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2. Cantiere delle Navi Antiche di Pisa San Rossore

2.3. Inquadramento geo-morfologico e contesto ambientale dell’approdo di San Rossore

2.3.2. Idrografia

Definire l’andamento di Arno e Serchio nel corso del tempo e indagare le reciproche interazioni è un tema complesso da diversi punti di vista921. La ricostruzione della paleoidrografia della piana pisana

in età antica, infatti, risulta notevolmente complicata sia a causa delle profonde trasformazioni dell’area costiera sin dall’alto Medioevo sia per il progressivo avanzare della linea di costa e la trasformazione del sistema idrografico di tutto il bacino dell’Arno922. I due corsi (Arno e Serchio) sono canali sinuosi, che,

nel corso della loro evoluzione, sono stati caratterizzati da migrazioni laterali, processi di avulsione e di formazione di canali abbandonati923. Un’analisi geomorfologica della piana costiera del fiume Arno,

basata su foto aeree e immagini satellitari, è stata usata per ricostruire il contesto circostante l’approdo di San Rossore924. Canali abbandonati, evidenti dalle indagini magnetiche e dalle letture aeree,

rappresentano una chiara testimonianza dei processi di avulsione del fiume nel corso del tardo Olocene925. Tra i vari paleocanali, il più rilevante è uno riferito al paleo Serchio romano, che scorreva

verso Pisa in epoca romana, circondando il versante occidentale dei Monti Pisani926.

Numerosi studi hanno affrontato questo argomento, basandosi su fonti diverse, quali cartografia storica927, documentazione scritta928, dati derivanti da indagini del sottosuolo929,

informazioni geomorfologiche930, fotointerpretazione931. Sono attestati, inoltre, studi interdisciplinari,

basati sull’integrazione tra dati storici ed archeologici932. Tuttavia, manca una definizione unitaria della

rete idrografica e della sua evoluzione nel tempo933. Secondo A. Camilli, risulta difficile, allo stato

917 BALDASSARRI 2011, p. 86; CAMILLI 2004A, p. 56; CAMILLI 2004B, p. 68; BRUNI 2003, p. 38; BRUNI 2000, p. 89, qui la linea di costa

viene collocata a circa 6 km a monte dell’attuale; secondo l’Autore il mare lambiva l’area corrispondente a Gronda dei Lupi (periferia Nord di Livorno), passando per l’area occupata dalla basilica di San Piero a Grado e nella zona della Cava Mori (in corrispondenza dell’ultima ansa del Serchio) per chiudere verso Nord il lago di Massacciuccoli e proseguire in Versilia. CAMILLI-

GAMBOGI 2005, p. 129; BRUNI 2000, p. 26.

918 PASQUINUCCI-MAZZANTI 1987, p. 100.

919 CAMILLI 2004A, P. 56; CAMILLI 2004B, p. 69; PASQUINUCCI-MAZZANTI 1987, che riporta la testimonianza epigrafica relativa a fabri

tignarii (CIL XI, 1436).

920 PASQUINUCCI-MAZZANTI 1987. 921 ANICHINI ET ALII 2012, p. 146. 922 BRUNI 2003, p. 32. 923 SARTI ET ALII 2010. 924 BENVENUTI ET ALII 2006. 925 BENVENUTI ET ALII 2006. 926 BENVENUTI ET ALII 2006. 927 PASQUINUCCI 2003; REDI 1991.

928 BRUNI 2003, p. 32. S. Bruni è riuscito a ricostruire il quadro d’insieme del territorio nel corso dell’età etrusca e romana grazie

alle notizie su Pisa trasmesse da scrittori greci e romani, che inseriscono nel contesto di trattazioni di altra natura succinte notazioni di geografia fisica riguardanti il distretto pisano.

929 ROSSI ET ALII 2011. 930 FEDERICI 2005.

931 ANICHINI ET ALII 2012, pp. 147-153; COSCI 2005. Uno dei lavori più recenti, basato su foto aeree, è quello di Bini, che ha

riconosciuto 287 tracce fluviali, di cui il 50% con un basso grado di attendibilità. Lo studio, nello specifico, ha evidenziato canali di rotta del Serchio nell’area compresa tra bacino di Massacciucoli e l’attuale corso del fiume Serchio. Nell’area a Sud dell’Arno sono stati distinti due settori: quello orientale con elevata densità di tracce, rappresentative della migrazione dell’Arno da Sud a Nord, e quello occidentale, caratterizzato da scarse presenze attribuibili alle aree palustri, documentate a partire dall’Alto Medioevo, che hanno influito sulla leggibilità delle tracce.

