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Dopo i rilevanti interventi della fine del XVI secolo, la cattedrale consegnata dal vescovo Tonabuoni in una rinnovata veste interna, appare consolidata, dal punto di vista decorativo, meno da quello statico, in un assetto -di cui ci dà inizialmente conto la Visita del 1616227 - che, sostanzialmente, si manterrà quasi

inalterato sino alla seconda metà del secolo seguente.

Incessante è l’opera di manutenzione dell’antica fabbrica, come attestano minuziosamente i registri di uscita dove sono infatti annotati pagamenti per continui e ripetuti interventi, per lo più ordinari228, commissionati

dagli Operaj della cattedrale ai vari artigiani.

Dopo il solenne ingresso (17 gennaio 1616) il vescovo Giovanni Gualtieri (1615-19), aretino, sin dagli inizi di febbraio, per effettuare, in mancanza di denari, i restauri di cui necessitano tetto e muri della navata centrale devolve tutte le multe inflitte dai predecessori e le elemosine raccolte all’opera della cattedrale: ciò consente di affidare subito i lavori al maestro muratore casucci229.

al tempo del vescovo mons. Filippo Salviati (1619-1634), sono da ricordare nel 1630 il restauro dell’«occhio sopra all’altar grande»230 e, nel luglio 1633, quello della fonte dei Santi pellegrini, accomodata «a modo di

pozzo in ottangolo, con belle pietre dell’opera»231: si tratta della ricostruzione dell’imboccatura, in forma

esagonale, sulla quale una lapide ricordava la sorgente presso cui si erano fermati i pellegrini fondatori232.

nel settembre 1634, breve periodo in cui la sede episcopale è vacante, sono sinteticamente registrati interventi edilizi in diverse parti della chiesa e zone accessorie233, oltre a varie riparazioni, quali il rifacimento

de «l’inginochitoi [sic] di noce ed alzato li cancelli del coro e rasetti»234.

Interessanti, per la conoscenza dell’assetto della chiesa, le Visite Pastorali eseguite sotto il nuovo vescovo

mons. Zanobi medici (1634-37), fiorentino235, in particolare quella iniziata dalla cattedrale il 17 aprile

1635236, ricca di dettagli, da cui si desume, con maggior chiarezza, rispetto alle indicazioni precedenti, la

collocazione originaria del tabernacolo robbiano, posto a parete, in luogo dell’icona, sull’altare di San Biagio; unitamente all’indicazione della Visita del 1593, che su tale altare un tempo era conservato il SS. Sacramento,

ciò conferma la funzione iniziale di tabernacolo eucaristico del manufatto in terracotta policroma invetriata,

aGnoleTTI, 1972, p. 54 nota 27); la costruzione fu cominciata il 26 gennaio 1591 (GIGlIolI 1921, p. 43). nell’aprile 1595 alberti, in partenza per roma, consegna ai priori la pianta della loggia e il disegno della facciata. alla morte di alberti i lavori sembrano ripresi sotto la direzione di antonio cantagallina che li concluse nel 1609.

226 «adì 20 di Xbre 1599 […]/ a Vinc.o di m. Franc.o ciescherni d. dare adi 20 ditto […] che li havemo venduto una capella in veschovado sotto

la capella di S.to Gilio verso la porta con lintervento [sic] del nostro Ill. mo[n]s. rev. sig.r aless.o Borghi» (aVS, Filza 43, c. 196v).

227 effettuata dal vescovo Gualtieri, enumera sedici altari e sei confessionali: rispetto ai 15 contemplati nella Visita del 1593 si è aggiunto l’altare di

San carlo, con icona nuova, fatto erigere dalla famiglia capucci (cfr. anche aGnoleTTI 1972, p. 92) concesso nel 1598 da nicolò Tornabuo-

ni (v. supra). Il numero degli altari, durante il corso del XVII secolo, si mantiene costante e pressoché invariato nelle intitolazioni fino al 1681

(v. infra). la stessa Visita informa che anton Francesco Gherardi, cui competeva il jus patronato sul monacato, aveva lasciato in testamento 25

scudi per abbellirne l’altare. Gli eredi, oltre l’ornamento richiesto, commissionarono a cherubino alberti l’affresco che fa da sfondo al croci- fisso, scultura valde devota, facendo inoltre porre le colonne ai quattro angoli della cappella e restaurare la volta (aGnoleTTI 1972, p. 92).

