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Metodologie di analisi geoarcheologica della sequenza stratigrafica dell’Area 5

4. Metodi della ricerca: questioni teoriche e scelte operative

4.1. Metodologie di analisi geoarcheologica della sequenza stratigrafica dell’Area 5

alluvionali, rielaborando le analisi geologiche e geomorfologiche delle stratigrafie di San Rossore con la sequenza stratigrafica archeologica riconosciuta nell’Area 5. Questo genere di approccio metodologico ha restituito un’interessante rilettura del contesto in esame, ma soprattutto ha permesso di agganciare alla macrostoria del Cantiere i singoli eventi alluvionali individuati nell’Area 5.

La lettura archeologica, sin qui condotta, ha rivelato che il contesto archeologico di San Rossore non rispecchia pienamente la concezione stratigrafica harrisiana di ‘deposito’1381, inteso come accidente eccezionale, ma si pone come ambiente, sia per la ricchezza dei ritrovamenti sia per la sua connotazione di deposito fluviale/alluvionale, «in una sorta di cerniera dove le dinamiche deposizionali e postdeposizionali a carattere sommerso si intersecano continuamente con quelle tipiche dell’ambiente terrestre»1382.

L’azione antropica1383, inoltre,ha interagito con fenomeni di origine naturale, a sua volta,

modificando i processi di erosione/deposito alluvionale attraverso la costruzione di canali1384. Questi,

da un lato, hanno convogliato le acque, drenando un terreno facile all’impaludamento, dall’altro hanno favorito, in presenza di fenomeni alluvionali, spinte erosive ed accumulo di materiali provenienti da direzioni molto differenti rispetto ai flussi di corrente del canale principale1385. La situazione è

ulteriormente complicata dalla presenza di falde acquifere che, pur sigillando il deposito e garantendone l’eccezionale stato di conservazione, hanno contribuito alla formazione di una stratificazione molto complessa1386.

Le analisi archeologiche, condotte nel Cantiere, hanno permesso l’individuazione di una serie di Unità Stratigrafiche, che sono state considerate il frutto di una combinazione di fattori formativi, piuttosto che il risultato di un evento puntuale1387. In questo contesto le Unità Stratigrafiche sono state definite non in base ai contenuti ma alla genesi; l’osservazione della stratigrafia ha avuto lo scopo di identificare fenomeni deposizionali e post deposizionali, anche attraverso l’individuazione di modelli, in grado di spiegare le varie dinamiche che, di volta in volta, hanno contribuito alla formazione del deposito ed alla sua conservazione1388.

Il lavoro di analisi dei depositi stratigrafici dell’Area 5 ha previsto, inoltre, la ricostruzione delle vicende di scavo1389; in tale senso, è stata raccolta la documentazione d’archivio, prodotta nel corso delle tre campagne di indagini archeologiche, che hanno interessato l’area, in maniera non continuativa, dal 1998 al 2014. L’analisi dei dati, registrati in fase di scavo e post scavo, ha consentito l’elaborazione di una proposta di periodizzazione della sequenza stratigrafica dell’Area 5, nell’ambito della quale sono state riconosciute dieci fasi, corrispondenti a depositi alluvionali o momenti di stasi.

In secondo luogo, è stato necessario procedere ad una sintesi delle analisi geoarcheologiche, che hanno interessato l’intera zona del cantiere; relativamente all’Area 5, è stata elaborata una sequenza stratigrafica geologica derivante dalla lettura dei carotaggi n. 5 (a Nord-Ovest dell’Area 5 e all’esterno del Cantiere) e n. 6 (realizzato tra l’Area 4 e 5, a Sud della Nave D)1390.

Alla lettura archeologica della sequenza dell’Area 5 è stata affiancata l’analisi geomorfologica1391, che ha consentito l’individuazione di un’unica macroforma sedimentaria, nota come B, costituita da livelli sabbiosi e limo argillosi con una duplice pendenza, verso Nord Nord-Ovest e subordinatamente verso Ovest1392. Entro questi depositi sabbiosi sono state trovate le navi ed i loro

carichi, il cui orientamento, in molti casi, è trasversale alle paleocorrenti e caratterizzato dall’inclinazione degli scafi verso Nord Nord-Ovest 1393. All’interno dei depositi sabbiosi dell’unità B sono

stati individuati quattro principali corpi sabbiosi-lenticolari (unità 1-4)1394. La calibrazione cronologica

1381 HARRIS 1979.

1382 CAMILLI ET ALII 2005A, p. 77.

1383CAMILLI ET ALII 2005A, p. 78. I fattori più evidenti di questa antropizzazione sono una straordinaria presenza di attività di

navigazione a scopi commerciali ed il forte impatto delle trasformazioni ambientali rappresentato dalla centuriazione.

