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3. L’opera

3.4 Il primo atto: Jason in Colchis

3.4.8 Il superamento delle prove

Dopo l’uscita di scena della protagonista, il coro annuncia il superamento delle prove da parte del capo degli Argonauti. Egli illustra, poi, le ragioni per cui le fatiche dell’eroe non sono state rappresentate sul palcoscenico:

You'll think, perhaps, you should have seen him do it, But 'tisn't classical you'll hear, not view it.

Whatever taxed their talent or their means, These sly old Grecians did behind the scenes; So fired with their example, boldly we

Beg you'll suppose whate'er you wish to see (GoldF, p. 23).

Il coro sostiene che il teatro greco non preveda la messa in scena degli episodi più violenti, dei quali i personaggi vengono spesso a conoscenza tramite il racconto di messaggeri. Per aver escogitato questo espediente, i greci vengono definiti ‘sly’, un termine polisemico che veicola sia la loro abilità, sia la loro falsità. Allo stesso modo,

96 G. G. Byron, Maid of Athens, Ere we Part, in G. G. Byron, The Complete Works of Lord Byron,

Francoforte, J. Baer 1846, p. 904.

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il corsivo evidenzia la preposizione ‘behind’, a suggerire due possibili livelli di interpretazione della frase: da un lato, le azioni più feroci delle opere drammatiche greche avvengono fuori dalla scena teatrale, dall’altro il popolo greco sembra essere conosciuto per l’abitudine di agire segretamente. Il coro ironizza, dunque, sulle convenzioni del teatro classico e, parallelamente, suggerisce come Giasone, in quanto uomo greco, sia naturalmente portato a tramare inganni alle spalle di Medea. Il coro si unisce a Giasone, Eeta e l’ufficiale delle guardie, appena entrati sulla scena, per cantare la Heiterersinn Polka. Il sovrano viene informato del successo di Giasone sulle note della melodia composta da Joseph Labitzky. L’eroe è talmente pieno di sé da definirsi “Cock of the walk” 98 (GoldF, p. 23), ma il re della Colchide lo mette

immediatamente in guardia dal pericolo del drago insonne. Per enfatizzare la difficoltà di eludere la sua sorveglianza, egli si serve della frase idiomatica “You sooner might a weasel catch asleep” (GoldF, p. 24): Giasone ha più possibilità di cogliere di sorpresa una donnola che di riuscire nella conquista del vello. Certo del fallimento dell’eroe, Eeta si ritira.

Inizia, quindi, un monologo di Giasone, in cui egli verbalizza il sentimento di frustrazione che lo coglie, dopo aver constatato l’assenza di Medea: la giovane non è giunta ad addormentare il drago e, pertanto, l’eroe teme che non abbia più intenzione di aiutarlo. Una prima similitudine, “I’ve worked the whole day like a nigger, / To cut at last this mighty silly figure!” (GoldF, p. 24), è funzionale a evidenziare la fatica di Giasone nel compiere le prove assegnategli. Tale espressione, importata dagli Stati uniti e legata alla realtà del lavoro degli schiavi neri nelle piantagioni, è estranea al contesto della Grecia classica e, pertanto, crea un effetto ironico. Di natura simile, è la seconda similitudine impiegata dall’eroe, che guarda con rassegnazione al proprio destino: “Like a Lord Chancellor, compell'd to pack, / I've lost the wool, and only got the sack” (GoldF, p. 24). Egli si paragona al Lord Chancellor, una figura dell’apparato governativo britannico, costretto ad andarsene

98 “cock” (7a), OED Online, “Leader, head, chief man, ruling spirit; formerly, also, victor: said also

of things. cock of the school: the leader in games, fighting, and the like. cock of the walk: a person whose supremacy within a circle or coterie, etc., is undisputed”.

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e ad abbandonare il suo seggio ‒ il cui nome è, appunto, ‘woolsack’99 ‒ che indica per

metonimia la sua carica100. Se interpretati in senso letterale, i due sostantivi

evidenziati dal corsivo rimandano invece all’esperienza di Giasone, che vede sfumare ogni possibilità di conquistare il vello e, contemporaneamente, viene rifiutato dall’amata.

