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4. Metodi della ricerca: questioni teoriche e scelte operative

4.2. Metodologie di analisi del contesto ceramico dell’Area 5

4.2.2. Analisi qualitative

4.2.2.1. Premessa metodologica

L’analisi qualitativa dell’aspetto delle superfici e delle fratture dei frammenti ceramici, lo studio della loro completezza e la stima dell’indice di frammentazione sono utili per la ricostruzione dei processi formativi di un determinato contesto ceramico.

La superficie dei vasi può essere paragonata, secondo Vidale, alla pelle e ai denti dell’organismo, poiché registra quanto accade al reperto durante il suo ciclo di vita1586. I diversi tipi di aspetto della

superficie dei vasi possono essere riconducibili a trasformazioni primarie o funzionali (dovute all’uso dei manufatti) e secondarie o post deposizionali (causate da fenomeni attivi dopo l’ingresso del vaso e dei suoi frammenti nel record archeologico)1587. M. Vidale sottolinea l’importanza di questo tipo di studio,

anche solo a livello autoptico e sul piano delle ipotesi 1588.

L’analisi delle superfici di un contenitore è utile al riconoscimento dei processi deposizionali, che hanno caratterizzato la formazione un contesto ceramico; questo è il caso dei residui carboniosi e delle tracce di combustione, delle pellicole di sostanze di origine animale e vegetale, dei depositi carbonatici1589. Al tempo stesso l’analisi qualitativa dei frammenti, che consenta di evidenziare tracce

di depositi minerali sulla superficie dei reperti, è utile a identificare nell’ambito di uno stesso contesto ceramico gli esemplari che sono stati originariamente parte di quel deposito rispetto a quelli residuali o intrusivi1590. Nello specifico, inoltre, l’osservazione della distribuzione delle tracce di combustione sulla

superficie delle ceramiche, in termini di opposizione tra interno ed esterno dei contenitori e di presenza-assenza sulle superfici permette di distinguere la deposizione di carbone in seguito a processi intenzionali di cottura (primaria o funzionale) da quella derivante da esposizioni accidentali a diversi tipi di fuoco, in seguito alla rottura e alla defunzionalizzazione del vaso (secondaria, post deposizionale)1591.

Nel primo caso, i depositi carboniosi compaiono insieme ad altre tracce di esposizione al fuoco, come arrossamenti per ossidazioni progressiva, fessurazioni e cadute crateriformi da punti o bande critiche1592. Depositi carboniosi interni, derivanti dall’occasionale combustione del contenuto organico

sottoposto a cottura (latte, cereali, legumi, carne) potrebbero coincidere con punti di arrossamento e

1583 ANDROHER AUROUX ET ALII 2016; MATEO-MOLINA 2016. 1584 FERRARESE LUPI-LELLA 2013.

1585 CECI-SANTANGELI VALENZANI 2016, p. 54. 1586 VIDALE 2007, p. 54.

1587 VIDALE 2007, p. 56. 1588 VIDALE 2007, p. 56. 1589 VIDALE 2007, p. 54. 1590 ORTON ET ALII 1993, p. 215.

1591 VIDALE 2007, p. 57. Strati di carbone o nerofumo sulla superficie esterna possono essere prove dell’uso dei vasi come

pentole da cucina.

alterazione termica all’esterno, dove il vaso è stato a contatto diretto e prolungato con la fiamma1593.

Nei casi in cui è presente sulle pareti del reperto ceramico uno strato di resina (o altra sostanza per inibire la porosità del vaso) per impermeabilizzarlo, i residui sulle superfici si riferiscono al ciclo di manifattura, ancora prima dell’uso dei contenitori1594. Strati di materiali grassi lasciati all’interno delle

pareti ad operazioni di bollitura dei liquidi potrebbero essere riconoscibili ad occhio nudo; anche se nel caso di altri materiali organici residuali invisibili a occhio nudo è necessario riconoscimento archeometrico1595.