1384CAMILLI ET ALII 2005A, p. 78. 1385CAMILLI ET ALII 2005A, p. 78. 1386 CAMILLI ET ALII 2005A, p. 77. 1387 CAMILLI ET ALII 2005A, p. 77. 1388 CAMILLI ET ALII 2005A, p. 77.

1389 Per la ricostruzione delle vicende di scavo si veda il capitolo 3. 1390 BENVENUTI ET ALII 2006, p. 867.

1391 Il risultato della lettura geoarcheologica della sequenza stratigrafica dell’Area 5 è esposto nel capitolo 5. 1392 BRUNI 2003, p. 105.

1393BRUNI 2003, pp. 105-106. 1394 BRUNI 2003, p. 106.

dei quattro lobi indica che le piene catastrofiche avvenivano con ricorrenza secolare e che, tra un evento e l’altro, l’approdo è stato ripristinato, dato che tali lobi sabbiosi colmavano completamente la depressione1395. La lettura geoarcheologica ha permesso di agganciare gli eventi alluvionali dell’Area 5,

che hanno determinato il naufragio dei relitti D e I, al lobo di sedimentazione denominato Unità 4, che rappresenta l’ultima delle macroforme sedimentarie ed è stata riconosciuta solo nel settore Nord Occidentale del Cantiere1396.

4.1.1. Approcci nella ricostruzione del paleopaesaggio dell’Area 5

Uno degli obiettivi iniziali della ricerca ha previsto la realizzazione di una ricostruzione tridimensionale della sequenza stratigrafica dell’Area 5, per ottenere una più soddisfacente lettura delle singole Unità Stratigrafiche ed, in secondo luogo, delle fasi riconosciute nei diagrammi stratigrafici. Le possibilità di manipolare e di esplorare il sito in una realtà virtuale sono stati gli scopi sottesi alla realizzazione di una piattaforma GIS.

L’utilizzo dei Sistemi Informativi Geografici, com’è noto, nell’ambito dell’archeologia ha avuto un’accelerazione negli ultimi dieci anni1397. Di recente si è sviluppata, nello specifico, la nozione di

Sistema Archeologico Informativo (SIA, Systèmes d’Information Archeologique1398), per designare le

applicazioni informatiche di gestione dei dati archeologici1399. Grazie alle sue caratteristiche, inoltre, la

piattaforma GIS accresce il potenziale informativo delle realtà archeologiche e consente una più agevole diffusione dei dati1400. Uno dei suoi punti di forza è la possibilità di consultare le informazioni

organizzate, archiviando, processando e analizzando, in forma digitale, i diversi dati raccolti durante lo scavo1401. A questi aspetti si aggiunge il vantaggio della georeferenziazione dei dati archeologici,

consentendo l’esatta collocazione topografica dell’area interessata1402.

Il sistema informativo facilita le procedure legate al trattamento dei dati «ce que l’on pourrait appeler les “chaines operatoires” qui vont s’exercer sur ces données»1403. Si tratta di dividere le

procedure operazionali (o workflows) in tappe elementari che rappresentano un’unica azione o un insieme di azioni definite1404. Ciascuna tappa può richiedere la messa a disposizione di certi dati e/o il

completamento del passaggio precedente; e può dare avvio a una tappa successiva, o a una scelta tra più fasi seguenti1405.

Considerata la quantità e diversità di informazioni prodotte dallo scavo dei relitti I e D è stata applicata la tecnologia GIS alla gestione della documentazione1406. In particolare, la possibilità di

applicare il GIS allo scavo dell’Area 5 è derivata da quattro opportunità principali: un’agevole consultazione generale e analitica del contesto; l’elaborazione di calcoli e interrogazioni quantitativamente considerevoli; un’esatta collocazione spaziale dei reperti; la produzione di elaborati grafici diversi rispetto ai tematismi richiesti.

