Spostandoci nella porzione occidentale dell’isola, sono stati presi in esame i resti ossei provenienti da 160 tombe in 24 diverse località, senza trascurare che lo studio di queste sepolture appare complicato dal fatto che ben nel 47% dei casi non è stato possibile precisare quale sia stata la tipologia funeraria utilizzata. Inoltre, in quest’area anche il sistema insediativo appare diverso, almeno alla luce dei dati a nostra disposizione: esso è caratterizzato dalla presenza di pochi grandi centri, tra i quali spicca Chanià, che rimase attiva come sito costiero almeno fino al TM IIIC, ma di grande importanza sono anche gli insediamenti di Thronos Kephala e di Chamalevri. Dopo questo periodo, nel corso del Sub-minoico si assiste a un profondo cambiamento nelle pratiche rituali: infatti crescono alcuni siti ed emergono nuovi gruppi, interessati a mostrare il potenziale economico e lo
status sociale.
In generale, come evidenzia Perna, il numero limitato di dati e la mancanza di sin- cronismi tra le necropoli conosciute fino ad ora non rende possibile ricostruire un quadro comprensivo dei costumi funerari, anche se le ricerche condotte negli ultimi anni hanno
permesso di evidenziare la complessità che contraddistingue questa regione nel corso del TM IIIC (Perna 2011: 148).
Purtroppo, la ricostruzione del rituale funerario si mostra assai complessa in questa parte di Creta, sia perché il numero di ritrovamenti appare ridotto rispetto al resto dell’i- sola sia perché, come sottolineato in precedenza, nella maggior parte dei casi risulta difficile ricostruire il tipo di sepoltura utilizzata. Partendo dalla considerazione di questi limiti, possiamo osservare innanzitutto che le testimonianze di necropoli con resti ossei si concentrano tra il TM IIIA e il TM IIIC; inoltre la tipologia maggiormente diffusa è costituita dalla sepoltura terragna, che arriva al 25%. Un primo esempio del TM IIIA/B si trova nella tholos di Apodoulou (Pologiorgi 1987; Godart e Tzedakis 1992), dove ri- sulta unita a due inumazioni in larnakes; questa particolare associazione è riscontrabile anche nella contemporanea necropoli di Armeni, sebbene in alcune tombe quella a terra costituisca l’unica tipologia attestata. Senza dubbio una delle testimonianze più interes- santi dell’intera Creta è rappresentata dai ritrovamenti di scheletri, oggetto di accurate indagini antropologiche, rinvenuti nella necropoli di Chanià-Od. Palamia (Hallager e McGeorge 1992), caratterizzata quasi esclusivamente dalla presenza di questa tipologia di sepoltura. Terminiamo citando le tombe di Kalami (Kanta 1980) e Mesi (Hood et al. 1964; Godart e Tzedakis 1987). Anche nella porzione occidentale dell’isola la sepoltura in larnax occupa un ruolo molto importante, tale da raggiungere il 15% delle attestazioni: si prendano come esempi il cospicuo gruppo di larnakes del TM IIIA/B rinvenuto nelle due tombe a camera di Angeliana (Godart e Tzedakis 1992), conservate in buone condi- zioni, e le larnakes, collocate nella stessa fase cronologica, della necropoli di Apodoulo (Pologiorgi 1987; Godart e Tzedakis 1992), sebbene risultino poco interessanti da un punto di vista antropologico, vista l’esiguità dei resti ossei rinvenuti. Terminiamo citando i numerosi esempi scoperti nella grande necropoli di Armeni, anche questi da collocare all’interno del periodo che va dal TM IIIA al TM IIIB.
Le altre due tipologie attestate anche se in un numero abbastanza esiguo, sono quelle all’interno di pithoi (9%) e a fossa (4%). Innanzitutto possiamo ricordare gli esempi di inumazione all’interno di pithos individuati a Choumeri Mylopotamou (KretChron 1951; 1952; Hood et al. 1964; Godart e Tzedakis 1992), da porre genericamente nel TM III così come i due pithoi scoperti nella necropoli di Maroulas (Markoulaki 1982). Maggior- mente precisabile è il contesto cronologico dei ritrovamenti di Atsipades (Petroulakis 1915; Hood e Warren 1966), dove sono stati enumerati 21 pithoi, a cui occorre aggiun- gerne altri 2, scoperti sempre nella stessa necropoli, per i quali Mavryiannaki parla di esempi di cremazione (Mavryiannaki 1975): in entrambi i casi è stata proposta una data- zione a cavallo tra il TM IIIB e il TM IIIC. A questi casi di cremazione, o presunta tale, occorre collegare il pithos rinvenuto a Melidoni, sempre del TM IIIB ( Faure 1962; Hood 1965). Per quel che riguarda la sepoltura in fossa un primo esempio viene fornito dalle due deposizioni di Adele-Damourou nel TM IIIA/B (Papapostolos 1974); più numerosi sono i casi in cui questa forma è stata rinvenuta in associazione con altre tipologie, come appare ad Angeliana (BCH 1984), nel TM IIIA/B, e sempre nello stesso periodo a Pigi (Kanta 1980), ma non mancano esempi di tombe con sepolture sia a terra che a fossa, come si verifica spesso ad Armeni (ARepLond 19851; BCH 1985) tra TM IIIA/B.
