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1. Archeologia delle alluvioni

1.8. Record archeologici e contesti alluvionali

Lo studio dei manufatti, rinvenuti in contesti alluvionali, non presenta un acceso dibattito in letteratura. Questo tipo di paesaggio, essendo considerato come contesto ambientale mutevole, rende di difficile interpretazione i ritrovamenti di record archeologici484.

474ATTEMA-DELVIGNE 2000. 475ADAMSON ET ALII 2017,p.194. 476ADAMSON ET ALII 2017,p.194. 477ADAMSON ET ALII 2017,p. 194. 478MACKLIN-NEEDHAM 1992,p.195. 479MACKLIN-NEEDHAM 1992,pp.169-176.

480MACKLIN-NEEDHAM 1992,pp.169-176. Il risultato di questi studi è stato quello di chiarire lo sviluppo storico delle alluvioni ed

il contesto ambientale dei siti archeologici in questi fondo valle. Il passaggio da un sistema fluviale a bassa sinuosità ad uno meandriforme ha caratterizzato le scelte insediative dal Neolitico al periodo medievale.

481PIZZIOLO 2011,pp. 215-219. 482JIMENEZ SANCHEZ ET ALII 2011. 483LEWIN ET ALII 1995,pp.159-165. 484BORJA BARRERA ET ALII 2012.

I manufatti forniscono un’evidenza per datare e interpretare le sequenze alluvionali, ma possono richiedere ricostruzioni ambientali per l’interpretazione del contesto di giacitura primaria485. Il riconoscimento di giaciture secondarie di materiale archeologico fornisce, in ogni

caso, utili informazioni. Nel caso dei materiali derivati da attività erosive potrebbero fornire un terminus post quem per un processo attivo in un sito vicino a quello indagato486. D’altro canto, i

paleocanali contengono spesso materiali residuali derivanti da contesti di giacitura primaria (relitti e loro carichi, zavorre, pesi, resti strutturali, etc.)487. L’analisi del contesto di provenienza è di

estrema importanza per l’interpretazione dello hiatus presente in molte sequenze stratigrafiche alluvionali, poiché alcuni depositi possono aver subito interventi di carattere agricolo prima di essere sigillati da un flusso alluvionale488. In questo senso, risulta essere risolutiva un’analisi

dettagliata della stratigrafia e delle condizioni di ritrovamento delle strutture o manufatti489.

Nei casi di materiali in giacitura secondaria si crea la stessa difficoltà interpretativa dei ‘fossili derivati’, caratterizzanti le letture stratigrafiche geologiche, dal momento che possono costituire un terminus ante quem per la datazione dei depositi nei quali sono rinvenuti490. In tal

senso, i manufatti archeologici sono analizzati utilizzando gli stessi metodi di analisi degli inclusi naturali nelle sequenze geologiche491. Due tipi di ricerche tafonomiche sono state effettuate: la

prima riguarda l’effetto del trasporto sulla forma e sulle dimensioni dei manufatti, il cui scopo è comprendere la tipologia e la distanza del trasporto fluvio-alluvionale; l’altra consente l’identificazione delle dinamiche del trasporto stesso492. Questi lavori sono stati affrontati

nell’ambito dell’archeologia del Paleolitico, laddove è necessario comprendere la provenienza di manufatti decontestualizzati493. Uno dei risultati di queste ricerche ha consentito di ipotizzare che

le particelle maggiori divengono abrase più velocemente di quelle minori ed il grado di erosione varia a seconda dell’energia presente nel sistema alluvionale di appartenenza494.

Per quanto riguarda i record archeologici derivanti da contesti alluvionali, interessante è il lavoro di Wyemer o quello di Cordier sui reperti litici restituiti da questo tipo di sequenze stratigrafiche antropizzate495.

Occasionalmente i manufatti restano in situ nei casi in cui non ci sia un susseguirsi di eventi alluvionali a carattere catastrofico, siano assenti rimaneggiamenti ‘biologici’ o non vi siano effetti post deposizionali, come il rimescolamento associato all’uso dell’aratro o altri interventi antropici, con conseguente compresenza di materiali di fasi diverse496. Contesti ‘chiusi’ alluvionali si

rinvengono molto spesso ai lati di un canale abbandonato o di una lanca, lontani da un corso d’acqua, evitando così l’influenza di processi erosivi naturali497.

In alcuni lavori di archeologia sperimentale, la mobilità dei reperti viene registrata sulla base di categorie di peso e forma498. In questa tipologia di ricerche, sono considerate non solo le grandi

485BROWN 1997,p.46;LEWIN ET ALII 1995,p.284. 486FUCHS-WAGNER 2005;MACKLIN-NEEDHAM 1992,p.12. 487MACKLIN-NEEDHAM 1992,p.12.

