alla figura di Simone Graziani111 è legata un’importante fase di rinnovamento della chiesa abbaziale e del
contiguo monastero, distintasi per i numerosi e qualificati interventi eseguiti in base ad un’oculata scelta di committenze artistiche che impreziosiscono la chiesa112, ormai avviata al definitivo distacco da città di
castello, prefigurando il processo di trasformazione dell’antica abbazia camaldolese in episcopio113.
cospicui gli interventi di accrescimento del monastero, che l’abate Simone ingrandì ed abbellì, ricostruendo il chiostro114, secondo una nuova impostazione a pianta rettangolare, con portico originariamente su colonne
(almeno il braccio sud-orientale), affrescato da artisti fiorentini con scene della vita di San Benedetto115
(Figg. 7, 77, 78, 79), regolarizzando lo spazio già occupato dal chiostro precedente. ciò è evidente nel forte
107 Dissento circa la configurazione della zona presbiteriale, così come indicata, anche planimetricamente, dagli autori (maZZalupI 2012, pp. 2-3 e saggio Ivi), ritenendola rimasta sostanzialmente invariata rispetto all’assetto conferitole dopo il sisma del 1352. lo sviluppo della tribuna,
a mio avviso, è rimasto legato alla direttrice dell’allineamento della parete sud-orientale del campanile, allineamento che ritroviamo ancora nei disegni di inizio ottocento (Fig. 37), periodo in cui si già è iniziato a scavare (1727) la zona terrapienata di macerie dopo il sisma del 1352, e nella citata foto di inizio XX secolo (Fig. 49). la posizione dell’abside, ancora verosimilmente rettangolare, resta pertanto identificabile con quella “moderna”, modificata internamente solo a fine XVIII secolo con una terminazione semicircolare, e abbattuta nel 1935. È in conse- guenza plausibile pertanto, che le navate laterali dopo il riassetto post-sismico tardo trecentesco, terminassero entrambe alla settima campata, concluse, frontalmente, dai due altari principali, dopo il maggiore, rispettivamente quello della madonna in Cornu Evangelii e quello del SS.
corpo di cristo in Cornu Epistolæ, allineati al muro di nord-ovest del campanile. posteriormente all’altare della madonna, che mazzalupi
pone ipoteticamente collocata «nell’area dell’attuale cappella del Volto Santo, rispetto alla quale il sacello antico doveva avere dimensioni più ridotte, rimanendo inoltre aperto anche sul lato meridionale» (maZZalupI 2012, p. 21), insistevano infatti, fino ai lavori degli anni Trenta del XX secolo, ambienti della sacrestia, tanto che il setto murario, esistente tra questa e il presbiterio, ricostruito sì nei citati restauri– come asserisce Salmi – perché fatiscente, era già presente, come indicano sia il disegno ottocentesco, più volte richiamato, sia la foto scattata a inizio lavori, dopo la rimozione dell’intonaco, che mostra una situazione muraria pregressa alquanto rimaneggiata nel corso dei secoli (Figg. 37 e 49). proprio in base a tale foto si dà atto, tuttavia, dell’esistenza di una traccia di arcone, in continuazione del colonnato sinistro della navata, che può far presumere un’antica apertura in tale posizione (conforme all’ipotesi formulata da TaFI 1994, p. 201), che ritengo esser stata precocemente (entro il XV secolo) tamponata per motivi statici e funzionali.
108 Vedasi ad esempio, in maZZalupI 2012, p. 11, la rinuncia da parte dell’abate Grifoni della demolizione della cappella di San leonardo, in cambio di una modifica in chiave rinascimentale.
109 http://emidius.mi.ingv.it cit.; cfr. anche FarullI 1713, p. 38. 110 FarullI 1713, p. 39.
