• Non ci sono risultati.

feedback tattico e non strategico La maggior parte dei sistemi di controllo in uso oggi fornisce

Tavola 14 I Principi della Strategy-Focused Organization

IV) feedback tattico e non strategico La maggior parte dei sistemi di controllo in uso oggi fornisce

feedback relativi alla sola prestazione operativa ed alle misure finanziarie ad essa collegate. Quello che si analizza sono gli scostamenti tra i risultati finanziari e le aspettative a budget. Non viene dedicato tempo all’esame degli indicatori relativi alla esecuzione della strategia. Il risultato è la mancanza di un feedback relativo alla validità della strategia, alla sua efficacia ed alle modalità con cui viene attuata.

Attraverso opportuni strumenti è possibile superare queste barriere al raggiungimento degli obiettivi strategici: creare un allineamento nell’organizzazione costituisce un obiettivo importante, tale da determinare significativi risultati in ogni tipologia d’impresa. La Balanced Scorecard è uno degli strumenti migliori per creare allineamento come dimostrato da numerose ricerche74. Ma il vero problema è il modo di intendere l’allineamento. Esso va visto come un processo che è parte del ciclo di gestione annuale. Ogni volta che i piani vengono cambiati i dirigenti devono presumibilmente riallineare l’organizzazione con la nuova direzione. Il processo di allineamento inizia quando la direzione centrale elabora una proposta di valore d’impresa che crea sinergie tra

73

Si pensi che la rivista Fortune nel 1999 rilevava che il 70% degli insuccessi degli amministratori delegati di aziende statunitensi era da attribuirsi non ad una strategia sbagliata, ma proprio ad errori nel modo di perseguire gli obiettivi strategici prefissati.

74

più unità operative, unità di supporto e partner esterni. Ciò induce tre tipologie di allineamento in un processo integrato e simultaneo75:

- allineamento della direzione centrale d’impresa con le unità operative. Dopo che la direzione centrale ha elaborato la sua strategia e la proposta di valore, le singole unità operative sviluppano una piano a lungo termine e una BSC che aiuti a calibrare gli obiettivi specifici dell’unità operativa coerenti con la strategia complessiva;

- allineamento delle unità interne di supporto e di servizio. Anche le unità di supporto (es. risorse umane, IT, finanza, pianificazione) svilupperanno i loro piani a lungo termine e le BSC per supportare le strategie delle unità operative e la strategia complessiva;

- allineamento degli stakeholder. Un’impresa per ottenere migliori possibilità di allineamento può elaborare piani e schede valutative che definiscono la natura delle relazioni con il Consiglio d’Amministrazione, con i partner esterni, i clienti, i fornitori, le joint venture.

Il processo di allineamento deve essere ciclico e deve originarsi dall’alto verso il basso attraverso un monitoraggio costante degli obiettivi raggiunti. Ciò che consente questo monitoraggio nell’utilizzo delle BSC è il drill-down sul quale il sistema delle BSC è fondato76. Di fatto la struttura della BSC si articola su vari livelli e si basa sulla ricerca delle correlazioni gerarchiche fra gli obiettivi a livello strategico e gli obiettivi a livello operativo. Una delle funzionalità più importanti da implementare in una BSC è la possibilità di rendere il modello in grado di esplicitare i legami e le dipendenze fra i vali livelli sui quali esso si articola. Tecnicamente è possibile distinguere almeno due tipologie di drill-down nelle strutture di BSC:

1) drill down di tipo logico: si tratta di una relazione non algoritmica fra due elementi come la relazione che si può definire fra un obiettivo di tipo strategico (es. incremento della quota di mercato) ed un obiettivo correlato di carattere operativo (es. rivisitazione dei canali di vendita verso il commercio elettronico);

2) drill down di tipo fisico: si tratta di una relazione di tipo algoritmico fra due variabili. Un obiettivo operativo di efficienza (es. riduzione dell’incidenza dei costi di manutenzione di uno stabilimento), può essere messo in relazione algoritmica con una serie di altre variabili obiettivo (es. tempo medio di riparazione di un guasto, tasso di guasto degli impianti).

In sostanza la qualità di una BSC cresce in relazione alla capacità del modello di esplicitare tutte le relazioni, algoritmiche e/o logiche tra:

- i livelli, attraverso la correlazione fra fattori critici di successo ad un certo livello e gli obiettivi al livello immediatamente inferiore;

- le variabili critiche, attraverso la ricerca delle relazioni causa-effetto.

