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La classificazione delle cooperative nel registro prefettizio

IL CREDITO COOPERATIVO: VERSO UNA STRATEGIA ORIENTATA ALLA SODDISFAZIONE DEL SOCIO

Tavola 41 La classificazione delle cooperative nel registro prefettizio

 Cooperative di consumo: si propongono di fornire ai soci e anche a terzi non soci (se muniti di apposite licenze), generi di consumo di migliore qualità alle migliori condizioni possibili;

 Cooperative di produzione e lavoro: attraverso la produzione di un bene, la fornitura di un servizio o l’assunzione di lavori per conto terzi garantiscono ai soci un lavoro stabile e giustamente remunerato;

 Cooperative agricole: si occupano di coltivazione della terra, di acquisti e servizi di raccolta, conservazione e trasformazione dei prodotti, allevamento e vendita del bestiame, agricoltura biologica, agriturismo, ecc.;

 Cooperative di edilizia abitativa: il loro obiettivo è quello di costruire alloggi da assegnare ai soci in proprietà o in affitto;

 Cooperative di trasporto: si occupano del trasporto di cose e persone, carico e scarico delle merci, spedizioni anche per conto terzi, pulizie, facchinaggio, ecc.;

 Cooperative della pesca: i soci sono pescatori che si propongono di esercitare in comune e con mezzi propri o conferiti alla cooperativa la pesca o attività ad essa affini sia in acque interne che marine;

 Cooperative miste: sono cooperative che operano in più attività, nessuna delle quali prevalente, cooperative che operano nel settore del credito, delle assicurazioni, gestione di impianti ricreativi, turistici, sportivi ecc.;

Cooperative sociali189: hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini. Nascono quindi con lo scopo di soddisfare bisogni che non coincidono esclusivamente con quelli dei soci proprietari, ma con quelli della più vasta comunità sociale, ovvero bisogni collettivi;

Cooperative di mutuo soccorso ed enti mutualistici190: perseguono obiettivi di mutuo aiuto fra i cooperatori in

differenti modi identificati da statuti e regolamenti interni

189

Nell’archivio web dell’Istat è possibile consultare la pubblicazione relativa all’ultimo censimento sulle cooperative sociali effettuata nel 2005 e pubblicata nel 2010.

190

Ancora manca nel nostro ordinamento una chiara definizione degli enti mutualistici, sia per quanto riguarda la loro connotazione giuridica, sia per quanto riguarda le caratteristiche dei diversi soggetti ipotizzabili. L'art. 2512 C.C. si limita a precisare che gli enti mutualistici diversi dalle società sono regolati dalle leggi speciali.

4.3 Le specificità del Credito Cooperativo ed il particolare modo di fare banca

Il Testo Unico Bancario, all’articolo 28, stabilisce che l’esercizio dell’attività bancaria svolto da società nella forma di cooperative è riservato alle Banche Popolari e alle Banche di Credito Cooperativo. Giuridicamente una Banca di Credito Cooperativo ha dunque la forma della società cooperativa per azioni, deve avere un minimo di 200 soci per potersi costituire e ciascun socio ha diritto ad un solo voto in assemblea a prescindere dalla quota di capitale sottoscritta191.

Le banche di Credito Cooperativo sono banche locali, ovvero banche che godono del vantaggio competitivo derivante dal forte radicamento sul territorio, dall’alto grado di informazione derivante dalla cognizione delle performance passate delle piccole imprese locali e soprattutto dalla conoscenza della loro reputazione. Il concetto di banca locale si coglie guardando al modus

operandi della banca, senza confonderlo con quello di banca di minori dimensioni. Una banca si

considera locale quando la sua attività “viene condotta secondo logiche di stretta correlazione con il tessuto economico-sociale di insediamento”192. Elementi caratteristici della banca locale sono rappresentati dal forte radicamento territoriale, dalla stabile relazione con il territorio di vocazione e dal supporto offerto agli operatori economici locali. La banca locale ha un ruolo predominante nel nostro sistema imprenditoriale, in quanto è chiamata ad instaurare delle relazioni di lungo periodo con la piccola e media impresa e a far fluire una gamma di offerta per le esigenze e per i profili socio-economici delle realtà locali.

La banca locale può essere considerata come “categoria analitica autonoma”193, ossia una particolare formula imprenditoriale che, rispetto ad altri tipi di banca, possiede caratteri di spiccata autonomia. Quest’ultima si sostanzia nel ruolo specifico che svolge all’interno dei processi di produzione e di comunicazione delle informazioni nei sistemi locali.