228 Tra le più ricorrenti, oltre alla ripassatura per assettare i tetti, quelle per l’organo, per le corde delle campane, per i tendaggi, e, con grande dis-

pendio, per le vetrate.

229 rIccI 1942, p. 66; aGnoleTTI 1972, p. 90. 230 aVS, Filza 44, c. 54.

231 GoraccI [1636] 1847, p. 148 . 232 aGnoleTTI 1987, p. 64.

233 «adì 2 7bre 1634/ a m.o Biagio muratore et compagni et altri maestri fornacini, legnaioli e fabbri… che han[n]o rasetto, e rivisto tutti li tetti

della chiesa, fatto una parete, e serrato, fra una cantoria (?) e l’altra nel coro, rasetto, et abbassato il campanile, resarcito, e spianato una parte della Sacrestia, resarcito lastantia [sic] del Sacrist.o […], rimbiancato la chiesa et molte altre cose necessarie p. servizio della chiesa e sacristia,

compresi coppi, calcina, mattoni, legnami e chiodi» (aVS, Filza 44, c. 55). 234 aVS, Filza 44, c.

235 eletto il 19 novembre 1634, prese possesso della Diocesi il 5 gennaio 1635 ed entrò solennemente in città il 13 febbraio 1635 (aGnoleTTI 1972, p. 122).

avuta almeno fino al settimo decennio del XVI secolo, quando accoglierà gli olii santi237. Si specifica anche

la posizione delle due statue robbiane, poco più tarde, che completavano, ai lati, la composizione dell’alzato dell’altare238. la Visita informa inoltre più circostanziatamente sul luogo dove si conservavano le reliquie,

collocato presso l’altare di San Biagio, nel muro dalla parte destra, entro una finestrella lapidea239.

Infine la sintetica descrizione della chiesa240 con disposizione desumibile del pulpito e due troni241 sembra

rispecchiare quella ancora visibile nella foto del 1929 circa (Fig. 40b).

In tale documento si forniscono inoltre notizie sulla costruzione della canonica che ha origine quando è eretto il capitolo, «posta in Claustro palatii episcopalis prope Cancelleriam et horreum Ill.mi D. Episcopi»242.

carattere di straordinarietà assumono invece alcuni interventi di manutenzione registrati sotto l’episcopato di mons. Dionisio Bussotti (1638-1654)243 tra cui si segnalano, dal settembre 1638, i lavori, e relative spese

in materiale, per la mattonatura della navata di mezzo244, cui seguono, nell’autunno successivo, diversi

interventi al «tetto della navata grande di mezzo», lavori che si concludono nel novembre seguente, come

attesta il pagamento «a m.o ascanio […] p. haver rimesso […] tre cavalli della navata di mezzo, […] haver

rasetto la piramide al camp.[ani]le»245.

Dalla Visita del 4 maggio 1639 risultano presenti 16 altari oltre al monacato246. nell’autunno 1639 si

accomoda «il Baldachino che sta sopra l’altar magg.re, quindi le Banche dell’opera, cancelli del coro,

pulpito ed anche il pergamo». a dicembre si sistema la copertura del coro e «l’Invitriata del choro della Sagrestia e capella della mad.a»247.

Diversi interventi risultano effettuati nel marzo 1640, come documentano pagamenti per accomodature ai tetti, sia della navata principale che delle laterali248; mentre in settembre è ricostruito l’organo249, per cui, già

nel 1635, era stato rifatto il bancone, i mantici e le canne250.

