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Dall’estate del 2010, le ricerche volte all’indagine delle fasi pre-protostoriche hanno avu- to tra gli obiettivi principali quello di risalire all’esatta ubicazione della necropoli e di sottoporre ad un’indagine sistematica le strutture eventualmente rinvenute. Nel corso delle fasi preparatorie della ricerca è stata condotta una ricognizione di superficie a carattere non sistematico unita ad alcuni sondaggi stratigrafici di controllo eseguiti in un’area ritenuta prossima al luogo dei vecchi rinvenimenti delle tombe. Le particolari condizioni morfologiche e di invegetamento dell’area non hanno consentito, infatti, né di realizzare una copertura esaustiva dell’intero contesto in esame, né di definire le di- mensioni, la forma, la disposizione e il numero delle unità di campionamento, ma hanno limitato i movimenti a spazi abbastanza circoscritti, quelli cioè coincidenti con i terrazzi

agrari, le strade di accesso alla collina e di collegamento alle singole proprietà terriere e a scarse radure presenti ai margini e parzialmente all’interno della fitta macchia bo- schiva incolta.

Nel corso dell’attività di ricognizione, a seguito di una serie di osservazioni e consi- derazioni maturate sul campo, ci si è resi conto di come il grado di visibilità e di rico- noscibilità dalla superficie di eventuali strutture relitte o di contesti stratigrafici ad esse associabili risultasse fortemente condizionato da una serie di variabili tra cui, in prima istanza, il fatto che questo, come altri settori dei versanti della collina, venga sottoposto di continuo a lavorazioni agrarie legate alla coltura della vite e dell’olivo, fatto che causa una costante rielaborazione delle sequenze antropiche e naturali poste nell’immediato sottosuolo. Si è avuto modo di osservare che un importante elemento di distruzione di strutture e contesti di interesse archeologico è dato dalla presenza in loco di gradini di terrazzamento, più o meno ampi, realizzati nel corso del tempo al fine di ottimizzare l’uso degli spazi del pendio per le colture. Oltre a questo, poi, altri fattori importanti che in tempi recenti hanno operato e operano tuttora intacchi anche pesanti e più contenute rielaborazioni nell’immediato sottosuolo sono quelli legati alle attività di piantumazione degli oliveti e alla realizzazione/manutenzione della rete di strade campestri che mettono in collegamento i diversi lotti di terreno sottoposti a coltura. In un contesto di questo tipo, i depositi e gli orizzonti direttamente sovrapposti alle unità del substrato naturale hanno risentito nel corso del tempo degli esiti di questo tipo di attività che hanno comportato spesso la regolarizzazione di ampie porzioni del versante con la realizzazione di estese gradinature e spianamenti, i quali, come si vedrà, hanno causato la perdita dell’origi- nale morfologia del terreno e con essa di parte delle strutture e dei contesti di interesse archeologico.

Tuttavia, si è avuto modo di osservare come tale concomitanza di fattori renda pos- sibile il fatto che alcuni elementi di cultura materiale possano, occasionalmente, venire riesumati e rimanere in superficie per finestre temporali abbastanza ampie, senza subire spostamenti apprezzabili in senso orizzontale che li portino lontano dai loro bacini di origine. La messa a dimora delle piante di olivo, infatti, ha come pre-condizione la rea- lizzazione di uno scavo abbastanza consistente nel terreno cui segue, spesso, l’accumulo di piccole quantità di terreno alla base della pianta provenienti dal materiale di risulta dello scavo. Unitamente a questo, i terreni posti attorno alle singole piante e tra i filari di olivi vengono sottoposti ciclicamente a operazioni di fresatura volte a ridare ossigeno al suolo, operazioni che possono contribuire anch’esse a riportare in superficie, senza par- ticolari traslazioni, elementi di cultura materiale strappati dalle sequenze stratigrafiche sottostanti. In misura minore, intervengono invece le colture della vite, che prevedono scassi nel terreno di entità molto più contenuta e per le quali non sono previste particolari lavorazioni nei campi circostanti i filari. Questa concomitanza di fattori, che da una parte possono far riemergere elementi di cultura materiale e dall’altra ne limitano i movimenti sulla superficie, assume quindi una certa importanza nella localizzazione di strutture puntuali, anche se di una certa entità, come le tombe. Uno spostamento eccessivo dei materiali lungo il pendio della collina implicherebbe, infatti, una difficoltà molto mag- giore, se non la completa impossibilità, di individuare il loro bacino di provenienza e, con esso, la presenza di eventuali strutture o contesti sepolti.

