• Non ci sono risultati.

con atto rogato il 19 maggio 1301 l’abate Giovanni II rinunciò ai diritti feudali sul Borgo, ottenendo in cambio dal comune un buon numero di appezzamenti di terra della Fraternita di San Bartolomeo57.

con il ricavato poté dedicarsi a concludere la ricostruzione della chiesa abbaziale del Santo Sepolcro58, tra

riori però ad una trentina di cm, profondità a cui, la presenza dell’affresco con Santa caterina, riconduce il muro originario: la campata, diversa- mente da quella a sinistra è tendenzialmente quadrata e la distanza tra la porta laterale ed il muro è inferiore a quella analoga di sinistra. Si rileva inoltre un’anomalia data dalla mancata corrispondenza della lesena, posta all’estremità destra della facciata, rispetto al presunto allineamento della primitiva muratura laterale.

55 l’intercapedine, suddivisa in due parti e accessibile, rispettivamente dalla chiesa (area dove erano conservate le reliquie e il sepolcro dei Ve- scovi) e dal chiostro, si ripete, con ingressi distinti, anche al piano superiore, dove uno di questi vani è utilizzato come affaccio sopraelevato in chiesa. Sebbene manchino ulteriori indizi a conforto della seguente ipotesi, si rileva che il passo tra le due murature (circa 90 cm.) è idoneo ad accogliere una scala rettilinea di servizio; la presenza di scale, non diversamente ubicabili, è menzionata nei documenti, sia per l’accesso al piano superiore del tramezzo, che al livello dell’organo; la posizione è inoltre congrua a quella consueta, nelle abbazie, per il collegamento notturno tra chiesa e dormitori.

56 non corrisponde a quella odierna aperta, in rottura della parete e degli affreschi del chiostro nel 1574, dopo l’eliminazione del tramezzo e la ricostituzione di un piano di calpestio omogeneo (cfr. Ivi, paragrafo successivo).

57 aGnoleTTI 1976b, p. 81. l’abate Giovanni fu in carica dal 1301 al 1307 (Ivi, p. 128). Il valore dei terreni ammontava complessivamente a

4000 lire (ScHarF 1997, p. 136; cZorTeK [2004] 2005, p. 141; IDem 2010b, p. 209).

58 FarullI 1713, p. 20; rIccI 1942, p. 29; aGnoleTTI 1976b, p. 81. Salmi (SalmI 1942-44, p. 53) al 1301 riferisce la data del compi-

Fig. 17 portale laterale di facciata:

a. particolare architrave, lunetta e ghie-

ra; b. particolare della decorazione con

fiori a punta di diamante scolpita nel profilo di una delle mensole sorreggen- ti l’architrave

Fig. 18 portale maggiore: particolare, architrave, strombatura e ghiera

1300 e 1340 circa59. Farulli segnala ancora visibile in chiesa, nel 1713, l’arme dell’abate Giovanni, patrizio

fiorentino, a memoria del restauro effettuato dai fondamenti60.

presumibilmente i lavori continuano sotto l’abate Giovanni III (1312-1320) e sotto il successore luca: sempre Farulli indica restauri al monastero nel 1317 e al Tempio nel 132561, cui seguono anni complessi per

la popolazione del Borgo62.

Sotto l’abate Francesco (1338-1348) si presume avvenuto almeno un completamento parziale63 della chiesa

abbaziale, tale quantomeno da permetterne l’utilizzo, dal momento che, al 1340, data tradizionalmente la consacrazione dell’ampliata chiesa, effettuata dal vescovo lesinense Francesco64. a tale atto è stato legato, in

passato, il cambiamento di titolo dall’originario Santo Sepolcro e Santi Quattro Evangelisti in quello attuale

di San Giovanni Evangelista65, sebbene questo fosse già usato dalla fine del XIII secolo. con il mutato titolo

dell’abbazia, al nome del Borgo si cominciò ad aggiungere l’appellativo di Santo Sepolcro, a ricordo e legame

con la prima abbazia66.

I lavori di ampliamento del complesso abbaziale richiedono un cospicuo impegno economico, particolarmente rilevante per le ripetute calamità del periodo67; a tale onere concorrono anche alcuni laici

devoti mediante lasciti, e si ricorre persino ad alienare parte del patrimonio immobiliare. l’impoverimento

mento; sostiene che l’indicazione riportata da ricci nel 1942 è collimante con i dati stilistici esibiti dall’edificio (Ivi, p. 52, nota 3).