111 Successore di don Girolamo Grifoni, è eletto abate il 15 dicembre 1480 e prende possesso dell’abbazia nel gennaio 1481, restando in carica per 29 anni, fino alla morte avvenuta nel 1509 (FarullI 1713, p. 39). ad un intervento restaurativo intorno al 1480, attribuito a Simone Gra- ziani, indicato da coleschi (coleScHI 1886, p. 166) e Giglioli (GIGlIolI 1921, p. 7) Salmi riferisce in maniera dubitativa la coloritura, a finti lacunari con rosoni, degli intradossi degli archi delle campate (SalmI, 1942-44, p. 60, nota 1). la pittura, alquanto ingenua, crea lacunari
quadrati, senza profondità, con rosoni a sei petali stilizzati, ben diversi, nell’esito formale, da quelli dipinti nelle volte a terreno, a fianco e di accesso al monacato stesso, riferibili a Galeotto Graziani. cfr. infra.
112 Della fase di rinnovamento impressa dall’abate Simone Graziani alla chiesa abbaziale (tra gli interventi anche il rifacimento, nel 1494, del nuovo coro a due ordini modellato su quello di Sant’agostino ad arezzo, opera del medesimo legnaiolo, cfr. maZZalupI 2012, p. 15, app. I, doc. 73, pp. 117-118) restano, tra i pochi esempi della decorazione interna della chiesa quattrocentesca, la Crocifissione e Santi affrescata,
intorno all’ottavo decennio del XV secolo, dal camaldolese Bartolomeo della Gatta (1448-1502), in una nicchia nella terza campata della na- vata destra, per la cappella anastagi (v. supra; per tutta la disamina delle vicende relative alla cappella anastagi ed al rinvenimento dell’affresco
della Crocifissione, cfr. marTellI 2012 e saggio ivi; cfr. anche GraZIanI 1745, I, p. 43 e BalDInI 2004b, p. 17), e le tre opere robbiane
in terracotta policroma invetriata, tabernacolo eucaristico e statue dei santi Biagio e Benedetto (per la ricostruzione delle vicende occorse ai tre manufatti cfr. maZZalupI 2012, pp. 38-39, marTellI 2012, p. 48, nota 13, saggio infra e paragrafo infra, pp. 66-67). Dell’inizio
del XVI secolo restano due frammenti inferiori di una Resurrezione e Santi, su due registri, ora in sacrestia, affrescati da Gerino da pistoia (cfr.
GIGlIolI 1921, p. 12; roGerS marIoTTI 1994, pp. 54-55; caScIu 1998; BalDInI 2004b; maZZalupI 2012, pp. 30-31, e ivi
nota 139; cfr. saggio mazzalupi, ivi e Figg. 59 e 60), oltre alla grande pala d’altare con l’Ascensione di Cristo commissionata a pietro perugino,
consegnata nel 1510 (cfr. per tutti caScIu 1998), sostituendo il polittico di niccolò di Segna. per tutte le opere citate v. Schede nn. 1, 4, 12 . 113 cfr. polcrI 2007, p. 242.
114 cfr. BercorDaTI post 1555, c. 63v; Descrizione di Borgo San Sepolcro, 1611, ad annum 1509; FarullI 1713, p. 41; GraZIanI 1745 I,
p. 78; GIGlIolI 1921, p. 44; rIccI 1942, pp. 58-59; SalmI 1942-44, p. 60 nota 1; caScIu 1998, pp. 20, 24.
115 caScIu 1998, p. 24; anDreInI 2007, p. 23; polcrI 2007, p. 238; secondo agnoletti (aGnoleTTI 1987, p. 63), sono di San ro- mualdo.
Fig. 26 Stemmi con l’arme dell’abate Simone Graziani (1480-1509):
a. colonna anteposta al muro portante
intermedio dello scalone di accesso al palazzo Vescovile, primo pianerottolo;
b. peduccio di imposta della crociera,
primo pianerottolo dello scalone;
c. architrave del portale sul chiostro,
oggi di accesso all’ufficio parrocchiale;
d. peduccio del chiostro a fianco della
ed irregolare spessore del muro che delimita a sud-est la cappella del monacato, indicativo di un sostanzioso rimpello. non si escludono operazioni di consolidamento conseguenti ai forti sismi, di intensità 7, registrati nel 1484 e nel 1489116, periodo concordante con la datazione desumibile dall’analisi stilistica degli eleganti
peducci rinascimentali del chiostro117.
