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Analisi per indice di indebitamento finanziario netto

Capitolo 6: Analisi empirica – Seconda parte (Analisi storica)

6.5 Analisi per indice di indebitamento finanziario netto

Claudio Teodori (2009) afferma che, nel calcolo dell’indebitamento finanziario, bisognerebbe utilizzare il rapporto fra la Posizione Finanziaria Netta (PFN) al numeratore, e i Mezzi Propri al denominato, in quanto la Posizione Finanziaria Netta totale esprime la reale esposizione finanziaria totale. Nel presente paragrafo si analizza l’indebitamento finanziario netto totale del campione estratto, valutando dove si concentrano maggiormente le imprese del cluster e analizzando se esistono relazioni

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con le performance delle imprese. Si rinvia al capitolo 2 per il calcolo della Posizione Finanziaria Netta e per il calcolo dell’Indice di indebitamento finanziario netto. Si rammenta che una PFN negativa segnala un eccesso di liquidità, mentre un valore positivo di PFN indica un eccesso di debito finanziario, per cui tanto più è elevato il valore, tanto peggiore sarà la solidità aziendale dell’impresa. Ugo Sostero et al. (2014) precisano che un valore superiore a 1,5 è sintomo di una struttura finanziaria ad elevato rischio finanziario. Alcuni analisi finanziari (ad esempio Philip Durel) specificano che un valore compreso tra -0,5 e 0,5 indica una posizione sostanzialmente in equilibrio finanziario. Sulla base delle indicazioni appena riportate, si suddivide l’indice come segue:

- Imprese con un eccesso di liquidità, definite con un indice di indebitamento netto inferiore a -0.5

- Imprese con una struttura finanziaria equilibrata, ma che presentano una maggiore liquidità, definite con un indice di indebitamento netto compreso tra -0.5 e 0

- Imprese con una struttura finanziaria equilibrata ma che presentano un maggiore debito finanziario, definite con un indice di indebitamento netto compreso tra lo 0 e 0.5

- Imprese con maggioranza di debito finanziario, ma al di sotto della soglia di rischiosità, definite con un indice di indebitamento netto compreso tra 0.5 e 1.5

- Imprese fortemente indebitate e considerate ad elevato rischio finanziario, definite con un indice di indebitamento netto maggiore di 1.5.

Figura 6.13: Ripartizione per indice di indebitamento finanziario netto (totale campione)

Fonte: elaborazione personale su estrazione dati Aida bvd.

La figura 6.13 mostra la ripartizione delle imprese del campione in base all’indice di indebitamento finanziario netto. Le due classi in cui si addensano maggiormente le industrie calzaturiere italiane sono la classe -0,5 - 0 e la classe con un indice di indebitamento finanziario netto maggiore di 1.5. Nell’intero periodo si può notare una certa stabilità delle varie classi, con qualche lieve aggiustamento a favore delle classi con un valore negativo.

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Figura 6.14: ROE per classe di indebitamento netto (totale campione)

Fonte: elaborazione personale su estrazione dati Aida bvd 191

La figura 6.14 riporta invece il ROE per ogni rispettiva classe di indebitamento netto. Si evidenzia che le imprese con un indice di indebitamento finanziario netto inferiore a -0,5, cioè le imprese con minor indebitamento o con un’elevata consistenza delle disponibilità liquide, presentano una performance mediana decisamente migliore rispetto a tutte le altre imprese del campione.

6.6 Relazione tra struttura finanziaria e liquidità: l’analisi dell’indice di liquidità192

Le analisi di questo capitolo riguardano perlopiù la struttura finanziaria, e l’indice di liquidità immediata (o Acid test) viene utilizzato per l’analisi della liquidità e del capitale circolante. Tuttavia l’indice di liquidità, collegato all’analisi sull’indice di indebitamento finanziario netto, può essere molto utile per comprendere quest’ultimo. L’indice di indebitamento finanziario netto ci permette di analizzare la solidità finanziaria nel lungo periodo, ma non quella a breve termine: possedere un buon indice di indebitamento netto non basta; se nel breve termine non si è in grado di far fronte ai propri debiti si determina una crisi di liquidità con conseguenze quali l’insolvenza. In caso di squilibrio e crisi di liquidità, la società può essere costretta allo smobilizzo di immobilizzazioni o all’apporto di nuovo capitale che può provenire anche da terzi.

La Pecking order theory sostiene che le imprese tendano a mantenere una capacità finanziaria in eccesso (financial slack) per poter finanziare l’impresa in progetti futuri o sostenerla in momenti di difficoltà. Sia modelli gestionali della liquidità che le teorie sulla struttura finanziaria sottolineano l’importanza del financial slack e affermano che quest’ultimo gioca un ruolo determinante nella pianificazione strategica-finanziaria e nello sviluppo dell’impresa. Sono varie le ragioni per accumulare uno financial slack: esso segnala al mercato esterno la solidità e solvibilità dell’impresa, permette di finanziare progetti futuri senza avvalersi di nuovo capitale esterno e permette di attutire le conseguenze negative della crisi. L’obiettivo finale, così come propongono le teorie sulla struttura finanziaria, è unicamente il valore dell’impresa, tuttavia la relazione tra struttura finanziaria e liquidità

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Il grafico riporta i rispettivi valori mediani.

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L’indice di liquidità immediata o Acid Test, non è l’unico indicatore per analizzare la liquidità dell’azienda. Altri indicatori sono il Margine di Tesoreria, la liquidità operativa, il Current Ratio e il Net Working Capital (in acronimo CCN). Si è scelto l’Acid Test per valutare la liquidità del campione per due ragioni sostanzialmente: a differenza di altri valori quali il Margine di Tesoreria e il CCN, non è un indice in valore assoluto, e questo permette di essere confrontato con varie realtà dimensionali differenti. Inoltre esclude dalle attività a breve termine le Rimanenze di magazzino, voce di Stato Patrimoniale spesso frutto di manipolazioni e politiche di magazzino.

