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3. L’opera

3.4 Il primo atto: Jason in Colchis

3.4.3 Il primo incontro tra Giasone e Medea

Dopo l’annuncio della guardia reale, entra in scena Medea. Alla vista della figlia del re della Colchide, Giasone esclama: “Gods! a goddess, sure, I gaze on” (GoldF, p. 16), esternando così la sensazione di trovarsi al cospetto di una creatura divina. Come nella descrizione fornita in Dramatis Personae, in cui Medea è ritratta come una “enchanting figure” (GoldF, p. 9), agli occhi di Giasone ella appare dotata di un fascino ultraterreno. Il motivo della bellezza dell’eroina è presente sin dai testi della tradizione: Esiodo ne descrive “le belle caviglie”59, la nutrice della tragedia euripidea

accenna al suo “collo candido” (Eur. Med., v. 30), Apollonio Rodio ne ricorda il “capo bellissimo” (Ap. Arg., III, v. 834), il “seno bellissimo” (Ap. Arg., III, v. 868) e, infine, le “bellissime guance” (Ap. Arg., III, v. 1064). Attribuendo a Giasone tale esclamazione, però, Planché rovescia la prospettiva adottata da Apollonio nel narrare il primo incontro tra i due protagonisti. Nelle Argonautiche, infatti, Medea è presente a palazzo al momento dell’arrivo degli Argonauti e, vedendoli, emette un grido. Esso è

58 “Ma già con gli occhi insonni li aveva visti il dragone […]”. Apollonio Rodio, Le Argonautiche, IV,

vv. 126-130.

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generato dalla sorpresa connessa alla visione degli eroi greci e, al contempo, può essere concepito come primo segnale della violenza delle sue passioni60. Se nella

fonte Medea reagisce per prima alla vista di Giasone, che neanche nota la sua presenza, nell’extravaganza è l’eroe ad accorgersi di lei e ad articolare la sua ammirazione, prima che sia il sovrano stesso a presentargli la figlia.

Giasone, Medea, Eeta e l’anonima guardia reale intonano il quartetto Donna del Lago, il cui titolo rimanda all’omonima opera lirica di Gioacchino Rossini. Basata su The Lady of the Lake di Walter Scott, essa viene rappresentata per la prima volta a Napoli il 24 ottobre del 1819 e a Londra il 18 febbraio del 1823. L’opera narra le vicende di Elena, la donna del lago, innamorata del ribelle scozzese Malcom, ma promessa sposa al suo compatriota Rodrigo. Al contempo, la protagonista è l’oggetto del desiderio del re di Scozia Giacomo V, giunto ad ammirarla sotto mentite spoglie, vista la sua rinomata bellezza. Elena confessa al sovrano, di cui non conosce la vera identità, il sentimento che la lega a Malcom; egli accetta di buon grado il rifiuto e dona alla fanciulla un anello che può salvarla da ogni pericolo. A questa vicenda, fa da sfondo la guerra tra i ribelli scozzesi e l’esercito regio che, dopo aver ottenuto una schiacciante vittoria, imprigiona gli insorti, tra le cui fila combatte Malcom. Elena, a questo punto, sceglie di servirsi dell’anello: condotta al cospetto del re di Scozia, la giovane realizza che il pretendente che le aveva concesso quel prezioso dono è il re in persona. Liberati i prigionieri, Giacomo V benedice l’unione tra Malcom e la donna del lago61. Nel secondo atto di The Golden Fleece, si assiste ad un simile intreccio di

relazioni amorose, nel momento in cui Medea viene abbandonata da Giasone per unirsi a Glauce, l’erede al trono di Corinto. La protagonista, contrariamente al re di Scozia ritratto in La Donna del Lago, non accetta di buon grado che l’amato preferisca un’altra donna e, pertanto, progetta di uccidere la rivale. Per raggiungere tale scopo, Medea le dona un anello che racchiude poteri mortiferi, mentre il medesimo strumento esercita una funzione salvifica nell’opera rossiniana.

60 Per il primo incontro di Medea con gli Argonauti si veda Apollonio Rodio, Le Argonautiche, III, vv.

250-253. La natura del grido di Medea è illustrata in Apollonio Rodio, Le Argonautiche, [Ndt] a III, v. 253.

