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3. L’opera

3.4 Il primo atto: Jason in Colchis

3.4.11 La reazione di Eeta e l’annuncio dell’omicidio di Assirto

Dopo aver udito un grido in lontananza, Eeta entra sul palcoscenico e si interroga sulla sua provenienza, quando viene raggiunto dalle guardie e dai saggi di corte. Eeta, che sembra aver intuito l’accaduto, esclama: “We are betrayed! robbed! murdered!” (GoldF, p. 26), una climax ascendente che elenca i crimini perpetrati dalla coppia di amanti: al tradimento seguono, in ordine di gravità, il furto del vello e l’uccisione del drago. Come nel poema di Apollonio, Eeta esorta le guardie ad inseguire i fuggitivi. Tuttavia, nelle Argonautiche egli esige che l’esercito di Colchi guidato dal figlio Assirto riporti in patria Medea, mentre nell’extravaganza il sovrano si appella anacronisticamente alle forze di polizia, affinché esse blocchino il ladro del vello116.

115 “nature” (P5a), OED Online, “debt to (also of) nature (also †nature's debt) [compare classical

Latin dēbitum nātūrae] : the necessity of dying, death; to pay one's debt to (also the debt of) nature [compare classical Latin dēbitum nātūrae reddere, persolvere] : to die. Now rare”.

116 Apollonio riporta il comando di Eeta: “se non avessero trovato sua figlia, per terra, / o sulle

strade del mare, e non gliel’avessero / riportata a casa, perché saziasse il suo animo / punendola di tutto questo, sapessero che sul loro capo / ricadrebbe tutta la collera e la rovina”. Apollonio Rodio, Le Argonautiche, IV, vv. 231-235.

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Il coro avanza e invita Eeta a rassegnarsi al suo destino, ma il re non accetta di buon grado il consiglio:

AEET. How dare you talk of destiny to me! What right have you with such advice to bore us? CHORUS. Sir, I'm the chorus.

AEET. Sir, you're indecorous. Where is my daughter?

CHORUS. Hopped off with the skipper.

AEET. Impious Medea! may the furies whip her At the cart's tail of Thespis (GoldF, p. 26-27).

Planché continua a prendersi gioco della funzione di consigliere che il coro esercita nel teatro classico. Il sovrano percepisce il suggerimento come un’intromissione ingiustificata e il coro si appella al suo ruolo tradizionale per giustificare l’intervento, definito ‘indecorous’ in assonanza con il termine ‘chorus’. Dopo questo breve scambio di battute, Eeta si accorge dell’assenza della figlia e viene informato della sua fuga. Il sovrano caratterizza Medea come ‘impious’, aggettivo che si collega al valore ovidiano della pietas, inteso come rispetto genitoriale117. Infine, egli si augura

che Medea possa essere frustata dalle furie nel trainare il carro di Tespi. Planché si riferisce al semileggendario poeta itinerante, che viaggiando a bordo del suo carro, mette in scena opere drammatiche118. La menzione delle furie sembra alludere al

destino infelice che segnerà l’avvenire di Medea, costellato dall’abbandono di Giasone e dalle relative sofferenze. Il riferimento al carro richiama, poi, il mezzo di trasporto che l’eroina utilizzerà per allontanarsi da Corinto: ironicamente, Medea non dovrà trainare il carro per espiare le sue colpe, ma vi apparirà alla guida, vittoriosa, dopo essersi vendicata di Giasone.

117 Ovidio, nel presentare il conflitto interiore di Medea, scrive: “Dixit et ante oculos rectum

pietasque pudorque / consiterant, et victa dabat iam terga Cupido”. Ovidio, Le Metamorfosi, VII, v. 339.

118 Planché può aver ricavato le informazioni sul conto di Tespi dal dizionario mitologico di

Lemprière. Si veda “Thespis”, J. Lemprière, Classical Dictionary, “a Greek poet of Attics, supposed by some to be the inventor of tragedy, 536 years before Christ. His representations were very rustic and imperfect. He went from town to town upon a cart, on which was erected a temporary stage, where two actors whose faces were daubed with the lees of wine, entertained the audience with choral songs &c.”.