932 CECCARELLI LEMUT ET ALII 1994. 933 ANICHINI ET ALII 2012, p. 146.

attuale, sia localizzare i rami relativi ai fiumi Arno e Serchio nel loro antico percorso934, ma soprattutto

datare i paleoalvei935.

Sono universalmente riconosciute le rettifiche maggiori ai corsi fluviali avvenute in età più recente, quali i due tagli di meandro risalenti al 1338 in area Cascine nuove, quello di Metato sul Serchio effettuato nel 1579, quello Ferdinandeo effettuato nel 1606 per limitare gli effetti della traversia di libeccio sulla foce dell’Arno e, infine, quello effettuato nel 1771-72 in località Barbaricina936.

Per quanto riguarda il corso del fiume Serchio, è ben noto solo nel corso dell’alto Medioevo, quando risulta essere caratterizzato da tre corsi d’acqua distinti, indicati dagli idronimi Auser, Tubra e

Auserculus937. Quest’ultimo corrisponde all’attuale Serchio, ma aveva anch’esso un corso leggermente

diverso dall’attuale, staccandosi dall’Auser all’altezza di Avane e dirigendosi alla foce con un andamento meandriforme938. Il Tubra doveva scorrere più a Nord, secondo S. Bruni, attraverso l’abitato di

Vecchiano e il territorio di Avane939. Lo stesso Autore, sulla base di analisi di immagini da satellite e foto

aeree, ha evidenziato che l’Auser, corso principale, aveva un aspetto anch’esso meandriforme e scorreva con andamento Nord-Sud, costeggiando Monti Pisani da Ripafratta alla zona di San Giuliano, per poi dirigersi a Pisa nella zona di Gello ed immettersi nell’Arno940.

Per quanto riguardo il percorso dei due fiumi, in letteratura, emergono orientamenti ed ipotesi ricostruttive talvolta discordanti soprattutto per i periodi precedenti all’Alto Medioevo. In questa sede si sintetizzano i dati pertinenti alle fasi etrusche e romane, corrispondenti a periodi testimoniati dalla sequenza stratigrafica del Cantiere delle Navi di San Rossore.

Una recente rilettura del sistema paleoidrografico della piana pisana è stata pubblicata nel 2013 nell’ambito del progetto Mappa941. La ricostruzione del paleoambiente pisano è stata, qui, realizzata

combinando dati di diverso tipo derivanti da circa 18 carotaggi, letture di foto aeree, immagini multispettrali e satellitari; infine sono stati integrati i dati paleotopografici con quelli desumibili da analisi geologica-geomorfologica e archeologica942. A questo tipo di analisi sono stati associati i dati derivanti

dagli studi di S. Bruni e M. Cosci, basati sulla sovrapposizione delle immagini termografiche aeree con i dati archeologici e quelli geologici943.

Questo tipo di analisi ha consentito il riconoscimento, in epoca etrusca, di cinque o sei corsi fluviali: in particolare, un fiume con orientamento Nord-Sud, con una direzione compatibile con un affluente dell’antico Serchio-Auser, e che si univa all’Arno qualche metro a Sud rispetto all’attuale corso fluviale, nell’area degli Arsenali944. Il periodo etrusco (VII-II sec. a.C.) ha visto lo sviluppo di un’estesa

pianura alluvionale, alimentata da un complesso reticolo idrografico, soggetto a frequenti divagazioni nella porzione settentrionale della zona urbana e suburbana di Pisa945. Il carattere effimero delle paludi

e la loro appartenenza a un sistema alluvionale sono confermati dalla presenza di una palinofacies con caratteristiche intermedie fra quelle palustri e alluvionali946. Lo sviluppo di questi bacini palustri è

avvenuto esclusivamente in aree morfologicamente depresse della pianura (circa 2 m sotto il livello del mare), formatesi in corrispondenza di alcuni canali etruschi o connessi al reticolo idrografico del periodo

934 CAMILLI 2004A, p. 55; CAMILLI 2004B, p. 68 evidenzia la difficoltà di ricostruire i corsi fluviali, un lavoro possibile solo attraverso

un approccio interdisciplinare che incroci dati archeologici, analisi topografiche e foto aeree, sopravvivenze di un paesaggio diverso fossilizzatosi nell’attuale e studi geo-pedologici. BRUNI 2003, pp. 38-39 e BRUNI 2002, pp. 16-19, il quale propone una

ricostruzione dei percorsi fluviali basandosi sull’analisi di foto satellitari, che però potrebbero indicare generiche mutazioni del corso, se non sono associate ad indagini stratigrafiche in grado di datarle (in merito CAMILLI 2005, p. 68, n. 8).

