Tra le varie metodologie analitiche ad oggi disponibili per lo studio e l’analisi dei pigmenti antichi, la Microspettroscopia Raman occupa un posto di rilievo.
Tale tecnologia rientra tra le tecniche spettroscopiche molecolari, fornendo informa- zioni qualitative (e anche quantitative) sulla composizione e sulla struttura molecolare dei materiali. La spettroscopia Micro-Raman ha il vantaggio di essere una tecnica di indagine non distruttiva, estremamente veloce, puntuale e superficiale e risulta quindi particolarmente utile per l’analisi di pigmenti naturali e/o sintetici su pitture, affreschi,
ceramiche, decorazioni murali, quadri e tessuti. L’area di analisi ha una elevata riso- luzione spaziale che può andare da poche unità fino ad arrivare ad alcune centinaia di µm2 a seconda del laser e dell’obiettivo utilizzati. I microscopi Raman sono dotati di una telecamera coassiale con il laser per visualizzare l’area su cui si sta puntando.
La tecnica sfrutta un fenomeno fisico riportato nel 1927 dal fisico Indiano C.V. Raman a cui la scoperta valse il premio Nobel nel 1931. Egli scoprì che, quando una radiazione monocromatica ν0 (oggi una radiazione laser) incide sulla superficie di un oggetto, una piccola frazione della radiazione diffusa dalle molecole ha energia diversa νi da quella della radiazione incidente. L’insieme delle frequenze diffuse, diverse dalla radiazione in- cidente, costituisce lo spettro Raman. Le frequenze differenza νi±ν0 sono caratteristiche delle sostanze e rappresentano le frequenze di vibrazione delle molecole.
Le radiazioni diffuse dalla superficie sono analizzate da un monocromatore, rivelate da un detector e mostrate sotto forma di spettri. Gli spettri Raman acquisiti vengono confrontati, per l’identificazione delle strutture molecolari, con quelli noti, raccolti in database pubblici10. In questo modo è possibile risalire al riconoscimento delle specie chimiche presenti e determinare la natura dei pigmenti.
Tale indagine diagnostica è stata applicata sia per lo studio dei pigmenti delle cera- miche Kamares di Firenze che di quelle di Roma e ha consentito di effettuare l’analisi direttamente sulla superficie dei campioni senza bisogno di prelevarne alcun frammento.
Risultati sulle ceramiche Kamares del Museo Archeologico Nazionale di Firenze11 L’analisi Micro-Raman effettuata sul pigmento arancione di entrambi i reperti è stata realizzata su due aree di colore abbastanza omogenee. In tali aree è stata evidenziata la presenza di un ossido di Ferro, l’Ematite (Fe2O3) insieme a Forsterite, un minerale silicatico appartenente al gruppo delle Olivine (Mg2SiO4). Per quanto riguarda la tazza troncoconica n. 84055, in alcuni punti è stata individuata anche la presenza della Go- ethite, un minerale costituito da idrossido di Ferro appartenente al gruppo del diaspro (Fe+3O(OH))12 (Figura 3).
Figura 3. Spettri Raman relativi al pigmento arancione analizzato nei manufatti fiorentini (Fratini 2012: 31, 91). Attraverso micrografie al Microscopio Elettronico a Scansione (SEM) è stato osservato che il pigmento nero di base di queste ceramiche presenta una struttura vetrificata e bol- losa molto compatta e di notevole spessore. Queste caratteristiche sono probabilmente da attribuire ad un’alta temperatura di cottura, superiore ai 1000 °C avvenuta in atmosfera riducente. Il pigmento arancione, invece, si presenta al microscopio non vetrificato, di
struttura microgranulare e di spessore più sottile ed è dunque plausibile che sia stato applicato sulla superficie a seguito di quello nero con una seconda cottura. La presenza di Ematite e Olivina induce a ritenere che il pigmento sia stato fissato attraverso una cottura in atmosfera ossidante13 e ad una temperatura non superiore ai 1000 °C (Fratini 2012: 55-56)14.