59 aGnoleTTI 1976b, pp. 81-83; cZorTeK [2004] 2005, p. 141; IDem 2010b, p. 209. 60 FarullI 1713, p. 20.

61 Secondo le indicazioni di Farulli «l’anno 1317 fù restaurato da’ Signori 24. il monastero di S. Gio evangelista» e «l’anno 1325 l’abate restaurò il Tempio di S. Gio: evangelista» (FarullI 1713, pp. 21, 23). cfr. anche aGnoleTTI 1976b, pp. 88, 128.

62 nel 1326 imperversa la peste colpendo circa trecento persone; nel 1328 la vendetta di roberto Tarlati, cugino del vescovo aretino Guido, determina la rovina di case e torri (aGnoleTTI 1976b, p. 88).

63 Significativi due testamenti del 1341, segnalati da czortek, che contengono lasciti per l’opera della abbazia «quando fierat» e «quando se murarà», indicativi, se pur vaghi, del progredire nei lavori (cZorTeK 2010b, p. 209 nota 14).

64 aGnoleTTI 1976b, p. 90 cita Annali Camaldolesi V, p. 372: analogamente in TaFI 1994, p. 203 e in aVS, fasc. Lancisi, Memorie della Città di San Sepolcro estratte dagli Annali Camaldolensi, ad annum.

65 aGnoleTTI 1976b, p. 90; cZorTeK [2004] 2005, p. 141; IDem 2010b, p. 209, indica il mantenimento del titolo di San Sepolcro ancora dopo; IDem 2010, pp.173-174.

66 aGnoleTTI 1976b, p. 90.

67 Dopo la carestia del 1343, ancora nel 1345 si verifica «un gran terremoto, che atterrò molte case, con morte di più persone» e, nel 1348, dilaga, come in tutta Italia, «una crudele e fiera pestilenza, che durò molti mesi e si estinse la maggior parte de Viventi […]. nel Borgo mancarono due terzi di abitatori» (FarullI 1713, p. 24).

Fig. 19 portale maggiore, Sansepolcro, cattedrale, complessivo

delle finanze dell’abbazia è sensibile, al punto che, nel novembre 1350, l’abate perora al comune, con accoglimento della richiesta, l’esenzione dal pagamento delle tasse dichiarando lo stato di povertà del monastero68.

le innovazioni stilistiche introdotte dai nuovi edifici realizzati localmente dagli ordini mendicanti incidono molto nel processo di evoluzione della chiesa abbaziale: si è spesso sottolineato, come dopo l’ultimazione della vasta chiesa di San Francesco, si volle prolungare, per emulazione da parte dei camaldolesi, anche la chiesa abbaziale, «secondo un concetto veramente grandioso, fino a raggiungere dieci campate unite ad un’abside centrale pentagonale, per probabile imitazione – precisa Salmi – di quella del Duomo di arezzo»69.

la terminazione pentagonale, utilizzata anche nella chiesa francescana di città di castello, era già stata introdotta in Sansepolcro, sebbene in una versione più semplificata70 dagli agostiniani, che

realizzano la loro chiesa a partire dal 128171.

un’ipotetica ricostruzione, molto semplificata e regolarizzata, sul possibile sviluppo della chiesa, che avrebbe raggiunto un’estensione complessiva di oltre m 67, la rappresenta l’arch. Vittorio

paron72, negli anni Trenta del XX secolo (Fig. 42). analogamente Salmi pubblica un’interessante sintesi

tematica planimetrica delle fasi evolutive della chiesa, basandosi su un rilievo dell’ing. Gabrielli73.

Di fatto la costruzione della parte absidale (Fig. 42), elevata con accurato paramento a vista, su uno zoccolo (di circa m 1,20) aggettante e modanato a gola rovescia, si presenta interrotta a circa 4 metri di altezza dal suolo e troncata ad est, a fianco della cappella maggiore poligonale; mentre sul lato opposto prosegue con un tratto ortogonale esteso per circa 6 metri, continuando, allineata al campanile, lungo via delle campane: quasi in cantonata sud, è presente sopra lo zoccolo, un’apertura strombata (Fig. 21), interrotta alla medesima altezza della parte contigua74: rilevante la composizione del profondo sguancio, formato da due semi-

colonne alternate a modanature concave e ad un toretto che delimita la luce, pari a m 1,30, che fa presagire l’importanza riservata alla stessa.

