• Non ci sono risultati.

Gli interventi decorativi durante i mille anni: tracce di quello che non è più conservato in loco Ipotesi e ritrovamenti.

Liletta Fornasari

ricostruire i vari momenti decorativi, nonché individuarne i committenti e gli autori, a partire dalla realizzazione della prima abbazia del Borgo intitolata al Santo Sepolcro e voluta dall’abate benedettino roderico nel 1013 presenta non poche difficoltà. rimandando alle schede di catalogo ragionato relative alle opere ancora visibili all’interno dell’attuale cattedrale, il presente saggio vuole prendere in esame il patrimonio artistico appartenuto o all’antica badia, e quindi precedente al 1515, o alla cattedrale, e quindi successivo al 1524, anno della prima Visita Pastorale, che in ogni caso oggi non è più conservato in situ o

che perlomeno è stato depositato negli ambienti della sacrestia. I lavori di “ripristino” del 1935-1943 hanno completamente cancellato anche le ultime tracce degli interventi eseguiti dall’abate Simone Graziani, che eletto da papa Sisto IV il 15 dicembre 1480 ha governato l’abbazia fino al 1509, anno della sua morte. la fase di rinnovamento e di abbellimento voluta dal Graziani, di cui gli stessi lavori novecenteschi hanno al contempo però riportato alla luce l’affresco di Bartolomeo della Gatta (Fig. 62 e Scheda 4), avevano a loro volta modificato l’assetto della chiesa. la struttura dell’edificio, insieme ad altri momenti di trasformazione avvenuti nel corso del Quattrocento, è stata oggetto di studio da parte di mazzalupi, martelli e Di lorenzo. rimandando al loro saggio per le committenze artistiche che hanno caratterizzato il XV secolo e a quello di anna pincelli per quelli successivi, non meno determinanti sono stati gli “episodi” decorativi connessi ai primi decenni posteriori all’elevazione a cattedrale, culminati con il lungo episcopato del vescovo niccolò Tornabuoni, cui si legano numerosi cambiamenti, anch’essi oggi notevolmente cancellati o modificati a seguito dei lavori novecenteschi .

punto di partenza per la ricerca è la consacrazione della chiesa abbaziale avvenuta il 1 settembre 1049. Sebbene non sia possibile ricostruire la forma planimetrica della chiesa primitiva, tale data dà avvio alla fase medievale della lunga storia dell’abbazia di cui abbiamo solo due testimonianze artistiche.

rimandando al contributo di paola refice per il celebre Volto Santo, (Fig. 92 e Scheda 11) oggi testimonianza

medievale molto antica e di rara eccezionalità, ma non strettamente connessa alla storia dell’originaria badia di Sansepolcro, dal momento che qui fu trasferito dalla chiesa di Sant’agostino nel 1770, è invece importante ricordare la scultura con la Madonna intagliata da prete martino nel 1199 e ora conservata

presso il Bode museum di Berlino (Fig. 75). la sua presenza all’interno della cattedrale biturgense è documentata fino al XVIII secolo. Già nel 1373 essa era collocata nella cappella detta della madonna della Badia, divenuta poi della concezione e infine della Vergine del rosario, nonché chiamata anche “cappella di madonna contessina”1. Tale denominazione faceva riferimento alla contessina d’urbano di Bartolo,

vedova di ludovico di Giubileo carsidoni, dal cui lascito proveniva il denaro versato dalla Fraternita di San Bartolomeo per pagare piero della Francesca incaricato nel 1474 di dipingere il sacello della madonna della Badia, fondato dalla famiglia carsidoni e ceduto in uso alla compagnia2.

come ricostruito da Serena nocentini, l’opera fu acquistata dal museo berlinese nel 1887 sul mercato fiorentino e fu proprio lo stesso Wilhelm von Bode, pubblicandola per la prima volta nel 1888 ed esaminando l’iscrizione ancora visibile lungo i gradini del trono, ad individuare il nome dell’autore e l’epoca della sua realizzazione, corrispondente al tempo dell’abate pietro, indicato tra i priori e gli abati camaldolesi in un documento del 11873. Intorno al 1137 furono gli abitanti del Borgo a chiamare i camaldolesi e l’abbazia