488MACKLIN-NEEDHAM 1992,p. 13suggerisce, come esempio, le sequenze stratigrafiche dell’Essex, dove i siti neolitici sono stati

esposti a processi postdeposizionali per 2000 anni prima di essere seppelliti da una definitiva inondazione.

489MACKLIN-NEEDHAM 1992,p.13. 490MACKLIN-NEEDHAM 1992,p. 234. 491BROWN 1997,p. 91.

492BROWN 1997,p.91. 493BROWN 1997,p.91.

494BROWN 1997,p.91.Nel campo archeologico, l’abrasione di un manufatto in selce è proporzionale alla durezza della selce, la

velocità della corrente, la forma degli altri materiali del contesto.

495MACKLIN-NEEDHAM 1992,pp.229-234;CORDIER 1967. Nella Valle della Claise il lavoro di analisi sui reperti litici del Paleolitico

pertinenti a facies diverse (Levalloisien, Claoctonien, Abbevillien) ha evidenziato l’effetto delle alluvioni nelle sequenze archeologiche antropizzate.

496MACKLIN-NEEDHAM 1992,p.13. 497MACKLIN-NEEDHAM 1992,p.229.

aree di dispersioni di manufatti, ma anche il percolamento dei reperti nei piani di fondale o la formazione di specifici raggruppamenti di materiale in particolari condizioni499.

Nell’ambito di questo orientamento delle ricerche, significativi sono gli studi che si occupano del trasporto e dell’abrasione dei reperti osteologici; in questo caso, diversità di densità e forma (scapola, teschio umano) influenzano il movimento nel flusso alluvionale500. All’aumentare

della forza del fluido o dello sforzo di taglio, cambia la tipologia di movimento a cui il reperto è sottoposto; ad esempio, lo scivolamento si verifica quando lo sforzo di taglio supera la resistenza dovuta alla frizione tra osso e alveo, il rotolamento avviene quando il momento di forza è bilanciato attorno al fulcro501. Altri studi, invece, hanno valutato le modalità di trasporto delle ossa, basandosi

su alcuni fattori critici per quanto riguarda la loro mobilità, quali: area della sezione trasversale, peso sommerso e forma dell’osso perché queste caratteristiche influiscono sul coefficiente di resistenza502. Un ulteriore approccio metodologico in questa tipologia di lavori considera le

condizioni di deposizione e la posizione dei manufatti rispetto alla morfologia del sistema503.

Una tematica affrontata, in letteratura, riguarda lo stato di conservazione dei manufatti derivanti da depositi fluvio-alluvionali504. Alcuni fattori condizionano lo stato di rinvenimento dei

manufatti, come: il tempo intercorso tra diversi flussi alluvionali per la formazione del bacino stratigrafico (incorporamento dei manufatti nella stratificazione); la magnitudine dell’evento alluvionale e la sua forza erosiva; la quantità di depositi sedimentari sufficienti a “sigillare” il bacino da processi erosivi successivi505. I cambiamenti della linea d’acqua, inoltre, possono condizionare la

conservazione del materiale organico o la qualità dell’informazione archeologica disponibile506.

Il grado di sedimentazione verticale è un altro fattore che influenza la densità di manufatti nella sequenza stratigrafica alluvionale507. Alti livelli di sedimentazione, infatti, tendono a

conservare i depositi sedimentari per la scarsa presenza di processi post deposizionali causati dall’intervento di animali (cosiddette bioturbazioni)508. Questa tipologia di effetti deposizionali, a

sua volta, varia a seconda delle specie animali presenti, in base alla tessitura del terreno e al grado di alluvionamento509. Le bioturbazioni del terreno alluvionale dipendono, inoltre, dal contesto

geografico; come nel caso della presenza di termiti nei tropici o dei piccoli mammiferi nelle zone aride510.

Le alluvioni possono intervenire su contesti fluviali, provocando il rimaneggiamento dei depositi di provenienza dei record archeologici; è il caso delle condizioni di rinvenimento degli scudi di Battersea o Witham511. L’interpretazione di questo genere di contesti è associata a tre possibili

modalità di ingresso nella stratificazione fluviale, che risulta derivare da: erosione dei siti localizzati lungo l’argine, perdita accidentale da imbarcazioni o intenzionale come offerte votive o pratiche di un rituale di sepoltura (nel caso delle pratiche funerarie celtiche)512. In questo genere di ricerche,

le analisi spaziali consentono l’elaborazione di mappe di dispersione di manufatti di diverso tipo e

499MACKLIN-NEEDHAM 1992,p.10. 500BROWN 1997,p.92. 501BROWN 1997,p.92. 502BROWN 1997,p.93. 503BROWN 1997,p.93. 504MACKLIN-NEEDHAM 1992,p.12. 505MACKLIN-NEEDHAM 1992, p. 12. 506MACKLIN-NEEDHAM 1992,p. 13.