61 H. C. Slim (ed.), La Donna del Lago: Melo-dramma in due atti di Andrea Leone Tottola; musica di

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Il titolo della canzone contenuta nell’extravaganza di Planché non rimanda a quello di un’aria tratta da La Donna del Lago, ma ad un generico quartetto eseguito nell’opera rossiniana, il cui testo è completamente originale. Giasone interviene per primo e si dice così rapito dalla bellezza di Medea da non curarsi più della conquista del vello, lo scopo principale del suo viaggio in Colchide. Egli porge i suoi omaggi alla fanciulla affermando che “Medea, to thee a Poor Grecian pays his duty” (GoldF, p. 16): l’eroe, che si definisce un umile greco, sembra sottomettersi alla principessa della barbara Colchide. La strofa cantata da Giasone è intervallata da tre esclamazioni in greco in posizione anaforica: “To Kalon” (GoldF, p. 16) inneggia alla bellezza di Medea, “Eureka” (GoldF, p. 16) veicola la gioia della scoperta e “Pros Theon” (GoldF, p. 16) comunica il senso di sorpresa generato dalla visione della fanciulla, tale da invocare a testimoni gli dei. La prima delle tre esclamazioni costituisce un perfetto esempio di pun, poiché ‘to kalon’ può essere sostituito dal semi-omofono ‘took a long’ e restituire, così, il senso della lunghezza del viaggio intrapreso dagli Argonauti. Nella seconda strofa, Medea verbalizza le passioni in lei suscitate dall’arrivo dello straniero:

MED. (aside) O Jason, thy face on I wish I ne'er had looked, sir! So spicy and nice he

Is I'm completely hooked, sir!

His glances like lances, Right through my heart he throws, O!

Enraptured! I'm captured By that fine Grecian nose, O (GoldF, p. 16)!

Tra sé e sé, la protagonista apostrofa il comandante degli Argonauti e dà voce alle pulsioni contrastanti che agitano il suo animo: da un lato, vorrebbe non aver mai posato lo sguardo sul volto di Giasone, dall’altro la giovane è ormai totalmente rapita. Il conflitto interiore di Medea è un elemento che Planché mutua dai testi della tradizione. L’accostamento tra la negazione e l’affermazione dell’amore è alla base dei tre monologhi situati nel libro III delle Argonautiche, in cui Medea alterna tentativi di repressione violenta del sentimento, espressa, ad esempio, dall’augurio “vada alla malora” (Ap. Arg., III, v. 464), a momenti che testimoniano l’affiorare della passione, quale “Oh potesse sfuggire illeso alla morte!” (Ap. Arg., III, v. 466). Nello specifico,

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nel terzo monologo l’eroina pronuncia: “Come vorrei che mi avessero uccisa le frecce veloci di Artemide; / prima che lo vedessi” (Ap. Arg., III, vv. 774-775), una frase molto simile a quanto sostenuto in The Golden Fleece.

Con i primi due interventi del quartetto, Planché descrive, dunque, il momento dell’innamoramento reciproco dei due protagonisti. Nelle Argonautiche, invece, Medea viene colpita dal dardo scoccato da Eros molto prima che Giasone la veda. Sino a questo momento, nell’extravaganza, è assente l’intervento del dio, ma Medea si dice egualmente trafitta dallo sguardo di Giasone. Il motivo della vista, come organo sensoriale che favorisce l’innamoramento è topico: Apollonio sottolinea come “addosso a lui la fanciulla fissava lo sguardo” (Ap. Arg., III, v. 444) e come, al momento dell’incontro nel bosco sacro alla dea Ecate, i due “talora lanciavano/ sguardi l’uno sull’altra” (Ap. Arg., III, vv. 1022-1023); analogamente, Ovidio ricorda come “quando [Medea] vide Giasone la fiamma / ch’era sopita divampò di nuovo” (Ov. Met., VII, v. 77).

La protagonista dell’extravaganza di Planché si sofferma sull’aspetto fisico del capo degli Argonauti, mettendone in rilievo l’affascinante naso alla greca62. Il motivo della

bellezza di Giasone viene ereditato dal poema di Apollonio, che lo descrive come “bello a vedersi”63 (Ap. Arg., III, v. 960) e sostiene che sia la dea Era ad accrescere il

suo fascino. Allo stesso modo, Ovidio menziona la straordinaria bellezza dell’eroe, attribuendola però al caso64.

Nella canzone, Medea si caratterizza utilizzando degli aggettivi ambivalenti: ‘enraptured’ e ‘captured’65 sono termini che veicolano, in senso metaforico,

62 Si ipotizza che il ‘grecian nose’ citato da Planché sia sinonimo di bellezza poiché, nell’OED, è

sempre associato a connotazioni positive. Si veda “grecian”, OED Online, “Grecian nose n. one that is straight and continues the line of the forehead”.

