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1. Archeologia delle alluvioni

1.5. Le tematiche di ricerca dell’Alluvial Geoarchaeology

1.5.2. Il rapporto uomo-ambiente nei contesti alluvionali

In letteratura, appare ricorrente il rapporto tra contesti alluvionali e l’attività antropica. Nell’ambito di questo dibattito, questa dicotomia assume connotati diversi, talora contrastanti; infatti, alcune volte risultano evidenti ricadute positive per quanto riguarda sia la gestione delle risorse alluvionali sia lo sviluppo di insediamenti umani nell’ambito di contesti alluvionali, altre volte gli effetti sono devastanti, come nei casi di abbandono di un paleoambiente alluvionale o di distruzione di un sito archeologico formatosi in seguito a dissesti idrogeologici.

È, infatti, noto come l’efficace gestione delle alluvioni e delle relative risorse sia diventata cruciale nello sviluppo dell’agricoltura e delle civiltà urbana275. Le alluvioni così come le piane

266ROMANO ET ALII 2013.

267Da ultimoERMOLLI ET ALII 2014;ROMANO ET ALII 2013. 268BUONOMO ET ALII 2012A. 269LEWIN ET ALII 1995,pp. 195-205. 270LEWIN ET ALII 1995,pp. 65-76. 271LEWIN ET ALII 1995,pp. 219-229. 272HARTLEY ET ALII 2005. 273MACKLIN-NEEDHAM 1992, pp. 272-273. 274MACKLIN-NEEDHAM 1992,pp.123-124. 275LEWIN ET ALII 1995,p. 99.

alluvionali sono legate alla nascita e sviluppo delle prime civiltà urbane, come quella babilonese ed egiziana276. Le popolazioni, nel corso di tutte le epoche storiche, si sono raggruppate densamente

lungo gli argini fluviali, nonostante il rischio di violente alluvioni277.

Allo stesso modo le alluvioni del Tevere sono presenti sin dalle origini della città; un’alluvione salvò la vita di Romolo, consentendogli di divenire re e un’inondazione determinò la fondazione della città nell’attuale sito278.

Del resto, emerge, in letteratura, una particolare predilezione delle piane alluvionali per quanto riguarda l’epoca preistorica e protostorica, come per i siti archeologici del Neolitico in Macedonia279, per l’occupazione umana nella piana alluvionale di Vaise durante l’età del Ferro

(metà V sec. a.C.)280, per il piccolo pianoro posto su una terrazza alluvionale presso la riva sinistra

del Célé (Lot) con occupazioni di tipo domestico dal Neolitico Medio alla prima età del Ferro281.

Talvolta la presenza umana assume caratteri di lunga continuità, come nel caso dell’area in Asturia (Spagna Nord Occidentale), caratterizzata dallo sviluppo insediativo nell’ambito del paesaggio di tipo fluvio-alluvionale, in cui la presenza antropica è documentata nel corso del Paleolitico, Neolitico (4372-3963 a.C.) e in epoca tardo antica (244-535 d.C.)282

Gestione dei flussi alluvionali

La frequenza di dissesti idrogeologici ha generato un diverso grado di adattamento antropico rispetto alle risorse alluvionali. In tal senso, sono stati sviluppati progetti ingegneristici in grado di gestire l’energia derivante da flussi alluvionali. Per quanto riguarda la civiltà egiziana sono documentati a partire dal Medio Regno numerosi progetti idraulici, come costruzioni idrauliche e dispositivi per il sollevamento dell’acqua (come shaduf o ruote d’acqua) realizzati in maniera continuativa dall’età tolemaica a quella araba283. Nell’ambito della civiltà babilonese sono

documentate diverse opere ingegneristiche (come strutture murarie ed argine) realizzate dai sovrani babilonesi per controllare le piene dei fiumi Tigri ed Eufrate284.

Per quanto riguarda l’epoca imperiale romana, il potere politico si è occupato, con vari interventi e provvedimenti, della problematica alluvionale: ricostruendo strutture ed infrastrutture distrutte da questi disastri naturali, istituendo figure professionali addette al mantenimento del sistema di gestione delle acque, (vigiles, praefectus annonae, curatore operum publicorum curatores riparum et alvei Tiberis, che in epoca traianea divenne curator alvei et riparum Tiberis et cloacarum urbis, ediles urbani)285, realizzando opportune infrastrutture (argini, scolmatoi, miglioramento e

stabilizzazione dei canali, cisterne)286, strutture (riempimenti artificiali detritici o costruzione di

edifici pubblici su alti podii)287 e specifiche opere ingegneristiche (costruzione di un canale

artificiale, deviazione di una parte del corso fluviale, alterazione del percorso, dimensioni o caratteristiche del canale principale)288.

