Capitolo 3: Lineamenti generali del settore calzaturiero
3.3 La crisi economica e il settore calzaturiero italiano
In un contesto internazionale colpito dalla crisi, anche il comparto delle calzature ha vissuto una fase di forte contrazione. Nei paesi più colpiti, la crisi economica ha creato nuove difficoltà di tipo strategico (un esempio è la revisione delle strategie di prezzo e distribuzione a causa del sempre maggior numero di consumatori disposti a spendere meno nei beni non prettamente necessari come le scarpe), di tipo tecnico (sono cresciuti sia i costi delle materie prima sia la tassazione applicata al lavoro e alle vendite) e di tipo finanziario (le banche concedono meno prestiti e aumentano i rischi di liquidità per l’impresa). Generalmente, questa situazione ha condotto ad un incremento della concorrenza tra le industrie calzaturiere114 e questa evidenza si può sintetizzare nei seguenti 2 fattori:
Progressiva riduzione del numero delle imprese calzaturiere italiane. Il primo fattore che si nota è l’espulsione dal mercato di un numero elevato di imprese (prevalentemente di medio- piccole dimensioni) che non sono riuscite a reagire attivamente alle nuove sfide presentatesi ma hanno subito passivamente gli effetti della crisi. Questa evidenza è confermata dal rapporto negativo nascite/fallimenti di imprese calzaturiere negli ultimi anni, a conferma dell’impatto che la crisi ha avuto sul settore calzaturiero italiano. La figura 3.9 riepiloga il numero di imprese calzaturiere e il numero di addetti degli ultimi anni.
Figura 3.9: Andamento aziende operative in Italia
Fonte: (Shoes Report, 206) Stime Assocalzaturifici sulla base dei saldi registrati dalla banca dati della Camera di Commercio
Il secondo fattore consiste nel progressivo aumento della delocalizzazione (o offshoring). Un numero sempre maggiore di imprese, dato l’aumento del costo della produzione, ha preferito dislocare l’organizzazione produttiva in paesi diversi, per mantenere dei costi produttivi bassi e un’organizzazione nella sede principale più snella e flessibile alle nuove esigenze proposte dal mercato. Inoltre l’attività di far-shoring, cioè la dislocazione in paesi lontani (i principali sono i paesi asiatici come Cina, India e Vietnam, e i paesi latini come il Brasile), viene distinta dall’attività di near-shoring che prevede sì la dislocazione, ma in paesi vicini (i principali sono la Romania e la Polonia).
Si sottolinea che il biennio 2008-2009 è stato il periodo di apice degli effetti della crisi per le industrie calzaturiere italiane. Questi due anni hanno fatto registrare dati allarmanti per il settore, sia per la riduzione del numero delle imprese operative che per altri indicatori statistici come il numero di ordini ricevuti o il numero di paia di calzature prodotte. Per tali motivi questo periodo è stato ribattezzato “biennio horribilis”. Nella figura 3.10 si evidenziano il forte crollo delle vendite del 2009 (causato principalmente dalla riduzione dell’export) e la discesa continua delle vendite nel mercato italiano negli anni a seguire.
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Figura 3.10: Andamento delle vendite (a sinistra in numero di paia vendute, a destra in valore assoluto)
Fonte: Elaborazione personale su dati quantitativi ShoesReport 2016
L’ANCI, a testimonianza della severità della situazione nel biennio horribilis, precisa che ben l’83% degli imprenditori intervistati ha denunciato una contrazione dei volumi prodotti nel periodo in esame (nel 70% dei casi è stata superiore al 5%).
L’onda lunga della crisi si è fatta sentire anche negli anni successivi al biennio horribilis. L’ANCI riporta che più della metà delle aziende intervistate segnala un netto peggioramento degli insoluti115, mentre più di un terzo segnala un netto aumento degli ordinativi annullati o addirittura di merci non ritirate. Inoltre, la crisi ha interessato in modo generalizzato tutti i comparti e tutti i mercati di riferimento, con una riduzione media del 16% (17% in valore). La crisi ha colpito tutti i comparti merceologici, ma in particolar modo il comparto della pelle e cuoio, cioè il segmento di maggiore specializzazione in Italia. Il 21 maggio 2012 il presidente dll’ANCI Sagripanti, nella presentazione dello Shoes Report 2012 dedicato al rapporto tra finanza e settore calzaturiero, diceva: “I periodi di bassa congiuntura e di ristrutturazione periodica si sono susseguiti più volte nel medio-lungo periodo, ma la capacità delle imprese di reagire, adattandosi e cambiando continuamente, finisce col restituire un profilo settoriale che esprime una sostanziale tenuta di fondo: il che rende l’ambito calzaturiero più forte di come appare”. Il presidente Sagripanti con questo intervento voleva sottolineare un aspetto che caratterizza il settore calzaturiero italiano: la capacità di adattarsi e di mutare in base al mercato e alle esigenze del cliente, requisito fondamentale che un’industria calzaturiera italiana deve possedere se vuole crescere nel mercato della calzatura.
