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Analisi di contesto del mercato bancario: verso nuovi paradigmi nei sistemi di pianificazione e controllo delle variabili chiave

MONITORAGGIO E LETTURA INTEGRATA DEI RISULTATI VERSO LA CUSTOMER SATISFACTION

3.1 Analisi di contesto del mercato bancario: verso nuovi paradigmi nei sistemi di pianificazione e controllo delle variabili chiave

Per poter comprendere la portata degli argomenti contenuti in questo capitolo occorre fare un breve focus sulle previsioni dei principali aggregati a livello macroeconomico e sugli aggregati patrimoniali ed economici del settore bancario con un breve focus sugli scenari del sud Italia e della Campania117.

La prosecuzione della ripresa ciclica conferma la divaricazione nei ritmi di crescita tra le economie emergenti e quelle avanzate, cui si è aggiunta la contrapposizione, all’interno dell’area euro, tra l’andamento della Germania e quello degli altri paesi europei. Anche le politiche monetarie tendono a disallinearsi: gli USA e il Giappone attueranno politiche tese all’allargamento della base monetaria; mentre, al contrario, in Europa e nei paesi emergenti sono previste politiche monetarie meno espansive.

In Italia il ritmo della ripresa è stato inferiore alla media dell’area euro e soprattutto della Germania. La ripresa si ritiene possa continuare a ritmi ancora più contenuti nei prossimi trimestri, rallentata, in particolare:

- dall’apprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro; - dall’elevato debito pubblico;

- dalla elevata capacità inutilizzata dell’attività edilizia;

- dall’elevato tasso di disoccupazione (in particolare giovanile).

Quanto innanzi porterà il nostro paese a confermarsi quale realtà con la crescita più bassa dell’UEM; difatti, analizzando la crescita del PIL italiano, è previsto un incremento inferiore rispetto alla media europea, ed in particolare pari all’1,1% nel 2012 e all’1,4% nel 2013. Al termine

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dell’orizzonte di previsione, l’economia italiana non dovrebbe evidenziare crescite del Pil sui livelli precedenti la crisi.

Gli scenari macroeconomici influenzano inevitabilmente gli andamenti della raccolta e della concessione del credito e dunque l’operatività delle banche italiane.

Quanto alla raccolta è prevista mantenersi su livelli piuttosto contenuti fino al 2013. In particolare la componente a vista/breve termine (soprattutto i conti correnti) dovrebbero evidenziare ritmi di crescita modesti (anche in relazione alle attese di ripresa dei tassi); al contrario le obbligazioni dovrebbero invece evidenziare crescite relativamente più vivaci.

Il tasso complessivo su depositi, che a metà 2010 si attestava attorno allo 0,6%, dovrebbe crescere nel prossimo triennio, assumendo un valore medio dell’1,3% a fine triennio. Il tasso sui conti correnti passivi, pari allo 0,3% nel 2010, dovrebbe ragguagliarsi ad uno 0,8% medio nel corso del prossimo triennio; così come il tasso sulle obbligazioni, pari ad un 2,7% medio nel 2010, dovrebbe raggiungere un valore medio del 3,2% nel prossimo triennio. La crisi finanziaria ha limitato e continuerà a limitare l’evoluzione del margine di interesse. In particolare, anche con riferimento al 2011 si prevede ancora una contribuzione negativa dei margini sulla raccolta, e solo nell’ultimo biennio di previsione tale margine tornerà positivo, riducendo la forbice rispetto alla contribuzione degli impieghi. Rimarrà negativo, per tutto il periodo di previsione, il margine di contribuzione della componente obbligazionaria. Con riferimento agli andamenti della raccolta nel Sud Italia si prevede un incremento dei depositi del 3,8% al 2011 e del 4,5% al 2012, con un trend di crescita simile per tutte le regioni, trainato soprattutto dalle famiglie consumatrici. In Campania i depositi, dopo la forte riduzione di crescita registratasi tra il 2009 e il 2010, continueranno a crescere ad un ritmo poco sostenuto e in linea con la media nazionale (+4%).