Risultati sui frammenti del Museo Preistorico Etnografico «Pigorini» di Roma
Le analisi effettuate presso i Laboratori di Spettroscopia Raman del Museo di Storia Naturale dell’Università degli Studi di Firenze sono state effettuate utilizzando una mi- crosonda Raman confocale (Horiba Jobin-Yvon LabRam-IR) accoppiata con un micro- scopio ottico (Figura 4).
Figura 4. Disposizione sperimentale per l’analisi dei frammenti presso il Laboratorio di Spettroscopia Micro-Raman del Museo di Storia Naturale di Firenze.
Tale dispositivo Raman è equipaggiato con una sorgente laser HeNe (λ0=632.8 nm). L’acquisizione dei dati e l’analisi degli spettri Raman è stata effettuata utilizzando il software LabSpec 515. La strumentazione utilizzata fornisce la sottrazione automatica del fondo e, per questo, gli spettri ottenuti sembrano di qualità superiore rispetto a quelli riportati da Fratini (2012) e rivelano importanti dettagli addizionali.
a. Frammento n. 77421
Sono state analizzate otto aree omogenee ad intensità variabile del pigmento arancio- ne presente sulla superficie del campione (zone di colorazione più accentuata – all’in- terno delle quali è stato anche effettuato un piccolo prelievo di pigmento – e zone con sfumature più chiare). Tale procedura è stata pianificata per rilevare eventuali differenze o particolarità nella composizione molecolare.
I risultati ottenuti hanno individuato in tutti i punti indagati la presenza di Ematite, con picchi di intensità maggiore nelle zone di colorazione più intensa. In associazione all’Ematite sono stati anche registrati picchi attestanti la presenza di Magnetite (Fe2O3). Nelle zone di colorazione più chiara è stata rilevata, inoltre, la presenza di Calcite, un minerale costituito da Carbonato di Calcio (CaCO3) (Figura 5). Come già affermato da Fratini (2012: 59), la Calcite è presente in diversa percentuale in tutti i pigmenti Kamares
ed è plausibile ipotizzare che il Carbonato di Calcio fosse impiegato come legante nella stesura a freddo dei colori.
Figura 5. Campione 77421: due delle aree selezionate per l’analisi del pigmento (d e h) e relativi spettri Raman. La Forsterite, già menzionata a proposito dei campioni fiorentini, è stata individuata con deboli picchi solo in tre delle aree analizzate a colorazione più intensa, di cui si ri- porta in figura l’attestazione più evidente (Figura 6).
Figura 6. Campione 77421: analisi Micro-Raman eseguita su una piccola particella di pigmento prelevata dalla superficie (area l).
b. Frammento n. 77443
Sono state individuate ed analizzate sei aree del pigmento ad intensità di colore va- riabile. I dati ottenuti hanno confermato la stessa composizione del campione precedente
con diversa percentuale di componenti. Anche in questo caso la presenza di Ematite è costante, associata generalmente a picchi di Magnetite (Figura 7).
Figura 7. Campione 77443: l’area c, caratterizzata da colorazione intensa del pigmento arancione e relativo spettro Raman.
La Forsterite risulta attestata con certezza solo in due aree; a differenza del preceden- te campione, però, i picchi sono in questo caso ben attestati ed evidenti. In una delle aree a colorazione più intensa, infine, è stata individuata la presenza di Maghemite (γ-Fe2O3), probabilmente associata a Magnetite (Figura 8).
Figura 8. Campione 77443: spettri Raman relativi alle aree b e d del pigmento arancione.
Conclusioni
I campioni del Museo Preistorico Etnografico «Pigorini» di Roma mostrano, in analogia con i campioni fiorentini, la presenza di Ematite come componente costante del pigmento
arancione in associazione, talvolta, a picchi più o meno intensi di Forsterite. Ciononostan- te, gli spettri ottenuti nelle analisi dei campioni di Roma sono di qualità nettamente su- periore rispetto a quelli riportati nello studio fiorentino e hanno permesso di individuare anche la presenza costante della Magnetite.