Del resto, molto spesso la mancata costruzione di un ponte o alterazione di un corso fluviale sono state associate alla paura di suscitare ira da parte della divinità protettrice di quel corso

276ALDRETE 2007,p. 1. 277ALDRETE 2007,p. 1. 278ALDRETE 2007,pp. 10-13. 279COMMENGE 2009. 280AYALA -MONIN 1996. 281BRUXELLES ET ALII 2012. 282JIMENEZ SANCHEZ ET ALII 2011. 283HASSAN 2010.

284 KILLIK 1979-1981descrive le diverse opere ingegneristiche realizzate dai sovrani babilonesi per controllare le piene dei fiumi

Tigri ed Eufrate.

285ALDRETE 2007,p. 164. 286ALDRETE 2007,p. 166. 287ALDRETE 2007,pp. 177-181.

288ALDRETE 2007,p. 181.Una di queste opere è stata quella di deviare il corso del Tevere scavando un canale parallelo alla costa

d’acqua289. In tal senso, il rispetto dei Romani nei confronti dei corsi fluviale è perfettamente

illustrato nel percorso non lineare della Cloaca Massima, che segue il percorso meandriforme del fiumicello che scorreva dal Foro al Tevere290.

In altri casi, infatti, i rischi provocati da eventuali esondazioni sono progressivamente ridotti attraverso interventi capaci di ridurre il potenziale distruttivo di un corso d’acqua, come la modifica di alvei o la costruzione di argini artificiali lungo le sponde fluviali.

Gli alvei del fiume Kifissos e Illissos, ad esempio, sono cambiati continuamente durante l’Olocene sia ad opera del sistema fluviale meandriforme e sia ad opera delle attività umane; infatti in epoca classica, nei pressi del fiume Kifissos, è stato realizzato un canale per deviare l’acqua dal suo meandro291.

I cunicoli in alcune città della Turchia (laddove sono preponderanti formazioni carsiche costituite da rocce di carbonato) sono spesso usati per il drenaggio delle acque alluvionali di un corso d’acqua292.

L’archeologia urbana, inoltre, ha consentito di precisare le misure prese ad Arles per la gestione del rischio alluvionale; la città, infatti, è stata protetta da dighe e da canali di drenaggio delle acque fluviali esistenti in città293.

Risorse alluvionali e attività produttive

Il potenziale produttivo ed economico delle risorse alluvionali è stato, inoltre, sapientemente utilizzato dalle società antiche, che sono riuscite a trasformare sia i sedimenti alluvionali sia l’energia dei flussi alluvionali nell’ambito di complessi sistemi produttivi.

Un caso-studio particolare riguarda le risorse aurifere contenute in alcuni depositi alluvionali, come quelli spagnoli, dove già in epoca romana sono stati elaborati sofisticati sistemi di sfruttamento di questa risorsa.

Nella provincia di Leòn (Nord ovest della Spagna) sono state individuate quattro grandi zone minerarie aurifere ‘alluvionali’, attive tra l’inizio del I e la fine del II sec. d.C.294. In epoca romana

sono stati realizzati cantieri a cielo aperto, che hanno sfruttato la forza idraulica delle alluvioni295.

Le evidenze archeologiche e le fonti letterarie (Plinio il Vecchio) illustrano le tecniche utilizzate per l’estrazione dell’oro296. Osservando il fenomeno naturale di deposizione dei sedimenti fluviali, i

Romani hanno saputo sfruttare l’azione della corrente fluviale, incanalando corsi d’acqua discendenti dai versanti ed immagazzinandoli in grandi bacini ritagliati nel suolo e consolidati con dighe in pietra297. Plinio definisce questa tecnica ‘ruina montium’ per indicare la terza fase

dell’approvvigionamento dell’oro (Nat. Hist. 33, 66 ‘aut in ruina montium quaeritur’), designando la tecnica di caduta delle masse alluvionali298. Nella sua ricerca Domergue evidenzia l’esistenza di

diversi giacimenti di formazione analoga, ma morfologicamente differenti; senza dubbio, la forza idraulica è alla base di tutte le operazioni, ma il suo utilizzo è differente nelle diverse miniere299. Le

differenti metodologie adottate evidenziano la grandiosità delle tecniche romane di adattamento alla topografia e alla morfologia dei diversi giacimenti300.