la cappella absidale si sviluppa a 5/8, in forma allungata, con semipilastri ottagonali in aggetto che contraffortano i vertici, mediati, verso la parete, da piccoli risalti laterali. anche internamente, nel vano recuperato tra 1958 e 1962, previo sbancamento del terrapieno, per utilizzarlo come sala parrocchiale75,

sei semipilastri a sezione ottagonale in conci litici (Fig. 25) segnano i vertici della tribuna: incompleti nella parte sommitale, si impostano mediante l’interposizione di una modanatura a cavetto, su un alto basamento

68 cfr. cZorTeK 2010b, p. 210: come esplicato nelle note 20 e 21 la documentazione relativa è conservata in atti dell’aSFi, Notarile Antecosi- mano.

69 SalmI 1942-44, p. 56. l’abside del duomo di arezzo, realizzata tra il 1277 e il 1289, di ben più ampie proporzioni, ha uno sviluppo esat- tamente semiottagonale, con cappelle laterali rettilinee innestate ortogonalmente ai due lati corti della figura, ed è scandita esternamente da possenti contrafforti semiottagonali, con zoccolatura basamentale.

70 l’abside degli agostiniani, è di più semplice impostazione: in pietra concia con basamento modanato, ma priva di pilastri angolari, si sviluppa con poco aggetto laterale a conclusione di un edificio ad aula unica.

71 Dal 1555 divenuta Santa chiara, per esser stata ceduta alle clarisse (cfr. pIncellI 2000, pp. 170-172, anche per l’impianto planimetrico). cfr. da ultimo cZorTeK 2009, p. 23.

72 aVS, Filza 97, ins. IX: il fascicolo comprende unicamente la copia eliografica della planimetria in scala 1:100, indicata erroneamente Ripristino del Duomo – sec. XI, che doveva completarsi con due sezioni (non reperite) segnate in pianta.

73 SalmI 1942-44, p. 56; analogamente in SalmI 1971, p. 53.

74 l’apertura è ora sovrastata da un architrave cementizio così come tutto il perimetro murario è collegato da un cordolo in cemento armato di imposta della recente dissonante copertura.

75 TaFI 1994, p. 208. per l’intervento cfr. ivi saggio Brandini-Fusi.

Fig. 20 rosone, particolare della deco- razione

Fig. 21 particolare dell’apertura in- compiuta in cantonata sud dell’abside trecentesca

in pietre sbozzate, a pianta rettangolare76. Sono ancora insolute le ipotesi

sulla mancata attuazione del grandioso progetto in San Giovanni evangelista, imputabile, secondo Salmi, per gran parte alla «difficoltà di demolire la massiccia torre romanica che restò limite insormontabile alla nave di destra»77, attribuibile

invece, secondo agnoletti, al devastante terremoto del 25 dicembre 135278, in cui il

campanile rovinò sul presbiterio, distruggendo «buona parte dell’abside e diverse parti della chiesa.

nella ricostruzione, i padri abbandonarono l’abside, riempita di detriti, e rialzarono il campanile odierno sulla base della torre-campanile della prima abbazia. l’abside divenne così, in seguito, l’orto del vescovo, come le tante costruzioni abbandonate in

città, ancora oggi orti o giardini, sopraelevati dal piano stradale»79.

le cronache, seppur redatte a distanza di almeno tre secoli80, riferiscono, in relazione

al drammatico sisma del 1352, situazioni quasi apocalittiche, di calamità estrema per la provata e decimata popolazione, che inducono a ritenere improbabile una prosecuzione dell’attività edilizia al cantiere dell’abbazia, che non fosse finalizzata, dopo gli interventi di emergenza, alla rimessa in pristino della situazione rovinosa dell’area di crollo e alla sistemazione e consolidamento di quanto rimaneva in piedi. Si aggiunga che un nuovo episodio sismico di intensità 6-7, con epicentro a Sansepolcro, è rilevato nel 135881.

complessa si presume esser stata l’operazione di rimozione e accatastamento delle macerie, in un tessuto urbano densamente edificato e devastato, che ha, di necessità, determinato la conseguente creazione del terrapieno retrostante alla chiesa e alla torre campanaria riempiendo l’area delimitata dalle murature superstiti, contestualmente al ripristino dell’assetto strutturale dell’edificio, ricostruendo la porzione superiore della torre campanaria82, tamponandone le arcate alla base e

76 l’abside doveva accogliere il Coro di sotto (aGnoleTTI 1987, p. 5) il cui piano di calpestio, attualmente

accessibile scendendo sei scalini, è situato a una quota inferiore di oltre un metro rispetto all’odierno piano presbiteriale.

