2. LE MODIFICHE ELABORATE DAL CONSIGLIO DELL’UNIONE
2.3. Indagini, esercizio dell’azione penale e archiviazione
Rispetto all’attività d’indagine, la prima modifica che merita di essere messa a fuoco riguarda il diritto nazionale applicabile alle investigazioni. Esso non è più individuato in quello dello Stato membro in cui si svolge l’indagine o l’azione penale, bensì nel diritto del Paese membro in cui ha sede il delegato incaricato51. Si assiste, pertanto, al superamento del criterio della lex loci in favore di quello della lex fori, seppur sui generis52. Lascia perplessi, poi, il fatto che nel testo del Consiglio non sia presente alcun riferimento al concetto, di fondamentale importanza, in
50 Sul punto v. ancora CAMALDO L., La nuova fisionomia della Procura europea
ad esito del semestre di presidenza italiana del Consiglio europeo, in Cassazione penale 2/2015, p. 813, il quale afferma che “il criterio deflattivo adottato dal
Consiglio dell’Unione europea appare in grado di determinare una selezione dei casi in relazione ai quali la Procura europea avvierà una propria indagine, coerentemente con le finalità di superare la frammentarietà della repressione della frode ai danni delle finanze comunitarie”.
51Art. 5 par. 3 Doc. n. 16993/14 “The investigations and prosecutions on behalf of
the European Public Prosecutor’s Office shall be governed by this Regulation. National law shall apply to the extent that a matter is not regulated by this Regulation. Unless otherwise specified in this Regulation, the applicable national law shall be the law of the Member State whose European Delegated Prosecutor is responsible for the investigations and prosecutions in accordance with Article 12(1)”.
52 Si parla di lex fori sui generis dal momento che la legge applicabile non è
determinata in base al luogo in cui si svolge il processo, bensì in base allo Stato di appartenenza del delegato incaricato dell’indagine.
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base al quale il territorio degli Stati membri costituisce un “unico spazio giudiziario”53.
Per quanto concerne l’avvio e lo svolgimento delle indagini, si è resa necessaria una rivisitazione della disciplina dettata dalla Proposta della Commissione, in considerazione dei cambiamenti riguardanti la struttura e l’organizzazione della Procura europea. Nello specifico, l’avvio delle indagini compete, ai sensi dell’art. 21 par. 1, ai delegati o, nel caso in cui nessuno di essi vi abbia provveduto, ad una camera permanente. Avviata l’indagine il delegato deve informarne tempestivamente l’ufficio centrale (Central Office), al quale spetterà verificare che non sia già in corso un’indagine relativa ai medesimi fatti. Alla camera permanente è affidato il compito di individuare, sulla base dei criteri relativi alla determinazione dello Stato membro in cui dovrà svolgersi il giudizio, il procuratore europeo competente a supervisionare le indagini del delegate. Nell’ipotesi in cui si tratti di un caso transfrontaliero, la camera permanente può associare all’indagine più procuratori europei e più delegati.
I delegati, ai sensi dell’art. 23 par. 1, sono tenuti a riferire alla camera permanente gli sviluppi delle attività condotte, per il tramite del procuratore europeo responsabile 54. La ratio di tale previsione emerge dai successivi paragrafi della disposizione in parola. Il par. 4 prevede, infatti, che finché non venga assunta la decisione relativa all’esercizio dell’azione penale, la camera permanente che monitora un’indagine transfrontaliera può
53 Come si è avuto modo di osservare, tale concetto dovrebbe comportare il
superamento della mera cooperazione giudiziaria. Sul punto v. supra Cap. 2. par. 5.2.
54 Art. 23 par. 1 ultimo periodo Doc. n. 16993/14: “The European Delegated
Prosecutor shall regularly report on significant developments to the Permanent Chamber, through the competent European Prosecutor”.