935 CAMILLI 2004A, p. 54; CAMILLI 2004B, p.68. 936 ANICHINI ET ALII 2012, p. 146.

937 SARTI ET ALII 2010; CAMILLI 2004A, p. 55; BRUNI 2003, p. 36. 938BRUNI 2003, p. 36.

939 SARTI ET ALII 2010; BRUNI 2003, p. 36.

940 SARTI ET ALII 2010;BRUNI 2003, pp. 36-37; BRUNI 2002, p. 16. 941 ANICHINI ET ALII 2013.

942 ANICHINI ET ALII 2013, pp. 13-27. 943 ALBERTI-PARIBENI 2011, p. 73.

944 AMOROSI ET ALII 2013. Questa confluenza trova riscontro con la descrizione di Strabone. 945 ANICHINI ET ALII 2013, pp. 18-19.

precedente947. Ad esempio, è attestata un’estesa area palustre in una zona compresa tra via Santa

Maria e le mura occidentali della città, in corrispondenza dell’interfluvio dei due principali rami di alimentazione del Serchio del periodo protostorico948. Questa zona risulta intensamente frequentata in

epoca etrusca arcaica, come testimoniano i reperti ceramici risalenti al VII-V sec. a.C., rinvenuti entro depositi palustri949.

Le aree morfologicamente più elevate del paesaggio etrusco sono ubicate in prossimità di canali coevi e protostorici, riflettendo lo sviluppo di argini fluviali, la cui presenza è documentata da alternanze ritmiche di spessore decimetrico di sabbie fini, limose e limi sabbiosi (facies di argine fluviale)950. In base

a questa ricostruzione, la zona meridionale dell’area urbana era solcata da un unico fiume, ubicato a 100-150 m a Sud dell’attuale corso dell’Arno e identificabile con il paleo-Arno etrusco, mentre la parte settentrionale era caratterizzata da un complesso intreccio di rami fluviali con andamento Est-Ovest951.

Il ramo principale correva in prossimità del tratto settentrionale delle mura basso medievali, formando una grande ansa a Sud-Est del quartiere di Porta a Lucca-Arena Garibaldi, per poi proseguire verso il mare952. Nell’area di piazza Duomo sono stati individuati due tracciati di questo corso d’acqua, non

coevi953. Una serie di meandri in progressiva migrazione verso Sud interessava la zona di San Zeno e

piazza Santa Caterina, che era soggetta in età etrusca a frequenti inondazioni954. In quest’area si

identifica il taglio del meandro, relativo all’evoluzione di quest’ansa fluviale955.

Nel periodo romano e tardo antico (I sec. a.C. - V sec. d.C.) la naturale evoluzione della piana costiera e l’impatto antropico sulla rete idrografica giocano un ruolo importante nel passaggio da condizioni di pianura drenata a quella non drenata del periodo precedente956. Questa zona era

caratterizzata da diverticoli minori957, ricorrenti nelle leggende trasmesse da Strabone958 e che

conferivano all’insediamento l’aspetto di un paesaggio lagunare, molto simile a Venezia959.

Per quanto riguarda l’Arno, dei tre rami noti per il periodo medievale960, S. Bruni, basandosi

sull’esame di immagini telerilevate e delle fotografie aeree, ha evidenziato, nel settore ad oriente della città, una serie di paleoalvei, di cui l’assenza di indicazioni di carattere cronologico impedisce di valutare l’incidenza nel panorama del territorio nel corso delle età più antiche961. Nella ricostruzione di S. Bruni

e dalle analisi condotte nell’ambito del progetto MAPPA, il tracciato superiore del ramo settentrionale dell’Arno non differiva di molto dall’attuale, mentre quello inferiore confluiva nel fiume Serchio a valle di Pisa962. Nel percorso urbano è stato evidenziato uno scostamento, rispetto al corso attuale, a monte

del Ponte di Mezzo, dove il fiume scorreva in una posizione più meridionale963. Nel settore sudorientale

del tratto periurbano è stato riconosciuto un tracciato con orientamento Sud-Est Nord-Ovest, mentre a valle della città il fiume disegnava un ampio meandro in corrispondenza dell’attuale località Barbaricina964, occupata da un meandro, tagliato, come già ricordato, dai lavori di bonifica voluti nel