è menzionata tra i possedimenti dell’ordine in un diploma di lotario III dello stesso anno. l’iscrizione riporta tali parole: anno DomInI mclXXXXVIIII menSe GenuarI/ In GremIo maTrIS reSIDeT SapIenTIa paTrIS/ FacTum eST auTem Hoc opuS mIraBIle DomInI peTrI aBaTIS Tempore/ preSBITIerI marTInI laBore DeVoTo mInISTraTo amore. nella prima parte si legge che «nell’anno del Signore 1199/ nel mese di gennaio/ nel grembo della madre risiede la Sapienza». concordando con quanto già sottolineato da paola refice, maggiore difficoltà di comprensione

1 maZZalupI 2012, pp. 20-23.

2 Ibidem. Si rimanda anche al saggio di mazzalupi, ivi.

Fig. 75 prete martino, Madonna in tro- no col Bambino, 1199, Berlino, Bode-

museum

presenta la seconda parte dell’iscrizione nella quale le parole che indicano l’impegno di prete martino «servito con devoto amore» debbano essere interpretate secondo le indicazioni del Bode e quindi come l’effettivo autore dell’opera, piuttosto di un committente4. la scultura è stata oggetto di profonda devozione

e ancora nel 1616 essa è documentata come oggetto di grande venerazione5, mentre nel 1629 durante la

Visita Pastorale fu trovata vestita di seta bianca e descritta come immagine piuttosto bella, sia della madre,

che del figlio, «fatta quattrocento anni» prima e ancora motivo di affluenza di popolo. Sebbene senza alcuna annotazione storico critica, l’iscrizione era stata già in precedenza correttamente trascritta dal prete e sagrestano Giovanni Battista Desij nell’inventario di tutte le suppellettili sacre appartenenti alla compagnia del Santissimo rosario nel 17436. la scultura fu esposta alla mostra delle arti del legno organizzata a roma

presso la sede del museo artistico Industriale nel 1885, dove fu notata dal von Bode, il quale al momento della pubblicazione affermò di averla rintracciata nei magazzini del duomo di Sansepolcro.

la Madonna di Berlino rientra pienamente nella produzione di immagini mariane scolpite sul modello della Sedes Sapientiae, particolarmente diffusa tra il 1080 il 1120, a seguito della riforma Gregoriana. la scultura

corrisponde alla tipologia molto in uso nell’ambito del territorio di pertinenza della contessa matilde di canossa e del patrimonio di San pietro.7 nel territorio biturgense la scultura lignea ha avuto grande

diffusione e alla tipologia della Madonna di Prete Martino si lega un nucleo di statue omologhe, tra il XIII e

il XV secolo, in alcuni casi di carattere popolare, e provenienti da edifici chiesastici locali, che testimoniano non solo la grande fortuna del prototipo biturgense, ma anche come l’arte dell’intaglio utilizzata per arredi liturgici sia stata molto radicata nell’area valtiberina.

una seconda importante testimonianza medievale è molto probabilmente da individuare in una croce dipinta (Fig. 76), oggi in collezione privata romana, pubblicata da edward B. Garrison nel 1947 ritenendola un’opera di ambito aretino proveniente da Sansepolcro, databile tra il 1250 e il 1260 sulla base del confronto con l’esempio di margarito d’arezzo, tutt’oggi nella locale pieve di Santa maria8. l’autenticità della croce,

messa in dubbio da longhi, fu confermata da Garrison confrontandola con un esempio omologo già nella collezione Hyalnd di Greenwich (connecticut) datata 1275. la croce è stata ricondotta da alessio monciatti alla mano del maestro della croce di rosano, sulla base delle strette affinità che l’opera dimostra di avere con la croce dipinta dell’abbazia di Santa maria assunta a rosano, sebbene diverse siano le dimensioni9. Secondo

quanto affermato dallo studioso, la versione romana è analoga a quella di rosano con una composizione più semplificata. la figura del cristo, corrispondente all’iconografia del Christus Triumphans, è viva con i capelli

sulle spalle. la croce è blu e bordata di rosso. ai lati i due dolenti, maria a sinistra e San Giovanni evangelista a destra, in atto di guardarsi.

