X. Die Geschichte vom fliegenden Robert
6. Gaetano Negri: cenni di una biografia intellettuale
6.5 Lo scrittore: i saggi
dello spirito umano.
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6.5 Lo scrittore: i saggi
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L’attività filosofico-letteraria del Negri, iniziata già negli ultimi anni dei suoi studi scientifici, predomina nell’ultimo periodo della sua vita, dal 1890 al 1902. Egli pubblica, infatti, numerosi articoli, recensioni e saggi in varie riviste e volumi di saggi letterari, storici e filosofici.
Per la profonda umanità che animava il suo lavoro, Gaetano Negri fu uno tra i primi scrittori a porsi come intermediario fra la schiera dei filosofi e la massa dei lettori colti: pur trattando di argomenti di critica letteraria, storica e filosofica, egli riuscì a diffondere i suoi saggi nelle migliori riviste italiane e a raggiungere così un pubblico numeroso di lettori. Scriveva poiché credeva non privi d’originalità e d’importanza i risultati da lui ottenuti osservando gli aspetti del mondo; proprio fra questi osservava con il massimo interesse quelli a lui più contemporanei e vicini, trovando nel saggio storico-filosofico l’espressione letteraria più adatta.
Egli amava seguire senza alcun preconcetto tutte le questioni riguardanti la vita morale, religiosa e civile italiana, riflettendoci a lungo ed esponendo le sue conclusioni senza preoccuparsi delle eventuali reazioni dell’opinione pubblica. Questo suo atteggiamento contraddistingue tutti i suoi scritti e viene considerato un elemento originale della sua indole da pensatore.
La natura dello scrittore pieno di umanità si rivela anche nella forma e nella lingua dei saggi: egli si esprime sempre in modo chiaro, pur essendo, a volte, alquanto prolisso e ridondante, usa frequenti similitudini e abusa delle successioni di sinonimi, come temesse di non riuscire a rendere al meglio ogni sfumatura delle sue idee. Anche nella forma, dunque, mostra quel bisogno di sincerità e verità che lo accompagna per tutta la vita.
Il suo stile tuttavia non è letterario o aulico: usa un linguaggio talvolta diretto, con un registro medio, non privo di influssi del dialetto lombardo o di qualche lingua straniera. Il miglior pregio di Negri scrittore non risiede, dunque, nel rispetto formale, bensì nella sua assoluta schiettezza.
La serie degli scritti di Negri in ambito filosofico–letterario si apre e si 89
chiude con due saggi storico-politici: il primo è La decadenza e il risorgimento
della Francia (1872), l’ultimo è invece una studio sulle Memorie del generale
Giuseppe Govone. Quasi tutti i suoi scritti storico-politici riguardano uomini e avvenimenti di storia contemporanea, in prevalenza del Risorgimento italiano, e trattano di una questione all’epoca fondamentale: la questione delle nazionalità.
La decadenza e il risorgimento della Francia, ad esempio, è un breve
saggio di filosofia della storia ispirato proprio dalla sconfitta di quello stato e del suo uomo politico, Napoleone III, caro al Negri. Secondo l’autore, la Francia era decaduta essenzialmente per aver respinto il Protestantesimo; Napoleone poi, rinnovando i vecchi simboli religiosi e politici ormai privi di efficacia, riuscì soltanto a favorire la prosperità materiale del suo paese, e non a ridargli una fede e una base morale. Lo stesso Napoleone arrivò persino a gettare la sua nazione nelle terribili lotte del 1848, dalle quali uscì devastata.
Per questo suo saggio Negri fa propri molti principi di Comte e Renan, tra cui il considerare il progresso intellettuale base della civilizzazione, o ancora lo svolgimento dei fatti storici come un processo sottoposto a leggi ben precise e tendente all’idealizzazione del mondo. Spesso egli confonde tali principi con elementi personali che saranno peraltro fondamento di tutta la sua attività di cittadino e di uomo politico: la religiosità innata contrapposta ad ogni religione dogmatica, il riconoscimento della necessità, per le menti incapaci di un pensiero filosofico proprio, di accettare una religione sebbene
Nell’esame degli scritti del Negri mi propongo di riportarne una buona parte, senza
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svolgerne, tuttavia, un esame analitico. Per un elenco completo di tutti i suoi scritti, si veda la Bibliografia a pag. 553 all’interno della monografia utilizzata per questo lavoro (Del Vecchio Veneziani 1934).
imperfetta, la simpatia per la Francia e Napoleone III, e soprattutto la fede nel vero, nella libertà di pensiero e nel progresso dell’umanità.
