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MONITORAGGIO E LETTURA INTEGRATA DEI RISULTATI VERSO LA CUSTOMER SATISFACTION

MISURE DIRETTE

Determinanti di risultato o driver di risultato

- interviste alla clientela da parte del personale di

contatto;

- scheda di commento dei clienti; - indagini di customer satisfaction

Fonte: LEONI G., RAIMONDI M. (1993), Un metodo per la misurazione della customer satisfaction, in AA.VV., Customer Satisfaction. Misurare e gestire la soddisfazione del cliente,

Torino, Isedi

Partiamo dalle tecniche di misurazione indiretta che possono trovare applicazione nelle imprese bancarie opportunamente organizzate per produrre i dati necessari ad alimentare la misurazione.

Dal punto di vista dell’azienda rispetto ai propri clienti ciò che interessa è indubbiamente la redditività del cliente ed il rischio connesso all’eventualità di perdere il cliente stesso (perdita di valore generato). La redditività del cliente tuttavia è anche espressiva del livello di soddisfazione della clientela. Tale redditività è strettamente collegata alla durata della relazione con il cliente. I flussi di redditività annua del cliente crescono con il tempo (più cresce la durata della relazione e più il cliente è redditizio). Questa osservazione ci porta a concludere che se in un anno il numero di clienti persi pareggia il numero di clienti acquisiti ciò si tradurrebbe comunque in una perdita di redditività. Pertanto una condizione imprescindibile sarebbe quella di acquisire più clienti di quelli che vengono persi154. Per questa ragione un primo indicatore utile è rappresentato dal numero di

nuovi clienti, che segnala la capacità di espansione della banca dovuta a politiche di sviluppo.

Chiaramente il miglioramento di questo dato può dipendere da politiche di vendita particolarmente aggressive: in tal caso le relazioni con la banca potrebbero avere breve durata e dunque tradursi in un guadagno soltanto a breve termine. Per monitorare questo tipo di fenomeno una variabile chiave è la durata della relazione che in media, se regolarmente monitorata, può aiutarci a “prevedere” gli effetti di un suo “accorciamento” o “allungamento” sulla redditività complessiva. La durata media della relazione può essere calcolata ricorrendo ad un semplice indicatore denominato come

Longevità Media Prospettica (LMP):

154

Nel settore bancario è chiaro che bisogna anche valutare la “qualità” del cliente acquisito in termini di regolarità e correttezza del rapporto intrattenuto con la banca.

CRR LMP   1 1 (1)

Dove CRR (Customer Retention Rate) è a sua volta un indicatore che indica la capacità dell’azienda di trattenere i propri clienti ed è anche denominato come tasso di fedeltà della clientela. Esso è il complemento ad uno del tasso di perdita della clientela ed è stimato come rapporto del numero di clienti che esistevano all’inizio dell’intervallo di tempo considerato (l’anno solitamente) e che al termine di tale intervallo sono ancora presenti in portafoglio rispetto al numero iniziale di clienti:

100 * 0 1 t t I C NC C CRR   (2) dove : 1 t

C = numero di clienti in portafoglio al termine dell’intervallo temporale considerato ( t0 – t1);

0

t

C = numero di clienti in portafoglio all’inizio dell’intervallo temporale considerato (t0 – t1);

NC = numero di nuovi clienti acquisiti nel periodo

In sostanza questo indicatore rapporta il numero di clienti iniziali che sono ancora presenti a fine periodo ed il numero di clienti iniziali ed è un numero espresso in percentuale. Lo stesso indicatore di ritenzione del cliente può essere calcolato in una versione che include anche il comportamento dei nuovi clienti acquisiti nel periodo considerato:

100 * 0 1 NC C C CRR t t II   (3)

Il CRR rappresenta, nelle due versioni appena esposte, il complemento ad 1 del tasso di perdita

della clientela (TPC): 100 * 0 t I C CP TPC  (4) 100 * 0 NC C CP TPC t II   (5)

Dove CP indica il numero di clienti persi nel periodo.

Gli indicatori sin qui visti sono segnalatori della fedeltà della clientela e della sua propensione a proseguire la relazione ripetendo l’acquisto. Tuttavia sono indicatori parziali poiché esprimono se la banca sta mantenendo i propri clienti ma non ci dicono nulla in merito alle motivazioni.

