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a cura di Giuseppe Alberto Centauro

la vicenda costruttiva del duomo di Sansepolcro, alla luce della ricostruzione storica degli episodi che l’hanno caratterizzata, appare largamente condizionata fin dai tempi della fondazione dell’antica chiesa abbaziale, dalle riparazioni e dai rimaneggiamenti indotti dal ripetersi disastroso e frequente di terremoti. Del resto l’alta Valtiberina è terra di movimenti tellurici e di geomagnetismi. la storia stessa della cattedrale sembra, se osservata da questo particolare angolo visuale, intimamente connessa con il manifestarsi ricorrente del sisma, quasi che l’energia promanata dalle viscere della terra abbia fatto nei secoli da motore e puntuale contrappunto all’azione dell’uomo, non solo nel risarcimento del danno subito dal monumento quanto nel mutamento architettonico di volta in volta prodotto, con evidenti risvolti anche in ambito artistico e stilistico nelle decorazioni e negli arredi sacri della chiesa.

Questa concomitanza di fattori è ben avvertibile specie se annotiamo, passo dopo passo, quanto è accaduto nelle diverse periodizzazioni storiche, soprattutto nell’età moderna. una tale singolarità rende quindi particolarmente significativo ai nostri occhi il capitolo dei restauri post-sismici nella lettura analitica e storico-cronologica dell’evoluzione stessa sopportata dalla fabbrica.

a tale proposito si può asserire che la stagione moderna del restauro si apra in modo inequivocabile intorno alle forti scosse telluriche del 1781 e del 1789, quando ancora si stava dando un definitivo assetto alla chiesa con la sistemazione del Volto Santo al suo interno e un complessivo riordino del sedime urbano di pertinenza

del monumento con l’ampliamento del complesso architettonico. Sappiamo, come ben si evince dall’analisi delle fonti documentarie, che il progetto attuato tra il 1773 e il 1777, aveva avuto in realtà una vita brevissima, divenendo oggetto di riadattamento con gli interventi effettuati dopo il terremoto.

la riapertura ai fedeli del luogo sacro nel 1791, dopo lunghe e laboriose riparazioni alle strutture fortemente danneggiate, sanciva di fatto l’effettivo avvio della nuova stagione per il più importante edificio di culto cittadino, qualificando l’estesa riorganizzazione dell’organismo ben oltre l’abbellimento estetico e il riordino formale condotto con gli ammodernamenti pre-sisma. Infatti insieme alle novità introdotte dalle riforme del marcacci, il restauro del dopo terremoto aveva dato corso a nuove modalità costruttive, ad esempio quelle avanzate con l’impiego di moderne tecnologie di riparazione, laddove la risoluzione di alcune forme di presidio e consolidamento delle murature non erano state più solamente condotte

58 aGSar, m 34, 6, Sansepolcro, cattedrale, 1968-2012.

59 la storia della salvezza è raccontata tramite le scene della Creazione, del Peccato originale, della Cacciata dall’Eden, dell’Annunciazione, del Battesimo e della Resurrezione, all’interno delle quali compaiono immagini che richiamano, nei luoghi e negli stemmi, i territori e i personaggi

artefici della storia della città di Sansepolcro. 60 cfr. maGGInI 2012.

61 cfr. cZorTeK 2012. 62 collezione privata, Firenze.

seguendo le procedure precedentemente in auge, edificando contrafforti e ispessimenti murari di sostegno, oppure ricorrendo, onde eliminare il maggior rischio di crolli, alla demolizione delle parti lesionate o a più semplici riduzioni murarie delle strutture spingenti, quali volte ed archi. Si era proceduto piuttosto attraverso rafforzamenti con catene, staffe e biette metalliche o addirittura facendo ricorso a rifacimenti mimetici delle lacune riutilizzando se possibile i materiali di risulta. Il riuso delle macerie, accompagnato dal recupero degli elementi architettonici dislocati da riposizionare in opera dopo un’opportuna selezione, era divenuta una possibile prassi d’intervento. Il restauro prevedeva persino il ripristino delle murature a sacco collassate tramite messa in opera di diatoni di pietra. Tutto ciò evidentemente orienta verso la categoria del restauro, così come oggi la intendiamo, la tipologia d’intervento già allora adottata. Questo cambiamento di rotta introdotto per il restauro di riabilitazione della fabbrica aveva di fatto aperto la strada ad una diversa valutazione del monumento in senso moderno, addirittura anticipando gli orientamenti tecnici propri della cultura illuminista del tempo. Tuttavia il restauro post-sismico attuato per la cattedrale in quel momento storico non è stato del tutto esente da incongruenze, e non avrebbe potuto essere diversamente. nella risarcitura delle parti lesionate si punta alla conservazione dell’immagine dell’architettura più che a quella della materia che la realizza, intesa come documento originale, riscoprendo progressivamente la qualità e la solidità costruttiva dell’impianto medievale a discapito delle parti ornamentali e degli stucchi barocchi, belli ma fragili, difficilmente riparabili