l’intervento, che prosegue nell’ampio scalone litico rinascimentale adducente ai piani superiori e con la sistemazione delle stanze contigue al campanile, è testimoniato dai numerosi stemmi con l’arme di Simone Graziani (losanghe disposte in diagonale in banda, e superiormente capo d’angiò, rastrello a quattro denti con tre gigli) apposti in varie parti dell’edificio abbaziale, ancora oggi visibili nell’attuale palazzo Vescovile118:
due nel chiostro, uno collocato sul peduccio a fianco della cappella del monacato (Fig. 26d), l’altro sull’architrave del portale a piano terra (Fig. 26c), oggi di accesso all’ufficio parrocchiale; tre nel primo pianerottolo dello scalone, posti uno di fronte all’altro, due sui peducci delle crociere (Fig. 26b), il terzo,
116 cfr. http://emidius.mi.ingv.it, cit.; «l’anno 1484 si sentì nel Borgo una scossa di Terremoto che fece atterrare alcune case» (FarullI 1713, p. 39).
117 Diversificati nel dettaglio ornamentale, i peducci, di cui Battisti sottolinea il riferimento stilistico all’ambito urbinate, trovano confronto con quelli della Sala dei conservatori del popolo nel palazzo della residenza (attuale museo civico): lightbown ritiene sala e chiostro opera delle stesse maestranze in un periodo compreso tra 1481 e 1487 (BaTTISTI [1971] 1992, II, p. 479; lIGHTBoWn 1992, p. 197), non concor- dando con Borri cristelli (BorrI crISTellI 1988, p. 18 e segg.) che data i peducci della Sala della residenza al 1450 circa (cfr. caScIu 1998, p. 24 e nota 90).
118 cfr. anche aGnoleTTI 1984, p. 52, IDem 1987, p. 63 e TaFI 1994, p. 197.
Fig. 27 medaglioni con l’arme di Si- mone Graziani e l’emblema camaldo- lese (due colombe che si abbeverano allo stesso calice), alternati a cartigli con la scritta SImon, tra putti, cornu- copie, calici e animali fantastici, nella fascia pittorica sottotrave della stanza al primo livello del campanile, serie di particolari
di forma allungata, sul fusto della colonna119 anteposta al muro portante intermedio della scala (Fig. 26a).
analogo stemma è leggibile e reiterato nel decoro della stanza al primo livello del campanile, dove l’abate realizza, suggellandolo con la ripetizione della propria arme e del proprio nome, un suggestivo ambiente tramezzando con un muro di mattoni a una testa il vano posto sopra al primo orizzontamento120; il divisorio,
distanziato circa un metro dal muro perimetrale di nord-est e ad esso parallelo, viene a delimitare una piccola stanza (m 2,85x5,30), acutamente segnalata da polcri per «l’evocazione del prestigio di un personaggio nella sede di un suo potere non soltanto religioso»121.
Tale ambiente, già accessibile dal primo piano del monastero122, con solaio ligneo a vista e decorato, presenta
una fascia pittorica sottotrave a grottesche, alquanto deteriorata, ove sono visibili, tra animali fantastici, putti, cornucopie e calici, cartigli con l’evidente e ripetuta iscrizione SImon123 e alcuni medaglioni o clipei
che alternano, lo stemma del Graziani, all’emblema camaldolese con le due colombe che si abbeverano allo stesso calice (Fig. 27).
probabilmente dopo l’abbassamento del tramezzo (1477), avvenuto sotto l’abate Girolamo Terzo e la ristrutturazione del chiostro, la cappella del Monacato124, termine che di per sé qualifica un luogo
specificatamente in uso ai monaci, forse riacquisisce la funzione di aula capitolare125.
rappresentando la parte più importante di un monastero, dopo la chiesa e il chiostro, ribadisce la centralità e l’importanza del luogo, tradizionalmente identificato con l’oratorio di San leonardo, da cui abbazia e città presero origine. l’ambiente di forma planimetrica quadrangolare (m 6,3x 5,6 circa), per posizione, lato sud- est del chiostro e per disposizione icnografica, conforme allo schema planimetrico consueto dei monasteri benedettini, oltreché riconducibile ad quadratum, è confacente alla struttura dell’aula capitolare126.