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non è così ben definita. Alcuni autori come Myers e Majiluf (1984) sostengono l’esistenza di una relazione positiva, altri come Pinkowitz (2000) affermano una relazione negativa, e altri ancora che non esiste alcuna relazione Mikkelson, Partch (2003). Una chiave di lettura proposta da alcuni autori è la possibile relazione esistente tra la liquidità immediata e la scelta della struttura finanziaria. Le scelte delle risorse finanziarie dipendono dalla situazione attuale dell’impresa: una buona liquidità determinerà un minor apporto di nuovo capitale mentre una totale mancanza di liquidità potrebbe imporre l’utilizzo di risorse finanziarie al solo scopo di coprire passività a breve termine. Nello ShoeReport 2016 il 52% delle aziende calzaturiere intervistate ha risposto che il primo motivo di richiesta di finanziamenti bancari era il ripristino delle scorte e del capitale circolante, e ciò segnale una mancanza di liquidità con eventuali conseguenze nella struttura finanziaria dell’impresa.

Si precisa che l’indice di liquidità immediata consiste in un valore compreso tra 0 e infinito (ipoteticamente) e viene considerato un risultato buono quando supera l’unità, ad indicare che le attività a breve termine coprono le passività a breve termine. Ciaran Walsh (2005) indica che molte banche segnano il limite ottimale compreso tra 1 e 2 e considerano eccessivo un valore superiore a 2. Infatti le banche valutano un valore troppo elevato come negativo, perché segno di anomalie, manipolazioni o di un non adeguato reinvestimento, e ciò può far decadere il valore aziendale e contestualmente il suo rating. Tiziana la Rocca (2017) sostiene che un eccesso di disponibilità liquide riduce la creazione di valore, perché può essere oggetto di comportamenti opportunistici da parte dei manager o degli azionisti di maggioranza; inoltre, se in fasi di crisi può essere utilizzato come cuscinetto, nelle fasi espansionistiche può essere causa di sovra-investimenti.

Per analizzare l’indice di liquidità del campione si suddividerà quest’ultimo in tre categorie:  Indice di liquidità non buono: comprende le imprese con un indice inferiore a 1.  Indice di liquidità buono: comprende le imprese con un indice compreso tra 1 e 2.  Indice di liquidità eccessivo: comprende le imprese con un indice maggiore di 2

Figura 6.15: Ripartizione del campione per indice di liquidità immediata

Fonte: elaborazione personale su estrazione dati Aida bvd

La figura 6.15 riporta la ripartizione del campione fra le tre categorie. Si noti come la categoria con un indice di liquidità inferiore ad 1 sia la predominante; ciò conferma quanto affermato dalle interviste riportate nello ShoeReport 2016. Durante il periodo c’è stato un netto aumento del numero delle imprese che possedevano un indice buono ed eccessivo, a sostegno di un generale miglioramento della situazione di liquidità del cluster.

Per quanto invece concerne la redditività, dall’analisi del campione ci si aspetta che le imprese rientranti nella categoria 1-2 abbiano realizzato le migliori performance.

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Figura 6.16: ROE per categoria di indice di liquidità immediata (Totale campione)

Fonte: elaborazione personale su estrazione dati Aida bvd

La figura 6.16 mostra l’andamento del ROE per ciascuna categoria. Si noti (a conferma di quanto detto sopra) che la categoria 1-2 ha conservato mediamente una redditività decisamente superiore a quella delle altre categorie.

Ulteriore passaggio di tale analisi è definire se esista tra le industrie calzaturiere italiane una relazione fra l’indice di liquidità e l’indice di indebitamento finanziario.

Figura 6.17: Indice di indebitamento finanziario medio per classe di indice di liquidità

Fonte: elaborazione personale su estrazione dati Aida bvd

La figura 6.17 riporta l’indice di indebitamento finanziario medio per ciascuna categoria. Si può notare una netta differenza tra le diverse categorie: nelle imprese con un indice di liquidità minore di 1 le fonti di finanziamento sono composte per circa il 55% da mezzi finanziari di terzi, mentre le imprese con un indice di liquidita superiore a 1 sono nettamente finanziate attraverso mezzi propri; addirittura raggiungono il 100% le imprese con un indice superiore a 2.

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Figura 6.18: Grafico a dispersione media indice di indebitamento finanziario e media indice di liquidità immediata

Fonte: elaborazione personale su estrazione dati Aida bvd 193

Il grafico a dispersione e la rispettiva regressione lineare (semiretta in nero) sembrano sottolineare una correlazione fra l’indice di liquidità e il livello di indebitamento dell’impresa. Per tale analisi si è inserita nella figura una regressione polinomiale di terzo grado (curva in rosso) che mostra una forma ad iperbole ed evidenzia tale relazione. Dal grafico si può osservare come i valori maggiori di liquidità sono raggiunti esclusivamente dalle imprese che detengono un livello di indebitamento finanziario minimo, se non nullo. Eseguendo il calcolo della correlazione tra media dell’indice di liquidità e rispettivo indice di indebitamento si ottiene un coefficiente di correlazione pari a -0.324. Il valore statistico che esso raffigura è sufficiente per confermare l’esistenza di una buona probabilità che tale relazione non sia frutto della casualità ma di un rapporto causa effetto194.

L’analisi dell’indice di liquidità ha mostrato come la struttura finanziaria, prevalentemente un variabile considerata di medio-lungo periodo, sia correlata ad una variabile di breve periodo come la consistenza della liquidità.

6.7 Relazione tra struttura finanziaria ed anzianità delle industrie