Il registro di uscita enumera infine puntigliosamente ripetuti pagamenti per ricorrenti operazioni di manutenzione ed ornamenti quali indorature, tendaggi, ecc.

una serie di piccoli interventi effettuati nel 1642 sopra la Porta Grande del Duomo251, indica presente un

237 Il tabernacolo è indicato «in facie altaris Sancti Blaxij in pariete et est ornatus foris aliquibus angelis ex terra cocta alba», precisando poi che

l’altare di S. Biagio «loco icone habet imagines angelorum ex terra cocta in muro, et S[anctor]um Romualdi et Blasij» (aVS, Visita Medici, 1635,

cc. 4 e 10). la precedente Visita del 1593 aveva prescritto il restauro del muro presso l’altare (restauret murum iuxta altare predictum per ipsum demolitum), specificando che sopra l’altare si conservava il SS. Sacramento, poi sostituito dagli olii Santi (nunc autem sacramenta, videlicet olea sacra); si precisava inoltre che presso l’altare in una finestrella erano custodite entro una cassetta, sotto chiave, le reliquie dei santi (aVS, Visita Tornabuoni, 1593, in maZZalupI 2012, app. II, doc. 9, p. 155). analogamente nella vista del 1616 si specifica che gli olii Santi sono

tenuti infinestrella parva dell’altare e le sacre reliquie in una finestrella, con grata ferrea, presso l’altare dal lato dell’epistola (penes alt.re ad latus

Ep.lae; cfr. aVS, Visita Gualtieri, 1616, c. 280). per l’argomento cfr. maZZalupI 2012 pp. 38-39, e per le due statue marTellI 2012, p.

48, nota13.

238 Il tabernacolo è stato ricomposto nella posizione attuale, presso la porta della sacrestia, nel 1828 (aVS, Filza 96 ins. 8, Prospetto dei capi di lavoro, 1828 c.n.n., cfr. infra appendice Documentaria). le due statue, inizialmente trasferite nella stanza che precede la sacrestia, murate ai

lati di una madonna, furono collocate nel luglio 1889 sui pilastri laterali all’altar maggiore e in tale posizione si individuano nelle foto storiche del 1901 e 1929 (Figg. 39, 40a e b); dal 1979 trasferite in controfacciata (cfr. GIGlIolI 1921, pp. 10-11; aGnoleTTI 1984, pp. 22, 31; FornaSarI 2009, p. 82).

239 «[…] acccessit ad locum in quo conservantur sacrae Reliquiae Sanctorum qui est situs prope supradictum altare S. Blasii in muro a parte dextera, in quo est fenestra in modum armarii lapidei». (aVS, Visita Medici, 1635, c. 4v).

240 aVS, Visita Medici, 1635, c. 10v.

241 uno presso l’altare maggiore, a sinistra, per il Vescovo quando celebrava; l’altro davanti al pulpito per l’ascolto della predicazione (aGno- leTTI 1972, p. 123).

242 aVS, Visita Medici, 1635, c. 12.

243 eletto il 19 aprile 1638, prende possesso della sede il 21 maggio seguente (aGnoleTTI 1973, p. 2); «adì 20 maggio 1638/ a Vinc.o lancisi

pittore […] p. haver rifatto lo scudo all’arme di chiesa di mons.r Bussotti» (aVS, Filza 44, c. 56 v).

244 «adì p.o 7bre 1638/ a mario fornac. da S. Giust.o lire cento ottanta […] 6000 quadri p. matonare il Domo/ a mo ascanio muratore [...] p.

fattura del matonato della navata di mezzo» (aVS, Filza 44, c. 56v). 245 aVS, Filza 44, c. 57r e v.

246 aGnoleTTI, 1973, pp. 28-29; cfr. aVS, Visita Bussotti, 1639, cc. 6-18.

247 aVS, Filza 44, c. 59.

248 In particolare «sopra la capella di S. egidio, messovi 32 pianacioli in d.i tetti, et una piana, fatto un pilastro sotto un cavallo del tetto sopra alla

capella di S. tomasso, accomodato sopra la Stanza del Sagrestano» (aVS, Filza 44, c. 60).