Facendo riferimento sempre agli studi di monciatti, è utile segnalare che l’opera fu acquistata presso un antiquario fiorentino e Garrison, forse presente al momento del passaggio di proprietà, indicò la provenienza da Sansepolcro. a questo proposito un’indicazione importante viene data nella Visita Pastorale del 1629,

nella quale si legge che nella cappella della concezione, dove vi era anche la Madonna di Prete Martino,

in cornu evangeli si trovava nella parete l’ «immagine in legno del Santissimo nostro Gesù crocifisso,

molto antica e di molta devozione» qui trasferita dalla “villa o castello” di mansciano, nel periodo in cui «anticamente fu distrutto»10. nelle Visite Pastorali successive non si fa più memoria di questo antico

crocifisso. È interessante notare che monciatti, sostiene che la croce romana, precedente a quella di rosano, non doveva avere funzione di arredo monumentale e forse era destinata a stare sopra un altare, insieme alle candele che ne hanno determinato la bruciatura del braccio destro. Il castello di mansciano, alla periferia sud

4 reFIce 2012, pp. 11-17.

5 nocenTInI 2012, pp. 19-27. I documenti che attestano la forte devozione sono lasciti conservati presso l’archivio notarile antecosimiano di Firenze che a partire dal 1318 e che destinati ad offerte o migliorie da fare all’immagine della madonna, sono stati pubblicati da Serena nocentini. per Bode cfr. BoDe 1888, pp. 197-198.Tenendo conto dei rapporti avuti dall’antiquario Stefano Bardini con l’ambiente di Sanse- polcro e con il von Bode, Serena nocentini avanza l’ipotesi che nella “vicenda” della Madonna di Prete Martino, il primo abbia avuto un ruolo

significativo.

6 per i documenti si rimanda alla Scheda 9. Devo ringraziare lorenzo pesci per avermi indicato la Filza. 7 reFIce 2012, pp.13-17; curZI 2012, pp. 29-41.

8 GarrISon 1947, pp. 210-216; lonGHI 1948, pp. 5-54 9 moncIaTTI 2007, pp. 56, 67; aGnoleTTI 1979, pp. 310-311.

10 aVS, Visita Diocesana dell’Ill.mo e Rev.mo Vescovo Filippo Salviati Vescovo di Sansepolcro iniziata l’anno 1623 e finita l’anno 1629, c. 131v. a

questo proposito è interessante segnalare un documento tra quelli pubblicati dalla nocenTInI (2012, pp. 22-23) datato 1346. In data 14 febbraio lucia lasciò una somma di denaro per illuminare il corpo di cristo.

Fig. 76 maestro della croce di rosano,

Fig. 77 anonimo, Storie di San Bene- detto, Sansepolcro, palazzo Vescovile,

chiostro

di Sansepolcro, fu lasciato all’abbazia del Santo Sepolcro del Borgo dal prete pietro di roderico, il cui nome è indicato in una donazione del 1024. la chiesa risulta già distrutta nel 1583 e molto probabilmente era di patronato degli eredi di Bartolomeo Graziani. Tali dati forniti dall’agnoletti e da lui rintracciati nelle Visite Pastorali, permettono di confermare un legame tra la località e la cattedrale.