289 ALDRETE 2007,pp. 218-219.

290ALDRETE 2007,pp. 218-219. Deviare o ridurre il corso degli affluenti era considerato un affronto alla divinità protettrice; la

paura di “ridurre la maestà del Padre Tevere” (Tac., Ann. 1.79) era una delle ragioni per cui si evitava di deviare il corso degli affluenti del Tevere.

291CHIOTIS 2016. 292BAYKAN ET ALII 2016. 293 LEVEAU 2017. 294CAUUET 1987. 295CAUUET 1987. 296CAUUET 1987. 297CAUUET 1987. 298DOMERGUE 2012. 299DOMERGUE 1971. 300DOMERGUE 1971.

Alcuni studi geoarcheologici valutano l'alto potenziale dei suoli alluvionali nelle attività produttive. Ad esempio, I ventagli alluvionali di Qazvin nei pressi di Teheran (ca. 6250-2450 BP) hanno offerto, sin dall’età preistorica, alle popolazioni ricche risorse d’acqua, suoli adatti alla coltivazione e alla produzione ceramica301. È il caso, anche, delle risorse alluvionali legate alle

esondazioni del fiume Sebou, che hanno segnato la fondazione della colonia Iulia Valentia Banasa e la creazione di un vero proprio quartiere artigianale specializzato nella produzione ceramica dal II sec. a.C. al V-VI sec. d.C.302

Ugualmente, ad Atene, dove i sedimenti fluviali del Kifissos sono stati utilizzati così come le risorse di argilla per la realizzazione di ceramica303.

Allo stesso modo, in Romania, i dati archeologici e quelli geomorfologici suggeriscono cambiamenti fluviali, che hanno favorito lo sviluppo delle attività agricole su suoli resi fertili dalle piene alluvionali304.

Talvolta, i depositi alluvionali hanno offerto la possibilità di diverse pratiche antropiche, come per il sito di Canning Town (Inghilterra) la cui presenza umana nella foresta locale, datata tra fine del Neolitico (3350-3030 a.C.) e l’età del Bronzo Medio (1400-1120 a.C.), risulta essere legata ad attività economiche, quali la pesca e la caccia305.

Altre forme produttive legate allo sfruttamento della forza idraulica alluvionale sono le riserve idriche e le strutture di irreggimentazione dei corsi d’acqua, realizzate in Giordania e in Tripolitania.

Il lavoro di Barker illustra lo sviluppo delle dinamiche agricole ed insediative nella piana alluvionale pre-desertica in Libia e nel Wadi Faynan in Giordania meridionale, descrivendo lo sviluppo dei sistemi intensivi di produzione basati sullo sfruttamento delle alluvioni306. Entrambe le

aree sono desertiche, degradate, con paesaggi frequentati da popolazione mobile dipendente da pastorizia per la sopravvivenza, ma caratterizzate da abbondante materiale archeologico per il periodo romano307. In entrambe le regioni, dettagliate ricerche geomorfologiche e paleoecologiche

indicano che le società romane hanno realizzato strutture destinate allo sfruttamento delle inondazioni, realizzando sistemi simili a quelli utilizzati dagli attuali abitanti delle stesse regioni, anche se con maggiore investimento nella costruzione di strutture per il loro mantenimento e con un maggiore grado di organizzazione e coordinamento spaziale delle attività308.

Il lavoro successivo di Gilbertson e Chisholm esamina i successi e i fallimenti di questi sistemi di sfruttamento delle alluvioni in uso presso la popolazione libica nel periodo romano309. Il sistema

produttivo romano-libico è costituito, nello specifico, da dighe e strutture murarie per il controllo delle acque310. Queste strutture sono riuscite a sfruttare le acque derivanti da alluvioni occasionali,

il cui contenuto sedimentario veniva trattenuto a valle da altre unità strutturali311. I sistemi di

sfruttamento delle inondazioni sviluppati dai contadini romano-libici nell’area predesertica tripolitana sembrano essere stati strutture sostenibili, derivanti dalla conoscenza dei processi di deflusso superficiale e fluviale e delle condizioni geomorfologiche locali e dalle abilità ingegneristiche di queste popolazioni312. Il tracollo di questo tipo di sistema produttivo sembra

301MAGHSOUDI ET ALII 2014. 302GIRARD 1981;LE COZ 1960. 303CHIOTIS 2016. 304BAILEY 2002. 305BARNETT 2010. 306BARKER 2001. 307BARKER 2001. 308BARKER 2001. 309GILBERTSON-CHISHOLM 1996.