249 I lavori sono segnalati come «mem.a come sotto il dì 8 di 7bre 1640 Ho pagato il mro Dom.co Giova[n]nini che rifa [sic] l’organo della cathe-

drale» (aVS, Filza 44, c. 61v.; cfr. anche aGnoleTTI 1984, p. 11).

250 «adì 25 7bre 1635/ a m.o Fabritio […] p. havere rifatto l’organo cioè il bancone con tre mantici nuovi e colate tutte le canne di piombo […]»

(aVS, Filza 44, c. 56).

251 «adì 15 di Genn.o 1642/ pagati a m.ro Girolamo malapezzi p. haver fatto il telaro in doi parti p. metter dietro al crocifisso sopra la porta

Crocifisso, attorno al quale si dà anche il colore252.

la globale operazione di riassetto intrapresa dal Bussotti comporta in particolare, tra il 1642-44, la sistemazione delle numerose sepolture presenti in chiesa, necessaria anche per motivi igienici: nell’agosto 1642 lavori di mattonatura riguardano la zona antistante all’altar maggiore e il coro, sistemando anche le sepolture dei canonici253. Il sepolcro dei vescovi risulta collocato nella parete tra la cappella di San Biagio

e la nicchia delle reliquie dei Santi della cattedrale, luogo non più esistente e parzialmente trasformato in ripostiglio per gli arredi sacri254.

nell’ottobre 1643 è registrata la spesa per la realizzazione del cimitero a lato del monacato: «p. cavare nel

luoco p. andar in ca[m]panile dal monacato p. farvi una Sepoltura grande e capace così d’ord.ne di mons. Ill. mo Vesc.o […]»; inoltre«p. cavare da Sepoltura e p. levar il terreno […] p. murare e far la volta e muri a torno

[…] e portar via il terreno». ancora nel gennaio 1644 si paga lo scalpellino per chiusini di sepolture e, nel maggio seguente, si lavora «p. mattonare in m.ti luoghi la navata della mad.a del rosario et accomodar alcune

sepolture guaste»255.

consolidamenti sono eseguiti nel luglio 1646 per «accomodar la guglia del ca[m]panile dove dieve la Saetta et accomodar nel muro della chiesa nella cantonata che cariava, rimessovi alcune spranghe di ferro»; quindi, in settembre, si rifà il camino della sacrestia e in ottobre risulta «accomodato e matonato nel ca[m] panile chè pioveva nella Guardarobba di mons. Vesc.o […]»256.

cospicue infine le spese sostenute per le invitriate, pagate nel settembre 1647 a marco orlandelli e Compagni Vetrari257, delle quali segue la stuccatura.

Interessante la Visita effettuata il primo dicembre 1648258 alle Reliquie che prosegue, il 22 febbraio 1649259,

con il giro di ispezione dei singoli altari; in particolare ancora significative le indicazioni sull’altare di San Biagio, che confermano la presenza del tabernacolo in terracotta, di cui si raccomanda un’accurata pulitura, e delle antiche pitture, delle quali si stabilisce invece la cancellazione mediante imbiancatura260.

l’importanza dell’altare è testimoniata dal fatto che, a metà del secolo, la navata destra è indicata come

navata di San Biagio261. Tra le opere promosse da mons. Bussotti è rilevante il portale bugnato, realizzato

a fianco della facciata della chiesa262, che dalla piazza immette nel chiostro; intervento eseguito dopo aver

rivolto supplica, il 9 dicembre 1648, al governo granducale per ottenere che «per comodità necessaria della sua casa possa serrare una parte d’una stradella detta volgarmente Gavina dicendo per essa non esservi passo ma più tosto servire a immondezze […]»263.

un’operazione di restauro data al giugno 1649 quando sono annotati pagamenti al muratore Girelli «per risarcire i sofornati della chiesa, e ristuccare le colonne, e sofornare la capella di san Biagio»; quindi «alli

crocifisso che sta sopra la porta grande» (aVS, Filza 44, c. 62). per il Crocifisso, ora presente in sacrestia, si rimanda al saggio Fornasari, ivi.