Venendo al tema del credito la perdurante incertezza relativa alla ripresa economica comporterà una modesta evoluzione, sia in Italia che nell’area euro. La profondità della crisi economica e la lenta ripresa portano a delineare uno scenario caratterizzato da un ulteriore peggioramento della qualità degli attivi delle banche. Lo scenario sulla concessione del credito per il prossimo triennio sarà influenzato da una serie di fattori, tra cui:

a) l’aumento della percezione del rischio, che provocherà l’applicazione da parte degli operatori di condizioni di pricing maggiormente restrittive, in particolare alle imprese; b) la graduale introduzione delle nuove regole di vigilanza (c.d. Basilea 3), che porterà gli

intermediari ad una maggiore razionalizzazione nella concessione del credito118;

c) le nuove esigenze di liquidità porteranno il portafoglio titoli ad avere sempre maggiore incidenza sull’attivo delle banche.

Alla luce di queste considerazioni per il 2011 si prevede una crescita degli impieghi pari al 4,7%, mentre è stimata al 4,8% per il 2012. Con riferimento all’ultimo anno di previsione (2013), si prevede una crescita degli impieghi pari al 4,5%. Nel 2011 si prevede inoltre una crescita delle sofferenze sugli impieghi superiore al 25%. Nel biennio successivo, a fronte di un ulteriore incremento degli impieghi, si prevede una crescita meno sostenuta delle sofferenze, che dovrebbero incrementarsi di circa il 10% nell’anno 2013. Con riferimento allo scenario del Sud Italia per gli impieghi si prevede in particolare un incremento del 4,2% al 2011 e del 4,4% al 2012, con un trend di crescita simile per tutte le regioni della macroarea119. Per la Campania si dovrebbe riscontrare una graduale crescita degli impieghi, grazie soprattutto alla componente famiglie e società non finanziarie. Il tasso medio annuo di crescita sarà pari al 4,2%, in linea con l’evoluzione dell’Area Sud, e leggermente superiore alla stima di crescita a livello nazionale.

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Il processo di revisione della regolamentazione prudenziale, nonostante il lungo periodo di transizione verso le nuove regole, richiederà un rafforzamento della dotazione di risorse patrimoniali. In particolare, le nuove esigenze in termini di liquidità, di contenimento dell’indebitamento e di maggiore qualità del credito porteranno gli istituti finanziari a modificare la propria offerta.

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In particolare leggermente inferiore alla media dovrebbe essere la performance del Molise e dell’Abruzzo, mentre più vivace sotto questo punto di vista dovrebbe essere la Puglia.

Conclusa la disamina sugli scenari che si prospettano per il settore bancario occorre ricordare che il settore in parola è un settore sempre più competitivo. Le banche sono continuamente alla ricerca di nuovi equilibri, sono impegnate in business sempre nuovi e si ritrovano spesso a fronteggiare “crisi organizzative” connesse a nuove dimensioni aziendali raggiunte120. Su questa scia le funzioni di pianificazione e controllo richiedono di essere riviste e soprattutto che si possa, attraverso di essere, rilevare in tempi utili gli scostamenti dalla rotta prefissata.

Il controllo di gestione è il mezzo attraverso il quale i manager si accertano che la gestione si stia svolgendo in condizioni di efficienza ed efficacia tali da garantire il raggiungimento degli obiettivi aziendali stabiliti in sede di pianificazione strategica121. La pianificazione è il processo attraverso il quale si formulano e si valutano gli obiettivi aziendali e si predispongono le risorse e i mezzi per raggiungerli122. Attraverso la “pianificazione” l’Alta Direzione:

- individua le condizioni ambientali, interne ed esterne, che condizioneranno il futuro svolgimento dell’attività d’impresa;

- definisce gli obiettivi che, in funzione dei limiti ambientali individuati, si ritengono realisticamente realizzabili;

- indirizza l’attività operativa dell’azienda per il raggiungimento dei suddetti obiettivi123. Naturalmente tutto ciò presuppone un insieme di attività necessarie che si riferiscono alla valutazione delle prestazioni passate e alla previsione degli eventi futuri per i quali occorre disporre di specifici strumenti integrati con l’attività di controllo124.