Le BCC-CR sono banche le cui radici nascono dal territorio e al territorio ritornano:

- sono banche del territorio, perché i soci sono espressione del contesto in cui l’azienda opera; nel territorio si concentrano, oltre all’operatività della banca, anche il potere decisionale e l’interesse complessivo dell’istituto;

- sono banche per il territorio, perché il risparmio raccolto sostiene e finanzia lo sviluppo dell’economia reale: il reimpiego delle risorse avviene laddove le stesse vengono raccolte generando un circolo economico virtuoso in cui vi è posto anche per i più piccoli operatori economici;

- sono banche nel territorio, perché appartengono al contesto locale al quale sono legate da un rapporto di reciprocità.

Le Banche di Credito Cooperativo sono banche mutualistiche, in quanto società cooperative che erogano il credito principalmente ai soci. Non perseguono scopi di profitto bensì obiettivi di utilità sociale. Il principio della mutualità prevalente viene verificato sulla base della destinazione delle attività di rischio dell’istituto: più del 50% delle attività di rischio (i prestiti) deve essere destinato ai soci e/o ad attività prive di rischio194.

Quanto alla destinazione degli utili, il Testo Unico Bancario del 1993 stabilisce che le Banche di Credito Cooperativo devono destinare almeno il 70% degli utili netti annuali a riserva legale; una quota degli utili netti annuali deve essere corrisposta ai fondi mutualistici per la promozione e lo

191

Se il numero dei soci dovesse scendere al di sotto delle 200 unità la compagine sociale va reintegrata entro un anno pena la liquidazione dell’istituto. Ciascuno socio non può possedere quote per un valore nominale che superi 50 mila euro. Quest’ultima previsione di legge è nata al fine di impedire che la disparità tra i soci possa inficiare il raggiungimento degli scopi mutualistici.

192

Cfr. CERRONE R. (2000), Il localismo bancario. Attività bancaria e sviluppo economico, Giappichelli, Torino, p.64.

193

Cfr. TROTTA A. (1998), “Il localismo bancario e la credit view”. Prospettive di sopravvivenza e strategie

competitive per le banche locali in un contesto di globalizzazione finanziaria, Cedam, p. 10. 194

Esiste una eccezione al principio della prevalenza: la Banca d’Italia può autorizzare, per periodi determinati, le singole banche ad una operatività prevalente a favore di soggetti diversi dai soci.

sviluppo della cooperazione in misura pari al 3% e la quota di utili rimanenti deve essere destinata a fini di beneficenza o mutualità195.

Il radicamento delle Banche di Credito Cooperativo-Casse Rurali e la loro proiezione sul territorio si esprimono non soltanto sul piano bancario nel vincolo alla destinazione di almeno il 95% degli impieghi (ovvero del risparmio raccolto) nel territorio di competenza, ma anche in una notevole varietà di iniziative a favore delle comunità locali, nei più diversi ambiti: ricreativo- culturali, della formazione, della tutela dell’ambiente, della salute e sicurezza, della previdenza.

La BCC è una banca che presenta in sostanza una doppia anima: è un intermediario creditizio, per cui svolge l’attività di raccolta del risparmio e di reimpiego della raccolta attraverso l’erogazione del credito; è un’impresa a responsabilità sociale, che la rende istituto con proprie specificità. La BCC offre ai soci servizi a condizioni vantaggiose e rende più facile l’accesso a piccoli operatori che hanno minori possibilità di accedere al credito. La doppia anima del Credito Cooperativo è sintetizzata nell’art.2 dello statuto-tipo delle BCC-CR:

“Nell'esercizio della sua attività, la Società si ispira (ai principi dell’insegnamento sociale cristiano e) ai principi cooperativi della mutualità senza fini di speculazione privata. Essa ha lo scopo di favorire i soci e gli appartenenti alle comunità locali nelle operazioni e nei servizi di banca, perseguendo il miglioramento delle condizioni morali, culturali ed economiche degli stessi e promuovendo lo sviluppo della cooperazione e l'educazione al risparmio e alla previdenza nonché la coesione sociale e la crescita responsabile e sostenibile del territorio nel quale opera. La Società si distingue per il proprio orientamento sociale e per la scelta di costruire il bene comune. E’ altresì impegnata ad agire in coerenza con la Carta dei Valori del Credito Cooperativo e a rendere effettivi forme adeguate di democrazia economico-finanziaria e lo scambio mutualistico tra i soci”.