Per quel che riguarda la tipologia di deposizione occorre ribadire che in questa por- zione dell’isola il cattivo stato di ritrovamento della maggior parte dei resti ossei rende assai complesso determinare quale sia precisamente la situazione; ad ogni modo pos-
siamo evidenziare che anche in quest’area la deposizione primaria costituisce il rituale più utilizzato, infatti arriva al 40% circa, ma molto numerosi sono i casi di deposizione secondaria, tali da raggiungere quasi il 35% delle attestazioni.
Passando alla considerazione delle diverse forme di trattamento del corpo, anche nell’ambito della Creta occidentale prevale nettamente l’inumazione, attestata nel 93%, sulla cremazione, che si limita all’1%, anzi i rari casi riscoperti in quest’area appaiono di difficile comprensione. Si tratta, innanzitutto, del sito di Atsipades, dove sono stati rinve- nuti 21 pithoi, datati fra la fine del TM IIIB e il TM IIIC, al cui interno sono state trovate soltanto pochissime ossa molto frammentate e decomposte, frammiste a terra e a pezzi di carbone. Al momento della loro scoperta, nel 1912-1913, Petroulakis aveva affermato che si trattava di una necropoli di bambini inumati (Petroulakis 1915), ma in seguito Hood e Warren ipotizzarono che in realtà quelli scoperti erano gli ultimi resti cremati di indivi- dui, probabilmente in età adulta (Hood e Warren 1966). A ritornare sulla prima ipotesi è stato Davaras, il quale ha ribadito come i residui di cenere e carbone non sembrano essere in diretta connessione con le sepolture e sarebbero derivati dalla decomposizione di una qualche larnax in legno o dall’uso di torce lignee rituali (Davaras 1973). Tuttavia un recente riesame della necropoli ha messo in luce l’esistenza di altre 3 sepolture, di cui 2 contenevano i resti cremati di due individui adulti di sesso maschile, i quali sa- rebbero stati deposti nei rispettivi vasi, solo in un secondo momento: gli scavatori hanno ipotizzato che durante il rituale di cremazione gli individui fossero sdraiati su una lettiga in legno, in decubito dorsale (Agelarakis et al. 2001). Altrettanto ambiguo è il caso del pithos, di TM IIIB, rinvenuto all’interno della grotta di Gourgouthia, presso Melidoni, al cui interno non sarebbero state rinvenute alcune tracce di ossa. Nonostante l’esiguità dei ritrovamenti, Mavriyannaki ipotizza che «la terra nera come vecchio letame e gli altri pochi piccoli resti (non identificati) siano forse la testimonianza di incinerazione» (Ma- vryannaki 1967-1968: 170). In realtà, non possiamo essere certi di questa cremazione, la quale, se fosse vera, sarebbe un’interessante attestazione di urna cineraria in grotta per il TM IIIB.
Considerazioni conclusive
L’esame delle sepolture fin qui proposto ci consente di fare alcune osservazioni generali sui costumi funerari a Creta nel corso del TM III e nella fase di passaggio dall’età minoi- ca a quella geometrica. Innanzitutto occorre evidenziare la tendenza tipica del TM II/III a privilegiare le sepolture in tombe singole, rispetto alle tombe collettive, che caratteriz- zavano il MM: un esempio ci è dato dalla tomba 8 di Knossos-Epano Gypsades, che, di incerta datazione, sembra collocarsi nella fase intermedia tra le sepolture collettive del MM e quelle individuali o private che caratterizzavano il TM; questo dato sembrerebbe ulteriormente confermato dal fatto che la tomba si caratterizzi per la presenza di un piccolo e stretto dromos, tipico delle sepolture della prima parte del TM, e per la picco- la entrata bloccata da una sola lastra, che, invece, appare come la continuazione della tradizione del MM (Hood et al. 1958-1959).