La pianificazione si connette strettamente all’attività di controllo, senza la quale la direzione dell’impresa non potrebbe provvedere ad “accertare entro quali limiti le operazioni compiute abbiano realizzato le direttive tracciate nei piani, per identificare i fatti che siano stati causa di differenza, correggerli e valersi della loro conoscenza per la migliore enunciazione di nuovi piani e la revisione di quelli esistenti”125. Tradizionalmente il controllo è un’attività ispettiva o di verifica della conformità dei comportamenti adottati, nonché delle prestazioni fornite rispetto alle prescrizioni codificate nei piani126. Il controllo si colloca nel tratto finale del processo logico che caratterizza l’attività direzionale e consente una comparazione dei risultati ottenuti con gli standard, dunque la evidenziazione degli scostamenti, quest’ultima propedeutica all’indagine sulle cause di deviazione dagli obiettivi e allo sviluppo dell’azione correttiva127. L’essenza dell’attività di controllo si rinviene quindi nella trasformazione dei piani operativi in comportamenti e attività standardizzabili, fatte di misurazioni, osservazioni, azioni correttive che rendono possibile il

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Nel periodo compreso tra il 1991 e il 2006 sono state realizzate oltre 500 operazioni di fusione ed acquisizione che hanno significativamente ridotto il numero di banche che operano sul territorio nazionale. In questo contesto la posizione più delicata è quella delle banche locali, oggetto di questo studio e del lavoro empirico presentato nei prossimi capitoli, per almeno due ordini di motivi. Da un lato vi è la necessità di continuare a dare giustificazione operativa e funzionale alla propria dimensione, conservando il ruolo di propulsori delle economie locali, dall’altro vi sono gli obblighi stringenti di Basilea che comportano la definizione di criteri più adeguati per il presidio dei rischi. Cfr. ANOLLI M., PETRELLA G. (2007), Banche locali e banche globali: la partita è tutta da giocare, in Vita e Pensiero, n. 5.

121

Cfr. BRUSA L. (2000), Sistemi manageriali di programmazione e controllo, Milano, Giuffrè Editore, p. 2. Si ricorda che efficienza ed efficacia rappresentano rispettivamente l’attitudine dell’azienda ad ottimizzare la quantità di risorse necessarie per ottenere un determinato volume di output e l’attitudine ad ottimizzare i risultati rispetto agli obiettivi prestabiliti.

122

Cfr. TERZANI S. (1999), Lineamenti di pianificazione e controllo, Padova, Cedam, p. 6.

123

Cfr. MARCHINI I. (1988), La contabilità preventiva di esercizio e la contabilità dei costi nell'impresa industriale, Giappichelli, Torino.

124

Cfr. CIAMBOTTI M. (2005), Governo strategico d'impresa. Teoria, modelli e sistemi di pianificazione, Torino, Giappichelli.

125

Cfr. MARCHINI I. (1988), op. cit., Torino, Giappichelli.

126

Sul concetto di controllo-verifica, come sistema di azioni rivolte a misurare e correggere l’opera dei subordinati al fine di assicurare che gli obiettivi aziendali (impliciti ed espliciti) vengano conseguiti e i piani formulati per realizzarli siano attuati si veda ZANDA G. (1968), La funzione direzionale del controllo, Cagliari, STEF. L’Autore cita nell’opera anche gli autori della scuola anglosassone dei “principi di direzione”.

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conseguimento degli obiettivi prefissati e contestualmente forniscono uno stimolo e un’occasione di apprendimento per la pianificazione successiva. In tal senso, il controllo completa e riattiva sempre il processo direzionale, determinandone la circolarità.

Chiaramente un sistema di controllo basa la sua efficacia sulla comparabilità dei dati (consuntivi o prospettici) di cui dispone, i quali, pertanto, debbono essere espressi necessariamente in termini quantitativi (fisici o monetari), da sintetizzare ex-ante o ex-post nel bilancio d’esercizio in termini di reddito o di capitale. Da ciò consegue la indubbia centralità dei processi di rilevazione contabile, per la loro attitudine alla produzione dei flussi informativi basilari per l’attività direzionale.

Tuttavia la crescente complessità dell’attività direzionale oggi determina fabbisogni informativi del tutto nuovi, che hanno portato nel tempo ad un processo di evoluzione ed arricchimento degli strumenti informativi e di rilevazione, in grado di fornire risposte a nuove esigenze.