Inizialmente, si è pensato che la presenza di questo minerale ferroso di colore nero fosse da mettere in relazione a piccoli residui del fondo scuro analizzati sulla superfi- cie dei campioni insieme al pigmento di colore arancione. Tuttavia, la Magnetite è sta- ta identificata anche nella composizione di una particella, esclusivamente di pigmento arancione, prelevata dal campione 77421 (area l). Questo induce a ritenere, invece, che il minerale facesse parte della composizione propria del pigmento e che sia stato aggiunto all’Ematite volontariamente per ottenere tonalità più scure del colore arancione.
Ciò conferma la conoscenza avanzata dei ceramisti minoici, in grado di padroneggiare tecniche artistiche sofisticate che richiedevano una grande conoscenza dei minerali.
L’analisi con Spettroscopia Micro-Raman è stata in grado di fornire dati preliminari attendibili e soddisfacenti, consentendo di individuare la composizione molecolare del colore analizzato. Tuttavia, sarà necessario, in seguito, associare ad essa tecniche come la Microscopia Elettronica a Scansione (SEM) per ottenere dati più specifici sull’analisi morfologica e composizionale del pigmento in esame.
Note
1 Desidero ringraziare il Dott. Francesco De Gennaro per avermi dato la possibilità di prelevare e studiare i campioni
in oggetto e il Dott. Mario Mineo per avermi concesso la possibilità di visualizzare i manufatti e le foto ad essi relative.
2 La raccolta delle antichità cretesi conservate nel Museo Pigorini di Roma è stata ampiamente documentata e pubblicata
da Borda (1946) e successivamente studiata e rivista da Mangani (2004).
3 Sull’argomento alcune informazioni sulla composizione dei pigmenti Kamares, tra cui l’arancione, possono essere
reperite in Pappalardo et al. (2010: 230-232). Una trattazione approfondita è stata svolta recentemente da Fratini (2012)..
4 Desidero ringraziare il Prof. Giovanni Pratesi per avermi dato la possibilità di effettuare l’indagine diagnostica presso i
laboratori di Spettroscopia Raman del Museo di Storia Naturale e il Dott. Matteo Zoppi per la disponibilità dimostratami nello svolgimento delle analisi.
5 Il frammento è stato catalogato e descritto in Borda (1946: 21, n. 95). 6 Il frammento è stato catalogato e descritto in Borda (1946: 21, n. 96).
7 Per approfondimenti sulla Collezione pre-ellenica si veda Jasink (2009: 1-8), Fratini (2006) e Sorge (2007: 28-33). 8 Per una descrizione dettagliata del manufatto si veda Fratini (2009: 57, CR. 121; 2012: scheda 15).
9 Per una descrizione dettagliata del manufatto si veda Fratini (2009: 61, CR. 136; 2012: scheda 05).
10 Per quanto riguarda i pigmenti di interesse nel campo dei Beni Culturali, i principali database disponibili sono la raccolta
di pigmenti antichi e moderni dell’University College di Londra (UCL) [www.chem.ucl.ac.uk/resources/raman/pigfiles/] e la raccolta dell’Università di Firenze [www.chim.unifi.it:8080/cgi-bin/pigmen_2.cgi].
11 I risultati delle analisi sono stati ripresi dallo studio effettuato da Fratini (2012). 12 Per approfondimenti si veda Fratini (2012: 54-56; schede 05 e 15 e Tavv. XV e XVI). 13 L’atmosfera ossidante è necessaria per la trasformazione degli ossidi di ferro in Fe
2O3 (Ematite) e dunque ottenere una
colorazione sui toni del rosso-arancio. Sull’argomento si veda Cuomo di Caprio (2007: 331).
14 Per approfondimenti si veda Day et al. (2006: 22-72).
15 Lo strumento è dotato di un monocromatore con un filtro di livello olografico, di uno spettrometro con reticolo di
diffrazione di 1800 g/mm e di un detector di raffreddamento CCD Peltier (1024 x 256 pixels). La potenza del fascio laser alla sorgente è di 20 mW. Il microscopio ottico accoppiato è dotato di tre obiettivi con 10x (NA 0.25), 50x (NA 0.7) e 100x (NA 0.9) di magnificazione e di un oculare di 10x di magnificazione. Il diametro dello spot laser sulla superficie del campione è di 1 μm e la risoluzione spettrale è di 1 cm-1.
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