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I possibili modelli strutturali e la soluzione adottata dalla

3. I NUOVI PROFILI RELATIVI ALLA STRUTTURA E

3.1. I possibili modelli strutturali e la soluzione adottata dalla

Prima di analizzare il modello strutturale adottato nella Proposta, occorre prendere in considerazione le soluzioni a cui la Commissione si sarebbe potuta ispirare.

Nell’ambito dei lavori preparatori, aveva riscosso particolare successo il modello di tipo decentrato, basato, cioè, sull’idea per cui l’istituzione del prosecutor europeo si sarebbe dovuta fondare su una forte integrazione36 con i Paesi membri. Tale soluzione prevedeva il coinvolgimento di pubblici ministeri nazionali che avrebbero fatto parte dell’ufficio del procuratore europeo e avrebbero operato sulla base di un sistema normativo basato su regole comuni minime di origine comunitaria integrate dal diritto nazionale. I vantaggi derivanti da una configurazione di questo tipo si apprezzavano sotto due profili: anzitutto, essa avrebbe consentito di disporre di un sistema immediatamente operativo, sia per quanto riguarda le risorse, sia per ciò che attiene alle strutture, dal momento che si sarebbe basata sugli uffici nazionali, essendo necessaria la sola istituzione dell’ufficio centrale. Inoltre, essa avrebbe favorito la stretta operatività tra gli uffici del pubblico ministero europeo e le altre autorità operanti su base nazionale. Secondo il modello de quo, che sottende un’impostazione di tipo gerarchico, con la possibilità

36 La definizione di tale soluzione come “integrata”, è stata formulata per la

prima volta da G. Kessler, Direttore Generale dell’OLAF, in occasione della decima Conferenza sul tema delle indagini in materia di frode, Berlino, 7-9 novembre 2011.

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per il pubblico ministero europeo di dare istruzioni vincolanti ai suoi delegati, le decisioni di apertura di un indagine sarebbero state prese a livello centrale, mentre le misure investigative attuate a livello nazionale. Ovvio che un sistema così congegnato non andava esente da critiche. I delegati, infatti, si sarebbero trovati in una posizione di duplice subordinazione gerarchica: rispetto al procuratore capo del proprio ufficio e nei confronti di quello europeo. Inoltre, l’efficacia di tale modello dipendeva dal grado di integrazione da realizzare a livello nazionale.37

Un’altra strada percorribile era rappresentata dal modello collegiale, evidentemente ispirato alla struttura di Eurojust. In base ad esso, ad ogni Stato membro sarebbe spettata la nomina di un pubblico ministero che, insieme a quelli designati dagli altri Paesi dell’Unione, avrebbe composto l’ufficio della Procura europea. Al suo interno si sarebbe dovuto individuare un prosecutor in posizione di vertice in modo da garantire il corretto funzionamento della c.d. “catena di comando”, ma le determinazioni inerenti l’apertura delle indagini e l’esercizio dell’azione penale si sarebbero dovute adottare collegialmente. Inoltre, secondo questa impostazione, la relazione con le autorità interne ai singoli ordinamenti nazionali sarebbe stata circoscritta al rilascio di istruzioni vincolanti sullo svolgimento delle indagini. Infine, l’azione dell’ufficio sarebbe stata regolata non da norme procedurali uniche per tutto il territorio dell’UE, ma dal diritto nazionale nonché dal principio del mutuo

37 In questo senso v. SPIEZIA F., Gli scenari per l’istituzione del procuratore

europeo alla luce del Trattato di Lisbona e i rapporti con Eurojust, in L’istituzione del procuratore europeo e la tutela penale degli interessi finanziari dell’Unione europea, a cura di Camaldo L., Giappichelli, Torino, 2002, pp. 145 - 146

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riconoscimento. Al pregio della maggiore accettabilità politica di una soluzione di questo tipo, si contrappongono alcuni difetti: in primo luogo, la collegialità dell’organismo non sembra in grado di assicurare la rapidità d’azione necessaria ad un organo con compiti investigativi diretti; in secondo luogo, la mancata predisposizione di norme comuni finirebbe per riprodurre, nelle indagini transnazionali, i tradizionali problemi della cooperazione giudiziaria in materia penale. Nonostante i profili problematici appena visti, il modello collegiale è stato fatto proprio dai Ministri della giustizia di Francia e Germania nella posizione del 4 marzo 201338. In particolare, secondo questa impostazione, partendo evidentemente dall’esperienza di Eurojust, l’ufficio della Procura europea si sarebbe dovuto comporre di “Membri nazionali”, selezionati dagli stati dell’UE come propri delegati. Le autorità nazionali avrebbero operato in nome e per conto del procuratore europeo nelle indagini per i reati lesivi delle finanze comunitarie, sulla base del diritto nazionale, ma tenendo conto delle indicazioni, delle richieste e delle direttive impartite unicamente dal Membro nazionale di riferimento. Inoltre, per quanto attiene alla decisione di apertura di un’indagine, essa sarebbe stata adottata in forma collegiale con l’unica eccezione delle ipotesi concernenti un solo Stato membro, per le quali si sarebbe potuto, invece, procedere in forma semplificata. Così articolata, l’iniziativa franco-tedesca è