310GILBERTSON-HUNT 1990. Il lavoro analizza un insieme di dati sulle proprietà delle antiche strutture murarie nell’ambito di un

Wadi, Wadi Umm el Kharab.

311GILBERTSON-HUNT 1990. 312GILBERTSON ET ALII 2000.

essere stato frammentario e graduale, non collegato a ‘fattori di spinta’ come la caduta dell’impero, ma piuttosto ad un cambiamento verso uno stile di vita caratterizzato da nomadismo313.

Effetti degli eventi alluvionali

Lo studio delle alluvioni antiche si concentra anche sull’analisi degli effetti prodotti dai dissesti idrogeologici sui record archeologici. Aldrete nel suo lavoro si è interessato dei fenomeni alluvionali del Tevere in epoca romana, sottolineandone sia gli effetti a lungo termine sia quelli immediati314. Gli esiti immediati delle alluvioni sono condizionati al loro effetto distruttivo rispetto

a strutture (come ponti, porti e relative infrastrutture), proprietà ed esseri viventi315. Aldrete

ricorda, inoltre, tra gli effetti a lungo termine di un evento alluvionale, la debolezza degli edifici danneggiati dal flusso d’acqua, la scarsità di cibo (carestie)316, il furto o allagamento degli horrea317,

le malattie 318.

Gli eventi alluvionali a carattere catastrofico possono determinare effetti devastanti per il paesaggio, provocando addirittura il tracollo di sistemi insediativi.

Nel caso della valle del torrente Cervano, presso Baselice, durante il Neolitico, una fase di alluvionamento, preceduta e accompagnata da intensi eventi erosivi, determina l’abbandono, la distruzione dell’insediamento umano ed il suo seppellimento sotto depositi alluvionali319. Il

successivo cambiamento morfologico del contesto, dovuto a processi erosivi e deposizionali, ha compromesso la rioccupazione dell’area320.

Nella piana del Volturno, a partire dal I sec. a.C., grandi piene hanno provocato la distruzione di antichi ponti e hanno cambiato l’alveo fluviale, come emerge da un’analisi delle fonti storiche e delle evidenze archeologiche321. Infatti, nei centri romani di Allifae, Casilinum e Urbana le alluvioni

del Volturno e dei suoi affluenti hanno depositato da 1 a 7 metri di detriti, innalzando i piani di calpestio322.

L’area della necropoli monumentale lungo la via Flaminia, posta all’interno della piana alluvionale del fiume Tevere, è caratterizzata dalla sedimentazione connessa ai numerosi eventi deposizionali occorsi in epoca storica, che hanno causato l’abbandono del sito per molti secoli e la successiva sospensione delle attività connesse alla spoliazione, almeno fino all’epoca bassomedievale, quando viene realizzata una calcara in corrispondenza del monumento funerario323.

La caduta di Ninive, capitale assira, è legata anch’essa ad un intenso evento alluvionale ‘che ha inondato una parte della città e ha rotto le mura per una distanza di 20 stadi’ (Diod., II 27.1- 28.7)324. I dati (archeologici ed epigrafici) consentono di ipotizzare che l’inondazione non fu

provocata da una piena del fiume Eufrate, ma dalla deviazione di un canale di irrigazione ad opera dei nemici dell’impero assiro (così come Sennacherib aveva fatto con la città di Babilonia nel 689, a.C., deviando l’acqua del canale Arahtu)325.

313GILBERTSON ET ALII 2000. 314ALDRETE 2007,pp. 115-116.

315ALDRETE 2007,pp. 115-116.I ponti di Roma sono descritti tra le strutture distrutte o danneggiate nel corso delle alluvioni

(come il Pons Sublicius fu distrutto da ben 4 alluvioni).

316ALDRETE 2007,p. 132.Ad esempio, l’alluvione del 22 a.C. causò una dura carestia; in seguito a questa grave difficoltà, Augusto

divenne dictator e assunse il compito del rifornimento di grano.