77 SalmI 1942-44, p. 56. In quanto preesistente, la torre era appunto un elemento noto e valutabile, in fase progettuale, riguardo alla possibilità di ostacolare la libera estensione delle campate della navata destra. 78 cfr. http://emidius.mi.ingv.it/. alla scossa del 25 dicembre seguì, la notte precedente al 1° gennaio 1353,

una forte replica che causò ulteriori crolli e un maggior numero di morti, con sciame sismico protrattosi per un mese. elevato il numero delle vittime per la presenza a Sansepolcro di truppe mercenarie dei Visconti, acquartierate per l’inverno.

79 aGnoleTTI 1987, p. 5. la tesi è ribadita più volte: aGnoleTTI 1980, p. 16; IDem 1984, p. 9; IDem 1987, p. 64. Questa versione appare la più plausibile, anche se Tafi la ricusa apertamente (TaFI 1994, p. 203). 80 «l’anno 1353 il dì 25 e il dì 31 di Dicembre di notte […] furono per tutta Italia grandissimi e spaventosissi- mi terremoti, e in particolare alla terra detta del Borgo di San Sepolcro con sì spaventosi e sì orrendi tremiti si fecero sentire e con sì violento, e terribile scuotimento la terra e gli edifizj ne mossero, che non solamente il terremoto, ma il fine del mondo pareva che giunto fosse: per il che i Terrazzani al fiero e orribile movimento tutti spaventati e atterriti saltando di casa e uscendo […] sentendosi per tutta la terra lamentevoli gemiti e spaventosi gridi de’ miseri Borghesi, che l’orrore del terremoto stesso non poco accrebbero; e or dall’altra la terra spingendo, tirò finalmente al suolo, e fece cadere infinite case, ed altri edifizj, rendendo più orrendo, e spaventoso questo lacrimevole, e fiero accidente l’oscurità della notte, nella quale molti uomini, donne e fanciulli dalla rovina delle case, e degli edifizj uccisi furono, risuonando l’aria d’ogni intorno ai gridi [...] dei bambini. cadettero a questo smisurato e incomportabile terremoto molte chiese e oratori, rovinarono i palazzi e le private case dei terrazzani, la torre, il monastero dell’abbazia, insieme con il campanile, nel quale si custodivano i privilegi che alla terra, e all’abbazia erano dalli pontefici, e imperatori stati concessi, e le muraglie dell’istessa in molti luoghi subissarono; e se nessuna casa in piedi vi rimase restò sì fattamente conquassata. e risentita, che appena sostener si poteva, e sotto le spaventevoli rovine quasi duemila uomini estinti rimasero, e gli altri che vivi restarono fuggirono alla campagna, ritirandosi sotto padiglioni, e case di

legno, che non solo per tema di terremoto fabbricarono, ma anche per la gran moltitudine di locuste, bruchi, e formiche che in tal rovina nacquero. Fu la terra per molti giorni molto travagliata, considerando la gran

perdita che fatto avevano sì nei morti parenti, come nel perso grano, che fra le pietre, e calcinacci mescolato si stava. non fu solo questo il colpo, che dalla giusta mano del grand’Iddio i Borghesi per i loro peccati toccarono: ma dopo gli mandò così gran carestia, che molti di fame morendo miseramente perivano, e non poco durò […]» (GoraccI [1636] 1847, cap. XXII, pp. 183-185). analogamente Historia Burgi Sancti Sepulcri in ScHarF 2011b, pp. 78-79; GraZIanI 1745, I, pp. 31-32 in rIccI 1942, pp. 54-55, nota 2;

FarullI 1713, p. 25. 81 cfr. http://emidius.mi.ingv.it.