507GOLDBERG-MACPHAIL 2006,p. 96;BROWN 1997,p.39. 508GOLDBERG-MACPHAIL 2006,p.96;BROWN 1997, p.39.

509BROWN 1997,p.39.Ad esempio, le caratteristiche dei suoli derivanti da eventi alluvionali non consentono la presenza di

vermi, che risultano, al contrario, preferire terreni argillosi o con alta presenza di materiale organico.

510BROWN 1997,p. 39. 511BROWN 1997,p. 190. 512BROWN 1997,p.190.

cronologia513. Lo studio dei manufatti rinvenuti in contesti fluviali mostra, talvolta, l’influenza dei

processi culturali e fisici negli schemi distributivi dei record archeologici alluvionali514.

Altra tipologia di record associata a depositi alluvionali sono le strutture archeologiche, che forniscono un utile contributo alla ricostruzione degli effetti dei dissesti idrogeologici515. L’acqua

esercita due principali tipi di forze orizzontali sulle strutture; in primo luogo, il peso dell’acqua non in movimento crea una pressione idrostatica contro un muro, mentre l’acqua in movimento crea un’ulteriore pressione dipendente dalla sua velocità516. Naturalmente, nel caso in cui l’interno di un

edificio risulta completamente inondato, le pressioni idrostatiche all’interno e all’esterno tendono a bilanciarsi517. In questi casi, l’altezza di un’inondazione è un fattore decisivo per determinare il

danno delle strutture518.

In molti casi, inoltre, i resti strutturali, talvolta, costituiscono il miglior orizzonte databile in un’unità alluvionale519. I pavimenti o le strutture murarie, se sigillati da un evento alluvionale,

costituiscono un perfetto terminus ante quem per il deposito sovrastante ed un terminus post quem per quello sottostante520. Gli esempi più significativi sono rappresentati dal rinvenimento della via

Latina sepolta da circa 3 metri di sedimenti alluvionali e della via Appia Antica (che collegava Sinuessa a Capua) a circa 8 metri di profondità dall’attuala piano di calpestio521. Altra testimonianza

si osserva in corrispondenza dell’anfiteatro di S. Maria Capua Vetere, dove il piano di campagna riferibile al periodo tardo romano è stato trovato coperto da alcuni metri di sedimenti alluvionali522.

Anche il piano pavimentale dell’anfiteatro romano di Venafro, rivenuto al di sotto di circa 3,50 metri di livelli alluvionali, testimonia l’aggradazione del suolo nell’ambito della valle del Volturno523. Nella

bassa pianura, nei pressi di Cancello-Arnone, diverse trincee hanno messo in evidenza la superficie antropizzata romana a circa 5 metri di profondità dal piano di campagna attuale, al di sotto di sedimenti alluvionali sabbiosi depositati dal fiume Volturno tra l’alto medioevo e la fine del 1600 circa524.

Questa condizione, altre volte, risulta difficilmente verificabile, dal momento che molte strutture sepolte da strati alluvionali non sono facilmente databili, non essendo associati a ceramiche o ad altri manufatti datanti525.

In letteratura, relativamente ai record archeologici ‘alluvionali’, i contesti ceramici risultano poco valorizzati nell’ambito della geoarcheologia alluvionale526. La letteratura contiene visioni

contrastanti sull’efficacia dei depositi ceramici come materiali datanti; da un lato, frammenti diagnostici sono stati usati laddove non vi sono altre evidenze disponibili; dall’altro, alcuni hanno respinto il loro uso per diverse ragioni, dal momento che forniscono solo un terminus post quem per la deposizione alluvionale; gran parte dei reperti ceramici e laterizi non sono diagnostici; le tipologie cronologiche delle ceramiche comuni locali possono essere approssimative o inesistenti; per la presenza di frammenti in giacitura secondaria527.