Tutti i processi finora descritti hanno prodotto e continuano a produrre una rielabo- razione pressochè completa delle successioni stratigrafiche sviluppatesi nel corso del

tempo al di sopra delle unità del substrato, rendendo praticamente impossibile la defi- nizione delle superfici di partenza delle strutture della necropoli. Attualmente, infatti, i depositi documentati in copertura delle tombe sono costituiti, nella quasi totalità, da livelli di riporto di genesi moderna o contemporanea legati alla messa a coltura del fianco della collina e alla periodica attività di manutenzione e rifacimento delle superfici e delle infrastrutture ad essa connesse. Si tratta di sequenze composte da residui di orizzonti agrari rimaneggiati, alternati a falde di riporto abbastanza localizzate che sono associate a materiale moderno e contemporaneo. Nel corso dell’esperienza maturata sul campo è stato osservato come, nell’area della necropoli, l’orizzonte di rielaborazione agraria sia l’unità che ricopre direttamente la testa del substrato naturale, se si escludono limitati lacerti di colluvi associati a materiale geometrico o arcaico, rilasciati verosimilmente da contesti strutturali situati poco più a monte. Ne consegue che, in questo tratto del ver- sante della collina, i bacini di origine degli elementi di cultura materiale eventualmente presenti in superficie debbano essere identificati, più probabilmente, con le sequenze stratigrafiche associate alla presenza di strutture in negativo, quali quelle, localmente attese, connesse con la presenza di tombe a camera (riempimenti dei corridoi di accesso o successioni interne alle camere funerarie).

Modalità di rinvenimento delle strutture

La determinazione dell’esatta ubicazione della necropoli è avvenuta grazie al rin- venimento, nel corso di una delle ultime fasi della ricognizione, di alcuni contesti di materiali ceramici di età micenea, la cui presenza in superficie è risultata ricollegabile all’esistenza, nell’immediato sottosuolo, dei resti di alcune tombe a camera. Si tratta di strutture di una tipologia molto diffusa in Grecia per l’ambito cronologico considerato (Cavanagh e Mee 1998; Boyd 2002), che sono di norma costituite principalmente da una camera ipogea che contiente le sepolture, un ambito di ingresso alla camera (stomion) e uno stretto corridoio di accesso (dromos). Tutti questi tre elementi vengono normalmente scavati all’interno di un substrato roccioso ritenuto idoneo non solo ad essere scavato con facilità, ma anche a fornire una resistenza sufficiente a garantire la tenuta statica del manufatto, sia nel corso della sua realizzazione che durante il periodo di utilizzo (Wright

et al. 2008; Boyd 2002).

Diversamente da quanto è finora noto in letteratura sull’ubicazione e sulle modalità costruttive di questo tipo di strutture, anche per contesti territoriali molto vicini a quello in discorso (Papadopoulos 1979; Petropoulos 2007: 253-585; Boyd 2002), l’ubicazione delle tombe della Trapezà è coincisa, a livello geomorfologico, con l’ambito di affioramen- to di un banco sabbioso di notevole potenza, e non con la presenza di un filone roccioso idoneo alla realizzazione di ambienti ipogei anche di considerevoli dimensioni. In questo settore del versante, infatti, i substrati naturali sono costituiti da spessori di sabbie fini e medio-fini, mediamente cementate, di colore bruno giallastro molto chiaro, intercalate, occasionalmente, da livelli di spessore poco più che centimetrico, concrezionati e cemen- tati, formati da ghiaie e piccoli ciottoli (Figura 3).

Si osservano con frequenza nella successione anche incrostazioni calcaree lineari di spessore da plurimillimetrico a poco più che centimetrico che, a tratti, sono disposte a formare reticoli ortogonali discontinui. Si tratta, come anticipato in precedenza, di sequenze di origine marina che, localmente, si presentano alternate alle successioni di conglomerati grossolani di fan-delta, i quali, a loro volta, costituiscono i substrati profon-

di della collina come di tutta la fascia planiziale compresa tra la zona collinare e quella costiera.