Per la creazione del GIS si è deciso di utilizzare la piattaforma Quantum GIS (QGIS), programma ufficiale dell’Open Source Geospatial Foundation (OSGeo).

La ricostruzione stratigrafica si è rivelata come un complesso procedimento che ha richiesto l’utilizzo combinato di vari strumenti di ricerca (Fig. 17).

Il primo passo è stato l’acquisizione dei dati; a tal proposito, sono stati rielaborati i diversi documenti grafici, realizzati nel corso dello scavo. La complessità della documentazione, frutto di

1395 BRUNI 2003, p. 106.

1396BENVENUTI ET ALII 2006,p. 870, fig. 5; BRUNI 2003,p. 105, fig. 4. 1397 BELTRAME 2014, p. 114.

1398 DESACHY 2008, p. 150. 1399 DESACHY 2008, p. 149. 1400 BELTRAME 2014, p. 114.

1401 BELTRAME 2014, p. 120; FORTE 2002, p. 2; BIALLO 2005, p. 7. 1402 BELTRAME 2014, p. 120.

1403 DESACHY 2008, p. 147. 1404 DESACHY 2008, p. 147. 1405 DESACHY 2008, p. 147. 1406 BELTRAME 2014, p. 120.

operatori diversi e redatta in anni diversi (dal 1998 al 2014), ha reso necessario un primo intervento, che ha consentito di uniformare i dati abbastanza eterogenei (Fig. 18). La prima operazione è stata l’integrazione della planimetria generale del Cantiere e, quindi, dell’Area 5 ad un Sistema Informativo Georeferenziato, agganciando la pianta generale alle specifiche coordinate UTM, seguendo il dato geodetico EPSG:3003 (Monte Mario/Italy zone 1). Una delle prime difficoltà è stata quella di creare per tutte le US individuate dei raster quotati. È stato necessario, inoltre, per tutte le US individuate la creazione delle isosuperfici altitudinali. Per i dati derivanti dalle indagini del 1998-2001 sono state realizzate ex novo le superfici di ciascuna US partendo dalle quote1407 presenti nelle sezioni

stratigrafiche, mancando, relativamente a questa campagna di scavo, le piante di ciascuno strato individuato. La geoferenziazione dei dati, in tal modo, ha consentito di ottenere il giusto posizionamento delle quote, caratterizzate da densità variabile a seconda della complessità della stratificazione (più complessa è la stratigrafia, più quote sono state processate). In merito agli elaborati grafici, prodotti nel 2004-2006 e 2013-2014, è stato necessario rielaborare le ‘geometrie’ disponibili; in pratica, le piante delle US in formato CAD sono state trasformate in immagini raster, per essere inserite all’interno del software Quantum GIS dando così via al progetto “DBNAVED”. All’interno del progetto sono presenti degli shapefiles, i quali presentano features classes1408 di tipo polygon. Queste operazioni sono state dettate dalla volontà di disporre di un numero maggiore di elementi grafici tali da ricostruire il paleopaesaggio. In tal senso, si è scelto di rappresentare non tanto il singolo strato, quanto le fasi riconosciute nel complesso del diagramma stratigrafico. Le caratteristiche delle singole US, derivanti dalla lettura della documentazione di scavo e post scavo, sono state ugualmente registrate in un database PostgreSQL integrato alla piattaforma; in tal modo, le peculiarietà sedimentologiche, rilevate per ciascuno strato, hanno consentito di agganciare l’analisi archeologica, condotta nell’ambito dell’Area 5, alla lettura geologica, derivante dai carotaggi realizzati all’interno e all’esterno del Cantiere. È stato possibile collegare la descrizione delle US alla loro rappresentazione topografica, permettendo la creazione automatica del diagramma stratigrafico a partire dalla registrazione delle US e delle relazioni osservate sul campo; la connessione del diagramma ad un database ‘spaziale’ ha consentito la gestione dei dati in base alle US e in funzione delle richieste (query) che si possono effettuare. In tal senso, ogni US risulta corredata dalla relativa documentazione fotografica, in modo da visualizzare eventuali specificità sedimentologiche macroscopiche. È stato creato un vero e proprio “sistema informativo stratigrafico”, derivante dalla fusione delle informazioni archeologiche agli strumenti offerti dalla piattaforma GIS1409. Inoltre, a ciascuna US sono state associate nel Database PostgreSQL delle

informazioni alfa-numeriche (cosiddetti attributi), che contengono le relazioni stratigrafiche registrate in sede di scavo, evidenziando così, in primo luogo, i rapporti stratigrafici e consentendo di elaborare un diagramma complessivo (Fig. 19).