38 Si tratta della Common Position of the Ministers of Justice of France and

Germany on the European Public Prosecutor’s Office, consultabile all’indirizzo

http://eppo-project.eu. La Francia ha coltivato questa prospettiva anche in sede di osservazioni alla Proposta del 17 luglio 2013. Tuttavia la Commissione, nella già citata Comunicazione del 27 novembre 2013 ( COM 2013/851 final) ha respinto l’idea di una struttura collegiale. In favore della soluzione adottata dalla Commissione si sono espressi anche i Procuratori generali di Italia, Portogallo, Spagna e Bulgaria.

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suscettibile di essere criticata sia perché ripropone le problematiche insite all’adozione del metodo collegiale, sia perché il legame forte che viene ad instaurarsi tra Membro nazionale e Stato di appartenenza mina in radice “quella condizione di indipendenza d’azione che deve costituire il corollario operativo di un’indipendenza di status”39.

Infine, in posizione diametralmente opposta al modello appena esaminato, si trova quello fondato su una centralizzazione forte, in base al quale, l’ufficio, dotato di personale proprio ed autonome risorse, verrebbe ad essere composto dai magistrati designati dagli Stati membri e da un procuratore capo. Tale organismo provvederebbe, senza intermediari, al compimento di tutte le funzioni previste dall’art. 86 TFUE sulla base di un insieme di regole procedurali di matrice comunitaria e, pertanto, valevoli su tutto il territorio dell’Unione. Nello specifico, le investigazioni sarebbero dirette dalla sede centrale, eventualmente dotata di un autonomo servizio di indagine, mentre i funzionari della Procura europea sarebbero inviati di volta in volta presso la competente giurisdizione, allo scopo di esercitare l’azione penale. Tali caratteristiche, sicuramente in grado di assicurare la massima efficienza operativa dell’organismo, pongono, allo stesso tempo, i maggiori problemi dal punto di vista dell’accettazione politica dello stesso .

La Commissione, sulla base di una valutazione di impatto, ha ritenuto che, delle ipotesi sopra descritte, quella dell’EPPO

39 Così SPIEZIA F., L’istituzione del procuratore europeo nella Proposta di

Regolamento della Commissione europea del 17 luglio 2013: quali nuovi assetti per lo spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia?, in Cassazione penale 5/2014, p.

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decentralizzato40, operante sulla base di norme processuali minime comuni di origine comunitaria, fosse quella più appropriata in termini di compatibilità con i sistemi nazionali, di raggiungimento degli scopi e di ragionevolezza dei costi da sostenere. A norma dell’art. 3 della Proposta, infatti, la Procura europea è “istituita come organismo dell’Unione a struttura decentrata”. In particolare, la struttura, caratterizzata da una forte integrazione con le autorità giudiziarie nazionali, consta, ai sensi dell’art. 6, di un organo apicale monocratico41, il prosecutor, a cui spetta dirigere e supervisionare il lavoro dell’ufficio. Esso è assistito da quattro deputies (sostituti), con il compito di sostituirlo in caso di sua assenza o impedimento. Il quadro è completato dalla previsione di almeno un delegate (procuratore europeo delegato) in ogni Stato membro, a cui spetta lo svolgimento delle indagini e l’esercizio dell'azione penale sotto la direzione ed il controllo del prosecutor42. Da un simile assetto,

40 La scelta della Commissione è stata diversamente interpretata in dottrina:

c’è chi, come ALLEGREZZA S., Verso una Procura europea per tutelare gli

interessi finanziari dell’Unione: Idee di ieri, chances di oggi, prospettive di domani,

in Diritto penale contemporaneo, 2013, p. 5, ritiene che si debba parlare di “centralizzazione leggera”, chi invece, come ALESCI T., La Procura europea

per i reati lesivi degli interessi finanziari: la Proposta di regolamento tra luci ed ombre, in Archivio penale 1/2014 (web), p. 6, sostiene che si sia dato vita ad un

modello “moderatamente decentralizzato” e chi, infine, come SPIEZIA F.,

L’istituzione del procuratore europeo nella Proposta di Regolamento della Commissione europea del 17 luglio 2013: quali nuovi assetti per lo spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia?, in Cassazione penale 5/2014, p 1851, si esprime in

termini di forte decentralizzazione.