L’articolo 2 dello Statuto del Credito Cooperativo ha una storia lunga oltre 120 anni, storia durante la quale la missione di queste imprese cooperative si è arricchita ed è divenuta la missione specifica e “differente” di un sistema di banche operante sull’intero territorio nazionale. L’art. 2 sintetizzata l’identità, la cultura d’impresa, la capacità di stare sul mercato delle BCC.

Nel 1999 il Credito Cooperativo ha presentato la propria Carta dei Valori, un documento che rappresenta la “Carta Costituzionale” per questo tipo di imprese nonché uno strumento di sintesi per orientare l’azione delle BCC. La Carta dei Valori è fondamento e meta dell’operato delle BCC, poiché ne esprime i valori, la strategia, la prassi; racchiude regole di comportamento e impegni

195

La disciplina sulla distribuzione degli utili è oggi integrata dalle disposizioni stabilite dal nuovo diritto societario, che per le BCC-CR, in quanto cooperative a mutualità prevalente, stabilisce un limite alla distribuzione dei dividendi. Per riaffermare l’identità peculiare delle Banche di Credito Cooperativo-Casse Rurali e rafforzare la coesione di sistema è stata recentemente definita la pratica del ristorno, che sottolinea la centralità del mutualismo. La recente normativa che ha meglio disciplinato tale pratica ha evidenziato come questo possa essere uno degli strumenti tecnici a disposizione delle cooperative per attribuire ai soci il vantaggio mutualistico (in via sostitutiva rispetto alla divisione dei dividendi che normalmente non avviene). Il vantaggio del ristorno è connesso al risparmio di spesa o maggiore remunerazione, in ragione dei rapporti di scambio intrattenuti con la cooperativa.

Il ristorno si concretizza sostanzialmente in un rimborso ai soci di parte del prezzo pagato alla cooperativa per i beni o i servizi da essi acquistati. In questa logica il ristorno è commisurato all’intensità dei rapporti instaurati dal socio con la cooperativa di appartenenza e quindi, nel caso delle Banche di Credito Cooperativo-Casse Rurali, ai rapporti che nascono dall’attività bancaria.

Quindi, in sintesi, il ristorno si caratterizza per le seguenti caratteristiche:  beneficiari devono essere i soci;

 deve essere commisurato all’intensità dello scambio mutualistico;

 può essere riconosciuto solo se esiste un utile d’esercizio derivante dai rapporti intrattenuti con i soci.

Il Consiglio di amministrazione, tenuto conto dell’andamento della banca e delle politiche di mutualità interna, potrà proporre all’Assemblea dei soci se e in quale misura riconoscere il ristorno. Per una lettura interessante sul tema del ristorno si veda CALEFFI F. (2001), La pratica del ristorno come elemento di fidelizzazione del socio cliente, discorso tra gli atti del Convegno della Federazione lombarda delle BCC tenutosi il 13 ottobre 2001. Il discorso è stato ripubblicato con il titolo La “terza via” del ristorno in CALEFFI F. (2009), Il futuro ad occhi aperti. Discorsi e scritti scelti (1997-2009), Roma, Ecra, p. 63.

della categoria. In questo senso la Carta dei Valori è il suggello del Patto tra il Credito Cooperativo e le Comunità locali e, attraverso esse, con il Paese. La Carta dei Valori del Credito Cooperativo, approvata a Riva del Garda nel 1999, prendeva le mosse da un “Nuovo Patto per lo sviluppo delle comunità locali”. In esso si dichiarava che il Credito Cooperativo italiano si impegnava “a cooperare in maniera nuova e più intensa tra banche, tra banche e organismi di servizio, tra banche e fabbriche di prodotti e soluzioni che abbiamo costruito nel corso degli anni”.

A Parma, nel dicembre del 2005, nel rinnovare l’impegno delle BCC con il Paese per continuare a contribuire al suo sviluppo durevole e partecipato, sono stati fissati in un ulteriore documento, la Carta della Coesione, i princìpi che orientano le evoluzioni organizzative del modo di stare insieme nel Credito Cooperativo. Il Credito Cooperativo costituisce una risorsa per le comunità locali e il miglioramento costante delle forme in cui si esprime la mutualità di rete deve ispirarsi a princìpi che garantiscano lo sviluppo nella continuità, la fedeltà nell’innovazione, la coerenza nella modernità.

Tavola 42 La Carta dei Valori del Credito Cooperativo siglata a Riva del Garda il 12 dicembre 1999

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