Il trattamento di superfici o fratture fornisce indicazioni sulle vicende postdeposizionali a cui i frammenti sono stati sottoposti. Altri fenomeni postdeposizionali, come il calpestio, il trasporto e le trasformazioni chimiche possono cancellare le tracce d’uso di ogni genere. Per quanto riguarda i processi post deposizionali di asporto, le ceramiche possono essere attaccate da ambienti acidi e dalla componente humica degli orizzonti sedimentari (i frammenti, che sono stato a contatto con radici, risultano essere coperti da linee scure sottili; quelli, che sono stati soggetti all’azione dell’acqua, presentano tracce riconoscibili di briozoo o altri organismi)1596. Strati interni di natura carbonatica o

alcalina potrebbero essere derivati da operazioni ripetute di cottura, bollitura o evaporazione di liquidi diversi e studi analitici su questa tipologia di depositi possono rivelare dettagli riguardanti le tecniche di cottura (ad esempio, sul combustibile, sul materiale cotto e sul posizionamento dei vasi sul fuoco)1597.

Sul piano delle interfacce negative, l’assorbimento di soluzioni alcaline potrebbe innescare forme di erosione dei cocci, in contesti di superficie o di graduale esposizione superficiale (risalita capillare e cristallizzazione dei sali con effetti distruttivi)1598. Inoltre, l’assorbimento post deposizionale dell’acqua,

in ceramiche cotte a bassa temperatura, può causare irreversibili processi di decoesione, sgretolamento e perdita di materiale1599. In condizioni di decomposizione di sostanza organica e in assenza di ossigeno,

i batteri solfo-riduttori possono disgregare vetrine piombifere applicate sulla ceramica1600.

L’analisi qualitativa della ceramica è utile per la determinazione della funzione di un vaso; M. Vidale propone una lettura basata sul riscontro di unità analitiche positive (stratigrafie di apporto) o negative (un’ampia interfaccia di asporto o rottura); in tal senso, il lessico e la formalizzazione dei dati sono gli stessi usati per la normale analisi stratigrafica di un sito archeologico1601 (Fig. 26). Molti processi

tecnici, nell’uso dei vasi, ad esempio, hanno come effetto la formazione di diverse interfacce negative o abrasioni1602. Queste ultime sono indicative delle caratteristiche funzionali dei reperti; ad esempio,

ceramiche di uso domestico avranno un numero maggiore di abrasioni rispetto a quelle fini1603. Le

abrasioni possono essere determinate da: strumenti, da contatto con piani di appoggio, coperchi o altri contenitori, da pulitura (spesso effettuata con sabbie o ceneri abrasive sfregate sulle pareti)1604. Le

usure più comuni post deposizionale delle superfici sono causate da processi di trasporto gravitativo (cadute e scivolamento a terra) o idraulico (trascinamento e erosione fluviale) e dal calpestio umano e animale1605.

1593 VIDALE 2007, p. 57. 1594 VIDALE 2007, p. 57. 1595 VIDALE 2007, pp. 57-58.

1596 VIDALE 2007, p. 58; ORTON ET ALII 1993, p. 215. 1597 VIDALE 2007, p. 58. 1598 VIDALE 2007, p. 58. 1599 VIDALE 2007, p. 58. 1600 VIDALE 2007, p. 58. 1601 VIDALE 2007, p. 56. 1602 VIDALE 2007, p. 58. 1603 VIDALE 2007, p. 58. 1604 VIDALE 2007, p. 59. 1605 VIDALE 2007, p. 59.

Trasformazioni primarie (funzionali) Trasformazioni post-deposizionali

Evidenza Unità positive

(apporti) Unità negative (asporti) Unità positive (apporti) Unità negative (asporti)

Carbone Nerofumo da cottura

(esterno) Carbone da contatto stratigrafico

Carbone Residui combusti

(interno Carbone da contatto stratigrafico

Carbonati o Sali Depositi cartonatici e

alcalini (bollitura) Precipitazioni carbonatiche e alcaline

Erosioni saline

Sostanze organiche Resine e oli per

inibire le porosità Cadute o decoesioni da cicli di alterazioni Materiali organiche Resti di cibi/bevande Cadute o decoesioni