41 Nonostante si siano prospettate tesi a favore di un organo apicale

collegiale, sulla base di un’interpretazione letterale dll’art.86 TFUE, che a differenza del Corpus Juris e del Libro verde, si riferisce alla “Procura”, e non ad un “Procuratore”, è da ritenersi che la composizione non collegiale dell’organo di vertice sia compatibile con la previsione del Trattato. V. DE ANGELIS F., L’espace judiciaire pénal européen : une vision se concrétise, in

Eucrim the european criminal law associations’ forum 2/2012 pp. 75ss.

42 Secondo ALESCI T., La Procura europea per i reati lesivi di interessi finanziari:

la Proposta di regolamento tra luci ed ombre, in Archivio penale 1/2014 (web), p. 7

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che riprende la prospettiva coltivata dall’art. 18 par. 3 del Corpus Juris43, deriva che, da una parte, le relazioni tra la sede centrale e

quelle delegate sono improntate alla verticalità, dall’altra, l’organizzazione interna dell’ufficio è caratterizzata da un rapporto di carattere gerarchico44. Quest’ultimo aspetto risulta confermato, in primis, dal potere attribuito al prosecutor di riallocare il caso presso un altro delegato o avocarlo a sé alle condizioni stabilite dall’art. 18 paragrafi 5 e 645, in secondo luogo, dalle disposizioni sulla nomina e la destituzione dei componenti dell’ufficio di cui si dirà tra breve.

3.2. (segue) L’opzione del “doppio cappello” e le prospettive di attuazione nell’ordinamento italiano

A questo punto occorre prendere in esame un aspetto che è stato fino ad ora volutamente tralasciato e che rappresenta l’elemento di maggiore diversità rispetto alla soluzione dettata, in questo ambito, dal Corpus Juris. Quest’ultimo, infatti, stabiliva che le funzioni di procuratore europeo escludono la possibilità di svolgere contemporaneamente le omologhe mansioni a livello

grado di garantire un efficace funzionamento della nuova istituzione giudiziaria comunitaria. Attraverso questo decentramento, è possibili assicurare una omogeneità ed uguaglianza nella repressione penale, in considerazione del potere di direzione e di coordinamento delle indagini svolto dal Procuratore generale, nonché garantire l’efficacia dell’attività investigativa ed inquirente, compiuta dai Procuratori delegati competenti in determinati spazi giuridici”.

43 V. supra Cap.1 par. 1.4.

44 In questo senso v. CAIANIELLO M., Sull’istituzione del pubblico ministero

europeo, in Rivista di diritto processuale 6/2013 p. 1454; VENEGONI A., La Proposta legislativa della Commissione europea per istituire l’ufficio della Procura europea: analisi, problemi, prospettive, in Questione giustizia 1/2014, p. 226.

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nazionale, impedendo così ai delegati di operare anche come pubblico ministero nazionale46.

Diverso è il tenore della soluzione contemplata nella Proposta che, all’art. 6 par. 6, prevede la possibilità per i delegates di “espletare anche le funzioni di pubblici ministeri nazionali”. Da ciò deriva che i delegati potranno operare con il “double hat”, ossia come pubblici ministeri nazionali, con riferimento alle inchieste concernenti gli altri reati, e come delegati del prosecutor europeo, con riferimento alle indagini in materia di fattispecie lesive degli interessi finanziari dell’Unione. In particolare, quando agiscono con il “cappello europeo” sono, ai sensi art. 6 par. 5, sottoposti alla “autorità esclusiva del procuratore europeo e si attengono alle sue sole istruzioni, linee guida e decisioni”. Inoltre, a mente del medesimo paragrafo, essi sono “completamente indipendenti dalle procure nazionali e non hanno obblighi nei loro confronti”. Si prevede, poi, che in caso di “incarichi conflittuali”, il prosecutor europeo, ad esito di un confronto con le autorità nazionali, possa dare istruzione affinché prevalgano comunque le funzioni europee47.