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decidere di riassegnare il caso ad un diverso procuratore europeo e ad un diverso delegato, sulla base dei criteri di cui all’art. 27 par. 4 (ovvero quelli relativi alla determinazione del giudice competente) e quando ciò risulti necessario ai fini dell’efficienza dell’indagine. A mente del par. 5, invece, il procuratore europeo responsabile del caso può decidere di condurre direttamente l’indagine nel proprio Stato d’appartenenza, quando ciò sia necessario ai fini dell’efficienza dell’indagine, in virtù dei seguenti criteri: la gravità del reato, con particolare riguardo alle ricadute che questo abbia a livello dell’Unione; il coinvolgimento nelle indagini dei membri delle istituzioni, degli organi, degli organismi e delle agenzie dell’UE; la mancata possibilità del delegato o delle autorità nazionali competenti di svolgere l’attività investigativa, a causa di impedimenti fisici o di incompatibilità con l’oggetto dell’indagine55.
Per quanto riguarda le misure investigative, fermo restando l’elenco degli strumenti investigativi minimi che devono essere messi a disposizione dell’EPPO (e che devono, pertanto, essere necessariamente previsti e disciplinati dagli ordinamenti interni), la disciplina per la loro adozione viene rimessa alla legislazione nazionale, non figurando più la previsione che rende necessaria l’autorizzazione giudiziaria per le misure investigative maggiormente incidenti sui diritti fondamentali56. Quanto alle cross-border investigations, il progetto del Consiglio
55 In proposito, CAMALDO L., La nuova fisionomia della Procura europea ad esito
del semestre di presidenza italiana del Consiglio europeo, in Cassazione penale
2/2015, p. 814 sottolinea come tali criteri riprendano in modo più preciso e meno ampio quelli indicati dalla Commissione europea con riferimento alla possibilità attribuita al capo dell’ufficio di riassegnare il caso o evocarlo a sé, (di cui all’art 18 par. 5 della Proposta della Commissione).
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introduce una previsione ad hoc (l’art. 26a), con cui stabilisce che i delegati sono tenuti alla cooperazione e all’assistenza reciproca. In particolare, si prevede che quando il delegato incaricato dell’indagine (c.d. “delegato richiedente”) deve eseguire una misura investigativa in uno Stato membro diverso da quello in cui opera, quest’ultimo debba richiedere assistenza al delegato del Paese in cui la misura deve essere intrapresa (c.d. “delegato assistente”). Conformemente al criterio in base al quale il diritto nazionale applicabile è quello dello Stato di appartenenza del delegato incaricato (lex loci), il par. 2 dell’art. 26a prevede che i presupposti per l’adozione delle misure richieste sono regolati dalle disposizioni previste dal Regolamento istitutivo della Procura europea e da quelle contenute del diritto nazionale del delegato “richiedente”. L’esecuzione seguirà, invece, le previsioni dello Stato in cui opera il delegato “assistente”. Il successivo par. 3, superando i dubbi interpretativi emersi all’indomani della Proposta con riferimento all’art. 26 par. 457, dispone che, se il Regolamento o la legge dello Stato del delegato “richiedente” stabiliscono la necessità dell’autorizzazione giudiziaria per l’adozione della misura, il delegato “richiedente” deve munirsi di tale autorizzazione. Tuttavia, anche quando a richiederla sia il diritto del Paese del delegato “assistente”, quest’ultimo deve ottenerla58.
57 Sul punto v. supra Cap. 2 par. 5.3..
58 Pertanto, ai fini dell’esecuzione di una misura investigativa in un altro
Stato membro, non è sufficiente la sola autorizzazione dell’autorità giudiziaria dello Stato membro in cui è condotta l’indagine. Sembra, quindi, essere stato introdotto un criterio di “doppia legalità” per quanto riguarda l’autorizzazione delle misure transfrontaliere.
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Concluse le indagini, il delegato presenta al procuratore europeo e alla Camera permanente una sintesi dell’attività svolta nel corso del procedimento e, se del caso, una bozza dell’imputazione unitamente all’elenco delle prove59.