252 aVS, Filza 44, c. 62v. Il crocifisso risulta “sposto” nel settembre 1769 e rintonacata la stessa muraglia (aVS, Filza 45, c. 77).

253 «Spesa fatta p. far mattonar avanti l’altar magg.re e tutto il coro et accomodar la Sepoltura delli SS.ri canonici e riempir tutte l’altre Sepolture

che erano quivi. ingrandir quella de ss.ri can.ci e soffornarla» (aVS, Filza 44, c. 63v; cfr. anche rIccI 1942, p. 67 e TaFI 1994, p. 204, che

indicano solo il rifacimento del pavimento. Già nel dicembre 1639 era stato pagato «m.ro ascanio muratore p. haver accomodato sopra la

Sepoltura di S. ant.o vicino alla Sedia di mons. in chiesa e messoci una piana e accomodato in altri luoghi in chiesa» (aVS, Filza 44, c. 59v).

254 l’indicazione è in agnoletti che vi ritiene tumulati mons. Salviati (morto il 19 maggio 1634), mons. Bussotti (18 ottobre 1654), mons. che- rubino malaspina (14 marzo 1667), mons. Baldovinetti (11 agosto 1671) e mons. aldobrandini (4 maggio 1770): cfr. aGnoleTTI 1972 p. 119 nota 40; IDem 1973, pp. 37, 47, 50, 182.

255 per tutte le citazioni: aVS, Filza 44, cc. 65r e v. 256 per le citazioni: aVS, Filza 44, cc. 68v e 69.

257 «[…] p. haver rimesso 140 occhi nell’Invetriate della cattedrale p. ligature […]/ p. 12 vetri p. l’Invitriate de fianchi della chiesa […]/ p. il telaro doppio della fenestra della Sagrestia e […]/ p. l’invetriata di d.a fenestra fatta di nuovo […] p. haverla fatta impiombare […]/ a m. Biagio p. far

una armatura all’occhio Grande del Vescovado et un’altra all’occhio del coro e disfarle et servirno p. accomodar d.i occhi, p. gesso e calcina

p. stuccar tutte l’Invitriate della chiesa» (aVS, Filza 44, c. 69 v).

258 «Prope Altare S. Blasij intra Armarium dupplici crate, ferrea scilicet, et lignea munitum in Arcula lignea intus depicta, et foris coperta rubro serico varijs Thecis ornatæ» (aVS, Visita Bussotti, 1648, c. 2).

259 Ivi, c. 4 e seguenti.

260 «Sepulturæ, et Pavimentum aptius, et decentius accomodentur: parietes dealbentur, eo quod ss.rum Imagines olim ibi depictæ sint deformatæ et ex-

punctæ: et quæ remanserunt integræ ex terra cocta opere anaglypho extructæ Laventur, et poliantur ad artem» (aVS, Visita Bussotti, 1648, c. 9v;

aGnoleTTI 1984, p. 39).

261 marzo 1652, pagamento a «m.ro Biagio muratore p. haver rivoltato tutto il tetto della navata di san Biagio» (aVS, Filza 44, c. 72 v).

262 TaFI 1994, p. 190. oggi sul concio in chiave del portale, evidenziato da un modiglione scanalato e con gocce, si erge lo stemma di mons. pom- peo Ghezzi (1912-53), anteposto ad un precedente stemma litico, molto consunto, di cui resta visibile solo il contorno del cartiglio e la forma del cappello prelatizio in sommità.

maestri lorenzo e christofano imbiancatori p. haver imbiancato la chiesa […] e p. haver lavati, e dato il colore alle colonne, e capitelli, e conci delle fenestre di d.ta chiesa»: come materiali si acquistano «100

libbre di bianco […] che è stato bellissimo» e anche «negro fumo e colla p. dar d.o colore».

contestualmente si effettuano pagamenti a «mallino scarpellino p. haver accomodato li scallini di pietra del coro, e la capella della madonna a piè la chiesa» e ai muratori «p. accomodare il tetto e rivoltarlo tutto della navata della madonna del rosario»264.

