A mente dell’art. 104 comma 1 della Costituzione, “la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”. Queste prerogative, da sempre riferite al giudice, vengono riconosciute anche al pubblico ministero che, in quanto “magistrato appartenente all'ordine giudiziario”, è collocato “in posizione di istituzionale indipendenza rispetto ad ogni altro potere”4. Occorre sottolineare però che, mentre l’indipendenza della magistratura giudicante è radicata nell’essenza stessa della funzione giurisdizionale, quella del pubblico ministero è fondata su altre e diverse ragioni. In particolare, si fa riferimento al principio di obbligatorietà dell’azione penale (art. 112 Cost.)5, il quale, perché possa avere concreta attuazione, esige che il titolare dell’azione penale sia un soggetto non appartenente né al potere esecutivo, né a quello legislativo ed, inoltre, che sia indipendente da ogni altro potere. Diversamente l’azione penale finirebbe per dipendere dalle
riconosciuta una valenza superiore rispetto alle altre previsioni di rango costituzionale”.
4 Cosi C. cost sent. n. 190/1970.
5 Che come vedremo concorre a garantire, non solo l'indipendenza del
pubblico ministero nell'esercizio della propria funzione, ma anche l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge penale. V. infra in questo Cap. par 2.
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valutazioni di opportunità o del Parlamento o del Governo6. A presidio dell’indipendenza della magistratura (giudicante e requirente) la Costituzione ha, da una parte, previsto che la nomina dei magistrati avvenga “per concorso” (art. 106 comma 1 Cost.), dall’altra, attribuito ad un organo di governo autonomo, il Consiglio superiore della magistratura, l’amministrazione del personale: quest’ultimo è infatti competente per quanto riguarda i trasferimenti, le promozioni, le assegnazioni di funzioni e i provvedimenti disciplinari (art. 105 Cost.).
Rispetto a queste previsioni, che presidiano il principio di separazione dei poteri, il quale sicuramente può ritenersi strutturante l’assetto costituzionale dello Stato, il progetto della Commissione presenta, a parere di chi scrive, profili di incompatibilità.
Anzitutto si fa riferimento alle procedure di nomina dei componenti dell’Ufficio del procuratore europeo. Com’è stato sottolineato nei precedenti capitoli, sia il Corpus Juris che la Proposta prevedono un percorso di designazione del capo dell’ufficio interamente devoluto ad organi politici7. “La designazione di chiara natura politica del procuratore si ‹‹diffonde›› ai sostituti8 e, più ancora, ai delegati” che dipendono strettamente dal prosecutor, “essendone legati da un rapporto univoco, non mediato, che induce a prevedere nomine
6 In questo senso v. PACILEO V. Pubblico ministero. Ruolo e funzioni nel
processo penale e civile, Utet, Milano, 2011, p. 6.
7 Mentre nel Corpus la nomina spettava al Parlamento Europeo (v. supra Cap.
1 par. 1.4,), nella proposta essa spetta al Consiglio con il consenso del Parlamento europeo (v. supra Cap. 2 par. 4). La procedura di nomina ha subito, dunque, una modifica che va nel senso dell’attribuzione di un ruolo maggiormente significativo ai rappresentati dei Governi degli Stati membri.
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di carattere fiduciario effettuate con logiche paragovernative”9 e, pertanto, estranee al nostro ordinamento costituzionale.
Quanto ai meccanismi di revoca10, si individuano due aspetti estremamente critici. In primis, appaiono difficilmente conciliabili con la nostra Carta fondamentale le previsioni, in base alle quali il dismissal può avvenire su istanza politica11. In secondo luogo, la procedura di revoca si presenta integralmente sottratta al controllo dell’organo di autogoverno nazionale, che resta del tutto estraneo alla gestione amministrativa del nuovo magistrato europeo. Inoltre, come si è già avuto modo di vedere, l’affidamento del compito di adottare il relativo provvedimento alla Corte di Giustizia non appare in grado di tutelare l’indipendenza dell’accusatore europeo, se si considera che tale Corte non riveste una funzione in alcun modo equiparabile a quella del nostro CSM: “si tratta di un organo con alte competenze giurisdizionali cui viene affidato, in via episodica, un inedito compito di controllo su un’istanza che resta – ed è questo il punto critico – di inequivocabile matrice politica”12. Si potrebbe tuttavia richiamare l’art. 107 comma 2 Cost. che prevede l’iniziativa disciplinare ministeriale13. Tale
9 Così RECCHIONE S. European Public Prosecutor Office. Anche gli entusiasti
diventano scettici? in Diritto Penale contemporaneo (web) p. 12.
10 V. supra Cap. 2 par. 4.
11 La revoca su istanza politica è “diretta” per quanto riguarda il prosecutor
(dal momento che è affidata all’iniziativa del Consiglio, del Parlamento europeo o della Commissione v. supra Cap.2 par. 4 ) ed “indiretta” nel caso dei sostituti che possono essere revocati su istanza del procuratore europeo, a sua volta strettamente collegato agli organi politici (v. supra Cap. 2 par. 4).