Fra i saggi sul Risorgimento italiano, alcuni trattano di patrioti milanesi, tra i quali spicca la figura di Carlo Tenca, animatore del salotto della contessa Maffei nonché poeta del contrasto fra il razionalismo della mente e la religiosità dell’anima.
Molti eroi e patrioti del nostro Risorgimento vengono poi rievocati nelle orazioni di Negri, in particolare in quella che ritrae Vittorio Emanuele II, padre della patria, e che mette in luce il valore della sua persona e della sua opera rispetto al conseguimento dell’unificazione d’Italia.
Ad esercitare un grande fascino sullo scrittore milanese fu poi la figura di Giuseppe Garibaldi, al quale dedicò un’altra orazione, dimostrando quanto fosse singolare il fenomeno della sua apparizione. La parte più originale dell’orazione, tuttavia, è quella che studia la religiosità del Garibaldi, compromessa dalle ingiustizie del mondo, contro le quali egli da sempre combatteva; della forza da lui derivante dal desiderio di combattere l’iniquità, secondo il nostro oratore, ha fatto lo strumento della creazione dell’Italia moderna.
Nell’orazione su Quintino Sella, Negri scruta invece lo spirito di un uomo a lui molto simile per la fede nello stesso partito politico, per il comune amore per la patria, la scienza e la natura e per l’armonia con la quale fondeva in se stesso quelle tendenze e le esplicava in ogni sua opera. Dall’orazione emerge in particolare come Sella avesse dato il primo importante impulso alla trasformazione dell’Università romana, centro dell’insegnamento italiano, e come avesse reso consapevole il proprio paese di doveri ancora ignorati.
In un volumetto Negri abbandona per un attimo l’ambiente italiano, 90
occupandosi di una figura più europea: il principe di Bismarck. Pur definendolo un “saggio storico”, in realtà si tratta di una vera e propria
Bismarck, Saggio storico di Gaetano Negri, Milano, Treves, 1884, è il risultato di due
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orazioni: Il principe di Bismarck nella sua vita e nelle sue opere, tenute rispettivamente il 18 e il 26 marzo 1883.
analisi psicologica. In Bismarck l’autore vede il vero uomo del Nord, dotato di una personalità forte, ma soprattutto il genio dell’uomo di Stato. In lui, tuttavia, vede anche un uomo capace, pur di raggiungere il proprio fine, di calpestare sentimenti, diritti e doveri. È così che, secondo Negri, Bismarck riuscì a garantire la supremazia della Prussia sulla Germania unificata. Tuttavia, Negri avverte anche che l’impero germanico è destinato a veder ritorcersi contro di sé la violenza usata contro altri, mentre l’unità dell’ancor debole Italia sarebbe stata immortale, perché voluta dalla natura e ispirata da un’idea immortale di giustizia e di verità.
Negri torna poi ad occuparsi dell’Italia nell’articolo La questione
meridionale guardata dal Nord , invocando l’abolizione di ogni antagonismo 91
regionale per il bene della patria comune. Di tale fraternità dà esempio rievocando le miserie e le necessità del Sud da lui personalmente accertate durante il suo soggiorno in quelle terre, evidenziando ora la necessità di un governo che sappia conquistarsi la fiducia del paese, raccogliendo intorno a sé i migliori uomini del Mezzogiorno. A Negri, infatti, sembrava che questo fosse un obiettivo quasi impossibile, considerato l’opportunismo dei vari ministri contemporanei.
L’ultimo scritto del Negri esamina poi un volume di frammenti di
Memorie del generale Giuseppe Govone: qui lo scrittore riafferma la sua
disapprovazione per la politica bismarckiana e la sua riconoscenza per Napoleone III, dimostrando anche un interesse sempre vivo per l’epopea dell’unificazione italiana. Questo scritto fu lasciato incompiuto sul tavolo, a Varazze, quando il 31 luglio 1902 Negri morì.
Oltre ai numerosi scritti storico-politici, egli si dedica con altrettanta passione alla critica letteraria e artistica.
