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3. L’opera

3.4 Il primo atto: Jason in Colchis

3.4.9 L’arrivo di Medea e l’incantamento del drago

Giasone si accorge dell’arrivo di Medea e, di conseguenza, chiede perdono al dio del sole. Contrariamente alla versione del mito narrata da Apollonio Rodio, l’eroina dell’extravaganza di Planché si muove con lentezza, raggiungendo l’amato con un considerevole ritardo. Il libro IV delle Argonautiche, invece, si apre con la fuga di Medea, che raggiunge rapidamente la nave Argo per ricongiungersi a Giasone e portare a compimento la missione. La velocità viene letta come cifra dell’ansia di Medea, costretta a sfuggire alle imminenti ritorsioni del padre, che è sul punto di scoprire come abbia agevolato lo straniero103. Planché posticipa l’arrivo di Medea per

103 Medea è definita una “cerbiatta veloce”. Apollonio Rodio, Le Argonautiche, IV, v. 12.

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sottolineare la completa dipendenza di Giasone nei confronti della fanciulla. Questi, invece di affrontare la prova mosso dall’onore con cui si è presentato ad Eeta all’inizio dell’extravaganza, è capace soltanto di abbandonarsi all’autocommiserazione. Medea entra in scena portando con sé un recipiente in cui brucia del gin e un ramo di ginepro, strumenti con cui compie l’incantesimo che provocherà la morte del drago. Il recipiente contiene “A dainty dish to set before the dragon” (GoldF, p. 25): il drago, attirato dal profumo di gin emanato dal liquore incendiato e dal ramo di ginepro, desidererà assaggiarne il contenuto. Per mezzo della frase proverbiale “all is not gold that glitters” (GoldF, p. 25), Medea lascia intendere che si tratta di un inganno: il mostro non sorseggerà la sua bevanda preferita, bensì un potente veleno, “a dose of gin and bitters” (GoldF, p. 25). L’eroina sembra qui riferirsi ad un cocktail popolare nella Gran Bretagna del diciannovesimo secolo, che prevede la mescolanza di gin e ‘bitters’, un liquore aromatizzato con erbe officinali o scorza d’arancia. All’epoca, il cocktail è ampiamente diffuso tra i marinai, perché gli si attribuiscono proprietà curative104. Medea, dopo aver invitato Giasone al silenzio, si appresta a

compiere una “gincantation” (GoldF, p. 25), un gioco di parole che salda il termine ‘gin’ ad ‘incantation’, sottolineando ancora una volta il ruolo centrale svolto dalla bevanda e la sua ironica unione alla magia.

Si assiste, dunque, al sortilegio di Medea che, esattamente come nelle Argonautiche, incanta il drago servendosi di un ramo di ginepro, intinto in una mistura e cosparso sugli occhi del mostro. Per mostrare la perfetta coincidenza tra l’extravaganza e la fonte classica, Planché inserisce una nota al testo che riporta il passo del poema di Apollonio relativo all’incantesimo, tradotto da Francis Fawkes105.

nel suo terrore per una strada oscura / oltre le mura della grande città. Non la riconobbe / nessuna delle sentinelle, non s’avvidero della sua corsa”. Apollonio Rodio, Le Argonautiche, IV, vv. 43-49. Infine, l’autore menziona la sua “fretta”. Apollonio Rodio, Le Argonautiche, IV, v. 66.

104 Barnett ricorda la pubblicazione di due volumi, uno risalente al 1807, l’altro al 1830, che

illustrano la preparazione di ‘bitters’ appositamente confezionati per accompagnare il gin. Cfr. R. Barnett, “Bitter medicine: gout and the birth of the cocktail”, The Lancet, CCCLXXIX: 9824 (Aprile 2012), p. 1384.

105 La nota di Planché riporta: “A branch of Juniper the maid applies, / Steep'd in a baneful potion,

to his eyes”. Egli attribuisce, erroneamente, questa traduzione a Guy Fawkes. Si tratta invece di Francis Fawkes. Cfr. F. Fawkes, The Argonautics of Apollonius Rhodius, in Four Books, London, G. Dodsley 1780, IV, vv. 174-175. Il corrispondente nella versione di Apollonio Rodio è: “Medea intinse un ramo di ginepro, tagliato da poco, / nella mistura, e sparse il filtro possente sopra i suoi occhi, /

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Il tema della magia è, però, centrale anche nelle Metamorfosi di Ovidio. Nella sua versione, è Giasone a spruzzare il succo di un’erba soporifera sugli occhi del drago, mentre Medea opera l’incantesimo del ringiovanimento di Esone. Ovidio, più di ogni altro autore classico, codifica l’immagine della Medea maga, che utilizza un paiolo e un ramo secco per preparare la pozione da somministrare all’anziano padre di Giasone106. Gli strumenti di cui l’eroina classica si serve sono i medesimi portati sulla

scena di The Golden Fleece.