La seconda fase del lavoro ha previsto la restituzione topografica della realtà stratigrafica con la creazione di un modello DEM (Digital Elevation Models), ricorrendo al plug-in Qgis2threeJS usato per l’analisi 3D del software QGis. L’adozione di modelli ricostruttivi tridimensionali, infatti, è una scelta particolarmente apprezzata per la ricostruzione di complesse situazioni di scavo terrestre, ma anche di siti sommersi, quali ad esempio i relitti, dal momento che è possibile a ottenere con un maggiore grado di dettaglio la restituzione grafica della stratigrafia di un contesto, che è tridimensionale1410.

Il modello 3D, nel nostro caso, ha permesso una migliore visione del relitto nel suo contesto, dal momento che è possibile muovere, ruotare e vedere il contesto da ogni prospettiva1411. Questo

trattamento dei dati ha consentito di associare alla registrazione un modello tridimensionale della stratigrafia che si può scomporre in US e fasi1412.

1407 È stato necessario convertite le quote relative degli scavi 1998-2001 rispetto a quelle assolute, presenti nei rilievi

stratigrafici derivanti dalle campagne archeologiche del 2004-2006 e 2013-2014.

1408 SEMERARO ET ALII 2012. 1409 DESACHY 2008, p. 149.

1410 BELTRAME 2014, p. 119; VALENTI-NARDINI 2004, p. 345. 1411 GILLIGNY ET ALII 2015, p. 555.

La ricostruzione di questo modello tridimensionale e le informazioni geomorfologiche disponibili hanno consentito di definire meglio i processi di formazione dei depositi analizzati; l’andamento, le caratteristiche sedimentologiche, lo spessore degli strati hanno permesso di attribuire la genesi dei depositi ad attività naturali, piuttosto che antropiche, così come formulato dagli operatori di scavo per alcune delle US individuate.

Dal modello DEM è stato, inoltre, possibile ottenere altre informazioni riguardanti il processo alluvionale, evidenziando la portata e la potenza dell’evento. La creazione del modello tridimensionale della stratigrafia e la realizzazione di mappe della direzione del flusso hanno consentito di evidenziare le caratteristiche idrologiche delle superfici1413.

La creazione di un GIS dedicato a questo contesto è servita a facilitare le interpretazioni del deposito archeologico attraverso una serie di interrogazioni rivolte alla identificazione di specifici settori dello scavo e all’associazione tra manufatti rinvenuti e contesti di provenienza. In tal senso, l’uso dei modelli 3D nella stratigrafia e sedimentologia si è rivelato un utilissimo contributo per migliorare la conoscenza dei siti archeologici, così come evidenziato nella più recente letteratura1414. Del resto, così

come evidenziato da G. Semeraro «la restituzione tridimensionale della stratigrafia consente di ‘ri- vedere’ il procedimento di scavo, permettendo di ricostruire e di valorizzare, in sede di analisi e di interpretazione, il contesto spaziale e le relazioni fisiche tra gli strati»1415.

La tecnologia GIS risulta, inoltre, particolarmente apprezzata nella restituzione e nell’analisi delle realtà di scavo. Attraverso gli strumenti offerti dalla tecnologia GIS, ogni singolo dato archeologico può essere tradotto in informazione; il trattamento dei dati ha consentito la produzione di carte tematiche, l’elaborazione di modelli interpretativi tramite l’applicazione di analisi statistiche1416.

L’organizzazione per tematismi delle informazioni corrisponde senza dubbio al livello più elementare di fruizione della piattaforma GIS; combinando vari elementi, che rispondono a diversi criteri di ricerca1417.

Figura 17. Workflow per la ricostruzione dei paleopaesaggi.

1413 CAMPANA ET ALII 2016, p. 763.

1414 CAMPANA ET ALII 2016, p. 337; SEMERARO 2011, p. 134, 140; SEMERARO 2008, p. 47. 1415 SEMERARO 2008, p. 47.

1416 VALENTI-NARDINI 2004. 1417 VALENTI-NARDINI 2004.

Figura 18. Integrazione degli elaborati grafici nella piattaforma GIS

Figura 19. Tabella attributi US.