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3. Analisi testo di partenza

3.3 Interpretazione delle singole storielle

riproducendo il movimento del bambino quasi in modo onomatopeico; per quanto riguarda gli accenti, poi, se ne contano quattro totali, uno su ogni prima sillaba di ciascun verbo. Nonostante si tratti di righe spezzate, sembra dunque trattarsi di un unico verso; lo stesso vale anche per l'ultima strofa del racconto dei moretti, seppur per ragioni diverse. Qui, infatti, le prime due righe sono spezzate per via dell'arco raffigurato nelle illustrazioni che accompagnano il testo: si tratta dell'unico caso nel libricino in cui i disegni influenzano le scelte ritmiche e lessicali dell'autore, molto attento al loro significato e alla loro importante funzione.

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3.3 Interpretazione delle singole storielle

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Lo Struwwelpeter viene pubblicato completo di tutte le storielle con la quinta edizione del 1847, riscuotendo un immediato successo. Hoffmann, tuttavia, ritiene che non sia certo il miglior libro per bambini tra tutti quelli da lui scritti. Una possibile ragione potrebbe essere la diversa natura dei suoi racconti: in tutti i libri che Hoffmann scrive (e disegna) per i suoi piccoli lettori si leggono storie a lieto fine o comunque divertenti nella loro semplicità. Unica eccezione è proprio lo Struwwelpeter, in cui l'autore propone storielle scaturite direttamente “aus dem Inneren heraus” (Eckstaedt 1998: 14), ovvero dal suo mondo interiore; storie apparentemente semplici, ma che nascondono sempre qualcosa di più profondo.

Di qui la necessità di un processo di interpretazione che non tenga necessariamente conto della biografia dell'autore, ma piuttosto che si basi sulle impressioni soggettive di chi si presta a compierlo. Tali impressioni scaturiscono dal testo ma anche, o forse soprattutto, dalle immagini e dai loro colori.

Lo stesso Hoffmann è molto attento ai dettagli del suo libricino, in particolare alle illustrazioni. Egli, infatti, crede nel loro immenso valore,

ritenendole elemento fondamentale per un libro destinato a bambini in età prescolastica:

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Das Kind lernt einfach nur durch das Auge, und nur das, was es sieht, begreift es. […] Die Mahnung: Sei reinlich! Sei vorsichtig mit dem Feuerzeug und laß es liegen! Sei folgsam! - das alles sind leere Worte für das Kind. Aber das Abbild des Schmutzfinken, des brennenden Kleides, des verunglückenden Unvorsichtigen, das Anschauen allein erklärt sich selbst und belehrt. 25

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Sin dalle prime edizioni a preoccupare l'autore è la riproduzione delle sue illustrazioni, stampate in litografia. L'operazione fu tutt'altro che semplice; nella sua autobiografia Hoffmann racconta, infatti, di aver controllato il disegnatore giorno dopo giorno per assicurarsi che egli “non migliorasse in alcun modo i suoi disegni da dilettante” . Al disegnatore Hoffmann diede 26

anche consigli piuttosto pratici, ordinando che il libro risultasse innanzitutto solido piuttosto che grazioso, dovendosi prestare non solo ad essere letto, ma probabilmente anche ad essere strappato; di qui la scelta di utilizzare cartone rigido per le pagine interne. Al libricino doveva poi essere dato un prezzo giusto, che non lo svalutasse e che non creasse nemmeno aspettative troppo alte:

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“In sostanza il bambino impara solo attraverso gli occhi, e comprende solo ciò che vede.

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L'ammonimento: sii pulito! Stai attento con i fiammiferi e non li toccare! Sii ubbidiente! - tutte queste sono parole vuote per il bambino. Ma l'immagine del sudicio, del vestito in fiamme, del disattento che ha un incidente, tutto ciò si spiega da sé e istruisce.” (Hoffmann 2009: 34).

Parole tratte dall'autobiografia di Hoffmann e riportate in Eckstaedt 1998: 20.

Und dann muß das Buch billig sein, mehr als 59 Kreuzer darf es nicht kosten, dann heißt es: “Das kostet ja nicht einmal einen Gulden!” Kostet es aber 60 Kreuzer, so sagt man: “Das Ding ist zu teuer; es kostet ja einen Gulden!” 27

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L'attenzione di Hoffmann per le immagini continuò anche per le edizioni successive, per le quali apportò continue modifiche alle illustrazioni, lasciando invece inalterati i versi.

Per l'interpretazione delle varie storielle si farà riferimento alla quinta edizione (1847), quella che ancora oggi leggiamo, completa di tutti i racconti. Le riflessioni riportate di seguito si propongono di interpretare il testo nella sua complessità, con una particolare attenzione alla stretta correlazione fra parole e immagini, e di come le une prendano significato grazie anche alle altre.