esattamente come accade per i documenti relativi all’evoluzione della fabbrica della Badia nel corso del XIII secolo, non abbiamo né notizie, né opere scultoree o pittoriche coeve e come tali successive al definitivo passaggio ai camaldolesi. considerazioni diverse sono possibili per il XIV secolo che ha visto la realizzazione di un significativo ampliamento dell’edificio. Trecentesca è la Madonna (Scheda 10) attualmente posta a

fianco del pilastro tra la cappella maggiore e quella del Volto Santo. rimandando alla scheda di catalogo per

la storia e per la committenza della scultura, è importante sottolineare come sia opinione generale attribuirla all’ambito fiorentino, evidenziando affinità con Tino da camaino. per il Trecento l’opera più importante è il polittico della Resurrezione di niccolò di Segna (Scheda 8). Sebbene ancora ci siano opinioni controverse

sulla sua provenienza, e rimandando per queste e per alcune notizie documentarie alla scheda pertinente, è bene comunque sottolineare che il dipinto è incentrato sul dogma della resurrezione, esaltando il tema del Santo Sepolcro, elemento determinante per la storia del Borgo. all’ambiente romagnolo trecentesco rimanda invece l’affresco con la Madonna col Bambino tra Santa Caterina d’Alessandria e San Tommaso Becket (Scheda 2), testimonianza importante dell’influenza romagnola nella Valtiberina toscana, non

estranea al dominio dei malatesta.

Fig. 78 anonimo, Storie di San Bene- detto, Sansepolcro, palazzo Vescovile,

chiostro

di realizzare una cappella dedicata al crocifisso, occupando un pezzo di terreno in una strada presso la Badia. Della cappella rimaneva traccia fino al 1944 nell’arco gotico, che sormontava l’affresco eseguito da Bartolomeo della Gatta (Fig. 62 e Scheda 4)11. l’esistenza di una strada pubblica che fiancheggiava

la Badia dimostra l’assenza di un chiostro così ampio, come appare attualmente, e che ingrandendolo, rispetto all’antica struttura monastica, fu ricostruito dall’abate Simone Graziani facendolo affrescare con

Storie di San Benedetto (Figg. 77, 78, 79). È stato questo, insieme alla cappella pichi, uno degli interventi

architettonici più rilevanti tra quelli voluti dall’abate, risalente agli anni ottanta del Quattrocento, molto probabilmente tra il 1481 e il 1487. Il grande ciclo di pitture, da Salmi assegnato all’ambito fiorentino12 di

cosimo rosselli, è oggi restituito alla coeva scuola umbra, sulla base di alcune somiglianze stilistiche e sulla certezza dell’operato di artisti umbri in loco.

Il ruolo avuto dall’abate Simone Graziani13 anche in campo artistico, oltre che religioso, sia relativamente

alla trasformazione dell’antica badia, sia in rapporto con le altre istituzioni cittadine, è ancora oggi testimoniato all’interno della cattedrale, non solo dall’affresco di Bartolomeo Della Gatta, (Fig. 6 e Scheda 4), ma anche dalla pala del perugino (Scheda 14) e dal tabernacolo di andrea Della robbia (Scheda 12). alla committenza Graziani si lega anche l’attività di Gerino da pistoia a Sansepolcro. alla fase di rinnovamento

11 marTellI 2012, pp. 45-71; Ibidem.

12 SalmI 1942-1944, p. 60; caScIu 1998, p. 24. le lunette del chiostro, ancora poco leggibili nel 1998, sono state restaurate dalla Soprinten- denza di arezzo (ditta Sereni) tra il 2000 e il 2005. cfr. lIBGHTBoWn 1992, p. 197. Si suppone che il chiostro sia stato dipinto tra il 1481 e il 1487.

Fig. 79 anonimo, Storie di Benedetto,

Sansepolcro, palazzo Vescovile, chio- stro

portata avanti dal Graziani si connette anche l’attività biturgense di Sinibaldo Ibi, modesto seguace del perugino, documentata e testimoniata da due tavole raffiguranti San Pietro e San Paolo, oggi presso il museo

civico14. nalla Visita del 1524 sono nominati quattordici altari, tra cui quello intitolato ai Santi pietro e

paolo, fondato nel 1474 dal carpientiere slavo piero di Giorgio15 e già costruito nel 1477. essendosi estinta

la stirpe del fondatore, il patronato della cappella passò alla Fraternita di San Bartolomeo, che nella Visita

del 1524 già risulta essere patrona dell’altare. nella Visita del 1568 la cappella è priva delle immagini dei due

santi titolari e questa assenza ha fatto supporre a matteo mazzalupi di potere escludere l’ipotesi che le due tavole del museo provengano dalla cattedrale, avanzata da Stefano casciu nel 199816. nel 1576 la cappella è

documentata anche con il titolo di San Tommaso, che nel 1586 divenne l’unico titolare, celebrato nella tela commissionata dai Brunetti a Santi di Tito (Scheda 3).