Tali relazioni fondano il modello BSC, che rappresenta la soluzione per avviare un programma di management in grado di produrre l’allineamento strategico e il cambiamento all’interno delle organizzazioni.

1.8 Il monitoraggio della creazione di conoscenza e l’apprendimento strategico: una sfida possibile

Abbiamo già avuto modo di soffermarci su alcuni aspetti che formano oggetto di questo paragrafo, tuttavia sembra opportuno sottolineare come la sfida di monitorare il processo di apprendimento strategico e di creazione di conoscenza all’interno delle organizzazione sembra possibile grazie all’adozione delle BSC.

75

La sequenza è ben dettagliata in KAPLAN R.S., NORTON D.P. (2006), cit., trad. it. p. 13 e ss. Ad ogni modo l’intera trattazione si svolge sul tema dell’allineamento approfondendo, anche attraverso casi pratici, tutte le criticità del processo di allineamento strategico.

76

Cfr. DE MARCO M., SALVO V., LANZANI W. (1999), Balanced Scorecard: dalla teoria alla pratica, Milano, Franco Angeli, p. 61 e ss.

La conoscenza, come è noto, non è soltanto quella esplicitata dai numeri, dai dati e dalle informazioni più o meno codificate che l’impresa è in grado di incamerare all’interno del proprio sistema informativo. La conoscenza è anche quella tacita, o implicita, posseduta dai soggetti di esperienza che possono più o meno trasmetterla all’interno dell’organizzazione lasciando che essa circoli liberamente77.

Nelle economie occidentali l’accento è spesso posto sulle conoscenze esplicite, sulla misurazione e gestione della conoscenza esistente e la restrizione delle iniziative di Knowledge

Management a pochi individui selezionati78. Questa impostazione accentua la visione delle organizzazioni come mere macchine per l’elaborazione delle informazioni.

Nonaka e Takeuchi ritengono piuttosto che nei prossimi anni le imprese occidentali avranno bisogno di abbandonare la logica della misurazione della conoscenza acquisita per focalizzarsi sulle conoscenze tacite, sui processi di creazione di nuova conoscenza e sul coinvolgimento dei dipendenti nelle iniziative di apprendimento organizzativo79. Soltanto su questa strada l’impresa potrà essere vista come un organismo vivo, in evoluzione, capace di generare innovazione in un processo di autogenerazione della conoscenza.

Ad ogni modo la conoscenza, sia essa tacita o esplicita, è trasmissibile secondo specifiche modalità e specifici processi legati al grado di trasparenza e di solidarietà presente nell’organizzazione. Ai processi di creazione della conoscenza è possibile dare impulso o anche porre un freno a seconda degli stili di gestione e del clima aziendale oltre che gerarchico.

Un parziale monitoraggio di questi processi di creazione della conoscenza può essere avviato con l’introduzione della BSC, che è in grado di integrare le informazioni relative raccolte attraverso opportune indagini sui dipendenti. La possibilità di incrociare dati qualitativi e quantitativi definisce l’innovatività dello strumento. La BSC non è in grado di creare nuova conoscenza, ma può certamente produrre un impulso ai processi che la creano, dando attenzione a dettagli spesso trascurati, dettagli di natura organizzativa e che tendono a far emergere problemi “sommersi” e difficili da esprimere.

77

Per approfondimenti si rinvia a NONAKA I., TOYAMA R. (2003), L’impresa che crea conoscenza, Sviluppo&Organizzazione, n. 197, maggio-giugno.

78

Il Knowledge Management si occupa della messa a punto dei processi di creazione, selezione, diffusione e utilizzo della conoscenza. Cfr. VENIER F. (2000), Knowledge management, Sviluppo&Organizzazione, n. 178, marzo-aprile.

79

Cfr. NONAKA I. (1994), A dynamic theory of organizational knowledge creation, Organization Science, Vol. 5, n. 1, febbraio; NONAKA I., TAKEUCHI H. (1995), The Knowledge Creating Company. How Japanese Companies Create

the Dynamics of Innovation, New York, Oxford University Press. Gli Autori hanno sviluppato una visione della

conoscenza differente dalla visione diffusa in Occidente soprattutto a causa della scarsa attenzione che essi pongono verso le tecnologie dell’informazione. Molte compagnie americane fanno coincidere la creazione di conoscenza con l’installazione di basi di dati computerizzati. Gli Autori ritengono invece che gran parte della conoscenza aziendale non abbia nulla a che fare con i dati, bensì si basi sulla conoscenza informale operativa immagazzinata nei dipendenti attraverso l’esperienza.

Outline

Documenti correlati