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2. L’autore

2.4 Un nuovo stile di recitazione

James Robinson Planché apporta un contributo innovativo al panorama teatrale inglese incoraggiando l’adozione di un nuovo stile di recitazione. Come si evince dallo studio di Nicoll, un primo cambiamento di direzione rispetto ai drammaturghi a lui contemporanei è da riscontrarsi nella gestione dei rapporti con le compagnie di attori di stanza nei teatri con cui egli collabora. Esse sono tendenzialmente composte da una personalità carismatica, che ricopre i ruoli di protagonista, e una serie variabile di attori minori che vi gravitano attorno. L’attenzione degli autori drammatici viene generalmente catturata dall’attore più talentuoso ed acclamato, unico responsabile del successo dell’opera, mentre la parte restante della compagnia viene del tutto dimenticata. Di frequente, gli attori protagonisti hanno anche il carico della gestione del teatro stesso, ricoprono cioè la funzione di manager. Essi si mostrano così sicuri delle loro doti e della loro fama che tralasciano l’organizzazione delle prove degli spettacoli, generando un sentimento di insoddisfazione nei loro collaboratori. Demotivati, gli attori cosiddetti minori abbandonano ogni impegno ed ambizione, recitando in maniera casuale e poco curata. Questo comporta una scarsa organicità nella messa in scena che, inevitabilmente, si rivela carente sotto molti punti di vista107.

Al contrario, Planché sviluppa un occhio critico in grado di stimare non solo il valore individuale delle grandi star con cui collabora, ma anche quello complessivo della compagnia in cui si inseriscono. Egli si mostra pronto a modificare le sue opere al fine di minimizzare i difetti degli attori e metterne in luce le potenzialità108. È già stato

107 Per una ricostruzione completa della composizione delle compagnie teatrali e degli inevitabili

insuccessi delle performance si veda A. Nicoll, op. cit. p. 48.

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osservato come ciò avvenga nei confronti di Charles Mathews, soppiantato dal talento di Frederick Robson nella fairy extravaganza, ma indiscusso protagonista delle opere di argomento classico. Nella prefazione a Fortunio and the Seven Gifted Servants, Planché espone l’approccio da lui adottato nei confronti di una compagnia di attori pressoché sconosciuta, tanto da essere inizialmente definita “a pack of nobodies”109. Al suo interno si nasconde il talento di Mr Hudson, giovane attore

comico in possesso di una voce da tenore che ispira la composizione di una canzone, e vi recitano “some of the best pantomimist of the day”110. Il fatto che nessuno di essi

si sia mai confrontato con il genere dell’extravaganza fa sprofondare Planché in uno stato d’ansia, che si allevia solo dopo le prove dello spettacolo:

The confidence of all of us increased during the progress of the rehearsals, which were most energetically and judiciously superintended by Macready himself, who thought highly of the piece, and entered into the true spirit of it with a zest that was as surprising to his company as it was beneficial to the representation. He knew everyone’s part, and acted in each turn, to my great delight […]111.

Macready, manager di Drury Lane, segue ed asseconda Planché nell’organizzazione delle prove con un grande coinvolgimento. Egli ricopre un ruolo attivo, dando sfoggio delle sue abilità interpretative alla compagnia, in modo che gli attori possano emularlo. Il successo ottenuto da Fortunio testimonia l’importanza della partecipazione congiunta di manager e autore a sostegno della qualità complessiva della performance.

Una seconda area di innovazione investe lo stile di recitazione più propriamente detto. Come spiega Joseph Donohue nell’introduzione al secondo volume di The Cambridge History of British Theatre, la formazione degli attori non è gestita da scuole di arte drammatica ma passa attraverso l’osservazione dei colleghi e la pratica dilettantistica nelle compagnie itineranti. L’obiettivo principale dell’apprendistato è l’acquisizione di abilità standardizzate, che siano applicabili ad una vasta gamma di

109 T. F. Dillon Crocker and S. Tucker (eds), The Extravaganzas of J. R. Planché, Vol. II, cit. p. 182. 110 Ivi, p. 183. Roy ipotizza che la scelta del soggetto sia scaturita proprio dal fatto che gli unici

disponibili fossero attori di pantomima. Cfr. D. Roy, “Introduction”, cit. p. 23.

111 T. F. Dillon Crocker and S. Tucker (eds), The Extravaganzas of J. R. Planché, Vol. II, cit. pp. 183-

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ruoli. Norme che regolano la postura, la gestualità, l’atteggiamento concorrono alla codificazione dei personaggi tipici della commedia o della tragedia. Ad esempio, nella low comedy si utilizzeranno espressioni facciali esagerate, un ritmo eccentrico nella declamazione, ingressi ed uscite dal palcoscenico con effetto comico già sperimentato. Il manierismo così codificato lascia poco spazio all’originalità e all’individualità degli attori, che si rifugiano nella familiarità di ruoli caricaturali112.

Planché si colloca in controtendenza rispetto a tali princìpi. Innanzi tutto, egli ritiene necessario che gli attori entrino in contatto con la natura dei singoli personaggi da interpretare. Nella sua autobiografia, egli lamenta come essi si affidino troppo spesso ad una recitazione meccanica, un esercizio mnemonico di ripetizione di parole e gesti svuotati del loro significato, tale da uccidere il valore artistico della performance113.

Planché esorta poi gli interpreti a ricercare una comicità che esuli dall’esagerazione acritica dei tratti grotteschi, ma che derivi da uno stile sobrio e misurato che strida con l’assurdità dei contenuti espressi verbalmente114. Ciò si concretizza nelle

interpretazioni di Madame Vestris che, secondo la testimonianza di Marston, “had skill enough not to carry […] pantomimic contrasts too far, and to enhance them by fits of reserve”115. Allo stesso modo, Charles Mathews è apprezzato per la naturalezza

ed il realismo nella recitazione che si riscontra, in special modo, nella moderazione delle passioni. Non è con intento critico, infatti, che nel 1875 Lewes lo definisce “powerless in the manifestation of all the powerful emotions”116, adottando la

metafora di una stella che brilla di una vivacità spumeggiante, che non ha alcun bisogno di esplodere. Infine, l’ammirazione di Planché si concentra sulle qualità

112 Per un quadro completo sulla formazione degli attori e sulle abilità a loro richieste si veda J.

Donohue, “Introduction: The Theatre from 1800 to 1895”, cit. pp. 229-234.

113 J. R. Planché, The Recollections and Reflections of J. R. Planché: A Professional Autobiography,

Vol. I, cit. pp. 216-217.

114 “Whatever nonsense they spoke, however absurdly or grotesquely they were called on to

behave, their manner should be intent and matter-of-fact”. Cfr. D. Roy, “Introduction”, cit. p. 30.

115 Nello specifico, Marston si riferisce all’interpretazione della Vestris in Olympic Revels, a cui ha

personalmente assistito. J. W. Marston, Our Living Actors: Being Recollections Critical, and, in Many

Cases Personal, of Late Distinguished Performers of Both Sexes, Vol. I, Boston, Roberts Brothers

1888, p. 144.

116 G. H. Lewes, “Charles James Mathews” in Rowell, G. (ed.), Victorian Dramatic Criticism, London,

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istrioniche di Frederick Robson, il quale “reversed the well-known quotation, and proved that there was ‘only one step from the ridiculous to the sublime’”117.