se non attraverso un loro esteso rifacimento. così facendo si viene a determinare una separazione tra i valori documentari intrinseci propri del bene, frutto di una sedimentazione storica e dell’autenticità dei materiali, e la qualità costruttiva. non si esita perciò a sostituire, in caso di necessità, modanature e cornici con materiale nuovo. D’altra parte s’interviene sugli apparecchi murari che al contrario s’intende preservare con tecnologie diverse da quelle messe in opera, purché efficaci ed idonee allo scopo. eloquente di questo modo di procedere fu la scelta di non compromettere l’architettura del preesistente campanile, insostituibile icona medievale nel panorama cittadino, nonostante l’elevata e riconosciuta pericolosità della struttura, andando a provvedere al dissesto con azioni localizzate di messa in sicurezza, con azioni sicuramente meno radicali di certe risoluzioni ingegneristiche che ipotizzavano per l’eliminazione del rischio la riduzione in altezza del fusto con drastica eliminazione di parti ornamentali. non si tratta quindi, come potrebbe sembrare, di contraddizioni nel modo di procedere e congegnare l’intervento di restauro, quanto piuttosto di una forma di rispetto volta a privilegiare l’aspetto conservativo nella riabilitazione dell’edificio danneggiato. Si avvia un processo selettivo nei confronti dell’architettura del passato e allo stesso tempo di lettura del monumento storico che produrrà nel corso degli anni, almeno fino alla metà del secolo scorso, drammatiche sottrazioni di elementi architettonici e decorativi d’interesse, dotati di un’indiscutibile valenza storico artistica. Il restauro stilistico e di liberazione della prima metà del ‘900, oramai anacronistico rispetto al suo tempo,

Fig. 48 muro sinistro del presbiterio dove era situato l’organo prima che fos- se costruito quello in controfacciata. aVS, Filza 97, VIII

sarà in qualche modo figlio di questo iniziale atteggiamento di ripristino dell’antico iniziato con questi primi interventi attuati nel duomo di Sansepolcro. In ogni modo si può ancora pensare, se consideriamo questi restauri post-sismici della cattedrale biturgense, di trovarsi di fronte ad un’applicazione misurata, sostanzialmente al servizio di una riparazione piuttosto che di un mero rifacimento. l’anamnesi, pur orientata e selettiva, del monumento non aveva ancora assunto i caratteri estremi del ripristino stilistico, anticipando piuttosto i principi di un pensiero teorico che s’imporrà circa un secolo più tardi come base disciplinare del restauro moderno da intendersi in chiave di restauro filologico. Vale comunque il principio che si restaura, quindi si conserva, esclusivamente quello che si riconosce come valore da salvaguardare e che semmai ha la consistenza e la qualità costruttiva della perfetta regola dell’arte iniziata dai monaci benedettini dell’abbazia. Il terremoto, facendo cadere a terra le parti deboli o difettose della fabbrica e degli apparati decorativi, generava quindi indirettamente l’occasione per un’accelerazione del processo di revisione critica rispetto ad un appropriato metodo di lavoro e ad una scelta di gusto da rapportare alla stagione culturale caratterizzante il momento storico.

Questo processo di rivisitazione critica del manufatto architettonico conobbe però alcune pause e non poche deviazioni. Si fa riferimento ai restauri condotti poco oltre la metà del XIX secolo, improntati al mero formalismo stilistico intorno al modello classico neo rinascimentale e promossi all’insegna di un funzionalismo di basso profilo, asservito ad una visione culturale piuttosto miope e inutilmente costosa, richiedendo spese per lo più velleitarie in ragione della scarsezza delle risorse economiche disponibili. emblematica, nel 1858, fu la vendita alla national Gallery della tavola con Il Battesimo di Cristo di piero della Francesca, proprio mentre

ad arezzo, dopo i restauri condotti da Gaetano Bianchi sul ciclo della Vera croce si avviava la riscoperta della straordinaria opera pittorica del sommo artista del Borgo.