La caratteristica del “doppio cappello” è stata molto discussa soprattutto per ciò che attiene alle ricadute pratiche derivanti da un istituto così congegnato. Più precisamente, sorge spontaneo chiedersi quale sarà l’atteggiamento che i capi delle procure nazionali terranno nei confronti di questi soggetti che sono sì

46 V. supra Cap. 1, par. 1.4..

47 In particolare l’art. 6 par. 6 della Proposta dispone che “In caso di incarichi

conflittuali, il procuratore europeo delegato ne informa il procuratore europeo che, previa consultazione della procura nazionale, può dare istruzione affinché prevalgano, nell’interesse delle indagini e dell'azione penale della Procura europea, le funzioni derivanti dal presente regolamento. In tal caso, il procuratore europeo ne informa immediatamente la procura nazionale”.

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incardinati nel loro ufficio, ma quando operano come delegates, sono sottoposti alla sola autorità del prosecutor europeo, sottraendo, di fatto, risorse e personale all’ufficio nazionale. Di questa problematica sembra essersi fatta carico la stessa Commissione che, con una disposizione ad hoc contenuta nel par. 5 dell’art. 54 della Proposta, raccomanda alle autorità nazionali di agevolare l’esercizio delle funzioni dei delegati, di astenersi “da qualsiasi azione o politica che possa incidere negativamente sulla loro carriera e sul loro status nei sistemi giudiziari nazionali”, di dotarli delle risorse necessarie allo svolgimento della loro attività e di assicurarne la piena integrazione nelle rispettive procure nazionali.

Non manca in dottrina chi ritiene preferibile il modello centralizzato, privo, come abbiamo visto, dell’integrazione con le autorità nazionali e per questo ritenuto in grado di scongiurare i possibili conflitti di interesse tra l’ufficio europeo e quello nazionale48.

Per quanto attiene al numero e all’organizzazione dei delegati sul territorio nazionale, la Proposta lascia alla libertà dei singoli Stati membri la regolazione di tali profili49. Con specifico riferimento al sistema italiano, secondo Spiezia, sono ipotizzabili almeno due prospettive di attuazione: i delegati potrebbero essere individuati in tutti gli uffici del pubblico ministero, magari su base circondariale, oppure, in alternativa,

48 In questo senso v. GOMEZ-JARA C., European federal criminal law: What can

Europe learn from US system of criminal law to solve its sovereign debt crisis?, in European Criminal Law Review, 2012, p. 18. In senso contrario v. CANDI A., Struttura, compiti, indipendenza e responsabilità del pubblico ministero europeo nella Proposta della Commissione europea del 17 luglio 2013, in Diritto penale contemporaneo, 2014, p. 4,

49 Fermo restando l’obbligo di almeno un procuratore delegato in ogni Paese

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presso le Direzioni distrettuali antimafia, attraverso un incremento delle loro competenze. La prima soluzione, dalla quale discenderebbe l’attribuzione di una competenza diffusa a tutti i pubblici ministeri con riferimento ai reati lesivi degli interessi finanziari dell’UE, mal si concilia con l’impostazione unitaria dell’EPPO, finendo per porre dei problemi dal punto di vista del corretto funzionamento della catena di comando, per quanto riguarda, in particolare, la traduzione in termini operativi delle direttive del prosecutor europeo. Sarebbe pertanto da preferire l’opzione per l’assegnazione della suddetta competenza su base distrettuale, dal momento che essa sembra più coerente con la configurazione unitaria dell’ufficio e, allo stesso tempo, in grado di soddisfare l’esigenza di specializzazione, talvolta elevata, che spesso richiedono le indagini in materia. Ipotizzando uno sviluppo della disciplina in questa direzione, occorre chiedersi in che termini debba essere modificata la competenza delle procure distrettuali. Ancora una volta si presentano due percorsi alternativi: quello della c.d. “distrettualizzazione debole” per cui, nel caso di specie, si dovrebbe procedere all’ampliamento dei reati previsti dall’art. 51 commi 3 quater e quinquies c.p.p., oppure quello della c.d. “distrettualizzazione forte” (che comporta, a livello nazionale, il coinvolgimento della Direzione nazionale antimafia), il quale richiederebbe l’inclusione delle fattispecie lesive degli interessi finanziari nell’ambito del comma 3 bis del suddetto articolo. Quest’ultima soluzione sarebbe da prediligere, se si considera che la modifica del comma in parola “estenderebbe, di riflesso, le competenze del Procuratore nazionale antimafia, le cui prerogative di coordinamento e di impulso potrebbero essere

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funzionali alle esigenze investigative dell’EPPO con cui andranno sviluppate sinergie e intese operative”50.