Inoltre, un caso simile a quello appena descritto è stato individuato anche ad Ag. Triada Pyrgiotissis, dove una grande quantità di cadaveri era stata gettata alla rinfusa nello spazio adiacente alla tholos, che svolgeva la funzione di ossario e che sarebbe da attribuire ad una più antica fase di utilizzo. La tendenza a costruire tombe singole o a de-
stinazione familiare sembra continuare e caratterizzare tutto il TM III, mentre le poche eccezioni riscontrate sarebbero legate a situazioni particolari o a continuità d’uso delle strutture per un lungo arco cronologico.
Il quadro fin qui presentato ci consente di proporre alcune considerazioni di carattere generale sulle pratiche funerarie adottate a Creta nel corso del TM III. Innanzitutto ap- pare evidente che le tre aree dell’isola si contraddistinguono per la presenza di peculia- rità locali, sia nel tipo di deposizione sia nel caso del trattamento del corpo del defunto. A questo punto emerge che la parte centrale dell’isola presenta un maggior grado di conservatorismo, ravvisabile nella grande diffusione delle larnakes da confrontare con la sporadica presenza dell’uso della barella lignea, forse di origine micenea, almeno secon- do l’interpretazione che ne ha dato Cucuzza, il quale sottolinea che:
utilizzare dunque in ambito funerario la larnax […] piuttosto che una barella di legno po- teva forse significare un deciso richiamo al passato, ossia alla tradizione minoica. È allora possibile che l’adozione della larnax servisse a marcare un’identità etnica più profonda- mente radicata nell’area, identità che si potrebbe – estremizzando – definire ‘minoica’ in contrapposizione a quella ‘micenea’ dell’élite cnossia (Cucuzza 2003: 151).
Senza poi trascurare il fatto che quest’area, oltre a fornire il maggior numero di sepol- ture, appare caratterizzata da una certa continuità di frequentazione, come dimostra il fatto che abbiamo tracce di continuità d’uso fino in piena epoca micenea.
Un altro aspetto che sembra contraddistinguere questa porzione del territorio cretese risiede nella presenza di armi come oggetti del corredo, in quella che viene definita «warrior grave tradition» di derivazione micenea, come appare, ad esempio, nella Hun-
ter’s Grave, caratterizzata dalla presenza di ben 15 punte di lancia in bronzo, ed ancora
di più nella Chieftan’s Tomb, dove probabilmente venne seppellito un soldato, se non un generale, visto il gran numero di armi, che includono una lunga spada con impugnatura in avorio, un pugnale o spada corta con manico in onice e due punte di lancia in bronzo (Evans 1905). Questa particolare concentrazione di armi è stata spiegata quale manife- stazione del controllo che deteneva l’élite micenea di Knossos nel gestire il commercio dei metalli e che avrebbe determinato l’origine di un ethos militare. Tuttavia a seguito della caduta di Knossos, Kanta nota l’emergere di una situazione nuova, infatti sia le se- polture eccezionalmente ricche che quelle con una forte connotazione militare sembrano scomparire, anche se gli scambi ed i contatti non cessano del tutto, anzi lo stesso ethos militare continua ad esistere sotto una forma nuova per tutta la fase palaziale finale. Inoltre, molti elementi lasciano ipotizzare l’esistenza di un’amministrazione centraliz- zata, che continuò ad esistere anche dopo la caduta di Knossos. Tra questi dati vi sono la costruzione di un megaron miceneo ad Haghia Triada, la presenza di importazioni dall’esterno e l’esistenza di un cantiere navale a Kommos (Kanta 2003: 176). Di contro, non appaiono significative le modificazioni nel trattamento del cadavere, dal momento che le sporadiche attestazioni di cremazioni non sembrano avere un diretto collegamento con lo sviluppo e la diffusione di questo nuovo fenomeno.
La situazione delle altre due macro aree dell’isola appare caratterizzata da alcuni elementi in comune e da talune differenze, che in qualche modo mettono in evidenza come dovette esistere un qualche rapporto tra le due parti, testimoniato peraltro dalla presenza di vasi di Chanià ad Elounda (Angelarakis et al. 2001). In particolare, emerge
una maggiore concentrazione di tombe nella zona orientale, area nella quale si attesta una certa continuità d’uso fino all’epoca Sub-minoica. Due sono le tendenze principa- li della Creta orientale, vale a dire la grande diffusione delle sepolture in pithos, tale da risultare paragonabile al numero di quelle in larnax, e della cremazione: proprio in quest’area si rintraccia la più antica attestazione di questo nuovo rituale. La favorevo- le posizione geografica, in prossimità di un approdo marittimo, rendeva infatti questa un’area particolarmente recettiva agli influssi esterni, che dovevano pervenire tramite i rapporti commerciali; tuttavia, come bene ha evidenziato Perna, i resti dei corpi cremati sono deposti all’interno di diverse forme di contenitore (Perna 2003), a dimostrazione che tale rituale sembra non aver ancora assunto una struttura definita.