1771 da Pietro Leopoldo, e proseguiva verso Sud-Ovest ricalcando la strada della Vettola, ma rettificato

947 ANICHINI ET ALII 2013, p. 19. 948 ANICHINI ET ALII 2013, p. 19. 949 ANICHINI ET ALII 2013, p. 19. 950 ANICHINI ET ALII 2013, p. 19. 951 ANICHINI ET ALII 2013, p. 19. 952 ANICHINI ET ALII 2013, p. 19. 953 ANICHINI ET ALII 2013, p. 19. 954 ANICHINI ET ALII 2013, p. 19. 955 ANICHINI ET ALII 2013, p. 19. 956 ANICHINI ET ALII 2013, p. 19.

957 Così come viene evidenziato in BRUNI 2002, p. 35, in seguito alla lettura di foto immagini satellitari e foto aeree. 958 CAMILLI 2004B, p. 67; CAMILLI 2004A, p. 54; BRUNI 2000, p. 26.

959 BRUNI 2003, pp. 39-40. 960 CAMILLI 2004A, p. 54;CAMILLI 2004B, p. 67. 961 BRUNI 2003, p. 34. 962 CAMILLI 2004A, p. 54. 963 ANICHINI ET ALII 2013, p. 20. 964 ANICHINI ET ALII 2013, p. 20.

nel 1338965. La foce di questo ramo doveva trovarsi all’altezza della zona di San Piero a Grado966. Bruni

ipotizza che il corso più meridionale dell’Arno, ancora esistente nell’Alto Medioevo, compare in un documento nel 983 a Sud di Coltano ed è riconoscibile nel fl(uvius) Arnus della Tabula Peutingeriana967.

Il percorso dell’Auser presenta margini di incertezza. Secondo S. Bruni, inoltre, l’analisi del contributo di uno scoliaste al testo di Claudio Tolomeo relativo alla foce dell’Arno968, consente di

escludere molte delle proposte per il percorso dell’Auser, che molti autori969 hanno individuato lungo

l’attuale asse Nord-Sud delle vie Carducci-Oberdan-Borgo, ritenendolo il confine orientale della città970.

Un tracciato meandriforme è stato identificato nei pressi del tratto settentrionale delle mura, in accordo con quello individuato da Marcello Cosci971, il quale attribuisce al periodo etrusco e romano un

paleoalveo dall’andamento sinuoso, che sembra isolare a Nord via San Zeno, al centro l’area a cavallo di Porta a Lucca, delimitata a Ovest da un ramo fluviale che giunge all’Arno, e a Nord-Ovest l’area di Piazza Duomo isolata dal ramo che proseguiva verso Ovest972. Le analisi geochimiche, inoltre,

suggeriscono l’esistenza di un ramo fluviale ad alimentazione del Serchio nella zona dell’attuale Fiume Morto e di un altro ramo proveniente da Nord-Est e diretto verso il centro storico di Pisa973. L’area di

Piazza Duomo risulta lambita a Nord da questo fiume, mentre un altro ramo è stato identificato a Sud di essa974. Non è chiaro se i due rami siano stati attivi contemporaneamente; ma se si dimostrasse che

i due alvei siano stati coevi si potrebbe supporre che il nucleo romano di Pisa si sia sviluppato a partire da un’isola fluviale stabilizzata, nel contesto di un sistema fluviale di tipo anastomizzato in fase di disattivazione975. Nelle descrizioni antiche (sia Strabone sia Plinio sia Rutilio Namaziano) la posizione

della città, inoltre, risulta essere circondata dalle acque dell’Arno, da oriente diviso in tre rami, e dell’Auser, proveniente da Nord976, che aveva uno sbocco diretto a mare977 . Del resto, la condizione

geomorfologica, creata da un simile reticolo idrografico, e la presenza di un ambiente lagunare sarebbero il motivo della rinunzia alla costruzione di una cinta muraria o dell’opzione per tecniche difensive discontinue e meno durevoli, come l’aggere978.