L’individuazione dello Stato membro in cui deve essere esercitata l’azione penale (e, quindi, celebrato il giudizio) viene effettuata dalla competente camera permanente, in stretta consultazione con il delegato, sulla base di criteri che, in considerazione di quanto suggerito dal Parlamento, sono posti in ordine gerarchico60.
Quanto alle ipotesi di inazione, si apprezza, nel testo licenziato dal Consiglio, l’eliminazione della categoria dell’archiviazione c.d. “facoltativa”. Infatti, si è provveduto, da un lato, a ricondurre tra le ipotesi di archiviazione c.d. “obbligatoria” quella relativa alla “mancanza di prove pertinenti” (come prospettato dal Parlamento europeo)61; dall’altro, non compare più il riferimento alla possibilità di archiviare in caso di “reati minori”62.
59 Art. 27 par. 2 Doc. n. 16993/14 : “When the competent European Delegated
Prosecutor considers the investigation to be completed, he/she shall submit a summary of the case with, where applicable, a draft indictment and the list of evidence to the competent European Prosecutor and Permanent Chamber for review.”
60 Vale la pena sottolineare che tra i criteri di cui all’art. 27. par 4 non compare
più quello relativo al “luogo in cui è ubicata la prova”, idoneo, come si è avuto modo di osservare, a generare incertezze interpretative (v. supra Cap. 2 par. 6.1.).
61 Sotto questo profilo, nel Progetto della Commissione si specifica che
l’archiviazione derivante dalla carenza probatoria non possa precludere lo svolgimento di ulteriori investigazioni avviate sulla base di fatti nuovi che non potevano essere conosciuti dall’EPPO al momento dell’archiviazione e che sono stati conosciuti successivamente, ma comunque prima della scadenza del termine per l’esercizio dell’azione penale, previsto dagli Stati membri in cui può svolgersi il giudizio (v. art. 28 par. 3).
62 Sul punto sembra condivisibile la considerazione di CAMALDO L., La
nuova fisionomia della Procura europea ad esito del semestre di presidenza italiana del Consiglio europeo, in Cassazione penale 2/2015, p. 817, il quale afferma che
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Da ultimo, meritano di essere presi in considerazione i mutamenti che riguardano l’istituto del c.d. “compromesso”. Anzitutto, si assiste all’eliminazione della previsione che esplicitamente sottrae la procedura transattiva al controllo giurisdizionale63. Inoltre, significativamente diversi sono i requisiti che consentono di accedere all’istituto in questione: accanto alla necessità che sia soddisfatto l’interesse alla buona amministrazione della giustizia e che la colpevolezza dell’indagato sia di lieve entità64, è necessario che non si tratti di casi gravi, che il danno causato agli interessi finanziari dell’Unione non sia superiore ad una certa somma (che deve ancora essere determinata) e che l’indagato non sia già stato condannato per un reato “PIF”65. Nonostante permanga un requisito come quello della “buona amministrazione della giustizia”, in grado, come detto, di lasciare spazio a valutazioni di carattere opportunistico, è da apprezzare l’introduzione di una serie di condizioni che, dovendo necessariamente sussistere, restringono gli spazi di discrezionalità66.
probabilmente l’eliminazione di questa ipotesi è avvenuta “in ragione della configurazione di una competenza prioritaria, e non più esclusiva, della Procura europea e della possibilità di deferire i casi meno rilevanti alle competenti autorità nazionali”.
63 Come osservato tale modifica era già presente nella Risoluzione del
Parlamento (v. supra in questo Cap. par. 1).
64 Testualmente l’art. 29 par. 1 Doc. n. 16993/14: “the suspected persons’ guilt is
considered to be of a minor nature”.
65 Art. 29 par. 2 Doc. n. 16993/14: “The European Delegated Prosecutor or the
European Prosecutor handling the case may propose a transaction in cases which can not be considered serious, or where the damage caused to the Union's financial interests does not exceed [xxx Euros], and the suspected person has not been convicted of offences affecting the interests of the Union before”.
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2.4. Rafforzamento delle garanzie procedurali e controllo