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L’Introduzione

“E poi il libro deve essere economico, non può costare più di 59 Kreuzer, altrimenti si

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direbbe: “Non vale nemmeno un fiorino!” Ma se costasse 60 Kreuzer , allora si direbbe: “ Questa cosa è troppo cara; costa la bellezza di un fiorino!” (Eckstaedt 1998: 20.)

Come si può notare osservandone la riproduzione, l’introduzione (Hoffmann 2008: 1) riporta a grandi lettere e in grassetto il titolo dell'intero libricino, seguito dal sottotitolo, sempre in grassetto e più grande rispetto al resto del testo, al centro della pagina. Titolo, sottotitolo e testo sono circondati da una grande illustrazione nella parte superiore della pagina e da tre piccole vignette in quella inferiore. Due alberi di Natale con delle candele accese fungono poi da decorazioni agli angoli superiori, ricordando la vigilia di Natale del 1844, quando il piccolo Carlo aveva ricevuto dal padre il suo prezioso regalo.

Leggendo il testo è evidente che l'arrivo del Christkind (letteralmente “Bambino Gesù”; nei paesi di lingua tedesca, e non solo, è lo spiritello di un bambino che, secondo la tradizione, la sera della vigilia porta i regali di Natale ai bambini (si veda http://it.wikipedia.org/wiki/Christkind), rappresenta il momento dell'anno più atteso dai bambini. Egli arriva e se ne va senza farsi vedere, lasciando ai bambini dei doni come segno della sua presenza. Nell'illustrazione lo vediamo arrivare circondato da luci, regali di ogni sorte, giochi e dolcetti; tuttavia, nulla di tutto questo è da dare per scontato. Al contrario, per poter ricevere quei doni il bambino deve essere stato artig (ovvero buono, ubbidiente); che cosa questo significhi con esattezza viene elencato nel testo. Per prima cosa il bambino deve mangiare tutto ciò che si trova nel piatto; non deve fare confusione e deve saper giocare tranquillamente. Infine, è importante che si lasci guidare per mano, ossia che sia docile e ubbidiente. Ad essere descritto è dunque il giorno tipo di un bambino così come appare dall'esterno, e solo se egli ha adempiuto a tutti i suoi doveri quotidiani verrà ricompensato dal Bambino Gesù con dei

doni, tra i quali viene nominato proprio il libricino (“ein schönes Bilderbuch” ) che il Christkind tiene tra le mani nel disegno in alto . 28 29

Nulla viene detto a proposito della necessaria e all'epoca fondamentale cura del proprio corpo, dunque sul dormire e il momento del risveglio e su altri piccoli gesti quotidiani come spazzolarsi, fare il bagno ecc.

Ciò che il testo descrive viene perfettamente reso dall'autore nei suoi disegni. Osservando le immagini, Eckstaedt suggerisce che lo spazio appare suddiviso su tre diversi piani: l'immagine in alto rappresenterebbe il mondo spirituale, ovvero quel mondo ideale fatto di aspirazioni e di speranze; le due immagini in basso ai lati rappresenterebbero invece il passaggio da questo mondo a quello terreno, raffigurato nell'immagine centrale posizionata tra le due. La pagina appare dunque chiaramente divisa sia sul piano verticale che su quello orizzontale: l'immagine del Bambino Gesù appare infatti in relazione con quella centrale della parte inferiore, mentre orizzontalmente appare evidente la contrapposizione dell'immagine in basso a sinistra, dove si vede un bambino intento a giocare, con quella di destra, dove il bambino cammina tenendo per mano la propria madre. Pur essendo senza nome, è probabile che si tratti dello stesso bambino; in tutte le vignette, infatti, egli indossa un semplice vestitino blu, delle calzamaglie bianche e un paio di scarpette rosse. Ben più importante è l'ampio vestito del Gesù Bambino, che lo copre interamente dalle spalle ai piedi; anche questi ultimi, infatti, sono nascosti, quasi a evidenziare la natura divina dello spiritello che non ha certo bisogno dei piedi per volare nel cielo. Ecco perché, al contrario, le sue ali appaiono così ampie e imponenti, colorate di rosso e di blu. Ad impreziosirne l'abito è poi la corona dorata che egli porta sulla testa, il cui splendore è accentuato dalle stelle che brillano tutt'intorno e in particolare da quella più grande, che

Si veda l'ultimo verso della strofa.