Figura 3. Profili stratigrafici di riferimento per l’area indagata. A) Sequenza stratigrafica docu- mentata in prossimità del punto di rinvenimento del dromos della tomba 2; B) Profilo strati- grafico naturale documentato poco a monte delle strutture della necropoli (foto dell’autore).

Le trincee di scavo, operate in corrispondenza dei punti di affioramento dei materiali ceramici, hanno portato alla scoperta di due tombe del tipo a camera con corridoio di accesso e alla traccia probabile di una terza (Figura 4). La disposizione planimetrica e altimetrica delle tombe lungo il pendio indica che l’accesso alle tre strutture dovesse avvenire a partire da superfici topografiche poste a quote differenziate lungo il pendio della collina. Si delinea, pertanto, una situazione nella quale questo tratto del versante, in origine, doveva essere articolato in piani di calpestio posti a quote diversificate, forse ricavati per terrazzamento, a partire dai quali si trovano gli ambiti di accesso alle tombe le cui camere possono venire a trovarsi, a volte, in parte sovrapposte le une alle altre. Le tre strutture presentano un grado di conservazione abbastanza diversificato: la tomba

1, che delle tre rinvenute è quella realizzata a partire da una superficie topografica più elevata, è stata soggetta a pesanti rimaneggiamenti dovuti alla risagomatura per terrazza- mento di questa parte del pendio e alla realizzazione di una stradina che corre alla base del gradino artificiale. Parte della camera della tomba, lo stomion e l’intero corridoio di accesso hanno subito una pesante troncatura che ha, di fatto, eliminato completamente le sequenze associate al collasso della volta della camera, parte del muretto di pietre a secco di chiusura dello stomion e una porzione significativa dei riempimenti del corridoio di accesso, che risulta poi ridimensionato anche in lunghezza. Della tomba 2, che è posta ad una quota topografica più bassa rispetto alla precedente, è stato individuato solo il corridoio di accesso, indagato nel corso dell’ultima campagna di scavo, e che è situato in corrispondenza di un terreno posto qualche metro più a valle della tomba 1, nelle vici- nanze di un grande albero di olivo. Il fatto di venirsi a trovare in un’area non direttamente interessata dalle opere di realizzazione delle strade e dai gradini di terrazzamento e il fatto di appartenere ad un livello topografico più basso rispetto alla tomba 1, ha garantito la sua buona conservazione. Infine, poco più a ovest del corridoio della tomba 2 è stata documentata un’anomalia nel terreno che sembra testimoniare l’esistenza di una terza tomba. L’evidenza in questione potrebbe essere connessa con la presenza di parte dei ri- empimenti del corridoio di accesso che è stato, però, quasi completamente troncato dalla costruzione di una delle strade di accesso alla sommità della Trapezà.

Nel corso delle campagne finora condotte è stato affrontato lo scavo dei dromoi delle tombe 1 e 2 e della porzione accessibile della camera della tomba 2. In analogia con altri casi di studio (Wright et al. 2008; Karkanas et al. 2012), si è deciso di affrontare lo scavo all’interno dei corridoi sezionando longitudinalmente l’intera successione stratigrafica dei riempimenti al fine di cogliere non solo l’andamento generale di giacitura dei depositi ma anche l’eventuale presenza di episodi di riapertura delle strutture. Lo scavo in emi- porzione della camera della tomba 1 è stata, invece, una scelta imposta dalla particolare posizione della tomba, che, come detto, si sviluppa per una buona parte al di sotto di un terrazzo artificiale coltivato. Questo limite operativo si è trasformato nell’opportunità di poter documentare una spessa sequenza stratigrafica di depositi formatisi nel corso dell’uso della struttura e dopo il suo abbandono definitivo, a seguito del collasso della volta della camera.