L’ANCI nello ShoesReport 2012 realizza un’indagine su di un panel di imprese calzaturiere italiane per valutare come queste stiano reagendo alla crisi economica e individua tre tipologie di imprese:
La prima tipologia, pari al 31,5% del panel delle aziende analizzate, comprende le imprese che hanno agevolmente superato la crisi e hanno adottato coerenti strategie dinamiche di trasformazione e di riposizionamento strategico.
La seconda tipologia, pari al 16,9% del panel delle aziende analizzate, rappresenta le imprese che sono riuscite ad affrontare e a superare il momento di crisi, senza adottare particolari strategie di riposizionamento e di trasformazione.
La terza tipologia, pari al 51,6% del panel delle aziende analizzate, rappresenta quelle imprese che non hanno superato il momento di crisi e non hanno adottato strategie di trasformazione o di riposizionamento strategico.
La tabella riportata in figura 3.11 mostra come nel 2016 le industrie calzaturiere stiano ancora attraversando un periodo di crisi.
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Figura 3.11: La crisi divide le industrie calzaturiere italiane
Fonte: ShoesReport 2016 (risposte a questionario somministrato ad un campione di industrie calzaturiere)
Dal punto di vista finanziario, lo ShoesReport 2012 evidenzia come le industrie calzaturiere siano strette in una morsa che causa forti problemi di liquidità per le aziende.
Da un lato le industrie calzaturiere non ottengono più finanziamenti dalle banche, o ne ottengono di nettamente ridimensionati rispetto al periodo pre-crisi. L’87% delle aziende intervistate dall’ANCI ha dichiarato di considerarsi “Banche improprie”, date le difficoltà di relazionarsi con il sistema creditizio bancario e di ottenere finanziamenti adeguati al reale rischio dell’impresa. Negli ultimi esercizi, si coglie una lieve diminuzione generale nei rapporti intrattenuti con le banche da parte delle industrie calzaturiere italiane. La figura 3.12 evidenzia come il calo dei prestiti concessi dal sistema creditizio bancario abbia colpito non solo il settore calzaturiero italiano. A partire dal 2009 (escludendo la breve ripresa nel 2011) le banche hanno finanziato sempre meno le società non finanziarie.
Figura 3.12: Andamento dei prestiti bancari in Italia (variazioni in percentuale)
Fonte: Bollettino Economico 3/2015, Banca d’Italia
Dall’altro lato invece sono le stesse industrie calzaturiere che prestano liquidità al mercato, in quanto molto spesso hanno dovuto essere loro stesse creditrici nei confronti dei propri clienti morosi, i quali in difficoltà economica richiedevano dilazioni nei pagamenti e nel peggiore dei casi non pagavano. Il presiedente dell’ANCI Sagripanti afferma che, nonostante la crisi e le difficoltà incontrate, le imprese calzaturiere mostrano potenzialità di crescita nascoste lungo l’intera filiera produttiva.
3.4 Riepilogo
Dopo una breve presentazione del settore calzaturiero, in cui si sono sottolineate le principali peculiarità del mercato della calzatura, si è focalizzata l’attenzione su una realtà ben consolidata e integrata con il territorio, di cui ciascuna impresa calzaturiera italiana fa parte: il distretto calzaturiero. Questo non rappresenta solo un agglomerato di imprese che sono ubicate nello stesso territorio circoscritto e svolgono la stessa attività, ma anche la storia e la cultura di quel territorio, per cui
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differenti distretti possono presentare caratteristiche differenti e con esse differenti scelte di struttura finanziaria (di cui si parla nel capitolo 6).
L’ultimo paragrafo ha considerato gli effetti della crisi nel settore calzaturiero italiano. Come afferma Aswath Damodaran (2015), le variabili macroeconomiche influenzano gli indici di indebitamento ottimali. In periodi favorevoli le imprese generano più utili e possono servirsi di un livello maggiore di debito, mentre nei momenti di recessione economica gli utili diminuiscono e aumentano le difficoltà delle imprese di sopportare il maggior debito. Gli aspetti che possono influire di più sull’impresa sono i livelli dei tassi privi di rischio e l’entità dei differenziali per il rischio insolvenza (Default spread) i quali vengono aggiunti al tasso privo di rischio per calcolare il costo finale del debito. In caso di recessione le imprese presentano una maggiore probabilità d’insolvenza; di conseguenza aumenterà il default spread applicato e, con esso, il costo totale del debito.
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