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L’ufficiale entra sul palco accompagnato dalle guardie e, vincendo l’iniziale esitazione, rivela al sovrano la morte di Assirto che, dopo aver raggiunto la sorella definita “faithless” (GoldF, p. 27), viene colpito violentemente alla testa da Giasone. Di indubbio effetto comico è la scelta di descrivere con dovizia di particolari l’uccisione del giovane: l’ufficiale si riferisce al capo di Assirto con la perifrasi “knowledge box”119

(GoldF, p. 27), tipica del linguaggio gergale, mentre “vital claret”120 (GoldF, p. 27) è

un’espressione mutuata dallo slang pugilistico che designa il sangue sgorgato dalle sue narici. Egualmente ironica è la manifestazione della forza fisica di Giasone, convogliata in un pugno che, in maniera tutt’altro che eroica, decreta la morte di Assirto. Per elaborare la scelta del pugno come mezzo con cui uccidere Assirto, Planché potrebbe essersi ispirato alla gara di pugilato che Apollonio Rodio ritrae nel libro II delle Argonautiche, che vede contrapporsi Amico, re dei Bebrici, all’Argonauta Polluce121.

La tradizione classica propone differenti versioni della morte di Assirto e differenti gradi di coinvolgimento di Medea nel crimine. Nella tragedia di Euripide, Giasone rinfaccia a Medea di aver ucciso Assirto “presso il focolare domestico” (Eur., Med. vv. 1333-1335), ancor prima di fuggire dalla Colchide. Nelle Argonautiche, ella ricopre un ruolo attivo, essendo lei l’artefice di un inganno: ormai raggiunta dall’esercito dei colchi, Medea attrae il fratello nel tempio, promettendogli in dono la tunica sacra di Issipile, dove Giasone sferra il colpo mortale. Il cadavere viene fatto a pezzi, in osservanza al rito del maschalismos, che ha l’obiettivo di espiare la colpa per “la morte data con la frode” (Ap. Arg., IV, v. 479). Nella tragedia di Seneca, Medea confessa l’omicidio del “piccolo compagno della vergine scellerata smembrato dalla spada […] ed il corpo suo sparso in mare”122. Solo nella moderna rielaborazione del

mito proposta da Grillparzer Medea viene assolta dal crimine. Giasone ricorda, infatti, come Assirto sia morto tentando di sfuggire alla cattura “per mano degli dei” (Gril. Med., p. 118). Planché, in linea con il progetto di redenzione della protagonista

119 “knowledge” (C2), OED Online, “knowledge box n. slang (a) the head; the brain (now chiefly

U.S.)”

120 “claret” (2), OED Online, “Pugilistic slang. Blood”.

121 L’episodio è narrato in Apollonio Rodio, Le Argonautiche, II, vv. 1-136.

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annunciato nell’Argument, sembra sollevare Medea da ogni responsabilità o coinvolgimento nell’omicidio.

Il coro, con la frase “In Jason's fist behold the hand of fate” (GoldF, p. 27), vede nel pugno di Giasone compiersi il volere del destino ed Eeta si abbandona alla disperazione. Egli afferma: “My daughter's stolen what I gained by theft. / Phryxus I slew my son is now a shade” (GoldF, p. 27), alludendo ad una sorta di contrappasso che punisce i crimini di cui si è macchiato: avendo sottratto il vello a Frisso, Eeta diventa vittima del furto dello stesso e, analogamente, avendo ucciso Frisso, egli è condannato a soffrire per la perdita del figlio. Un simile riferimento al castigo di Eeta è presente nella scena finale de Gli Argonauti di Grillparzer. Giasone afferma, riferendosi al vello: “Lo conosci? E conosci anche il sangue, che ancora vi sta attaccato? È il sangue di Frisso! Là il sangue di tuo figlio! Tu sei l’assassino di Frisso e l’assassino di tuo figlio!”123. Come ne Gli Argonauti, il sovrano manifesta la volontà di

suicidio, espressa con l’eufemismo “down to Pluto I but ask to toddle” (GoldF, p. 27). Il coro, però, ammonisce Eeta con la frase sentenziosa “You can't go even there before your time!” (GoldF, p. 27), limitando drasticamente la libertà del re.

Il primo atto termina con la visione suggestiva del palazzo di Eeta che sprofonda, avvolto da tuoni e lampi, e con l’immagine della nave Argo, a bordo della quale si scorgono Medea, Giasone e gli Argonauti.