82 la grave configurazione con scarse aperture fino alla cella, ripete schemi veneti, ma soprattutto umbri, e sarà

Fig. 22 antico portale laterale tam- ponato del fronte sud-ovest (porta dei monaci), verso il chiostro (visibi- le dall’intercapedine accessibile dal chiostro): a. particolare delle tracce di

cromia visibili nel riempimento sopra l’architrave, sotteso dall’arco ribassa- to, interrotto da un solaietto ligneo e da un’esigua porzione di volta laterizia gettati tra i due muri paralleli che co- stituiscono l’intercapedine; b. parti-

colare della porzione superiore destra: piedritto, mensola e architrave ripresi dal basso

Fig. 23 porzione di affresco supersti- te, nel muro perimetrale esterno sud- occidentale, presso il portale laterale tamponato, visibile nel ripostiglio ac- cessibile dalla chiesa

ricreando la zona absidale, presumibilmente sin da allora allineata al campanile, così come compare ancora nella foto di inizio XX secolo (Fig. 34), che mostra un regolare antico paramento a vista, e con probabilità conclusa, anche internamente, da una tribuna a pianta rettangolare, di più semplice esecuzione.

I lavori di sistemazione della parte absidale devono essersi protratti almeno fino al 1368, perché il 14 gennaio di quell’anno l’abate Giovanni IV commissiona a mastro Bartolino di muzio di ricostruire dalle fondamenta l’altar maggiore, prendendo a modello quello della locale chiesa di San Francesco83. Sull’altare campeggerà

il polittico raffigurante la Resurrezione del senese niccolò di Segna84, con esplicito riferimento al titolo

originario della Badia ed a quello della città.

la configurazione interna della chiesa nel XIV secolo è difficilmente ricostruibile, per le scarsissime testimonianze visive giunte fino a noi, che poco supportano la documentazione scritta (contratti, testamenti e atti notarili, puntigliosamente indagati da mazzalupi) non sempre esaustiva in indicazioni e descrizioni circostanziate. Il dato più saliente è la presenza del tramezzo, o pergolo, setto murario trasversale di separazione

tra la zona monastica e quella dei laici e dei conversi, attestato sin dal XIV secolo; tale elemento delimitava anche l’area della navata centrale antistante all’altar maggiore, riservata al Coro dei Monaci spazio definito, ai

lati, dal perimetro degli stalli lignei e parzialmente delineato dagli organi85.

la posizione del tramezzo è ipotizzabile, come già indicato da Salmi86 – che per l’area del coro monastico

emulata in Sansepolcro dai Francescani e dagli agostiniani di anghiari (SalmI 1942-44, pp. 62-63).

83 Secondo il contratto di allogagione (segnalato in cHIaSSerInI 1951, p. 90, aGnoleTTI 1986a, p. 53, BanKer 2009, p. 567, è trascrit- to in maZZalupI 2012, app. I, doc. 5, p. 88, cfr. Ivi, p. 14) l’opera, da concludersi entro maggio e da realizzare in ottimo pietrame, doveva

riprodurre l’altar maggiore di San Francesco, con pedana a due gradini e analogo sarcofago, privo però di colonnato perimetrale (exceptis colonellis) perché stilisticamente improprio per la Badia. cfr. anche aGnoleTTI 1976b p. 100, IDem 1987, pp. 5-7, che cita un ms. di p.

Tarcisio della rovere (aVS, Reparto parrocchie-cattedrale, Storia dei monumenti di casa nostra) non più reperibile. per l’altare di San Francesco:

cfr. BanKer [2004] 2005, pp. 7-25; cooper [2004] 2005. 84 per l’opera si veda Scheda 8.

85 mazzalupi ipotizza gli organi contrapposti e ubicati all’altezza della settima campata (maZZalupI 2012, p. 10). 86 SalmI 1942-44, pp. 57-58, si veda anche maZZalupI 2012, pp. 8-9.

Fig. 24 peducci angolari nell’ambiente orientale della attuale Sacrestia

aveva individuato l’esistenza di un piano rialzato distinto dalle prime quattro campate riservate ai fedeli – allineandola alla linea di congiunzione delle quarte colonne, che, diversamente dalle prime tre, presentano alla base alti dadi di sostegno87 (Figg. 1 e 2).

più complesso è invece individuare l’altezza e l’estensione in profondità di tale struttura divisoria, che in base alle indicazioni documentarie, risulta esser stata disposta su due livelli e di notevole ampiezza; conseguentemente è difficoltoso stabilirne i punti di appoggio, salvo ipotizzare a ciò deputate le quarte colonne, dal momento che nel piano superiore praticabile (indicato come balcum o palchio

o trasanda88) risultavano presenti almeno un altare intitolato a Santa caterina,

eretto da neri di mercato prima del 133189, presumibilmente collocato a destra, e,

in posizione centrale e coperta a volta, la cappella della Santa croce, di patronato Dotti, documentata sin dal 134890.