Nei migliori romanzi italiani e stranieri contemporanei, Negri scorge manifestazioni dell’ingegno moderno e vuole che i suoi saggi, concernenti uomini e scrittori di valore diverso, offrano un ritratto fedele dell’ambiente del suo tempo, e che siano giudicati per il loro valore reale, senza che la
Fu pubblicato nel Giornale d’Italia del 26 dicembre 1901 e ristampato in Ultimi Saggi, pp. 91
personalità del loro stesso autore intervenga con apprezzamenti soggettivi. Ecco che, nei suoi scritti, egli cercherà sempre di raggiungere la massima imparzialità.
Uno dei primi autori di cui si occupa nei suoi saggi di critica letteraria è Henrik Ibsen, realizzando uno studio complessivo della sua opera Un
drammaturgo pessimista.
In seguito Negri si dedicherà per lo più ad autori francesi, tra cui Paul Bourget, scrivendo il saggio Un amore patologico sulla sua opera Cœur de
femme. Qui l’autore critica quel falso verismo che contraddistingueva buona
parte dei romanzieri francesi contemporanei, che tendevano a calunniare il proprio paese, facendolo apparire malato. Al contrario la Francia, secondo lo scrittore, aveva dimostrato di essere gloriosa, pur continuando la decadenza dell’arte vera.
In due saggi Negri si occupa poi del suo preferito tra i romanzieri francesi contemporanei, Anatole France, analizzando la sua arte, e riconoscendo in essa la rappresentazione artistica di un pensiero filosofico affine a quello di Renan e di Taine. Nel saggio del 1897 Anatole France, lo scrittore afferma che l’arte di France non è immorale, mentre nel saggio dell’anno successivo, Un nuovo libro d’Anatole France, combatte la tesi dell’autore francese che considera la religione una menzogna necessaria all’organizzazione morale della società. Negri, pur essendo affascinato dall’arte di France, non può cessare di essere un critico, uno storico, un ottimista, e non può che rifiutare, dunque, un’arte che dà della realtà visioni distorte.
Negri, come aveva saputo scorgere la sua affinità con Taine, intuisce anche l’analogia tra il suo pensiero e quello di France. Egli, tuttavia, non ha il dono di creare visioni immortali della realtà così come era solito fare France; ma riesce a scorgere nella vita della società cause, relazioni, rapporti che sfuggono all’artista francese.
Anche nella critica letteraria Negri dimostra, tuttavia, il suo senso artistico. In una recensione di Piccolo mondo antico (1895), ad esempio, mette in luce l’alto valore artistico del romanzo.
Lo scrittore lombardo tratta anche di critica musicale nella lettera I
“Maestri cantori” alla Scala (1890), ispirata dal suo raffinato gusto musicale e
rispecchiante le idee del pubblico milanese sulla musica wagneriana.
Egli dà prova di interessarsi anche nella pittura in Una visita
all’esposizione dei fratelli Induno. Nel saggio Leonardo da Vinci e il Castello di Milano rivela invece il suo culto per l’uomo tipico del Rinascimento, che
con il suo genio ha toccato il vertice nell’arte e nella scienza.
Negri manifesta poi il suo interesse per i poeti milanesi nella commemorazione di Benedetto Prina, nel saggio su Carlo Tenca, negli accenni alla poesia dialettale di Carlo Porta e altrove.
Di Alfred Tennyson commenta con buon gusto l’arte in tre diversi saggi, e traduce finemente una poesia breve che rappresenta l’addio al mondo del vecchio poeta inglese.
Tuttavia, il poeta che più di tutti lo affascina è Dante Alighieri, del quale Negri parla spesso nei suoi scritti, dimostrando sempre di comprendere e di sentire il significato letterario, poetico, nazionale ed umano del poema divino. Egli sarà, infatti, presidente della Società dantesca italiana dalla sua costituzione sino alla morte; nel 1896 ne inaugura i lavori con l’orazione Con
Dante e per Dante (1898). Oltre al noto poema, Negri si interessò sempre
all’ambiente e alla psicologia di Dante, uomo tipico del medioevo, eppure profondamente sentito anche da noi contemporanei. Nella recensione Gli
“Studi sulla Divina Commedia” di Francesco d’Ovidio (1901), giudicando
somma l’audacia di Dante di sostituirsi a Dio, egli riflette sulla religiosità dantesca, arrivando persino a metterne in dubbio l’esistenza.