Il 5 agosto 1649 avviene la solenne inaugurazione dell’immagine della Madonna della Neve (in origine

sulle mura della città, fuori porta Fiorentina, rimossa per timore venisse rovinata dagli eventi bellici), la cui traslazione era stata disposta nella Visita del 1648 per ornare e decorare l’altare dei SS. Innocenti, trovato

spoglio del necessario, collocandola in un riquadro operato nella parte superiore della tela raffigurante La strage degli Innocenti, commissionata a Federico Zoi di Sansepolcro265.

Il successore, mons. cherubino malaspina (1655-1667), commissiona al falegname orazio Binoni, il primo febbraio 1656, di intagliare i reliquari del coro, opera non ancora completata nel 1666266. risultano anche

sistemati alcuni collegamenti e pianerottoli di servizio267.

Sotto l’altro malaspina, ludovico (1672-1695), si apre un periodo caratterizzato da numerosi interventi, iniziati sin dal periodo di vacanza della Diocesi, in cui il capitolo dei canonici elegge vicario il proposto alessandro rigi268. Di rilevante impegno i lavori di ristrutturazione eseguiti in sacrestia nel settembre 1671:

dai pagamenti a «masso ascanio Valentini e a m.ro mario ciotti muratori» si desume l’abbattimento di

«un muro grosso che era in mezzo alla sacrestia [verosimilmente quello trasversale allineato all’abside], buttata a terra la volta e alzata la muraglia della med.ma sacrestia un braccio e mezzo a torno a torno, e rifatta

una volta nova» sopra cui furono sistemate due stanze per il sacrestano; i lavori, attestati dalle cospicue spese per i materiali269, si completano nell’ottobre 1672 con «fattura del matonato della sacrestia, p. haver

sistemato due finestre e imbiancato la d.ta sacrestia, […] arrotato le mezzanelle, aver riempito una sepoltura

e cavato fuora il calcinaccio». ascanio Valentini è pagato anche «p. haver fatto i capitelli di gesso alla volta della sacristia». l’armario è commissionato a Horatio Binoni270.

nel 1674 nuovamente si accomodano le invitriate della chiesa con vetri di Senigallia271 e sono pagate 19

pietre per gli altari, consacrate nel gennaio 1675272; mentre nell’aprile 1675 si commissiona al maestro

cesare ruinetti di «indorare i reliquiari del coro»273. a settembre 1678 si precettano i «Sig.ri Brunetti

accio racomodassero l’altar di S. Tomasso apostolo»274.

la Visita del 1681 registra, relativamente agli altari, una situazione pressochè analoga a quella indicata dalla

visita del 1649: solo nella parte terminale della navata destra non è più ricordato l’altare di San Giuliano dei

migliorati, sostituito nel titolo da quello della Deposizione275, mentre è ancora presente, citato per l’ultima

volta, quello di San Biagio, che infatti, nella successiva Visita del 1686, è specificato esser stato sostituito dal

nuovo Altare delle Anime del Purgatorio276.

264 per entrambe le citazioni: aVS, Filza 44, c. 71.

265 aVS, Visita Bussotti1648, c. 7v; aGnoleTTI 1973, p. 23. la tela fu asportata nel 1818 e si perse anche l’immagine della madonna (aGno-

leTTI 1984, p. 36). per l’opera cfr. ivi saggio Fornasari e Fig. 86.

266 aGnoleTTI 1984, p. 12; aVS, Filza 44, cc. 74v, 77.