da cicli acidi Sostanze organiche assorbite Erosioni da humus

Assorbimento acqua Resti di cibi/bevande Decoesione,

sbriciolamento Abrasione

superficiale Usure interne da pestelli, cucchiai,

lame e altro

Usure da trasporto gravitato/idraulico, calpestio Abrasione

superficiale Usure esterne da contatto con piani o

vasi o coperchi Abrasione

superficiale Usure da pulitura con vari abrasivi

Abrasione

superficiale Usure da attività di micromammiferi e

insetti

Distacchi parziali Crateri piroplastici da

fuoco Crateri piroplastci da contatto termico

casuale

Distacchi parziali Crateri piroplastici da

vapore interno

Rotture Fratture da caduta

Rotture Fessurazioni termiche

(esposizione a fuoco) Fessurazioni da contatto casuale con fuoco

*si tratta della classificazione preliminare, in termini di apporto, asporto, trasformazione delle alterazioni delle superfici di vasi antichi: per primarie o funzionali si intendono quelle dovute all’uso dei vasi; per secondarie o post-deposizionali quelle successive all’ingresso del vaso o dei suoi frammenti nel record archeologico.

Figura 26. Tipi di alterazioni fisico-chimiche dei manufatti ceramici (VIDALE 2007, pp. 56-57).

Il riconoscimento di questi indicatori dipende dalla loro conservazione: quest’ultima molto spesso è in funzione della salvaguardia delle evidenze archeologiche nelle fasi più delicate del recupero archeologico (ovvero l’estrazione dal deposito e la successiva pulitura)1606.

Un altro indicatore di estrema utilità per la determinazione del ciclo di vita di un reperto è costituito dalla forma e dimensione dei frammenti ceramici; anche se molto spesso influiscono su questi due parametri l’impasto e le caratteristiche morfologiche del manufatto1607.

Come per la sedimentologia, in cui è possibile classificare i frammenti detritici dal grado di arrotondamento dei bordi, che riflette il grado di intervento degli agenti atmosferici; anche per lo studio dei frammenti ceramici è bene segnalare il tipo di aspetto delle fratture o il grado di arrotondamento delle superfici per stimare l’impatto o apporto antropico e/o naturale nella formazione di un’Unita Stratigrafica1608. È necessario, dunque, segnalare, in sede di classificazione dei reperti se le fatture sono

nette o dilavate e se le superfici sono abrase, dilavate o prive di tracce di usura.

Oltre alle caratteristiche, sin qui discusse, importanti sono anche le valutazioni degli indici di frammentazione e completezza, in grado di fornire informazioni sul grado di affidabilità del contesto (quando il record archeologico rispecchi le associazioni di manufatti realmente presenti nel contesto vivente) ed integrare lo studio dei processi formativi della stratificazione1609. Queste analisi statistiche

sono particolarmente utili allo studio dei processi formativi di un contesto; la frammentazione e la

1606 VIDALE 2007, p. 54. 1607 ORTON ET ALII 1993, p. 214. 1608 ORTON ET ALII 1993, p. 215. 1609 CORTESE 2006, p. 336.

completezza partono da un indice iniziale costituito dal valore di un vaso integro, ma il primo valore aumenta in proporzione all’incremento dei cicli deposizionali e postdeposizionali, mentre il secondo diminuisce1610. Una differenza tra i due indici è che l’indice di frammentazione dipende sia dal tipo ceramico sia dal contesto, mentre la completezza dipende solo dal contesto1611. Questo rende l’indice di completezza molto più utile come puro indicatore dei processi formativi del sito1612.

La completezza di un vaso o indice di completezza si riferisce alla percentuale o alla proporzione del vaso originale presente in un deposito; ad esempio, un particolare vaso potrebbe completo per il 50 % per un deposito e 10 % per un altro; se i depositi sono combinati, il vaso diviene completo per il 60 % in un nuovo deposito1613. La completezza dipende dalla storia del vaso dal momento in cui si è rotto o

è stato scartato sino a quando i suoi frammenti sono stati scoperti1614. Durante questo periodo, è

sottoposto a uno o più eventi, che incidono in varia misura sulla completezza del vaso1615. L’indice di

completezza, inoltre, risulta essere fondamentale per definire il tipo di contesto di provenienza del materiale analizzato: indici di completezza alti, vicini a 1, sono caratteristici dei corredi funerari, degli immondezzai domestici, dei depositi votivi, mentre indici vicini allo 0 possono indicare strati rimaneggiati o in giacitura secondaria, livelli di frequentazione o piani di calpestio1616.