Dopo la creazione della Diocesi e la trasformazione dell’abazia in cattedrale, l’ambiente è adattato a cappella dai Gherardi, che ne rivendicano il patronato dal 1502, anno in cui cristoforo redige il testamento con dote per far decorare la cappella127.
anche il rinascimentale e ampio portale d’ingresso centinato, dalla mostra profilata da un doppio perlato e foglioline stilizzate128, è stato aperto in rottura della decorazione pittorica tardo quattrocentesca e del
peduccio adiacente.
119 Il capitello richiama, seppur con diversa configurazione ed esito formale, i motivi fitomorfici, a foglie frappate e caulicoli contrapposti, tipica- mente rinascimentali, presenti nelle pregevoli mensole di recupero esposte nel lapidario, non ancora sistematicamente indagate.
120 l’orizzontamento è costituito da una volta a botte molto ribassata creata in sostituzione della crociera crollata (v. supra).
121 per l’evocazione suscitata è stata impropriamente ritenuta la Sala del Capitolo (polcrI 2007, p. 238); mentre è presumibile la funzione di Scriptorium dell’abate.
122 nella parete nord-est dell’attuale sala d’archivio è presente un’apertura a conci litici tamponata, conformata ad arco, ma non funzionante stati- camente come tale, corrispondente per posizione a quella richiusa interna al vano del campanile (Figg. 4 e 5). l’ambiente, degno di un attento e auspicabile recupero, è oggi quasi inaccessibile, dovendo raggiungerlo dall’interno del campanile mediante disagevole passaggio.
123 per quanto la pittura sia deteriorata e lacunosa si individua anche la scritta DomQ e la lettera iniziale a, probabile indizio di una frase continua sulle pareti.
124 Monacato estensivamente significa i Monaci stessi, ovvero designa il luogo per eccellenza in cui gli stessi si riuniscono più volte nel corso della
giornata, come appunto l’aula capitolare, per la lettura quotidiana di un “capitolo” della regola, oltreché per altre funzioni giornaliere, e per lo svolgimento della maggior parte delle assemblee legate al funzionamento del monastero e della sua comunità, dall’elezione dell’abate alla discussione di questioni teologiche.
125 l’ipotesi della collocazione dell’aula capitolare in tale ambiente, già formulata da Tafi (TaFI 1994, p. 44), è confermata da mazzalupi sulla base di un atto del 1481 che specifica la volontà di un testatore di non fondare la cappella che vuol erigere in capitulo sive monachato Abbatie e per il
fatto che il beato paolo Giustiniani, di passaggio a Sansepolcro nel 1516, afferma che ancora ai suoi tempi la primitiva cappella fondata dai santi egidio e arcano exitisse in latere claustri monasterii, ubi erat monachorum capitulum (cfr. maZZalupI 2012, p. 8, cita anche mITTarellI-
coSTaDonI 1755, I, p. 183).
126 Suggestiva, a rafforzare l’ipotesi dell’accoglimento del capitolo monastico, è la presenza delle panche lignee, su mensole, che corrono sui lati contrapposti, che affiancano l’ingresso.
127 aGnoleTTI 1984, p. 52; maZZalupI 2012, p. 40. lo stemma dei Gherardi è ripetuto sui piedritti delle colonne, sulla ghiera dell’archi- volto dell’altare e sulla parete sopra l’arco di ingresso. l’altare sotto il titolo di San leonardo, viene ornato con due eleganti colonne in marmo rosato, provenienti da montauto (aVS, Visita Medici 1635, c. 11v; cfr. anche aGnoleTTI 1984, p. 52; TaFI 1994, p. 195) dal fusto scanala-
to e fasciato, con elaborati capitelli, che sostengono la ghiera modanata attorno all’archivolto della piccola scarsella dall’intradosso a cassettoni. le colonne, antistanti a lesene parietali in pietra serena, si ergono su piedistalli dello stesso materiale (Fig. 80). l’assetto attuale dell’ambiente, con quattro grevi colonne litiche angolari in pietra serena dall’entasi accentuata, che, anteposte a lesene a libretto, sorreggono la ribassata volta a crociera e segnano con cornice perimetrale i fronti laterali all’ingresso, risale alla fine del XVI secolo. (aGnoleTTI 1972, p. 92). 128 SalmI 1945, pp. 111-112.