La magia penetra nelle moderne rielaborazioni del mito e, soprattutto, permea l’opera di Corneille, in cui Medea compie sulla scena l’incantesimo con cui avvelena la veste da donare a Creusa. Inoltre, ella utilizza una bacchetta magica per liberare Egeo dalla prigionia e immobilizzare il messaggero giunto ad annunciare la morte di Creonte e della figlia. La bacchetta magica è l’emblema dei poteri di Medea, il cui ritratto si apparenta all’immaginario moderno della strega107.

Per addormentare il drago guardiano del vello, Medea esegue una canzone intitolata The Mistletoe Bough:

The juniper bough to my aid I call. Its spirit of millions has worked the fall; And the dragon is longing snap-dragon to play, Like a boy on a Christmas holiday.

Above him, behold my father's pride The beautiful fleece the golden ram's hide. But stop till the monster asleep you see, For he's mighty awkward company. Wave the juniper bough,

Wave the juniper bough (GoldF, p. 25).

pronunciando le formule: lo circondò l’odore / del filtro e lo addormentò”. Apollonio Rodio, Le

Argonautiche, IV, vv. 156-159.

106 Per la conquista del vello si veda Ovidio, Le Metamorfosi, VII, vv. 149-158. Ovidio ricorda, inoltre,

come “Intanto un forte filtro in un paiolo / bolle e ribolle, biancheggia e spumeggia”. Ovidio, Le

Metamorfosi, VII, vv. 262-263. Infine, l’autore si riferisce alla ‘bacchetta magica’ affermando “con

un ramo ben secco e molto vecchio / di pacifico ulivo rimestò / tutti quegli ingredienti, mescolando / il sopra con il sotto”. Ovidio, Le Metamorfosi, VII, vv. 277-278.

107 Per l’incantamento della veste si veda P. Corneille, Médée, Atto IV, Scena 1, vv. 973-1068. Per

la liberazione di Egeo, invece, P. Corneille, Médée, Atto IV, Scena 5, vv. 1229-1237. Infine, Medea immobilizza il messaggero in P. Corneille, Médée, Atto V, Scena 1, v. 1315.

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Planché adatta il testo della prima strofa della canzone The Mistletoe Bough, composta da Thomas Haynes Bayly sulla musica di Henry Bishop. La canzone si ispira ad Italy, una poesia di Samuel Rogers, e narra la storia di una giovane sposa che, nascostasi per gioco nel tronco di un albero, vi rimane imprigionata, per essere poi ritrovata solo molti anni dopo. L’autore di The Golden Fleece sostituisce al ramo di vischio del testo originale quello di ginepro, ma ne mantiene la posizione nel primo e nell’ultimo verso, che assume la funzione di ritornello. Planché recupera, poi, le rime baciate della versione originale della canzone, sostituendo alcune parole rima e mantenendone altre: ‘hall-wall’ diventa ‘call-fall’, ‘gay-holiday’ si trasforma in ‘play- holiday’, ‘pride-bride’ corrisponde a ‘pride-hide’ e ‘to be-company’ è mutato in ‘see- company’108.

Medea ritrae il drago come impaziente di giocare a ‘snap-dragon’, il già citato passatempo giovanile e, con una similitudine, paragona il suo stato d’animo a quello di un ragazzino durante le vacanze natalizie. In The Mistletoe Bough, i protagonisti celebrano la stessa festività, “keeping their Christmas holiday”109. Inoltre, nella

versione di Bayly “The baron beheld with a father’s pride, / his beautiful child, young Lovel’s Bride”110. I versi di Planché sono molto simili, ma sono volti a sottolineare

come non sia la figlia il motivo dell’orgoglio di Eeta, bensì il vello d’oro. Significativa è anche la sostituzione del termine ‘bride’ con ‘hide’, parola polisemica traducibile sia con il sostantivo ‘pelle’, che con il verbo ‘nascondere’. Nel primo caso, ‘hide’ costituisce un richiamo al vello d’oro, nel secondo, esso rimanda alla tragica sorte della sposa ritratta in The Mistletoe Bough che, nascondendosi, troverà la morte. Infine, Medea invita Giasone ad attendere che il mostro sia addormentato, mettendolo in guardia dalla sua pericolosa compagnia.

108 “The mistletoe hung in the castle hall / The holly branch shone on the old oak wall. / The Baron's

retainers were blithe and gay, / Keeping the Christmas holiday. / The Baron beheld with a father's pride / His beautiful child, young Lovell's bride. / And she, with her bright eyes seemed to be / The star of that goodly company. / Oh, the mistletoe bough. / Oh, the mistletoe bough”. J. E. Carpenter (ed.), The Book of Modern Songs, London, George Routledge 1858, p. 67.Per la popolarità della canzone si veda D. B. Scott, The Singing Bourgeois: Songs of the Victorian Drawing Room and Parlor, 2001, versione online dell’omonimo testo, curata dall’autore stesso e consultabile in: http://www.victorianweb.org/mt/dbscott/1d.html [Ultimo accesso: 3 Aprile 2017]

109 J. E. Carpenter (ed.), The Book of Modern Songs, cit. p. 67. 110 Ibidem.

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