63 Apollonio ricorda, inoltre, come “splendeva / il figlio di Esone per la bellezza e la grazia […]”.

Apollonio Rodio, Le Argonautiche, III, vv. 442-443. Infine, l’autore sottolinea come Giasone sia reso particolarmente affascinante dalla dea Era: “Mai nessuno al tempo degli uomini antichi, / nessuno dei semidei, figli di Zeus stesso, / o degli altri immortali, fu quale la sposa / di Zeus rese in quel giorno il figlio di Esone / nell’aspetto e nella parola”. Apollonio Rodio, Le Argonautiche, III, vv. 919- 923

64 “[…] e il caso volle che quel giorno Giasone / fosse ancora più splendido del solito”. Ovidio, Le

Metamorfosi, VII, vv. 84-85

65 “enraptured” (2), OED Online, “Rapturously delighted; entranced, ravished”. “capture” (1a), OED

Online, “trans. To make a capture of; to take prisoner; to catch by force, surprise, or stratagem; to

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l’attrazione dell’eroina verso lo straniero, ma con lo svolgersi della storia essi si dimostreranno validi nel loro senso letterale, volto a descrivere il rapimento e la cattura. In maniera simile, la protagonista della tragedia di Euripide si presenta al coro di donne corinzie definendosi “rapita come una preda” (Eur. Med., v. 256).

La strofa cantata da Eeta rivela il suo piano segreto di uccidere gli Argonauti, affondare la nave e confiscarne il carico. Il sovrano trama il medesimo inganno nelle Argonautiche, dove è deciso ad “incendiare la nave assieme a tutti gli uomini” (Ap. Arg., III, v. 581). Se nel poema di Apollonio, però, Eeta si rivolge ai Colchi riuniti in assemblea, nell’extravaganza egli illustra il suo disegno in ‘a parte’.

Medea prende poi nuovamente la parola per fornire un ritratto di Giasone diverso rispetto all’eroe gaio e baldanzoso presentatosi al cospetto del re. Per sottolineare il suo aspetto sconsolato, ella dichiara: “Sure there ne’er was such a duck” (GoldF, p. 16), prendendo in prestito un’espressione tipica dell’immaginario popolare66. Solo

adesso Giasone è afflitto e rassegnato di fronte al suo destino, come prevedono i testi classici. Posticipare il suo sconforto ha come risultato la creazione di un contrasto che mette ancor più in cattiva luce l’eroe: capace di concepire il coraggio soltanto con le parole, egli si rivela lo stesso pavido protagonista del poema di Apollonio. Immediatamente, Medea decide di aiutarlo nell’affrontare le prove imposte dal padre, affermando: “I will cheer him safely steer him; / And for him will run a muck, sir. / Teach him how to plough and sow” (GoldF, p. 16). L’immediatezza di tale dichiarazione contrasta con la gradualità con cui Medea, nei tre monologhi delle Argonautiche, prende coscienza del suo sentimento e si risolve, dopo una lunga riflessione, all’azione. In parallelo, Giasone, che sostiene: “Overboard my cares I'd chuck, sir, If to Greece with me she'd go” (GoldF, p. 17), formula spontaneamente il desiderio di condurre Medea in Grecia. La decisione dell’eroe è significativamente anticipata rispetto al poema di Apollonio, dove egli afferma: “Dividerai con me il letto nuziale / legittimo” (Ap. Arg., III, vv. 1128-1129) dopo aver ricevuto da Medea il filtro magico con cui supererà le fatiche preliminari alla conquista del vello. Planché

66 “duck” (2), OED Online, “In phrases and proverbial sayings. Like a duck in thunder, like a (dying)

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prevede, al contrario, che Giasone si innamori di Medea ancor prima di conoscere la sua disposizione ad assisterlo, giustificando, così, la repentina capitolazione della fanciulla.

Il quartetto termina con le considerazioni di Eeta e della guardia reale in merito all’evidente scoramento dell’eroe. Entrambi utilizzano immagini afferenti al campo semantico degli animali: il sovrano si serve di una similitudine per paragonare lo sguardo di Giasone a quello di “a pig that's stuck”67 (GoldF, p. 17) e la guardia afferma:

“To a goose he can't say ‘boh!’”68 (GoldF, p. 17), per sottolineare, esattamente come

nel poema di Apollonio, che Giasone rimane muto di fronte alle sue disgrazie69.