Un supporto in questo senso può venirci dal ricorso alle misure di risultato di tipo commerciale. Ad esempio l’indicatore di cross selling può aiutare ad interpretare il comportamento di acquisto andando ad indagare la vendita di nuovi prodotti a clienti esistenti che solitamente

accedono già ad un prodotto base o tradizionale155. Un cliente insoddisfatto può incontrare difficoltà ad interrompere i rapporti con la banca e possiamo comprendere la sua insoddisfazione anche verificando l’assenza di propensione ad acquistare nuovi prodotti e servizi. Anche il ricorso all’analisi di cross selling va però effettuato con i dovuti accorgimenti. L’ampliamento della base prodotti acquistata dal cliente potrebbe anche derivare da politiche commerciali particolarmente aggressive oppure da assenza di concorrenza o da errori di percezione da parte del cliente sulla qualità del prodotto. Un indicatore che può introdurre una correzione in questo senso è l’indicatore

di variazione dei volumi venduti al cliente con riferimento ad un prodotto tradizionale: l’incremento

nell’utilizzo da parte del cliente di un prodotto che già conosce indica verosimilmente che egli ha una percezione positiva della qualità del prodotto.

Per cogliere la soddisfazione del cliente si può anche ricorrere alla verifica del numero di

errori, che è un parametro di qualità oggettiva dato dall’indice di difettosità dei prodotti/servizi

offerti che indirettamente stima la soddisfazione del cliente. Accanto a questo parametro si possono utilizzare indicatori della qualità del servizio relativi a specifici servizi quali il numero di giorni di

attesa per la concessione del fido ed il tempo di attesa allo sportello156.

Anche il numero di reclami (in assoluto o in percentuale rispetto al numero di clienti) segnala il grado di soddisfazione/insoddisfazione della clientela. Ma anche qui il legame è di natura incerta poiché un cliente insoddisfatto che intende uscire dalla relazione con la banca spesso non ha alcun interesse a proporre un reclamo. Al contrario è possibile che un reclamo non rappresenti un sintomo di generale insoddisfazione rispetto al servizio reso dalla banca.

Altro possibile strumento indiretto cui ricorrere è l’autovalutazione del personale interno che prevede un sondaggio sulla soddisfazione del cliente attraverso la percezione che ne ha il dipendente. Anche qui l’attendibilità è dubbia poiché il personale può manipolare le risposte per fornire una migliore rappresentazione del servizio reso.

Infine una tecnica innovativa è quella del mistery shopping: un incaricato di una società esterna si presenta in incognito presso la filiale di una banca simulando un rapporto di acquisto. In tal modo si arriva a valutare la qualità delle componenti soggettive, emozionali ed intangibili del sistema di erogazione del servizio. Chiaramente questa tecnica si adatta bene nei casi di servizi con intensa relazione con il personale di contatto e dunque è utile anche nel caso degli istituti di credito.

Veniamo adesso alle misurazioni indirette di soddisfazione che coinvolgono la redditività del cliente. Le tradizionali tecniche di monitoraggio della redditività utilizzano semplici rilevazioni contabili che riguardano il margine di interesse o l’utile da commissioni. Tuttavia ai fini di una analisi sulla soddisfazione del cliente è utile monitorare la perdita di valore prodotta dalla perdita di clienti (a sua volta determinata appunto da insoddisfazione). A questo scopo è stato creato un interessante indicatore denominato Valore a Rischio Competitivo (VRC), in grado di calcolare l’entità di valore che l’azienda rischia di perdere per effetto dell’insoddisfazione di gruppi di clienti157: i i i i R MC N VRC  * * Dove:

Ri = percentuale di clienti del segmento i-esimo a rischio abbandono (in sostanza è la probabilità di perdere i clienti del gruppo i connessa ad un certo livello di insoddisfazione raggiunta);

MCi = Margine di Contribuzione medio dei clienti appartenenti al segmento i-esimo;

Ni = numero di clienti appartenenti al segmento i-esimo.

155

Ad esempio il conto corrente o il deposito a risparmio possono definirsi prodotti tradizionali ed il cross selling può crescere se ad essi si associano altri prodotti o servizi (es. bancomat, carta di credito, carta prepagata, servizio rid, domiciliazione delle utenze, telepass, internet banking, cassette di sicurezza, dossier titoli, mutuo, credito al consumo, apertura di credito, ecc.).

156

Cfr. AUBREY C. A. (1991), La qualità globale nei servizi finanziari, Milano, Itaca, pp. 60-61.

