X. Die Geschichte vom fliegenden Robert
6. Gaetano Negri: cenni di una biografia intellettuale
6.2 La vita pubblica
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Se alla patria dedicò dunque la sua adolescenza, alla sua città dedicò tutta la vita. L’attività amministrativa e politica di Negri inizia precisamente nel 1873, con l’elezione a consigliere comunale, e termina nel 1902 con la sua morte.
In quel periodo iniziava a diffondersi in tutta Italia l’istruzione e le sue varie parti cominciavano a conoscersi e a comprendersi. Tuttavia, la vita parlamentare era ancora fondata sull’opportunismo e fortemente corrotta, sebbene non mancassero anche uomini onesti e di valore come Negri, il quale si dedicò totalmente al bene del suo paese.
Egli ricoprì incarichi alti ma mai si lasciò corrompere da quella vita pubblica; ad impedirglielo era il suo carattere dignitoso, ma soprattutto il suo temperamento di studioso, che lo portava ad esaminare con rigorosità scientifica tutte le questioni pratiche e teoriche, perseguendo sempre e soltanto la pura ricerca del vero.
I risultati delle sue indagini le esprimeva poi in modo chiaro e aperto nei suoi discorsi. Il Negri, infatti, fu da sempre un affascinante oratore; le sue parole erano semplici, persuasive, sempre elevate e varie, e con le sue idee brillanti e sapientemente espresse riusciva a stabilire una corrente di simpatia fra sé e il proprio pubblico. Tuttavia, ciò che più affascinava era la sincerità assoluta che traspariva dai suoi profondi occhi azzurri, dalla sua parola, e che trasmetteva il suo amore per il vero. La sua particolare eloquenza conquistava gli ascoltatori anche nelle società scientifiche, nei circoli letterari, nelle assemblee, nei teatri e, naturalmente, nelle sedute della Camera e del Senato. Persino il noto editore e amico del Negri, Ulrico Hoepli, parlava con entusiasmo di questo “eccellente e straordinario oratore”, tanto da chiedergli di scrivere un “manuale dell’oratore”. Negri, dopo mesi passati nel vano tentativo di comporlo, gli risponde: “[…] Se tu vuoi fare un discorso, pensa
prima bene quello che vuoi dire, e poi dì semplicemente quello che hai pensato. Ecco il manuale dell’oratore” . 84
Negri fu, oltre che uno dei più efficienti oratori, anche uno dei più influenti e stimati giornalisti del suo tempo, collaborando con molte delle migliori riviste, ansiose di poter pubblicare qualche suo saggio, e con diversi giornali quotidiani come L’Illustrazione Italiana, La Nuova Antologia, La
Rivista d’Italia e altri ancora. I suoi articoli esprimevano sempre in forma
chiara e vivace il risultato di meditazioni profonde e obiettive, e proprio
questa loro assoluta imparzialità li rende ancora oggi interessanti, malgrado le persone e i fatti ai quali fanno riferimento siano da tempo scomparsi.
Nonostante i suoi numerosi interessi e impegni, Negri seppe dedicarsi in modo eccelso anche alla vita politica e in breve tempo divenne l’anima e la mente del partito moderato milanese, di cui condivideva soprattutto le idee liberali e al quale riconobbe sempre il merito di aver collocato lo Stato italiano su due solide basi: la fiducia all’estero e l’equilibrio del bilancio.
Meta di tutta la sua azione nella vita pubblica fu l’armonizzazione dell’ordine con la libertà, ideale che perseguì non con la rivoluzione, ma attraverso l’amore per il suo popolo e per Giuseppe Garibaldi, che da sempre esercitò su di lui un grande fascino. Ciò che più Negri disprezzava era, invece, la vita parlamentare della nuova Italia, segnata dalla corruzione e dalla prepotenza e incapace di attuare riforme in modo corretto e imparziale.
Contro quel parlamentarismo e il suo accentramento Negri combatté sempre, ma non fu certo l’unica questione che dovette affrontare durante la sua attività pubblica: anche la politica ecclesiastica era stata, a suo parere, radicalmente sbagliata, creando l’illusione di una possibile conciliazione diretta con il Papa. Negri, al contrario, riteneva che un accordo aperto tra lo Stato e la Chiesa fosse impossibile, poiché avrebbe richiesto ad entrambi la rinuncia a principi fondamentali e vitali. La sua proposta fu dunque quella di una condotta priva di violenze, che non alimentasse nella Chiesa la possibilità di atteggiarsi a vittima, una condotta che consentisse una convivenza pacifica
Si tratta di due biglietti di cui non si conosce il testo originale, riferiti a voce da Ulrico
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e tranquilla. Con il passare degli anni, tuttavia, dovette riconsiderare l’idea di una conciliazione tra il suo partito e quello clericale, prescindendo dalla innegabile diversità di principi. A persuaderlo fu soprattutto la necessità per i moderati, di fronte al crescente potere dei propri avversari, di allearsi con un partito forte, ma anche ragioni di carattere morale, radicate nella convinzione che se un partito esistente nel paese si fosse tenuto in disparte, la vita pubblica non avrebbe potuto essere pienamente sincera.