Risultati

Il particolare ambito geomorfologico in cui sono state costruite le tombe ha fatto emer- gere, fin dall’inizio delle indagini, alcune difficoltà legate alla riconoscibilità delle strut- ture, all’esatta definizione dei margini strutturali degli elementi che le compongono (principalmente i corridoi e le camere funerarie) e, più nel dettaglio, al riconoscimento dei limiti di molte delle unità che ne formano le successioni stratigrafiche interne. Queste limitazioni operative sono apparse riconducibili principalmente alla stretta somiglianza esistente tra il substrato naturale sterile e le matrici che compongono alcuni dei livelli di riempimento delle strutture, trattandosi di sabbie fini e medio-fini, massive e pressochè prive di scheletro nel primo caso e di sabbie di analoga composizione, spesso solo de- bolmente arricchite di inclusi nel secondo caso. A fronte di una situazione in apparenza uniforme, sono risultate di più facile lettura e individuazione le sequenze di riempimento dei corridoi di accesso essendo composte in parte da unità in cui alle sabbie prelevate dal substrato e dagli orizzonti di suolo superficiali si sono mescolati elementi alloctoni come frammenti di ceramica e, principalmente, elementi di ghiaia e ghiaietto calcareo (Figura 5a). Questa composizione, unitamente alle modalità di deposizione, conferisce di norma alla massa dei riempimenti una colorazione debolmente più bruno-scura rispetto al sub- strato incassante e, soprattutto, un aspetto più articolato e strutturato. Più complessa è risultata, invece, la situazione all’interno della camera della tomba 1, l’unica finora ritro- vata e indagata, dove parte delle sequenze sono risultate composte dalle stesse unità del substrato penetrate all’interno della cavità o a seguito di movimenti in massa di materiale per collasso gravitativo della volta o per accumulo graduale nel corso di uno dei periodi di chiusura della tomba, tra un ciclo rituale ed il successivo (Figura 5b). In un contesto di questo tipo, lo scavo stratigrafico ha incontrato delle notevoli difficoltà nella definizione di alcuni limiti di strato e, conseguentemente, dei margini strutturali della tomba, dal momento che a livello di osservazioni da campo rimaneva del tutto incerto il discrimine tra che cosa fosse interno alla camera e cosa rimanesse al di fuori.

Figura 5. Panoramiche delle strutture rinvenute. Si evidenzia il grado diversificato di visibilità in superficie tra i riempimenti dei corridoi e quelli della camera. A) tomba 2; B) tomba 1 (foto dell’autore).

Il metodo applicato nel corso dello scavo è stato essenzialmente quello di procedere ad una descrizione analitica delle successioni stratigrafiche interne ed esterne agli ele- menti strutturali indagati con il fine principale di riconoscere i singoli depositi, risolvere il problema della definizione dei limiti strutturali e, successivamente, di proporre una ricostruzione dei principali processi formativi all’origine dell’evoluzione delle sequenze stratigrafiche interne alle tombe, per arrivare, infine, ad una loro suddivisione in fasi o cicli formativi, marcati da piani di discontinuità significativi. L’analisi delle sequen- ze deposizionali è avvenuta mediante il riconoscimento delle singole unità costituenti le sequenze sulla base delle loro proprietà fondamentali (principalmente composizione, granulometria e strutture sedimentarie3), attività per la quale ci si è avvalsi dei più co- muni strumenti disponibili in letteratura per la descrizione dei sedimenti quali diagram- mi comparativi per la stima della frequenza percentuale degli elementi dello scheletro, scale granulometriche per la determinazione della grandezza e del diametro dei granuli,

diagrammi per la stima della forma, dell’arrotondamento e della sfericità delle particelle (King 1992; Cremaschi 2000; Goldberg e Macphail 2006). La determinazione del colore delle matrici è stata effettuata con l’utilizzo delle tavole Munsell (ed. 2000).

Il riconoscimento di superfici di discontinuità significative, in particolare di quelle situate all’interno delle sequenze che costituiscono i riempimenti dei corridoi, è stato operato mettendo in evidenza l’esistenza di particolari interfacce non corrispondenti a li- miti di strato, ma a superfici di non conformità stratigrafica (Harris 1989: 54 ss.; Crema- schi 2000: 115-116), identificabili come momenti di stasi nella sequenza deposizionale dovuti principalmente ad asporti parziali delle sequenze precedentemente deposte con esposizione delle superfici così create. Sono state messe in evidenza, quindi, le interfacce che demarcavano non solo cesure significative nell’assetto di giacitura degli strati, ma anche differenze sostanziali nella composizione degli stessi, laddove si sono riconosciuti cambiamenti significativi nelle classi composizionali dello scheletro, nella percentuale di frequenza degli inclusi e, a volte, nel grado di compattazione del deposito (Figura 6).