157

Si può inoltre osservare che gli attuali sistemi contabili ignorano il fenomeno del potenziale di crescita nel tempo, dato dal valore scontato dei flussi di reddito futuri previsti. Questo tipo di calcolo, che è decisamente più complesso, è denominato come Life Time Value (LTV) e rappresenta la valutazione del valore economico del capitale cliente nel suo complesso in un determinato periodo di tempo. In sostanza misura i profitti futuri di un gruppo di clienti, a partire dal loro comportamento d'acquisto158.

Una formulazione del Life Time Value è la seguente159:

     T t it it it t i d F S LTV 0 ) 1 ( dove

LTVi = Life Time Value del consumatore i;

t = periodo di tempo;

T = intero periodo di tempo preso in considerazione;

d = tasso di sconto, che ci consente di sapere quanto ogni euro guadagnato al tempo t vale allo stato

attuale;

Fit = frequenza di acquisto che si aspetta dal consumatore i al tempo t;

Sit = share of wallet del consumatore i per un prodotto/servizio al tempo t; è la potenzialità di spesa del cliente nel settore specifico rapportata alle medie di mercato, ovvero la valutazione della percentuale di guadagni del consumatore i al tempo t;

it contribuzione media dell’acquisto dell’individuo i al tempo t.

Reichheld160 ritiene che il LTV sia un indicatore fondamentale in quanto consente di sapere quanto un cliente fa guadagnare all’azienda nel corso della vita media della relazione: se tale guadagno fosse più elevato del profitto che l’azienda ricaverebbe dalla prima vendita, ciò potrebbe consentire di valutare una possibile rinuncia al guadagno (o addirittura la perdita) sull’acquisto iniziale pur di acquisire il cliente, in quanto in media il denaro non guadagnato oggi potrà essere recuperato successivamente. Il Lifetime Value (anche detto Customer Life Time Value) costituisce in sostanza un elemento importante per orientare le banche verso la costruzione di un rapporto duraturo con la clientela. Esso consente di valutare la profittabilità potenziale di un cliente ancora non presente nel portafoglio prodotti sulla base di valutazioni soggettive in quanto non fa riferimento a dati storici sul comportamento effettivo di un dato cliente, ma è il frutto di valutazioni sul comportamento medio che può assumere un cliente appartenente ad un determinato segmento. L’analisi viene effettuata sui flussi attuali dei margini che il cliente potrà generare per la banca nel corso della sua vita economica. Il concetto è semplicissimo: un acquirente non vale per quanto ha appena comprato, ma per tutti i potenziali acquisti che potrà effettuare in futuro. Solo partendo da questo presupposto è possibile sfruttare al meglio tutto il flusso di affari generato dal cliente nel corso del tempo.

Per utilizzare in maniera opportuna il LTV il management bancario dovrebbe ricercare opportuni strumenti che consentano di individuare gruppi di clienti omogenei (segmenti di mercato) sui quali sviluppare specifiche soluzioni di offerta, ottimizzando il legame tra i vantaggi ricercati dal cliente ed i costi necessari alla banca per erogare i prodotti/servizi.

158

Per il calcolo è necessario ricorrere ad un sistema di Customer Relationship Management in grado di gestire l’enorme flusso di dati sul comportamento di acquisto dei diversi gruppi di clienti. Il LTV è il profitto che un gruppo di clienti porterà in un intervallo di tempo prestabilito, per cui rappresenta un modo per misurare quel “valore del cliente” che sta alla base di un programma di CRM e del moderno marketing.

159

Cfr. FINI M., GREGORI P. (2007), Metodi quantitativi di valutazione e monitoraggio dei rapporti con la clientela.

Strategie di Marketing e modelli di Customer Equity, Working Paper n. 39, ottobre, p. 5. Download da

http://www.economia.unimi.it/uploads/wp/FiniGregori-2007_39.pdf.

160

L’aspetto interessante ed importante del ricorso al Lifetime Value si lega anche al fatto che attraverso di esso l'allocazione delle risorse della banca può essere fatta sulla base di una realistica previsione della profittabilità del cliente nel tempo161. Di fatto, partendo dalla intuizione che clienti diversi generano un valore diverso per la banca, il LTV può consentire un riorientamento strategico e organizzativo per le attività di sviluppo commerciale (targeting e allocazione delle risorse di marketing), il cross-selling, le iniziative di retention (retention preventiva e mirata e analisi dei potenziali abbandoni) e la gestione della politiche di pricing e gestione del portafoglio prodotti162.