267 «[…] matonato sopra la scala dell’organo (aVS, Filza 44, c. 74v); nel novembre 1568: in cinque scalini di pietra p. la scala del campanile, in cento mattoni, e novecento mezzanelle p. .. mattonato del campanile et un mattonato sopra la capella della madonna del rosario, un mattonato a capo a scala della sagristia, dodici stara di calcina, sei piane di castagno» (Ivi, c. 75); nell’aprile 1569 «in haver fatto fare una scala p. salire

nell’organo d’ordine di mons. Ill.o malaspina n.ro Vescovo pietre, calcina mattoni, piane, uscio» (Ivi, c. 75v).

268 eletto vescovo l’8 febbraio 1672, mons. malaspina prende possesso della Diocesi il 25 aprile (aGnoleTTI 1973, pp. 50-53, e nota 9). 269 Tra queste si pagano allo «scarpellino braccia 40 di soglie p. usci e fenestre, e n. 18 scalini, et un acquaro; al fornaciaro si pagano 300 coppi,

1900 mezzanelli p. il matonato di d.ta Sacrestia, 500 quadrucci p. gli sguanci delle fenestre [...] 600 mezzanelle e 400 coppi p. il tetto sopra

l’Invetriata nell’orto di mons.re» (aVS, Filza 44, c. 78v, anche per la citazione precedente); cfr. anche aGnoleTTI, 1984, p. 12.

270 aVS, Filza 44, c. 79. 271 aVS, Filza 44, c. 81v.

272 «29 d.o [X.bre 1674]/ a mastro mallino Scarpellino lire dicinove p. prezzo di dicinove pietre p. gli altari» (aVS, Filza 44, c. 82).

273 aVS, Filza 44, c. 83. 274 aVS, Filza 45, c. 51.

275 aVS, Visita Malaspina, 1681, c. 3v. la tela, realizzata dai patroni migliorati, presente sin dal 1616, è descritta nel 1629 come raffigurante la De- posizione di Gesù dalla Croce, per cui, sin dal 1670, l’altare era anche detto della Deposizione. nel 1698 è indicato come altare della Deposizione di Nostro Signore dalla croce, già detto di San Giuliano (in merito cfr. aGnoleTTI 1984, pp. 38-39).

276 «Visitò l’altare dell’anime del purgatorio edificato novam.te nel luogo dove era l’altare di S. Biagio della famiglia Gratiani al quale altare

l’altare barocco situato in Cornu Epistolae, al termine della navata destra, data infatti al 1682277, come indica

l’iscrizione ben evidente sul cartiglio sorretto da due angeli antistanti il fregio: pIorum ÆleemoSInIS mD.clXXXII/ alTare prIVIleGIaTum mDccXXIV278 (Fig. 32b).

addossato alla parete nord-ovest del campanile, l’altare279 si compone di una complessa struttura che

costituisce uno scenografico fondale (Figg. 1 e 31) in testata alla navata destra, soprattutto per il brillante espediente del sistema di retroilluminazione attuato mediante un apposito lucernario superiore che, in maniera suggestiva, permette alla luce di filtrare dall’alto; alla mensa, appoggiata su mensole diagonali, si affiancano i piedistalli a sorreggere due coppie sfalsate di colonne a tortiglione, su cui si arrampicano fregi vegetali argentati, più esili sulle centrali, più marcati sulle esterne, che sorreggono una complessa trabeazione con timpano curvilineo spezzato, al centro del quale si sviluppa una vorticosa composizione a stucchi280

ascendente, con il padreterno, verso l’alto a sfondare l’unghia della volta della navata, penetrando entro un occhio ellittico con soprastante lanternino, eretto a filo del campanile, che prende luce mediante due finestrelle ricavate nel tamburo: l’ornamento prosegue, più calibrato e ritmato, all’interno del lucernario con cherubini-alati che si affacciano sui due registri, appoggiati alle cornici che perimetrano il piccolo tamburo e negli spicchi della cupoletta (Fig. 32a).

la composizione è attribuita allo scultore luganese Giovanni passardi, eseguita prima della decorazione del

Sant’ Ignazio di arezzo (quindi ante 1685) e dopo un soggiorno a città di castello che lo vedeva attivo in