con l’istituzione del Vescovado ulteriori cambiamenti furono apportati alla neo eletta cattedrale dal primo vescovo, l’abate Galeotto Graziani, committente del Monumento funebre a Simone Graziani (Scheda 15).

Testimonianza importante sono i portoni lignei, di cui si ignora l’autore, ma costituiscono un intervento rilevante nella chiesa riconducibile alle molte e attive botteghe locali di intagliatori17. Il portone centrale è

caratterizzato da elementi quattrocenteschi, con la scansione in riquadri e con sculture aggettanti. Interessante

14 per le due tavole cfr. a. m. maeTZKe in Il Museo Civico 1988, p.72 con bibliografia precedente; caScIu 1998, pp. 26-27, 42. all’Ibi viene

attribuita anche una tavola con Dio Benedicente, nella chiesa di Sant’agostino.

15 maZZalupI 2102, p. 36.

16 caScIu 1998, p. 27; FranKlIn 1998b, pp. 315-312. 17 cHIelI 2009, p. 18.

Fig. 80 cappella di San leonardo det- ta del monacato, Sansepolcro, palazzo Vescovile

Fig. 81 ambito di Johannes Teotoni- cus, Crocifisso, cappella di San leonar-

do detta del monacato, Sansepolcro, palazzo Vescovile

è la lettura iconografica fatta da luigi andreini e Francesca chieli partendo dalla presenza di egidio e arcano, i due pellegrini fondatori, la cui iconografia ha iniziato a diffondersi dal XV secolo, a seguito della necessità di recupero di identità civica da parte di Sansepolcro, una volta caduta sotto il dominio fiorentino. nella decorazione del portale non mancano allusioni alla morte che si affrontano, distinte dalle teste centrali, nelle quali la chieli ha individuato i santi pietro e paolo. In basso sono le figure di San Giovanni Battista e di San cristoforo, protettore dei pellegrini18.

anche il chiostro ha subito molti cambiamenti. come indicato in una lapide, nel 1566 il vescovo niccolò Tornabuoni fece fare un intervento di trasformazione della “gavina”, ovvero una piccola strada, tra la cattedrale e il chiostro, di cui fu restaurato il pozzo dal vescovo Filippo Salviati nel 163319.

luogo epicentrico del chiostro è sempre stato la cappella del Monacato

(Fig. 80), che rappresenta la parte più importante del monastero, dal momento che per tradizione viene identificata con l’antico oratorio di San leonardo e dove, sempre la tradizione vuole che nel 1492 fosse stato sepolto piero della Francesca20.

Dalla fine del Quattrocento è stato oggetto di grande venerazione un crocifisso ligneo ancora esistente (Fig. 81) e mai studiato in modo specifico. Grazie ai suggerimenti avuti da aldo Galli, il Crocifisso di San Leonardo fa parte di un gruppo nutrito di crocifissi lignei sparsi

nell’Italia centro-settentrionale, in modo particolare tra emilia romagna, marche e umbria. caratterizzate da una forte espressività e da un acceso pietismo, evidenziato dal dettaglio della bocca schiusa e spirante o delle vene gonfie che percorrono il corpo di cristo, tali sculture corrispondono ad uno stile oltralpino21. per alcuni di questi,

come ad esempio per quello di San pietro a perugia e del duomo di Salò, i documenti indicano il nome di un maestro chiamato Johannes Teuthonicus, documentato a Firenze e nei vari centri delle marche tra

il 1449 e il 1494. Grazie alle osservazioni avanzate da Daniele Benati e da eike Schmidt che data la diffusione in Germania del nome Hans (Johannes), matteo mazzalupi ha individuato l’attività di un secondo intagliatore tedesco, documentato a Salò e ad ancona, di nome paolo22.