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Si noti che nel disegno il libricino è aperto alla prima pagina, e in quella di destra si

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riconosce chiaramente l'immagine di Struwwelpeter. Nella prima edizione, dove l'eroe si trovava ancora nell'ultima pagina, troviamo invece il disegno di un galletto nella pagina di sinistra e di un pupazzetto non presente nel libro in quella di destra. (Figura 6. in appendice).

si trova proprio sopra di essa. Lo spiritello ha poi lunghi e corposi capelli bruni che gli scendono fino alle spalle e che lo distinguono dagli altri angeli dai capelli corti e biondi. Se poi si osserva attentamente il viso, pare quasi trattarsi di una figura femminile, fatta forse eccezione per le braccia, che appaiono piuttosto forti per reggere il libricino.

Come si accennava sopra, a condurci nello spazio 'reale' della quotidianità è l'immagine al centro della parte inferiore. Qui si vede il bambino seduto al tavolo, forse su una sedia (coperta quasi interamente da una lunga tovaglia bianca), con in mano un cucchiaio. Ciò che colpisce particolarmente è il fatto che il bambino sia totalmente solo, senza genitori, fratelli o sorelle; davanti a lui solo un piatto ancora vuoto, un bicchiere, una forchetta, un pezzo di pane e una ciotola troppo grande per un bambino solo e che forse contiene la minestra (“Suppe”) citata nel testo. In un certo senso è come se quella ciotola volesse rappresentare ciò che manca nel disegno, ovvero la famiglia del bambino, proprio come il tavolo stesso, apparecchiato in stile tipicamente borghese.

Le due immagini in basso ai lati mostrano poi altri momenti di vita quotidiana. In quella di sinistra il bambino gioca seduto sul pavimento, dove crea il suo piccolo mondo con alberelli, animaletti e un cavaliere (i “Siebensachen”, v. 6); a questo mondo il bambino pare molto affezionato, quasi riverente se si osservano la posizione delle mani e la testa, leggermente china. Nell’illustrazione di destra viene invece reso il terzultimo verso: von

Mama sich führen lassen . Madre e figlio passeggiano l’una accanto all’altro, 30

la prima tenendo per mano il secondo, come se il “seguir la mamma” non fosse affatto scontato (Eckstaedt 1998: 31). Nell’altra mano il bambino tiene invece un giocattolo, un frustino, rivolto verso l’alto quasi a voler dimostrare la sua mascolinità. Che si tratta dello stesso bambino delle altre vignette è evidente dai vestiti, che sono gli esattamente gli stessi, con l’aggiunta di un cappellino giallo arricchito da una piuma rossa. Anche la madre, che compare solo in questa vignetta, indossa un piccolo cappello verde. Dagli indumenti e

“suol seguir la mamma a spasso” (Negri 2010: 1).

dalla seppur minima scenografia si può pensare che i due siano fuori casa, precisamente auf den Gassen , forse per comprare qualcosa oppure diretti 31

verso la chiesa. Quest’ultima compare anche tra i giocattoli della vignetta di sinistra e poi di nuovo nell’ultima pagina del libricino. Osservando con più attenzione la figura della madre, si nota che, oltre al cappello, indossa anche una calda mantella rossa con un ampio colletto bianco che le copre il vestito verde, di cui si intravede solamente l’ampia gonna verde. I piedi della donna non si vedono, così come anche il suo volto. Quest’ultimo aspetto si presta a numerose possibili interpretazioni: in primo luogo, si può pensare che l’autore stia osservando la coppia da dietro; non è chiaro, poi, se sia un sogno o una scena reale, e anche in quest’ultimo caso non è dato sapere se si tratti di un’immagine del passato, del presente o di un futuro più o meno lontano. Anche la direzione verso la quale i due volgono lo sguardo non si può dire con esattezza; dalla posizione dei loro cappelli pare che stiano guardando avanti a sé, ma potrebbero anche guardare verso il cielo, dunque verso il Christkind e i due angioletti che gli sono accanto. Ancora una volta, dunque, sembra crearsi un’inequivocabile collegamento cielo-terra, divino-terreno, suggerito peraltro anche dai doni, giocattoli e dolcetti, che i due angioletti lasciano cadere verso il basso. La particolare e più volte evidenziata unione cielo-terra può portare, inoltre, a riflessioni piuttosto malinconiche; forse quella madre di cui non conosciamo nemmeno il volto e che compare in una sola vignetta appartiene già a quel cielo illuminato di stelle dal quale discende il Bambino Gesù con i suoi preziosi doni. Considerando anche la totale assenza di una figura paterna, si può infatti pensare che il bambino sia orfano; in questo caso la vignetta in basso a destra sarebbe null’altro che un ricordo di momenti felici ma che, oramai, appartengono al passato.

