esercizio dell’azione penale e, a certe condizioni (tra le quali, così come per il compromesso, rientra anche il risarcimento del danno), può portare ad una pronuncia che dichiara l’estinzione del reato47. Tuttavia, in questi casi il principio di obbligatorietà (e quello strettamente collegato di uguaglianza) deve ritenersi comunque assicurato dalla previsione di criteri per la rinuncia al processo predeterminati in via astratta e generale (in particolare rilevano ai nostri fini i presupposti dell’accordo), idonei, pertanto, a scongiurare qualsiasi valutazione di opportunità da parte dell’organo d’accusa48.

46 Così VALENTINI C., L’obbligatorietà dell’azione penale tra criteri di priorità e

garanzia di eguaglianza, in Processo penale e Costituzione, a cura di Dinacci F.R.,

Giuffrè, Milano, 2010 p.143. V. anche MARZADURI E., Voce “azione” IV in

Enciclopedia giuridica, vol. IV, Treccani, agg. 1996, p. 20, il quale afferma che

preso atto della “cronica incapacità della nostra giustizia penale a fornire una soddisfacente risposta… Si tratta allora di individuare gli strumenti idonei a creare le condizioni indispensabili per assicurare quanto meno un livello accettabile di concreto rispetto della previsione costituzionale”.

47 L’istituto è stato introdotto con la l. 67/20014. Per un approfondimento

dell’istituto v. BOVE V., Messa alla prova per gli adulti: una prima lettura della L.

67/14 atti del convegno “La dialettica dibattimentale: confronto a più voci”,

svoltosi presso Villa di Castel Pulci, Scandicci nei giorni 9-11 giugno 2014.

48 In questo senso v. ancora RUGGERI F Spigolature “multilinguistiche” nello

spazio di libertà sicurezza e giustizia (note minime sull’obbligatorietà dell’azione penale nella Proposta di istituzione del pubblico ministero europeo) in Cassazione

penale 02/2015 p. 802. Quanto ai problemi che l’istituto in questione porrebbe rispetto il principio di uguaglianza, conviene richiamare ancora RECCHIONE S., European Public Prosecutor Office. Anche gli entusiasti

diventano scettici?, in Diritto penale contemporaneo, 2014, p. 15, la quale,

individua un altro profilo problematico: “l’istituto urta, oltre che contro il principio di obbligatorietà anche contro il principio di uguaglianza, in quanto si presenta diretto ad un pubblico di indagati abbiente, che può permettersi di risarcire il danno e pagare l’obbligazione pecuniaria conseguente all’accordo ”.

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In virtù di queste considerazioni, i problemi di compatibilità con l’art. 112 sono da individuarsi, non tanto nel fatto che l’azione penale non venga esercitata pur in presenza di un “caso che non deve essere archiviato”, bensì nella parte della previsione che affida al p.m. la valutazione circa la “buona amministrazione della giustizia”, parametro che non appare in grado di eliminare i profili di discrezionalità.