317ALDRETE 2007,pp. 130-139. 318ALDRETE 2007,pp. 141-154. 319SENATORE ET ALII 2012. 320SENATORE ET ALII 2012. 321CAIAZZA 2003. 322CAIAZZA 2003. 323GALADINI ET ALII 2012. 324SCURLOCK 1990. 325SCURLOCK 1990.

Le riletture di alcune vicende di scavo hanno evidenziato il forte potenziale distruttivo dei fenomeni alluvionali rispetto ad altri eventi naturali o antropici a carattere catastrofico, come le attività sismiche o le invasioni di popoli. I recenti lavori geoarcheologici, condotti presso il ventaglio alluvionale di Hajiarab in Iran, hanno consentito di individuare le cause dell’abbandono dell’insediamento, condizionato da eventi alluvionali piuttosto che da quelli sismici, anche se di notevole intensità326. Le indagini geoarcheologiche condotte da Ralkes e Dales hanno contribuito

alla ricostruzione delle fasi finali di vita del sito di Moranjo-Daro nella valle dell’Indo, distrutto da un evento alluvionale a carattere catastrofico piuttosto che da invasioni327.

Ius alluvionis

Un argomento diffuso nell’ambito della letteratura ‘giuridica romana’ riguarda lo ius alluvionis. La questione del diritto delle terre fluviali è una questione sviluppata dal I sec. d.C. e tocca nello specifico le seguenti tematiche: il ruolo dei corsi d’acqua nella delimitazione delle proprietà328,

i turbamenti portati dal cambiamento del corso di un fiume329, la formazione di isole fluviali, il diritto

di rafforzare la propria riva330.

Nell’ambito della giurisprudenza romana sono menzionati tre casi di alluvionamento: il deposito sedimentario lento (incrementum latens), l’indebolimento di una riva (abluvio o avulsio) e la formazione di isole nell’ambito di un corso d’acqua (insula in flumine nata)331.

Nell’ambito della giurisprudenza romana, rivestono grande importanza le Institutes del giureconsulto Gaio, redatte nel II sec. d.C., ed il Digesto di Giustiniano, completato nel corso del IV sec. d.C.332

Tra le testimonianze dello ius alluvionis rientra la Tavola di Veleia (CIL XI, 1147), che si occupa dei terreni interessati da alluvioni. Le ricerche svolte intorno ai vada menzionati nella Tabula di Veleia hanno permesso di proporre l’identificazione delle aree esondate con quelle nell’ager Placentinus lungo il corso dei fiumi, inizialmente escluse dalle assegnazioni insieme a fasce di terreno rivierasco cui era forse pertinente la condizione di subseciva333. Tali fasce, occupate da

privati che riuscirono in seguito a divenire legittimi proprietari, erano caratterizzate da mancanza di ogni limitatio lungo l’alveo fluviale; per questo motivo la formazione di vada era collegata alla progressiva sedimentazione di questi settori di proprietà perifluviali334.

Nei frammenti giurisprudenziali lo ius alluvionis ricorre il termine vadum/a ha il significato di ‘guado’, tratto del corso ove è possibile attraversare un fiume pubblico335. Sia Plauto che

successivamente Paolo alludono ad una servitus aquae haustus, una servitù di passaggio nell’attraversamento del fiume pubblico336. Inoltre, due interventi testuali pregiustinianei

(D.39.3.17.2-4-D.8.3.38) consentono di ipotizzare che in un periodo successivo a quello documentato da Paolo, l’attraversamento dei corsi d’acqua sia stato sostituito da un servizio di barche337.

326QUINGLEY ET ALII 2011. 327DALES 1965.

328BLANCHEMANCHE 2003.Nel diritto romano la riva costituisce il limite tra il corso d’acqua e le proprietà lungo di esso (Dig.

XLIII.12.3,1).CHOUQUER 2008.

329BLANCHEMANCHE 2003.La morfologia dei corsi d’acqua, il loro regime idrologico e i fenomeni d’accumulo alluvionale o di

erosione delle proprietà perifluviali sono argomenti evocati nell’ambito delle liti che possono nascere in questi casi.CHOUQUER

2008. 330CHOUQUER 2008. 331BLANCHEMANCHE 2003. 332BLANCHEMANCHE 2003. 333PAVESE 2004,p. 178. 334PAVESE 2004, p.178. 335PAVESE 2004,p.208 336PAVESE 2004,pp. 208-209. 337PAVESE 2004,p.209.