È evidente che un alto indice di completezza può, inoltre, essere indicativo della presenza in un dato contesto ceramico sia di pochi frammenti di grandi dimensioni, sia di molti frammenti di piccole dimensioni; per calcolare questa variabile si ricorre all’indice di frammentazione che indica la quantità di frammenti in cui si è rotto un singolo vaso1617. Schiffer ha elaborato per calcolarlo la seguente

formula:

FI = I

2 + DEF(* (5)

Ove P è il numero di frammenti in cui il vaso si è rotto.

L’indice vale da 1, per un vaso intero, a un numero che si avvicina sempre più a 0 man mano che aumenta il numero di frammenti1618.

Un’analisi dell’indice di completezza è quella sviluppata da Peric su un campione di 118 individui di saliere, evidenziando, infine, come alcuni reperti siano stati commerciati in forme frammentarie1619.

Altro aspetto qualitativo nell’analisi dei contesti ceramici è l’indice di conservazione, che descrive, in termini matematici, quanto del vaso è presente ed è possibile ricostruire1620. Questo valore

è espresso come percentuale attribuita empiricamente attraverso un controllo visivo; ad esempio, un valore del 25% corrisponde ad una ricostruzione scarsa (se è presente solo il fondo o se molti frammenti non contigui sono stati trovati)1621. Jallot, invece, propone un indice di conservazione basato sul valore

del peso dei frammenti e di quello stimato per il vaso intero e un indice di restituzione dato dal peso della sezione maggiore del vaso ricostruibile e dal peso del vaso integro1622. Questi valori sono difficili

da calcolare a causa di errori dovuti alla stima del peso dell’intero vaso1623.

L’indice di frammentazione, invece, si riferisce al numero dei frammenti di ogni singolo vaso che sono stati rinvenuti1624.

1610 ORTON ET ALII 1993, p. 179. 1611 ORTON ET ALII 1993, p. 179. 1612 ORTON ET ALII 1993, p. 179.

1613 CECI-SANTANGELI VALENZANI 2016, p. 20; CHAPMAN 2000, p. 58; ORTON ET ALII 1993, p. 167. 1614 ORTON ET ALII 1993, p. 168.

1615 ORTON ET ALII 1993, p. 168.

1616 CECI-SANTANGELI VALENZANI 2016, p. 20. 1617 CECI-SANTANGELI VALENZANI 2016, p. 20.

1618 CECI-SANTANGELI VALENZANI 2016, p. 20; FONTANA 1998a; FONTANA 1998b. 1619 CHAPMAN 2000, p. 67; PERIC 1996.

1620 FONTANA 1998a; FONTANA 1998b. 1621 FONTANA 1998a; FONTANA 1998b.

1622 FONTANA 1998a; FONTANA 1998b; JALLOT 1990. 1623 FONTANA 1998a; FONTANA 1998b.

Al contrario dell’indice di completezza, che è una variabile dipendente dal tipo di ceramica, l’indice di frammentazione è legato non solo ai modi di formazione dei contesti e alle loro vicende postdeposizionali, ma anche alle caratteristiche delle diverse classi e produzioni ceramiche: vasi fragili, con le pareti molto spesse e di grandi dimensioni si rompono in un numero di frammenti maggiori rispetto a quelli di minori dimensioni e con corpo ceramico più resistente agli urti1625.

Un sistema più grossolano per calcolare l’indice di frammentazione di un intero insieme ceramico, al fine di avere indicazioni sui modi di formazione del suo contesto di provenienza e sulle sue vicende postdeposizionali, è quello di dividere il peso totale della ceramica rinvenuta per il numero totale dei frammenti: GH =IJKL, da cui ne deriva che più il risultato è basso, più alto risulta essere l’indice di frammentazione1626.

Uno studio di Tzintzuntzan identifica cinque fattori elementari che influenzano la frammentazione: la lunghezza basilare del vaso, la funzione (ceramica da cucina, dispensa, conservazione, etc.), il metodo d’uso, il contesto d’uso, il costo del vaso1627. Per quanto riguarda l’indice

di frammentazione dei vasi Chapman ha considerato non solo il ruolo antropico ma anche quello degli animali nell’ambito dei processi deposizionali e postdeposizionali1628. La frammentazione dei manufatti,

inoltre, è stata oggetto di numerosi studi etnografici, che hanno evidenziato come l’oggetto frammentato, in alcune pratiche sociali, garantisca la validità di un accordo o transazione1629. Chapman

ipotizza, infatti, la possibilità di scambi di oggetti frammentari come parti di relazioni ‘enchained’ al di là della comunità locale 1630.