Tale malinconia può essere alleviata attraverso l’immaginazione, ovvero attraverso il gioco. A riempire questa prima pagina sono proprio loro, i giocattoli, che compaiono in tutte le vignette eccetto, naturalmente, quella che raffigura il momento del pasto. Oggi, anche grazie alla psicologia

In italiano: “per strada”.

infantile, conosciamo l’importanza del gioco per lo sviluppo del bambino e della sua fantasia; a quei tempi, invece, il gioco era ancora un lusso per pochi, ovvero per quei bambini più agiati che non dovevano aiutare la famiglia nel lavoro dei campi o in bottega. Nella pagina in questione si notano giocattoli di ogni tipo; particolarmente interessanti sono quelli raffigurati nella vignetta in basso a sinistra, in particolare il soldato a cavallo, e il frustino che il bambino tiene in mano in quella di destra, sempre in basso. Si tratta, infatti, di giocattoli che ricordano la guerra e che, nel caso del frustino, potrebbero essere utilizzati per continuare lo stesso ciclo di violenza e aggressione. Tra i giochi che cadono dal cielo, invece, si mescolano anche mele e dolcetti; è interessante notare che per la prima edizione Hoffmann aveva disegnato solamente due leccornie, un Lebkuchen e un Brezel, che pendevano rispettivamente dagli alberi di Natale di sinistra e di destra. Forse il nostro autore voleva arricchire la prima pagina del suo libricino rendendola più piena e colorata, ma forse non avrebbe dovuto rinunciare a due veri e propri simboli di una cultura, la sua: quella tedesca.

Tra tutti i doni quello di più valore viene sorretto dal Christkind al centro della parte superiore: è il libricino che lo stesso Hoffmann stava donando al proprio figlioletto. Se nelle vignette in basso il bambino gioca, mangia o passeggia tranquillamente con la madre, con l’immagine del libro sembra inserirsi un momento diverso, in genere meno piacevole, ovvero quello dell’apprendimento e dello studio. Il fatto poi che questo venga raffigurato perpendicolare rispetto al bambino seduto al tavolo, sembra suggerire l’idea che il bambino possa apprendere anche da solo. Quello del “diventare grandi”è uno dei temi centrali del libro che, a partire dall’introduzione, ritroveremo in tutte le storielle.

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I. Der Struwwelpeter

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La prima storia, di soli otto versi, è quella dell’eroe del libricino, raffigurato come in copertina sopra un piccolo podio colorato, decorato ai lati con qualche disegno. Lo Struwwelpeter è un bambino ancora piuttosto piccolo, di circa tre anni, con un volto paffuto e ingenuo. I capelli gli stanno tutt’intorno alla testa, diritti e spettinati, e le sue unghie sono così lunghe da impedirgli persino di toccarsi o di tenere in mano qualcosa. Di qui il nome

Struwwelpeter , dove struwwel significa “spettinato”. Al di là dei capelli e 33

delle unghie non vi è alcun altro segno di trascuratezza: viso, mani e vestiti sono perfettamente puliti. Un bambino di tre anni come Peter è già in grado di vestirsi e di lavarsi da solo il viso e le mani, ma di certo non può ancora tagliarsi i capelli e le unghie; di solito, poi, anche per pettinarsi deve essere aiutato dai genitori o comunque da qualcuno più grande di lui. Nessun genitore lascerebbe in queste condizioni il proprio figlio, e Peter non sembra

Hoffmann 2008: 2.

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Struwwelig è una forma dialettale che deriva, a sua volta, da strubbelig o strobelig della

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essere un bambino particolarmente capriccioso. Viene dunque spontaneo chiedersi il perché del suo aspetto, e forse la risposta è più semplice di quanto si possa pensare: il bambino è orfano e non ha nessuno che si prenda cura di lui. La sua bocca sigillata sembra poi impedirgli di dire qualsiasi cosa, o forse il dolore che porta dentro è troppo grande da poter esprimere; a parlare è invece il suo volto, che sembra chiedere disperatamente aiuto.

Se, dunque, nell’introduzione ci vengono mostrati il bambino, le sue attività quotidiane e ciò che da lui tutti (gli adulti) si aspettano, in questa prima storiella scopriamo, invece, ciò che il bambino sente, quello che prova nell’intimo. Dall’espressione del suo volto è chiaro che non è felice, e la lunghezza dei capelli, che appaiono persino di due colori diversi, e delle unghie lascia ipotizzare che questo stato duri già da un po’ di tempo. Anche la sua posizione non è di certo usuale per un bambino: egli, infatti, giace lì, in piedi, senza muoversi, triste, depresso, quasi apatico. Mille e diverse emozioni devono tuttavia agitarsi nel suo animo, ma da bravo bambino Peter riesce a nasconderle, soffocandole dentro di sé. Quali siano queste emozioni e le loro cause, l’autore ce lo racconta attraverso le altre storielle.