la documentazione superstite indica inoltre l’esistenza di alcune cappelle, non sopravvissute. Tra queste, al centro della navata, la cappella di San Giovanni Battista (1381-84) la cui posizione, addossata alla prima colonna della fila di destra e sporgente nella seconda campata centrale, è ben nota dalle indicazioni contrattuali, così come lo è, perché più volte menzionata nei documenti, la conformazione della struttura, voltata a crociera sostenuta, oltre che dalla colonna maggiore, da altre tre colonnine litiche a sezione ottagonale91.

mentre resta dubbia l’ubicazione92 della cappella delle reliquie (dei Reliquii)

dedicata ai santi egidio e arcano, per il cui posizionamento ci si avvale dell’atto con cui 18 giugno 1380, l’abate Bartolomeo III (1370-1413) commissiona a Jacopo di Balduccio Gavardi, gli affreschi narranti la vita e le opere dei due pellegrini fondatori93.

la collocazione sotto il campanile, sostenuta da agnoletti94, che riferisce tali

pitture scomparse alla parete laterale alla base del campanile, dal lato prospiciente l’altar maggiore, ritenendo infatti che alla cappella si accedesse mediante l’apertura ad arco gotica, celata dall’altare barocco, in testata alla navata destra, concorda con la posizione privilegiata assegnata alla medesima e con il fatto che, fino alla fine del Seicento, le reliquie sono ricordate in prossimità alla testata della navata destra. È significativo che le tracce di pregresse cappelle sui muri laterali siano state reperite proprio nelle campate riservate ai fedeli95: in particolare nelle ultime della navata

destra sono posizionabili strutture perdute, rinvenute nel corso dei lavori eseguiti tra 1935 e 1943. un brano di affresco raffigurante la Madonna col Bambino tra

87 un secondo rialzamento, allineato al campanile e corrispondente alle ultime colonne il cui piedistallo è ancora più alto, doveva caratterizzare il presbiterio (SalmI 1942-44, p. 58, nota 1).

88 Sull’etimologia, la documentazione e le ipotesi configurative del tramezzo si veda maZZalupI 2012, pp. 7 e 10: l’autore ritiene vi si trovasse anche «un banco per l’amministrazione della giustizia» oltre ad uno spazio atto ad accogliere, alla metà del Quattrocento, le riunioni della confraternita della madonna della Badia ed il capitolo dei monaci (Ivi, p. 8; cfr. anche De marcHI 2012, p. XIV).

89 maZZalupI 2012, p. 8, app. I doc. 1, p. 87; nelle cronache di Francesco largi è indicato per antonomasia come altare del pergolo (Ibidem).

90 Ivi, p. 11, app. I, doc. 4, p. 88.

91 al febbraio 1381 risale il contratto per la costruzione stipulato dall’abate Bartolomeo per conto della patrona Diosa mazzetti, vedova di Giovanni di Fidanza, con il lapicida pietro di maestro cecco; dinanzi alla cappella verrà posto il sepolcro di Diosa. per le vicende e i documenti relativi cfr. maZZalupI 2012, pp. 19-20, e Ivi, app. I, doc. 8, 13, 15, app. II, doc. 1, p. 127. l’altare, ancora citato nella vista del 1524, sarà

demolito prima del 1563 (Ibidem).

92 al riguardo cfr. maZZalupI 2012, p. 12 che riassume le ipotesi, proponendone una ulteriore che farebbe coincidere tale cappella con quella della croce, superiormente e al centro del tramezzo.

93 «[…] in faccia tota capelle Reliquiorum versus altare magnum dicti monasterii a coro supra et a scala per quam ascenditur dictam capellam ultra, quantum tenet corum». Segnalato in cHIaSSerInI 1951, p. 85; aGnoleTTI 1976b, pp. 101 nota 104; IDem 1987, p. 6; trascritto anche

in maZZalupI 2012, p. 12 e app. I, doc. 7, p. 89.

94 aGnoleTTI 1976b, p. 101 nota 104; IDem 1987, pp. 6-7. l’autore, con una ricostruzione svolta in più riprese e in testi diversi, sostiene che «nel rinnovamento rinascimentale attuato nell’abbazia dall’abate Simone Graziani tali pitture furono ricoperte di calce e poi tamponate da