a quel tempo, problemi di umidità di risalita e di tenuta delle coperture, congiunti al desiderio di sostituire gli undici altari ritenuti poco decorosi per commissionarne di nuovi, nonché di promuovere altre opere di abbellimento degli interni, fecero elevare talmente i costi che si decise di sacrificare il capolavoro pierfrancescano, dissimulando quell’incauto provvedimento come un buon affare a causa di un paventato repentino decadimento della pellicola pittorica. Tuttavia fu ancora una volta il susseguirsi dei terremoti del 1917 e del 1919 a rinnovare, questa volta in modo radicale, l’esigenza di un completo restauro della cattedrale, confermando la tendenza alla sostituzione degli elementi barocchi con il ritorno alla purezza ed austerità del palinsesto medievale e rendendo ancor più stringente il rapporto di causa-effetto rispetto alla riparazione del danno sismico propedeutico al rifacimento stilistico che sarebbe stato posto alla base dei grandi interventi restaurativi che avrebbero interessato il monumento lungo un arco temporale di oltre un ventennio. al crollo del timpano in facciata e al parziale cedimento delle due arcate della navata centrale, fece da corollario il dissesto generalizzato degli stucchi e degli orpelli barocchi che cadendo lasciarono scoperte in

Fig. 49 ritrovamento dell’antico pa- ramento murario del campanile. aVS, Filza 97, VIII

qualche porzione parietale le antiche membrature romaniche. la riscoperta di quelle residuali testimonianze rese a tutti evidente, in un clima enfatizzato di riscoperta delle origini, quella che sembrava essere una palese e ritrovata gerarchia dei valori. Grazie al terremoto si liberava il Duomo da tutte le aggiunte spurie, poco importando se tra le opere che si andava a smantellare ci fossero autentici capolavori d’arte e preziosi reperti dell’età di mezzo, frutto della grande tradizione manierista dell’alto artigianato locale. Quel che non aveva messo in luce il terremoto dell’aprile del 1917, lo evidenziò quello del settembre 1919. Fu da quel momento un susseguirsi di interventi, alternando a quelli puramente strutturali, come la messa in opera delle catenarie e della cerchiatura che interessò ancora una volta il campanile della chiesa, un restauro architettonico di più ampio respiro, protrattosi nel tempo e in gran parte procrastinato per ben tre lustri. nel primo caso si annoverano l’inserimento delle catene a livello della cella campanaria e il rifacimento in sostituzione di alcuni elementi lapidei sagomati che erano andati perduti, che ha restituito alla città il senso di una testimonianza architettonica che altrimenti sarebbe andata perduta; per il secondo aspetto, attraverso le abili mani dell’arch. castellucci e la risolutiva spinta del comitato civico pro-restauri dell’ing. Buitoni, si apriva la fertile stagione dei rifacimenti stilistici. nel saggio che precede sono rappresentate le lavorazioni messe in atto tra il 1934 e il 1943, tra scoperte di reperti autentici e falsi storici e con esse gli artefici di quei progetti e delle opere relative: dalla ricostruzione stilistica dell’occhio di facciata, al rifacimento non meno falso del coronamento delle navate laterali, dalla ricomposizione arbitraria della facciata alla conduzione ex novo dell’abside circolare, ed altri. Questi interventi di restauro, certamente condotti con passione e cognizione di causa, pur figli dell’emotività del dopo terremoto, rappresentano un caso speciale, anche se non unico, nel panorama delle ricostruzioni post-sismiche, tanto che ebbero autorevoli recensori ed estimatori come il prof. mario Salmi che, come ricorda angelo Tafi63, plaudì ai restauri e scrisse nel 1945: «Il Duomo si è liberato

del mantello settecentesco e delle sagomature aggiunte secondo un stile pseudo-rinascimentale nel 1859». come dire che certi restauri come i terremoti tutto rinnovano.

63 TaFI 1994, p. 204.

Fig. 50 la nicchia costruita dall’Ing. Gabrielli, che ha ospitato il Volto Santo

fino agli anni ottanta del novecento. In alto è ancora visibile l’occhio cir- colare. aGSar, m 34, 6, Sansepolcro, cattedrale

Fig. 51 chiusura della nicchia e crea- zione della parete in cartongesso alla quale oggi è addossato il Volto Santo.

Fotografia scattata durante gli inter- venti degli anni ottanta. aGSar, m 34, 6, Sansepolcro, cattedrale

la cattedrale di Sansepolcro nel Quattrocento: altari, patronati,