A questo punto restano da trattare le metodologie dirette per il calcolo del valore prodotto per il cliente. Queste metodologie sono “dirette” in quanto la misurazione avviene sulla base di indicazioni e dati forniti direttamente dal cliente. Su questa base le maggiori difficoltà sono quelle legate ad una raccolta corretta delle informazioni.

Un primo metodo diretto è costituito dalle interviste alla clientela effettuate dal personale di

contatto della banca. I dipendenti che lavorano direttamente con il cliente possono richiedere una

valutazione sul servizio ricevuto attraverso opportune domande. Il limite di questo metodo è legato al fatto che il cliente potrebbe sovrastimare le proprie valutazioni poiché deve fornire delle risposte a persone con le quali dovrà continuare ad intrattenere rapporti in futuro (in sostanza gli si chiede di giudicare proprio l’intervistatore e questo produce inevitabilmente una distorsione nella raccolta delle informazioni). Viceversa però può anche accadere che venga sottostimata la valutazione sulle condizioni praticate dalla banca nell’intento di spuntarne di migliori.

Altro metodo è quello della compilazione di una scheda di commento da parte del cliente una volta ricevuto il servizio. Questo strumento è abbastanza utile poiché è poco costoso e di rapido e semplice utilizzo per il cliente e consente di ottenere dei feed-back immediati sulla qualità del servizio erogato. L’inconveniente in questo caso è legato alla incompletezza dei dati raccolti e alla mancanza di sistematicità e rappresentatività sul piano statistico che non consente di inferire le informazioni dedotte al parco clienti.

Sul piano dell’inferenza statistica dei dati sono certamente più indicate le indagini sulla

customer satisfaction. Attraverso interviste personali, telefoniche o questionari postali è possibile

rilevare con sistematicità le informazioni da trattare ricorrendo a strumenti come la scala Likert, le scale basate sul differenziale semantico, le scale numeriche o le scale multi-attributo (SIMALTO)163.

Ma come vanno analizzati i dati rilevati sulla soddisfazione del cliente? Esistono due orientamenti di massima, che provo ad esemplificare soltanto ai fini della comprensione metodologica:

161

Jay Abraham, un noto esperto nel campo del marketing afferma: “Fino a quando non si identifica e non si conosce esattamente l’ammontare del profitto complessivo fornito da un determinato cliente, non è possibile sapere quanto tempo, quanto sforzo e, cosa più importante, quanto denaro è possibile investire per acquisire quel cliente”. Citazione da ABRAHAM J. (2000), Getting Everything You Can Out of All You've Got, St. Martin's Press.

162

Sul contributo dell’indicatore per lo sviluppo delle politiche di marketing delle banche si veda l’interessante contributo pubblicato da ABI (2005), Valutazione del Customer Lifetime Value e del potenziale commerciale del

cliente, Bancaria Editrice. Il testo propone a titolo esemplificativo anche i casi di Banca Mediolanum e Unicredit Banca. 163

Le scale Likert richiedono al rispondente di esprimere un giudizio di sintesi su più espressioni attraverso una gradualità di risposte che va da “molto d’accordo” a “molto in disaccordo”. Il giudizio qualitativo può essere sostituito anche da scale numeriche che assegnano un certo punteggio o ancora nel caso del differenziale semantico si può richiedere ai clienti di scegliere in che posizione si collocano fra due estremi opposti fra loro (es. poco importante/ molto importante, debole/forte, bello/brutto). Le scale multi-attributo infine richiedono al cliente di indicare il livello ideale, quello atteso e infine di definire il caso della prestazione del tutto inaccettabile. Sui temi delle tecniche di scaling e la trattazione delle relative problematiche si vedano, fra gli altri, HAYES B.E. (1998), Misurare la soddisfazione dei

clienti, Milano, Franco Angeli, pp. 189 e ss.; MARRADI A. (2007), Metodologia delle scienze sociali, Bologna, Il

Mulino, pp. 123 e ss.; MARRADI A., GASPERONI G. (2002), Costruire il dato 3. Le scale Likert, Milano, Franco Angeli; HILL N., BRIERLEY J., MACDOUGALL R. (1999), How to measure customer satisfaction, Gower.

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