Il Negri fu dunque uno scrittore poliedrico, che scrisse sulle più disparate discipline. Un’ascensione al Monte Rosa è forse il suo scritto descrittivo migliore; egli vi descrive la struttura del monte con una chiarezza e una precisione scientifica tali da catturare totalmente l’animo del lettore.
Un altro saggio descrittivo del Negri ci trasporta in Un paradiso
alpestre, un paesaggio verdeggiante e sereno descritto, ancora una volta, con
sentimenti suscitati dal mistero della natura e quelli ispirati dal mistero non meno grande del pensiero umano.
Il Negri scrisse anche tre odi. La prima, Le conchiglie fossili (1879), è ispirata dalla vista delle conchiglie fossili impresse nelle lastre calcaree del pavimento dei portici della piazza del Duomo di Milano e rievoca la storia del “popolo impietrato” oggi spettatore di un “moto ardente”: a quel popolo l’autore chiede quale sia la meta dell’universo. L’ode, essendo ispirata da cose viste e osservate dallo stesso Negri, appare alquanto originale, ma non offre certo un “lieto fine”: l’umanità è condannata, al contrario, a chiedersi quale sia il suo fine, senza mai trovare risposta.
Di notte, in piazza San Pietro è la più felice fra le odi di Negri, una
lirica densa di valore poetico e profondamente sentita, in quanto riflette un momento di commozione vera segnato dal ritorno di quel conflitto tra religiosità e razionalismo che da sempre lo accompagnava.
La terza ode, Il monte Rosa, narra, come la prima, vicende geologiche, esprimendo l’amore del poeta per la montagna, la sua terra natale e il conflitto tra il suo razionalismo e la sua religiosità.
L’opera di Negri, eco della sua personalità ricca e complessa, trae armonia da mille note diverse. Egli, infatti, fu eccellente anche negli scritti di storia e di critica religiosa e filosofica.
Allo studio del problema religioso Negri dedica gran parte della sua attività di scrittore, rivelando il bisogno di meditare sul perché dell’universo. Subito dopo la lettura degli Etudes, si dedica alla lettura e allo studio dei testi sacri, ai quali tornerà anche più tardi per ricercarvi qualche fondamentale verità psicologica ed umana. Ciononostante, fu soprattutto la sua religiosità innata, insieme al suo fine senso storico e critico, a fare di Negri uno studioso completo e imparziale del fenomeno religioso; tutto questo emerge chiaramente dai suoi scritti in materia, i quali rivelano al contempo una preparazione culturale straordinaria.
Il primo scritto di argomento religioso è Il Cristianesimo nella storia, pubblicato nel 1873. In esso egli distingue ben tre epoche della storia cristiana: nella prima epoca il Cristianesimo rigenerò l’umanità, nella seconda
riorganizzò la società, nella terza, quella attuale, ha invece dovuto ritirarsi cercando di tener vivo il suo ideale contro il progresso della scienza.
Un altro breve scritto giovanile, Gesù a Cesarea di Filippo – Pagine
staccate da una vita di Gesù, indaga la crisi psicologica del profeta
perseguitato. L’intento di Negri, tuttavia, non è quello di offrire una narrazione biografica, bensì una ricerca degli elementi psicologici, religiosi, nazionali: egli dimostra, infatti, come la crisi delle idee e dei sentimenti dell’eroe abbia determinato un nuovo indirizzo per l’intera umanità.
La crisi religiosa è una ricerca di critica storica delle diverse fasi del 92
sentimento religioso e considera la religione non tanto nei rapporti con l’organismo sociale, quanto nelle trasformazioni subite nella coscienza individuale. In essa, poi, l’autore si ritrova ancora una volta a riflettere sul conflitto tra la religione e la scienza, individuandone l’origine nel fatto che nessuna delle due seppe contenersi nella propria sfera d’azione.
Lo spirito scientifico di Negri appare invece in alcuni scritti scientifico-filosofici. Il saggio Un fisiologo italiano, ad esempio, vuole dimostrare che fenomeno psichico e fenomeno fisico, spirito e materia, sono due aspetti diversi di un ultimo fatto, il quale ci rimarrà sempre incomprensibile; di qui deriverebbe, secondo l’autore, la nostra incapacità di sapere se la realtà sia la nostra creazione ideale del mondo oppure il complesso di fenomeni esterni.