Figura 6. A) Fotopiano della sequenza dei riempimenti documentati all’interno del dromos della tomba 2. In verde sono evidenziati i resti della sequenza deposizionale del primo ciclo di chiusura della struttura (elaborazione grafica dell’autore). B) Particolare dell’interfaccia che separa le due sequenze di riempimento (foto dell’autore).

Nei paragrafi seguenti vengono proposte, a livello di esemplificazione metodologica, alcune letture stratigrafiche e interpretazioni processuali che sono maturate nel corso dell’indagine sulle strutture ritrovate, con riferimento, nello specifico, alla sequenza stra- tigrafica presente all’interno del dromos della tomba 2 e ad alcuni aspetti dei riempimen- ti interni alla camera della tomba 1, mentre si rimanda ad una pubblicazione sistematica una panoramica completa sui risultati delle indagini ancora in corso di svolgimento.

La successione stratigrafica interna al dromos della tomba 2

Il rinvenimento del dromos della tomba 2 è avvenuto con l’apertura di una trincea di scavo nel punto di affioramento di uno dei due contesti di frammenti ceramici rinvenuti nel corso della ricognizione. Si è proceduto, inizialmente, con la rimozione di uno spes- sore abbastanza uniforme di terreno bruno corrispondente all’orizzonte di rielaborazio- ne agraria attuale il quale, localmente, si trova posto a diretta copertura del substrato naturale sabbioso sterile. La completa esposizione in questo punto della superficie del substrato naturale lasciava intravvedere la presenza di un’anomalia di forma grossomodo rettangolare rilevabile grazie a leggere differenze nella composizione e nella colorazione delle matrici. L’interfaccia tra queste e il substrato naturale era, inoltre, evidenziata da un sottile film di incrostazioni carbonatiche di colore biancastro. Nel corso dell’indagine si è avuto modo di osservare come questa anomalia corrispondesse al corridoio di una tomba a camera.

La sequenza stratigrafica contenuta all’interno della struttura raggiungeva una po- tenza massima di 240 cm. ed era costituita da una successione abbastanza articolata di depositi (Figura 6a). Nel corso dell’analisi è stato possibile raggruppare in insiemi serie di unità stratigrafiche appartenenti a cicli diversificati di apertura/chiusura del corridoio, arrivando a riconoscere almeno due successioni deposizionali differenziate e separate da un momento in cui si è verificato uno svuotamento parziale del riempimento del corridoio ed una riapertura della camera tombale, evidenziato da una superficie negativa che se- gna uno iato evidente nella sequenza stratigrafica.

La prima evidenza di uso del corridoio era rappresentata da un ampio lacerto della superficie di calpestio originaria e dalla porta di ingresso alla camera tombale ancora sigillata dai resti di un muretto di pietre a secco. Si tratta, nel primo caso, di un livello di poco più di un centimetro di spessore, molto discontinuo, composto da una matrice sabbiosa debolmente limosa associata a moderate dispersioni di ghiaia ed elementi di ghiaietto che si poneva a diretta copertura del substrato naturale sterile. Il livello in di- scorso si distingueva dalle unità immediatamente soprastanti, non tanto a livello compo- sitivo e cromatico, quanto, piuttosto, per l’essere caratterizzato da uno spessore esiguo e da un grado di compattazione molto più elevato. Anche per analogia con quanto osservato all’interno della camera e del corridoio della tomba 1, il livello è stato interpretato come il residuo di un originale piano di calpestio della struttura.

I resti di una prima sequenza deposizionale posta a copertura del piano di calpestio del corridoio - che potrebbe corrispondere, con un buon margine di approssimazione, ad un primo momento di chiusura degli spazi del dromos - erano rappresentati da una se- quenza pluristratificata individuata a ridosso della parete di fondo del corridoio (sequen- za di colore verde in figura 6). Si tratta di una successione caratterizzata da un’alternanza ritmica di livelli a prevalenza di granuli e ghiaia in scarsa matrice sabbiosa fine di con- sistenza friabile, e livelli a prevalenza di matrice, all’interno dei quali gli inclusi (ghia-

ia, ghiaietto e granuli) erano presenti in percentuali molto più contenute. La sequenza mostrava una stratificazione obliqua all’interno della quale le singole unità presentavano una tendenza ad immergere verso la parete di fondo del corridoio, seguendo la pendenza del piano inclinato di base, mentre, nella parte alta, esse si assestavano su pendenze