Un altro problema riguarda il ramo dell’Auser confluente in Arno. La confluenza di un ramo del Serchio in Arno a Pisa è attestata da vari autori (Strabo., 5.2.5, C222; Rut. Nam., 1, 566-570, scolio a Tolomeo 3.1.4; Plinio, Nat. Hist. 3,50)979 e ha favorito la formazione dell’abitato980. La confluenza dei

due fiumi981, menzionata da Strabone982, rendeva difficoltosa la navigazione, a causa dell’opposizione

965 BRUNI 2003, p. 35; BRUNI 2000, pp. 25-26. 966 BRUNI 2003, p. 35; BRUNI 2000, p. 26. 967 BRUNI 2000, p. 25.

968 BRUNI 2003, p. 34 cita Ptol., Geo., 3, 1, 4. Mentre CAMILLI 2004A, p. 54 suppone tale confluenza sulla base della lettura di uno

scoliaste di Claudio Tolomeo, ma al contempo mantiene una certa distanza circa l’interpretazione della fonte «da considerare con il metro consueto di valutazione del valore topografico di questi tardi e imprecisi chiosatori».

969 Da ultimoCACIAGLI 1969.

970 ALBERTI-PARIBENI 2011, p. 73; BRUNI 2003, p. 34; BANTI 1943. 971 ANICHINI ET ALII 2013, p. 20; BRUNI 2003, p. 34.

972 ALBERTI-PARIBENI 2011, p. 73.

973 AMOROSI ET ALII 2013; AMOROSI ET ALII 2012A; AMOROSI ET ALII 2012B. 974 ANICHINI ET ALII 2013, p. 20.

975 ANICHINI ET ALII 2013, pp. 20-21. 976 BRUNI 2003, p. 32.

977ALBERTI-PARIBENI 2011, pp. 72-73; CAMILLI ET ALII 2006B, p. 19; CAMILLI ET ALII 2006C, p. 19; CAMILLI 2004B, p. 67; CAMILLI 2004A, p.

54 mostra la sua perplessità circa la ricostruzione dell’antico percorso del fiume, basata sulla lettura del passo di Strabone, contrariamente all’ipotesi formulata da BRUNI 2003, pp. 32-34; BRUNI 2000, p. 21.

978 ALBERTI-PARIBENI 2011, p. 73.

979 ALBERTI-PARIBENI 2011, pp. 72-73; SARTI ET ALII 2010; TANGHERONI 2003, p. 93.

980 CAMILLI ET ALII 2006B, p. 19; CAMILLI ET ALII 2006C, p. 19; CAMILLI 2004B, p. 67. L’abitato di Pisa, come altri centri antichi non

naturalmente muniti, si è giovato della sua peculiare posizione alla confluenza tra due fiumi. La sua fortuna storica è stata anche in parte condizionata anche dalla vicinanza al mare (3 km e mezzo).

981 BRUNI 2003, p. 37.

982 STRABONE, V.2.5 «Pisa è situata tra due fiumi, proprio alla loro confluenza, l’Arno e l’Auser. Di questi il primo, che viene da

Arezzo, ha gran quantità di acqua, non tutta insieme, ma divisa in tre bracci; il secondo discende dagli Appennini. Quando si uniscono per formare un sol corso, si sollevano l’un contro l’altro per resistenza reciproca, a tal punto che quelli che stanno sulle rive opposte non possono vedersi, così, necessariamente, è difficile risalire dal mare. La risalita è di circa 20 stadi».

delle due correnti fluviali con quelle marine dominanti983; anche se ancora nel VI sec. la navigazione era

praticata, come si evince dal fatto che il re Teodorico prendeva provvedimenti contro i pescatori, che, con le loro chiuse, la ostacolavano (Cassiod., Variae, 5.17.6; 5.20.3)984. La confluenza dei due fiumi è

stata variamente riconosciuta ora nella zona di Piazza Garibaldi, ora nell’innesto tra Via Santa Maria ed il lungarno Pacinotti, ora nel complesso di San Matteo985. Dalle analisi di immagini termografiche,

realizzate da M. Cosci, è stato individuato nell’area dell’attuale centro urbano di Pisa una rete di alvei fossili986. Gli interventi di scavo nell’area urbana pisana e la documentazione letteraria medievale hanno

consentito di ricostruire il tratto terminale dell’Auser987. Secondo l’ipotesi ricostruttiva, formulata da S.

Bruni e M. Cosci, l’Auser raggiungeva la zona di Pisa, provenendo da Nord-Ovest, e confluiva in Arno, all’altezza degli Arsenali988. Di recente è stata proposta una confluenza dell’Auser in Arno nel tratto

compreso tra Ponte di Mezzo e Ponte della Cittadella989.