Sia la completezza sia la frammentazione possono influenzare la possibilità di un vaso si essere rappresentato in un particolare contesto ceramico1631. Quando la completezza è bassa, i vasi con un alto indice di brokeness possiedono una maggiore possibilità di essere rappresentati rispetto agli altri tipi, dal momento che un numero maggiore di frammenti risulta essere campionato1632. Ad esempio, se in una popolazione di 10 vasi appartenenti a due tipologie, una si rompe in 10 frammenti e l’altra rimane quasi integra; in tal caso il 10% del campione potrebbe essere composto da frammenti provenienti da più di 10 vasi del primo tipo, ma solo uno dal secondo1633. L’indice di frammentazione in un contesto ceramico può influenzare i valori della completezza, che raggiunge la sua forma ideale teoricamente quando la ceramica è molto frammentaria1634. Al contrario dell’EVREP, la percentuale derivante dall’EVE non risulta essere influenzata né dall’indice di frammentazione né da quello di completezza1635. L’indice di frammentazione è ottenibile con il conteggio dei frammenti o vasi equivalenti; l’indice di completezza è raggiungibile con il numero dei vasi equivalenti o rappresentati1636.

4.2.2.2. Il caso di studio

Le analisi qualitative del contesto ceramico dell’Area 5 sono state sviluppate tenendo conto dei diversi orientamenti metodologici presenti in letteratura e valutando le procedure più adatte alla ricostruzione dei depositi originari di provenienza dei manufatti ceramici catalogati.

Una prima tipologia di analisi ha riguardato una stima del grado di arrotondamento delle fratture dei frammenti classificati. I risultati di questa valutazione sono stati utili per la ricostruzione dei processi deposizionali e post-deposizionali, a cui i reperti sono stati sottoposti. In tal senso, le fratture dilavate sono indicative di una lunga permanenza dei manufatti in acqua, mentre le fratture nette sono

1625 CECI-SANTAGELI VALENZANI 2016, p. 21. 1626 CECI-SANTAGELI VALENZANI 2016, p. 21. 1627 ORTON ET ALII 1993, p. 207. 1628 ORTON ET ALII 1993, pp. 207-208. 1629 CHAPMAN 2000, p. 39. 1630 CHAPMAN 2000, p. 68. 1631 ORTON ET ALII 1993, p. 169. 1632 ORTON ET ALII 1993, p. 169. 1633 ORTON ET ALII 1993, p. 169. 1634 ORTON ET ALII 1993, p. 170. 1635 ORTON ET ALII 1993, p. 171. 1636 ORTON ET ALII 1993, pp. 178-179.

rappresentative di una rottura subitanea (avvenuta durante la fase deposizionale del manufatto nel contesto di rinvenimento o in corso di scavo o legata alle vicende post-scavo).

In sede di catalogazione, sono state registrate le tipologie di trattamento della superficie del frammento, individuando le evidenze visibili ad occhio nudo: come la presenza di resina, residui organici o tracce di combustione o di malta. L’individuazione delle tracce d’uso è utile alla ricostruzione del ciclo di vita del manufatto, consentendo eventuali attribuzioni ad aree di provenienza dei reperti. Ad esempio, i frammenti di ceramica africana da cucina con superfici annerite potrebbero essere pertinenti alla dotazione di bordo delle navi o potrebbero provenire da unità abitative contermini alla riva; la presenza di malta su alcuni laterizi e anforacei potrebbe essere associabile ad un utilizzo come materiale costituente di una struttura non molto distante dall’approdo.

Gli indici di completezza e di frammentazione, come già discusso in precedenza, forniscono importanti risultati ai fini della ricostruzione dei processi formativi del contesto ceramico analizzato. Rispetto alle metodologie, sin qui esposte, sono state sviluppate delle procedure sperimentali, valutando i parametri e le condizioni di uso più adatte per il deposito ceramico indagato.