Nel 1873 Negri venne poi eletto consigliere comunale della città di Milano e vi rimase per circa dodici anni in qualità di assessore sovrintendente scolastico. Anche nel campo dell’istruzione primaria milanese si doveva creare, dopo l’occupazione straniera, un sistema tutto nuovo. Egli si propose così di attuare un vasto piano di riforme, e mentre da un lato riusciva a mantenere un bilancio attivo, dall’altro faceva costruire un buon numero di nuovi edifici scolastici, attento a rispettare i moderni concetti della pedagogia e dell’igiene. Oltre alla struttura fisica, Negri volle rinnovare l’intero sistema scolastico, scegliendo una schiera d’insegnanti volenterosi ed onesti. In pochi anni fece così dell’organismo scolastico milanese un vero e proprio modello che, per molti anni in Italia, non conobbe eguali; gli stessi avversari politici riconobbero che l’opera di Negri nell’ordinamento delle pubbliche scuole era stato “sapiente ed efficace”.
Egli continuerà la sua attività in favore delle scuole e della vita cittadina anche quando, candidato nel collegio di Abbiategrasso nelle elezioni politiche dell’ottobre 1874, venne sconfitto.
Qualche anno dopo, il 2 febbraio 1881, presta poi giuramento alla Camera: attento ad adempiere ogni suo dovere, è sempre presente nell’ambiente parlamentare di Roma, che descrive con freschezza e semplicità nelle lettere quotidiane alla moglie. La domenica, tuttavia, passa il suo tempo a visitare i musei del Campidoglio, trattenendosi nei giardini e fra le rovine del Palatino, luogo adatto ad “esilarare lo spirito, e trasportarlo in più spirabil aere di quello che non sia l’ambiente parlamentare”. Ben presto Negri si accorge di vivere in un mondo ben diverso da quello di Milano e, tuttavia, trova che le discussioni alla Camera siano alquanto interessanti, in
quanto vi si imparava a conoscere il valore di alcuni uomini rinomati e il modo di parlare nelle grandi assemblee politiche. Tuttavia, egli notava anche che i suoi compagni oratori dicevano perlopiù luoghi comuni, proponendosi di dire qualcosa di nuovo e originale. I suoi brillanti discorsi lo portarono a quel successo di cui mai volle vantarsi; anche quando si ritrovava a dover partecipare al ballo del Quirinale, tra abiti sfarzosi, gioielli e preziose decorazioni, rivelava sempre la sua semplicità e modestia.
Nel 1882 si tennero poi nuove elezioni: a vincere fu, questa volta, il partito radicale, mentre Negri ne uscì sconfitto. Anche dopo questa sconfitta egli continuò a dimostrare il suo vivo interesse per le questioni pedagogiche e didattiche, esortando gli alunni delle scuole pubbliche allo studio, al lavoro, al culto della patria, della famiglia e del dovere, e alla convinzione che non dall’odio di classe, ma dalla cooperazione amorevole derivassero il progresso della nazione e il benessere di tutti i cittadini.
Lo stesso Negri riconobbe anche che non tutto era poi così mal organizzato nelle nostre scuole, e che eccelsi risultati erano già stati raggiunti in quegli ultimi anni: considerevoli erano i risultati ottenuti dagli istituti scientifici di Torino, Milano e Roma, e il personale delle scuole secondarie era notevolmente migliorato.