12 Così ancora RECCHIONE S., European Public Prosecutor Office. Anche gli
entusiasti diventano scettici?, in Diritto penale contemporaneo, 2014, p. 7.
13 Art. 107 comma 2 Cost. “Il Ministro della giustizia ha facoltà di
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istituto però, così come attuato dal D.Lgs. 109/200614, non mira alla rimozione del pubblico ministero, ma alla promozione di un accertamento che, in base ad una procedura corredata da una serie di garanzie, può condurre all’applicazione di una pluralità di sanzioni, tra le quali la rimozione risulta la più grave15.
La situazione sembra maggiormente problematica se si guarda alla destituzione dei delegati del pubblico ministero europeo. Abbiamo visto, a suo tempo, che la revoca avviene ad opera del prosecutor, secondo una procedura interamente attribuita alla discrezionalità di quest’ultimo e che non prevede l’intervento di un organo giurisdizionale16. Com’è stato rilevato, il procuratore europeo finisce per essere titolare di un incondizionato “ius vitae ac necis ” sul delegato17.
14 D.Lgs 23 febbraio 2006, n. 109 “ Disciplina degli illeciti disciplinari dei
magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità, nonché modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera f), della legge 25 luglio 2005, n. 150”.
15 In particolare, il D.Lgs 109/2006 prevede all’art. 14 (“Titolarità dell'azione
disciplinare”) comma 2 che “Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere, entro un anno dalla notizia del fatto, l'azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore generale presso la Corte di cassazione”. L’art. 5 (“Sanzioni”) comma 1 prevede che “1. Il magistrato che viola i suoi doveri è soggetto alle seguenti sanzioni disciplinari:
a) l'ammonimento; b) la censura;
c) la perdita dell'anzianità;
d) l'incapacità temporanea a esercitare un incarico direttivo o semidirettivo; e) la sospensione dalle funzioni da tre mesi a due anni;
f) la rimozione.”
16 V. supra Cap 2 par. 4.
17 Così ancora ancora RECCHIONE S., European Public Prosecutor Office. Anche
gli entusiasti diventano scettici?, in Diritto penale contemporaneo, 2014, p. 9.
Inoltre, come è stato sottolineato nel capitolo precedente, questo potere, sommato a quelli relativi all’attività di indagine, contribuiscono a collocare il procuratore europeo in una posizione di netta supremazia gerarchica rispetto agli altri membri dell’ufficio. Da questo punto di vista vale la pena sottolineare che nel nostro assetto giudiziario l'autonomia e l'indipendenza del pubblico ministero presentano caratteri peculiari con riguardo ai rapporti interni all'ufficio, dovendosi considerare il carattere unitario di questo e il potere di sovraordinazione che va riconosciuto al capo dell'ufficio nei
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Forse, una soluzione in grado sia di ridurre i conflitti tra l’impianto della Proposta e la Costituzione che di preservare in modo più efficace l’indipendenza dell’EPPO potrebbe essere rintracciata, a parere di chi scrive, nel recupero di un’idea avanzata in sede di elaborazione del Corpus Juris ma poi abbandonata, consistente nell’istituzione di un organo di governo autonomo a livello europeo, con prerogative simili al nostro Consiglio superiore della magistratura18. Nella consapevolezza che difficilmente si arriverà ad eliminare le interferenze politiche insite nella procedura di nomina19, l’affidamento del procedimento di revoca ad un organismo di autogoverno sembrerebbe quanto meno idoneo a scongiurare l’instaurazione di un vincolo di soggezione del prosecutor nei confronti delle istituzioni dell’Unione (e segnatamente del Consiglio): allo stato attuale, infatti, dette istituzioni possono, in
confronti degli altri addetti (cfr. art. 70 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 e D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109). Tuttavia, nonostante le recenti spinte nel senso della accentuazione dei poteri del Procuratore capo, il nostro ordinamento attribuisce l’adozione dei provvedimenti disciplinari (dei quali la revoca costituisce il più grave) in via esclusiva al CSM, non essendo concepibile, tenuto conto del parametro costituzionale di riferimento, l’art. 105 Cost., l’assegnazione di un simile potere al titolare dell’ufficio.
18 In merito all’istituzione di un organo di autogoverno a livello europeo,
PIATTOLI B., Cooperazione giudiziaria e pubblico ministero europeo, Giuffrè, Milano, 2002, p. 210 afferma: “merita di essere sottolineato come fosse ventilata tra i compilatori del Corpus la possibilità di creare a livello europeo un organismo omologo a Consiglio superiore della magistratura (“Conseil
supérier du Ministère Public” o “Prosecution Service Commision”), composto di
magistrati e soggetti esterni nominati dal Parlamento centrale, allo scopo di garantire l’indipendenza del PME e intervenire, se necessario, nei casi di disfunzioni. Tuttavia, si è ritenuto di non prevedere una nuova istituzione e attribuire alla Corte di Giustizia la competenza a decidere anche i procedimenti disciplinari che coinvolgono i membri del pubblico ministero UE, valutandosi preferibile prendere come modello l’art. 195 par. 2 TCE”.