I sistemi tradizionali di programmazione e controllo mostrano oggi tutta la loro inadeguatezza a fronte di sfide sempre più impegnative imposte dal mercato. La prosperità di un istituto bancario non può prescindere innanzitutto dalla creazione di valore per tutti coloro che, a diverso titolo, possono essere definiti “portatori di interesse” (stakeholder), valore che in nessun modo è preso in considerazione dai sistemi di reporting tradizionali.

L’era dell’IT, del mercato evoluto, della concorrenza implacabile e della clientela sempre più esigente ha portato a studiare sistemi di controllo e di valutazione delle performance sempre più complessi ed articolati anche nel settore bancario. Il controllo di gestione non può più basarsi su indicatori ritardati, o di risultato, ma necessita di misure prospettiche, o di tendenza. Inoltre la valutazione delle performance non può più avvenire solo con indicatori quantitativi, economico – finanziari, ma anche qualitativi come la soddisfazione della clientela o la responsabilizzazione dei dipendenti.

I sistemi di controllo di gestione devono essere costruiti su misura della singola organizzazione per facilitarne la comprensione e per permettere processi di delega a tutti i livelli dell’impresa bancaria. I nuovi strumenti di programmazione e controllo prendono il nome di sistemi di reporting direzionale. “Sistemi” perché identificano non soltanto la struttura dei prospetti, ma anche la fase dinamica dei processi di raccolta e di comunicazione delle informazioni che vengono indirizzate ai soggetti interessati. “Direzionali” perché sono utili non solo ai responsabili operativi per identificare l’utilizzo efficace ed efficiente delle risorse, ma anche all’alta direzione che ne può verificare l’adeguatezza delle strategie. Infine i sistemi di reporting possono presentare fasi strutturate e/o destrutturate. Ad insiemi di regole ed elaborazioni ampiamente automatizzate (fasi strutturate) si affiancano processi più fluidi basati sulla discussione, sulla comunicazione e sulla condivisione di idee (fasi destrutturate). Mentre le prime sono caratterizzate da precisione, le seconde si contraddistinguono per un elevato grado di creatività con un continuo stimolo all’innovazione, all’apprendimento e al supporto allo sviluppo delle strategie. Due esempi di reporting a fasi destrutturate sono i Tableaux de Bord e le Balanced Scorecard, definibili come sistemi integrati per la misurazione delle performance. Questi strumenti, che rappresentano l’innovazione maggiore all’interno dei sistemi di controllo delle performance, hanno il grande pregio di considerare variabili nuove e diverse da quelle economico-finanziarie di risultato. La svolta è quella di monitorare la creazione di valore non soltanto per gli azionisti, ma per tutti i portatori di interesse attraverso un modello in grado di valutare aspetti quali la qualità dei prodotti, la customer satisfaction, le competenze del personale, il grado di innovatività di processo e di prodotto, l’inserimento nella comunità locale.

Il percorso verso nuovi modelli per il controllo di gestione (e il supporto della pianificazione) è un percorso complesso, che coinvolge diversi aspetti, per ciascuno dei quali si sviluppano e si sperimentano oggi nuovi strumenti da affiancare a quelli più tradizionali. Oltre ai sistemi integrati per la misurazione delle performance occorre menzionare difatti anche altre innovazioni.

Sotto il profilo della misurazione della performance finanziaria le banche stanno adottando nuovi parametri quali le misure di redditività corrette per il governo del rischio (Rapm, Risk

Economic Value Added) da affiancare alle più diffuse misurazioni di carattere commerciale

(volume, portafoglio prodotti) o di redditività parziale (margine di contribuzione, margine di intermediazione, margini di interesse).

Sul fronte dei costi operativi si stanno diffondendo le tecniche di Activity Based Costing e

Activity Based Management per disporre di dati più attendibili derivanti dall’analisi delle attività

come già da tempo insegnano le imprese industriali.

Sotto il profilo della misurazione della redditività del cliente gli attuali sistemi di pianificazione e controllo stanno iniziando ad integrarsi con misurazioni relative al Customer Life Time Value, alla misurazione del valore della relazione e del rischio di passaggio alla concorrenza.

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