Le scienze naturali e il pensiero moderno traccia poi la storia della 93
vita intellettuale e del movimento scientifico dal Rinascimento alla fine del IX secolo, dimostrando come la ragione umana, incapace di giungere alla conoscenza del principio dell’universo, distrugga le metafisiche antiche per crearne di nuove, come il materialismo e l’ateismo.
Di quelle metafisiche antiche Negri era un esperto conoscitore, come dimostrano anche altri saggi o discorsi su specifiche civiltà antiche. Ne è un esempio La civiltà mesopotamica e la leggenda del diluvio universale , in cui 94 Serie di articoli pubblicata nella Rivista Europea del 1875, raccolta e ripubblicata 92
dall’autore in un volumetto. Discorso del 1892.
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Discorso tenuto al Collegio Romano il 4 febbraio 1892. 94
l’autore esamina come la scienza moderna abbia ricostruito la storia e la civiltà mesopotamica e dimostra che una leggenda cosmografica di un’antica popolazione ha potuto conservarsi nella nostra civiltà razionale perché si è innestata nel Cristianesimo.
I più bei saggi di Negri, tuttavia, sono quelli dove egli si dimostra un eccellente psicologo. Tale vocazione si rivela, naturalmente, in tutti i suoi scritti: sia che tratti di un argomento storico, politico o religioso, egli concentra sempre il proprio interesse nella ricerca e nell’analisi degli elementi psicologici che lo hanno determinato e di quelli che ne sono derivati ai principali attori. Egli comprende che nella storia degli individui e dei popoli sono rari i grandi avvenimenti esteriori; al contrario, la vita dell’anima è sempre varia, piena di contrasti e di passione e per questo vale la pena studiarla a fondo. Per questo motivo l’analisi psicologica dovrebbe essere, a suo parere, al centro del lavoro dello storico e del critico come mezzo più efficace per giungere alla comprensione dei fenomeni umani. Da questa sua convinzione trae origine anche la sua particolare attenzione per i sentimenti e le idee degli uomini che sceglie come oggetto di molti suoi scritti.
Ernesto Renan e l’incredibilità moderna, scritto nel 1883, è uno dei più
profondi e bei saggi di carattere psicologico, in cui Negri si riferisce a quella crisi psicologica di Renan che aveva determinato la sua conversione dalla fede all’incredulità.
Alcuni anni dopo aver studiato il dramma psicologico dell’autore francese, Negri traccia la storia dell’analoga conversione di Edmond Scherer, nel quale vede un’anima profondamente religiosa, uno spirito fraterno, e con attenzione lo segue nella graduale demolizione di una verità religiosa sottoposta all’analisi razionale.
Altre analisi di crisi spirituali sono da individuarsi nel discorso su
Alessandro Manzoni e nel volume su George Eliot, composto negli anni del
sindacato. Proprio in quest’ultimo volume Negri vide sempre il suo capolavoro, sorto ingenuamente dalla sua anima di artista. L’opera è sicuramente quella che più rivela lo spirito dell’autore, caratteristica che deriva sostanzialmente dalla somiglianza tra la scrittrice inglese e l’autore
lombardo: pur essendo diversi per sesso, ambiente, cultura, i due condividono, infatti, un’incredibile somiglianza di pensiero e di sentimento. Le pagine di Negri espongono dunque, insieme con la filosofia della scrittrice inglese, anche le idee del loro stesso autore, così che spesso le due personalità finiscono persino col fondersi in una sola agli occhi del lettore. Narrando le vicende di Marianna Evans (in arte George Eliot), Negri ne scruta il pensiero e il sentimento, indaga le ragioni delle sue azioni, scorgendo le loro affinità non solo sul piano artistico, ma anche su quello religioso, filosofico e morale.
Dopo il 1898 Negri pubblica scritti più brevi e rari, concentrato sulla sua opera di maggior mole: L’imperatore Giuliano l’Apostata (1901).
È questo il frutto più maturo, completo e caratteristico degli studi di Negri, al quale egli, già sessantatreenne e oramai libero da ogni diretta responsabilità nella vita pubblica, aveva dedicato un intenso e lungo lavoro di ricerca e di meditazione. L’eccellenza di questo suo scritto deriva dal suo essere un romanzo psicologico individuale e collettivo realmente vissuto e narrato da un uomo estremamente colto. Il volume ricostruisce la tragedia dell’imperatore che quattro secoli dopo Cristo si era illuso di poter richiamare