In occasione dell’ampliamento del chiostro l’ingresso della cappella fu ornata del portale centinato, ancora oggi visibile. nel 1502 l’oratorio divenne di patronato della famiglia Gherardi, che immediatamente

dette avvio alla trasformazione della cappella, modificando l’altare. risalgono alla seconda metà del cinquecento gli affreschi con San Leonardo, San Romualdo, la Madonna, Sant’Arcano, San Giovanni e un soldato romano. nella Visita Pastorale del 1563 la cappella risulta intitolata ai Quattro evangelisti e

sufficemente ornata, ad eccezione dell’altare. Dalla Visita Pastorale del 1583 si ha notizia della presenza del

crocifisso, «immagine assai devota», indicando la titolazione a San leonardo concessa alla cappella23.

18 anDreInI 2007, p. 16; cHIelI 2009, p. 18.

19 aGnoleTTI 1984, pp. 10-11. per alcune notizie sul lapidario conservato all’ingresso del chiostro da via delle campane si rimanda al saggio di anna pincelli, Ivi

20 maZZalupI 2012, pp. 39-40. Si rimanda al saggio di mazzalupi, ivi.

21 ringrazio aldo Galli per i suggerimenti datimi. cfr. lunGHI 2000; FranceScuTTI 2004, pp. 178-187; ScHmIDT, in Il potere, le arti, la guerra, 2001, p. 342; BenaTI 2005, pp. 309-319.

22 per mazzalupi il Crocifisso è una scultura teutonica del tardo Quattrocento. cfr. maZZalupI 2012, p. 40; per paolo Tedesco cfr. maZZa-

lupI 2008, pp. 322-331.

23 aVS, Registro della Visita della città e della diocesi di Borgo Sansepolcro fatta dal Rev.mo Visitatore Apostolico 1583, c. 20; GuerrInI 1995-

Fig. 83 Durante alberti, Trinità e i san- ti Andrea, Maria Maddalena e Cristi- na, collezione privata.

Fig. 82 anonimo, Crocifisso, Sansepol-

cro, cattedrale, Sacrestia

la prima descrizione delle pitture si ha nella Visita del 1629. nella cappella c’era un solo altare che aveva

come ornamento colonne di marmo di montauto, nel 1649 indicate addirittura dorate, e come “icona” aveva l’immagine del Crocifisso, «appeso alla croce e nelle pareti» vi erano dipinte «le immagini della

Beata Vergine, di San Giovanni apostolo ed evangelista, di San leonardo e di altri santi»24. l’attribuzione a

cherubino alberti si fonda su una serie di confronti stilistici con opere certe.

Gli alberti sono stati protagonisti degli interventi tardo cinquecenteschi del Duomo, cominciando dalle pitture della cappella del monacato. l’attribuzione agli alberti, oltre che sull’ analisi stilistica si fonda sulla ricerca documentaria, tenendo conto che in quegli stessi anni il “clan” degli alberti era impegnato per il vescovo Tornabuoni.

al fervore religioso scaturito dalle istanze tridentine si è sviluppato in ambito biturgense anche un’intensa attività artistica, caratterizzata da aspetti particolari, affermatasi anche a roma, durante i pontificati di Sisto V e di clemente VIII, e facendo di Sansepolcro «una piccola capitale della grafica»25. Tra la fine del

cinquecento e i primi del Seicento, momento in cui la scuola pittorica locale raggiunge il massimo successo, è documentata l’attività di circa quattordici incisori, otto dei quali collegabili agli aberti. la famiglia alberti di Sansepolcro ha svolto un’attività assai prolifica anche nell’intaglio ligneo. Da romano alberti detto il nero e da Giovanni di Berto detto liso si ebbero tre generazioni di intagliatori, Durante e cosimo figli del primo, Berto, ludovico, Gerolamo e romano figli del secondo. Il nome di Berto, architetto e scultore, nonché figura