La completezza del vaso è stata valutata sulla base dell’EVE; nello specifico, la percentuale di orlo o fondo conservato è stata considerata come termine di misura della proporzione dell’intero vaso conservato. Del resto, il grado di completezza dipende esclusivamente dalle vicende deposizionali e post-deposizionali e, pertanto, tale indice sarà analogo nei reperti coinvolti nei medesimi eventi.

Al contrario della completezza, l’indice di frammentazione dipende in gran parte dalle caratteristiche fisiche dell’impasto ceramico. Sebbene sia dimostrata largamente in letteratura questa limitazione, è stato calcolato ugualmente un indice di brokeness, sperimentando una nuova procedura, che prende in considerazione non il peso dei reperti1637, quanto piuttosto il numero dei frammenti (NR)

e la quantità dei vasi rappresentati (NMI) nell’ambito di ciascuna US/fase. Il valore risultante è estremamente indicativo delle vicende deposizionali, che hanno interessato il contesto di appartenenza del campione ceramico esaminato.

Le analisi qualitative hanno contribuito, inoltre, alla stima della magnitudine dei flussi alluvionali individuati, intesa come energia potenziale necessaria alla formazione delle aree di spargimento della ceramica. In tal senso, si è proceduto, in primo luogo, alla ricostruzione del volume delle singole fasi analizzate a partire dalla restituzione tridimensionale del paleopaesaggio dell’Area 5. In secondo luogo, è stato possibile calcolare una media dell’indice di completezza delle differenti classi ceramiche derivanti dalle singole fasi. Infine, il rapporto tra il volume delle fasi e la media dell’indice di completezza ha consentito di ricostruire la magnitudine alluvionale. Questo valore ha contribuito all’analisi dei processi formativi dei contesti ceramici esaminati, dal momento che è stato così possibile stimare il grado di incidenza degli eventi alluvionali nell’ambito delle vicende deposizionali caratterizzanti la sequenza stratigrafica dell’Area 5.

4.2.3. Analisi cronologiche

4.2.3.1. Premessa metodologica

Il processo di stratificazione archeologica può essere definito con un intervallo cronologico sia assoluto sia relativo; quest’ultimo si può ricavare da indicatori cronometrici desunti da fonti storiche, da analisi cronotipologiche o fisico-chimiche del materiale rinvenuto1638.

L’analisi della sequenza stratigrafica fornisce una cronologia relativa del processo di formazione, di cui è possibile stabilire Il terminus post quem, definito dalle datazioni dei reperti o del più recente di altri dati cronologici restituiti dall’US1639, ed il terminus ante quem, che rappresenta la data di inizio del

1637 Le tempistiche della ricerca, così come la mole e l’eterogeneità dei materiali catalogati non hanno consentito l’analisi

ponderale del contesto indagato.

1638 DESACHY 2008, p. 80; ORTON ET ALII 1993, p. 188. Altre tecniche di datazione sono i metodi scientifici come la luminescenza

(sia TL sia OSL).

processo formativo dell’US e costituisce un’informazione estrinseca all’US stessa1640. In generale, il

terminus post quem fornisce il termine più recente per la fine e non l’inizio del processo formativo1641.

Accanto a questi due limiti cronologici, B. Desachy evidenzia altri intervalli, che definiscono la formazione dell’US sulla linea del tempo assoluto, definita da: la datazione (corrispondente ad una cronologia assoluta) e la durata (espressa in secoli, anni, mesi e limitata da un istante di origine e da uno finale)1642. La prima tipologia di durata è quella di formazione, legata a ciascuna US e necessaria a

definire, più in generale, il processo di formazione di un contesto chiuso; se questo genere di durata è immediata o molto breve, il passaggio degli oggetti del contesto sistemico a quello culturale è pressoché contemporanea (questo è il caso di un deposito funerario o un evento naturale di portata catastrofica, come è stata la distruzione di Pompei ad opera dell’eruzione del 79 d.C.)1643. I limiti temporali, che

definiscono questa durata, sono: istante di origine e quello finale di formazione dell’US; a quest’ultimo si fa riferimento per la datazione dello strato1644. Una seconda tipologia di durata è quella denominata