Per quanto riguarda i processi deposizionali dei contesti ceramici, T. Brown individua due tipologie di ingresso della ceramica nelle piane alluvionali: il trasporto lungo il canale fluviale o ingresso diretto attraverso attività o interventi antropici (ad esempio, concimazione, dispersione di

513BROWN 1997,p. 190. 514BROWN 1997,p.191. 515ALDRETE 2007,p. 113. 516ALDRETE 2007,p.114. 517ALDRETE 2007,p.114. 518ALDRETE 2007,p.114. 519BROWN 1997,p.58. 520BROWN 1997,p.58. 521CAIAZZA 2002,p.60. 522CAIAZZA 2002,p.60. 523CAIAZZA 2002,p.60. 524CAIAZZA 2002,pp. 60-62. 525BROWN 1997,p.58. 526BROWN 1997,p.59. 527BROWN 1997,p.59.

rifiuti, perdita accidentale)528. Queste due modalità deposizionali producono due classi di

frammenti: una con record angolari e dalle superfici non abrase e l’altra con manufatti subangolari e abrasi529. In tal senso, lo stato di conservazione della ceramica e dei laterizi può anche fornire

indicazioni sul tipo di effetti post deposizionali e deposizionali nei sistemi delle piane alluvionali530.

T. Brown calcola anche la densità di ceramica in unità alluvionali, come una funzione della velocità di ingresso nella stratificazione (dipende dalla densità, ricchezza de sito, estensione delle pratiche agricole) e del grado di accrescimento verticale del sedimento531.

Nei casi di studio analizzati particolare importanza rivestono i manufatti ceramici per quanto riguarda la datazione dei depositi alluvionali di provenienza.

I risultati delle surveys, ad esempio, condotte da T. Brown nel 1995 in quattro bacini tra Roma e la Toscana meridionale (Fiora, Marta, Treia, Varchetta), hanno evidenziato l’importanza della ceramica nelle unità alluvionali per la ricostruzione delle attività deposizionali nelle piane alluvionali analizzate e dell’intensità di uso antropico del suolo532. Le datazioni archeomagnetiche

attraverso l’utilizzo del record ceramico hanno consentito l’inquadramento cronologico delle unità dalla matrice più fine, che, depositandosi più velocemente, hanno reso minime la pedogenesi e l’incidenza degli effetti postdeposizionali533. Lo studio di Hill documenta l’evoluzione

geomorfologica di una valle fluviale del Nord America centrale attraverso l’utilizzo delle tipologie di manufatti rinvenute nelle sequenze alluvionali534.

Una tecnica di analisi particolarmente utile per la datazione dei frammenti ceramici derivanti da depositi alluvionali è quella elaborata da A. Ferrarese Lupi per quanto riguarda il contesto stratigrafico del Cantiere delle Navi Antiche di Pisa San Rossore535. Per questo lavoro è

stato previsto l’utilizzo di un particolare approccio statistico, che ha consentito l’elaborazione di informazioni cronologiche derivanti da contesti ceramici attraverso l’utilizzo di curve Gaussiane536.

Questa tipologia di analisi ha consentito la definizione di cronologie assolute e, al tempo stesso, la determinazione dell’indice di residualità537.

Il progetto di ricognizione pontina condotto da Attema e Delvigne mostra, invece, la difficoltà di ricostruzione paleoambientale basata sull’utilizzo di ritrovamenti di manufatti ceramici di superficie538. Questi ultimi non risultano essere rappresentativi dell’intera storia deposizionale,

dal momento che potrebbero rappresentare sia solo la fase più recente (nei casi in cui le superfici più antiche sono state sepolte) sia quella più antica (messa in luce in seguito ad arature)539. Al

contrario, l’analisi palinologica e quella micromorfologica risultano essere nel caso del lavoro di ricerca di Attema e Delvigne migliori candidati nella ricostruzione dell’impatto antropico sul paesaggio alluvionale in antico540.

528BROWN 1997,p.59. 529BROWN 1997,pp. 59-60. 530BROWN 1997,p. 60. 531BROWN 1997,p.60. 532BROWN-ELLIS 1995. 533BROWN-ELLIS 1995.

534HILL ET ALII 2011. La transizione dalla parte iniziale della sequenza caratterizzati da manufatti di tipo Blackduck antico e medio

alla parte finale della sequenza contenente manufatti tipo Woodland tardi lungo il fiume Big Fork coincide con l’inizio della anomalia climatica ambientale (1100-1050 BP).

535 FERRARESE LUPI-LELLA 2013. 536 FERRARESE LUPI-LELLA 2013. 537 FERRARESE LUPI-LELLA 2013. 538ATTEMA-DELVIGNE 2000. 539ATTEMA-DELVIGNE 2000. 540ATTEMA-DELVIGNE 2000.