19 Infatti, come osservato nel Cap. 1 par. 1.6, l’esigenza che l’EPPO abbia una
legittimazione democratica è particolarmente sentita nei diversi Stati membri.
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qualsiasi momento e per tutta la durata del suo mandato, promuovere l’istanza di revoca.
C’è un ulteriore aspetto che, secondo alcuni, si pone in contrasto con la disciplina di uno dei “centri nevralgici del nostro ordinamento giudiziario”. Si tratta, in particolare dell’art 10 par. 2: la norma prevede, infatti, che se al momento della nomina a procuratore europeo delegato l'interessato non possiede lo status di pubblico ministero ai sensi del diritto nazionale, lo Stato membro deve attribuirgli tale qualifica. Ciò confligge con la regola concernente il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente, così che l’innesto del delegato all’interno della giurisdizione nazionale da vita ad una “seria frizione con i principi stabiliti dal titolo IV della Carta costituzionale che si pone sin dal momento della nomina”20. Infatti, le disposizioni contenute nel capo IV del D.Lgs 160/200621, prevedono una serie di condizioni che finiscono per rendere infrequente, se non raro, tale passaggio di funzione. Tuttavia, a parere di chi scrive, non è corretto parlare di “frizione” con i principi costituzionali trattandosi, piuttosto, di un’occasione in cui valutare la capacità del legislatore di predisporre, in sede di attuazione, delle procedure di individuazione dei candidati destinati a ricoprire l’ufficio di delegato del prosecutor europeo, rispettose di
20 Così RECCHIONE S. European Public Prosecutor Office. Anche gli entusiasti
diventano scettici? in Diritto Penale contemporaneo (web) p. 9. Dello stesso
avviso è anche SPIEZIA F. L’istituzione del procuratore europeo nella Proposta di
Regolamento della Commissione europea del 17 luglio 2013: quali nuovi assetti per lo spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia? in Cassazione penale 5/2014, p.
1847.
21 V. gli artt. 13 ss. del D.Lgs. 160/2006 (“Nuova disciplina dell'accesso in
Magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150”) emesso in attuazione della l. delega 150/05 e successivamente modificato dalla l. 2007 n. 111/07.
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entrambi i parametri normativi di riferimento. Seguendo l’impostazione accolta nella recente sentenza della Corte costituzionale n. 136 del 2011, sarebbe auspicabile che il procedimento di designazione del candidato a far parte, in qualità di delegate, della Procura europea, fosse affidato al Consiglio superiore della magistratura22, il quale, per non violare le disposizioni dettate in attuazione della Carta costituzionale, dovrà tener conto dei requisiti di cui al D.Lgs. 106/2006.
22 Con la sent. n. 136/2006 la Consulta ha dichiarato non fondata la questione
di legittimità costituzionale dei commi 1 e 2 dell’art. 2 della legge 14 marzo 2005, n. 41 (Disposizioni per l’attuazione della decisione 2002/187/GAI del 28 febbraio 2002 del Consiglio dell’Unione europea, che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità), sollevata, in riferimento agli artt. 105 e 110 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio. In particolare, ad avviso del Tribunale rimettente le norme denunciate violano gli evocati parametri perché attribuiscono al Ministro della giustizia, anziché al Consiglio superiore della magistratura, «il sostanziale potere di scelta del membro nazionale presso l’Eurojust». Secondo il giudice a quo, infatti, la designazione di tale membro implica la destinazione di un magistrato ordinario a svolgere attività di natura giudiziaria, «sostanzialmente proprie del magistrato» del pubblico ministero, e pertanto si risolve in un provvedimento che, in quanto incidente sullo status del magistrato, la Costituzione riserva al Consiglio superiore della magistratura. La Corte pur condividendo la premessa, in base alla quale “i provvedimenti previsti dall’art. 105 Cost. riguardanti i magistrati ordinari – esercitino essi funzioni giudicanti o requirenti – rientrano nelle competenze del Consiglio superiore della magistratura, anche se sono adottati nella forma del decreto del Capo dello Stato controfirmato dal Ministro ovvero, nei casi stabiliti dalla legge, del decreto del Ministro”, ha ritenuto la questione infondata. Infatti, i poteri e le funzioni che le disposizioni della Decisione istitutiva di Eurojust assegnano al Membro nazionale (artt. 6, 7 e 9), “non sono riconducibili a quelli giudiziari propri dei magistrati del pubblico ministero”.
Se ne deduce, quindi, che il procedimento di individuazione dei candidati destinati a ricoprire l’ufficio di delegato del pubblico ministero europeo, i quali saranno sicuramente chiamati a svolgere funzioni e poteri riconducibili a quelli giudiziari dei magistrati del pubblico ministero, dovrà essere affidato al Consiglio superiore della magistratura.
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2. L’obbligatorietà dell’azione penale alla luce delle procedure