Irritato dal ritardo di Medea, l’eroe apostrofa con tono aggressivo il dio Apollo, definito “ungrateful sun” (GoldF, p. 24). Egli rievoca il momento della partenza degli Argonauti dal porto di Pagase, preceduta da un sacrificio, avente lo scopo di ingraziarsi il dio. Nel poema di Apollonio, il rito prevede lo spargimento di orzo, l’uccisione di due buoi e libagioni di vino101, mentre nell’extravaganza di Planché

viene offerto ad Apollo “a salted Sally Lunn” (GoldF, p. 24), un panino che, secondo il costume britannico, viene gustato in accompagnamento al tè. Giasone ritiene che il dio abbia dimenticato il sacrificio e afferma: “No sun of mine! […] / But were I Zeus […] / I would myself the world, without a blush, light, / And cut thee off without a farthing rushlight” (GoldF, p. 24). Esprimendosi in tono blasfemo e dissacrante, Giasone conserva l’atteggiamento da sbruffone con cui si è presentato ad Eeta. Egli intona, quindi, l’aria intitolata Then farewell, my trim-built wherry. Si tratta di una canzone composta da Charles Dibdin, in cui il protagonista si congeda dalla sua nave e dalla sua patria, essendo destinato a combattere all’estero102. Analogamente,

Giasone si accomiata dalla nave Argo, dalla Grecia e dal vello d’oro, per recarsi a combattere contro il drago:

99 “woolsack” (2), OED Online, “A seat made of a bag of wool for the use of judges when summoned

to attend the House of Lords (in recent practice only at the opening of Parliament); also, the usual seat of the Lord Chancellor in the House of Lords, made of a large square bag of wool without back or arms and covered with cloth. Often allusively with reference to the position of the Lord Chancellor as the highest judicial officer; hence, the woolsack, the Lord-Chancellorship; on the woolsack, in this office”.

100 “sack” (4), OED Online, “slang. to give (a person) the sack: to dismiss from employment or office;

transf. to discard, turn off (a lover). So to get the sack: to receive one's dismissal”.

101 Per il sacrificio si veda Apollonio Rodio, Le Argonautiche, I, vv. 425-447.

102 “Then farewell, my trim-built wherry; / Oars, and coat, and badge, farewell; / Never more at

Chelsea ferry / Shall your Thomas take a spell. / But, to hope and peace a stranger, / In the battle’s heat I’ll go; / where exposed to cry and danger, / some friendly ball shall lay me low. / Then, mayhap, when homeward steering, / With the news my messmates come, / Even you, the sory hearing / With a sigh may cry ‘Poor Tom’!”. C. Dibdin, Then farewell, my trim-built wherry, in The

Songs of Charles Dibdin, Chronologically Arranged, with Notes, Historical, Biographical, and Critical,

105 Now, farewell, my trim-built Argo

Greece and Fleece, and all farewell; Never more, as supercargo, Shall poor Jason cut a swell!

To the dragon, quite a stranger, All alone, I'm left to go;

And to think upon my danger, Makes me feel extremely low.

My catastrophe too plain is; Hecate's daughter seals my doom! Come, then, friends, to Jason's manes, Sacrifice an hecatomb (GoldF, p. 24-25)!

Come la versione originale di Dibidn, la canzone è composta da tre strofe di quattro versi ciascuna. Planché riadatta il testo conservando il pattern di rime alternate e recuperando intere parole rima come ‘stranger-danger’, ‘go-low’.

Avendo compreso l’imminente catastrofe, Giasone si augura: ‘Come, then, friends, to Jason's manes, / sacrifice a hecatomb’. L’utilizzo del termine ‘ecatombe’, un sacrificio che comporta l’uccisione di cento buoi, permette all’autore di richiamare l’attenzione sul nome della dea Ecate. Il termine latino ‘manes’, invece, evoca gli antenati dell’eroe, destinatari del rito propiziatorio.