L’allora ministro dell’istruzione Baccelli, trasformando i programmi, gli orari e le modalità degli esami dell’insegnamento classico, commise, tuttavia, gravi e numerosi errori. Negri ritenne particolarmente dannosa la diminuzione del programma di matematica nei licei, che avrebbe reso difficile ai futuri allievi delle facoltà matematiche preferire il liceo agli istituti d’istruzione tecnica, mentre la trovava una buona cosa per i ginnasi. Altrettanto positiva fu, a parer suo, l’introduzione nei ginnasi dell’insegnamento della storia naturale, anche se in realtà non venne mai impartito con la dovuta serietà. Si pensò poi di eliminare la filosofia dalla scuola secondaria, a favore della fisica e della fisiologia, idea che ovviamente Negri non condivise affatto, affermando al contrario che “è lecito dubitare che lo spirito dei giovanetti esca da quello studio più sicuro e forte”. Dopo aver dimostrato l’inutilità dei nuovi programmi, egli considera le innovazioni introdotte dal ministro per gli
esami delle scuole secondarie e nota che “queste ultime innovazioni hanno conseguenze più gravi delle altre, poiché […] toccano l’organismo della istituzione, e non vi è mezzo pel quale essa possa sottrarsi agli effetti che ne conseguono.” Secondo Negri, dunque, i provvedimenti volti a facilitare gli esami non potevano che produrre debolezza e discredito alla scuola italiana. Ben più grave era un problema d’ordinamento generale che interessava tutta l’istruzione secondaria e che richiedeva, per essere risolto, il coordinamento dell’istruzione tecnica e di quella classica, in modo da non costringere gli alunni a dovere scegliere troppo precocemente la carriera che avrebbero voluto seguire.
Questo e molti altri, tra cui anche il miglioramento dell’istruzione elementare, furono gli obiettivi perseguiti da Negri sulla base del suo complesso di idee pedagogiche, alle quali rimase sempre fedele. La questione della libertà dell’insegnamento e dei suoi limiti fu da lui compresa in tutta la sua complessità, in tutto il suo significato psicologico, politico e umano, tanto da farne poi oggetto del suo ultime volume L’imperatore Giuliano l’Apostata.
Gaetano Negri fu giorno dopo giorno sempre più stimato e amato dai cittadini milanesi e il 25 aprile del 1884 venne ufficialmente nominato sindaco di Milano. In pochi anni (1884-89) contribuì in modo significativo alla trasformazione edilizia, morale, industriale di Milano.
Negri si occupò con intelligenza anche della tutela della salute pubblica, riuscendo con opportuni provvedimenti a mantenere Milano immune dal colera; particolarmente significativa fu la costruzione di un ospedale per i contagiosi in un’area apposita, acquistata al confine del Comune. Alla pubblica assistenza provvide, invece, con una miglior organizzazione delle condotte mediche e del servizio ostetrico del sobborgo.
In seguito, si occupò della questione dei cimiteri, facendo erigere un unico e immenso campo mortuario e stabilendo la chiusura di quei cimiteri secondari sparsi nella città; diffuse poi la luce elettrica in tutte le vie principali della città, distinguendola così da qualsiasi altra città italiana.
Negri e i suoi amici tuttavia arrivarono a non intendersi più fra loro, e poco a poco non contarono più nulla nella città nuova; a ciò dovette
contribuire la formazione e la sempre più forte influenza del partito socialista. “La ruota gira” disse Negri, ma di fronte alle accuse mosse a lui e ai suoi compagni ci teneva a sottolineare come la sua amministrazione, malgrado qualche errore, avesse saputo fornire alla città una nuova forza innovatrice e progressiva.
Il 18 novembre 1889 Negri dichiara ufficialmente il suo ritiro e qualche giorno dopo Giulio Belinzaghi viene eletto sindaco. In tale occasione Negri dichiara di aver trascorso un periodo piuttosto agitato, ben contento, tuttavia, di aver sempre lavorato con tutta l’anima per il bene del paese. Egli si compiace poi di pensare che, se ha potuto esser utile alla sua città nell’adempimento di un incarico così alto e difficile, allora potrà esserle utile anche nell’abbandonarlo. La dignità e la nobiltà con cui seppe ritirarsi dal suo incarico avevano impressionato persino Victor Hugo, che in un biglietto gli scrive: “Et les chutes parfois sont des apothéoses” . 85
La partecipazione di Negri alla vita politico-amministrativa milanese non finisce tuttavia col finire del suo sindacato: egli rimane l’uomo rispettabile, venerato da molti e considerato da tutti il capo del liberalismo milanese, al quale continua a offrire il suo contributo partecipando a numerose commissioni e attraverso la sua attività di giornalista.
Il 4 dicembre 1890 viene poi nominato senatore e il primo febbraio del 1891 presta giuramento.
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6.3 Gli ultimi anni e la tragica fine
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Nell’ultimo periodo della sua esistenza Negri, quasi fosse consapevole della brevità del tempo a lui concesso, intensificò la sua abituale attività.
Escluso dal governo diretto del Comune, diede un importante contributo a diverse istituzioni culturali e di beneficenza. Fin dal 1880 si era tentato di fondare a Milano una società che avesse lo scopo di promuovere gli studi danteschi. Il 31 maggio 1889 si riunì così a Firenze un comitato che
”E le cadute a volte sono delle apoteosi”.