Spostandoci, infine, nella Creta occidentale osserviamo, innanzitutto, che quest’a- rea appare occupata per tutto il corso del TM III, ma mancano attestazioni per la fase successiva, inoltre la maggior parte delle sepolture sembra essere concentrata in pochi insediamenti ed in particolare ad Armeni e Chanià, ma ancora più significativo è il caso della necropoli di Atsipates, che è stata di recente identificata come un campo d’urne (Angelarakis et al. 2001), collocata nel TM IIIC, nella quale si riscontra il primo esem- pio sistematico dell’uso della cremazione.
Ad ogni modo il fenomeno innovativo che sembra caratterizzare il periodo in esame è l’uso di una nuova forma di trattamento del corpo del defunto, vale a dire la cremazione, infatti l’introduzione di questo nuovo costume funerario costituisce il segnale evidente di un processo di trasformazione all’interno della civiltà minoica. Nonostante Perna lamenti il fatto che la maggior parte delle cremazioni attestate non siano state sufficientemente indagate (Perna 2003), sono state avanzate varie ipotesi per spiegare l’origine di questa pratica. Particolare attenzione deve essere rivolta soprattutto alle necropoli di Elounda e Atsipades, collocate rispettivamente nella Creta orientale e in quella occidentale, tra le quali sono state individuate numerose somiglianze (Angelarakis et al. 2001), che Kan- ta ha spiegato ipotizzando l’esistenza di intensi contatti mercantili tra le due estremità dell’isola, attraverso il mare, soprattutto in considerazione della favorevole posizione per l’approdo nel sito di Elounda (Kanta 2001). Appare, invece, più problematico spiegare l’origine della cremazione ad Atsipades: infatti non solo si trovava lontano dal mare, ma l’intera vallata sembra proseguire nell’uso di costumi funerari, che potremmo definire più tradizionali per tutto l’arco del TM III (Angelarakis et al. 2001). Sebbene il proble- ma dell’origine e della diffusione della cremazione resti aperto, a nostro avviso, appare ancora valida la ricostruzione proposta da Melas, il quale ipotizza che questo rituale, originario del mondo hittita, si sarebbe diffuso a Creta e nel mondo miceneo attraverso il Dodecaneso (Melas 1984: 33).
In conclusione possiamo osservare che il TM III risulta un periodo caratterizzato da numerose trasformazioni che agiscono in modo diverso a seconda dell’arco cronologico e del contesto geografico considerato; in particolare, è dopo il TM IIIB che si verificano le trasformazioni più significative, che non crediamo possano essere spiegate ipotizzando l’istallazione di elementi stranieri a Creta, ma, piuttosto, bene ricostruisce Perna affer- mando che probabilmente la formazione di comunità miste incoraggiò il sincretismo e forse comportò la trasformazione di certi costumi, ma non in modo tanto sostanziale ed evidente che i cambiamenti registrati nella società e nei rituali funerari cretesi debbano essere attribuiti alla presenza di stranieri (Perna 2011: 149). Nella situazione di gran- de instabilità che caratterizza la parte finale del TM III dovettero verificarsi complesse
dinamiche socio-politiche, che trasformarono il precedente equilibrio incentrato sulla posizione di centralità occupata da Knossos. Di questa nuova situazione dovettero be- neficiare maggiormente gli insediamenti della costa orientale, i quali, ormai liberi da condizionamenti politici, dovettero trovarsi ad interagire con elementi culturali esterni, al punto da assorbirne almeno in parte gli usi ed i costumi, ma senza perdere la propria identità. Si può immaginare un network di scambi che deve aver svolto una forte influenza sugli aspetti più profondi della società, fino a raggiungere il livello della sfera religiosa. Ingenti trasformazioni colpirono anche la parte occidentale dell’isola, la quale andava acquisendo una propria identità grazie all’emergere del centro politico di Chanià, in gra- do di intrattenere rapporti commerciali con i minoici che occupavano l’estremità opposta dell’isola. Tali scambi, tuttavia, non sembra siano stati mediati dagli insediamenti che si trovavano nella Creta centrale, area nella quale appare più evidente la resistenza ai nuovi influssi in virtù di un attaccamento alle antiche tradizioni cnossie, o almeno ciò è quanto crediamo di ricostruire sulla base dei dati presi in esame, dai quali emerge un articolato processo di trasformazione che probabilmente non riuscì a raggiungere il pieno della sua maturità.