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3. L’opera

3.5 Il secondo atto: Medea in Corinth

3.5.1 Il monologo del coro e il dialogo con la nutrice

La didascalia che precede il secondo atto di The Golden Fleece informa che il luogo in cui si svolge l’azione è la città di Corinto. Il fondale dipinto ritrae il palazzo del re Creonte, alla cui sinistra si apre un paesaggio di campagna e alla cui destra si trova la casa di Medea.

123 F. Grillparzer, Gli Argonauti, trad. it. a cura di M. G. Amoretti, in M. G. Amoretti (ed.), Teatro,

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Il coro prende la parola per chiarire agli spettatori l’avvenuto spostamento dalla Colchide alla Grecia. Egli sostiene che “Since we parted in Colchis; then Colchian was I; / Now in Corinth, of course, I'm Corinthian, in order / To hold in this city the place of recorder” (GoldF, p. 28), introducendo così un ironico cambiamento di prospettiva: per documentare lo svolgimento dei fatti, è necessario che egli muti la sua nazionalità. Inoltre, attraverso l’accostamento dei termini ‘Corinthian, in order’ nello stesso verso, il coro sembra alludere all’omonimo ordine architettonico, creando un contrasto ironico tra la mutevolezza del suo personaggio e la staticità dei materiali di costruzione. L’allusione è confermata da un successivo intervento di Medea che si indirizza al coro come “thou Corinthian column of the nation” (GoldF, p. 30).

Egli procede con la presentazione del re Creonte:

Imprimis. The King of this state is called Creon. By the way, no relation to him whom you see on The throne of old Thebes, the car celebrated By Antigone check'd and Eurydice mated; No, this is another guess sort of a person,

Whose daughter, fair Glauce's, a girl to write verse on (GoldF, p. 28).

Accordando primaria importanza a una precisazione, il coro specifica come il sovrano di Corinto non debba essere confuso con l’omonimo re di Tebe, padre di Antigone e marito di Euridice, protagonista dell’Antigone di Mendelsshonn, messa in scena a Covent Garden nel 1845124. Il re di Corinto che appare in The Golden Fleece è diverso

dal sovrano di Tebe, che imprigiona la ribelle Antigone per aver concesso le onoranze funebri a Polinice contro la sua volontà. Messo in guardia da Tiresia sulle conseguenze delle sue azioni, Creonte si affretta a liberare la giovane che, però, ha già commesso il suicidio. Il sovrano di Corinto, invece, si mostrerà comprensivo nei confronti di Medea, concedendole un giorno di dilazione per la partenza dalla città, che si rivelerà fatale. Il coro introduce, poi, Glauce servendosi del consueto processo di

124 W. Bartholomew, An Imitative Version of Sophocles'tragedy Antigone; with Its Melodramatic

Dialogue and Choruses, as Written and Adapted to the Music of Dr. F. Mendelssohn Bartholdy,

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attualizzazione, secondo cui ella veste i panni di una dama alla quale vengono dedicate liriche d’amore.

Il coro prosegue il suo intervento informando gli spettatori che il comportamento di Giasone e Medea “in Greece has brought both some disgrace on” (GoldF, p. 28), alludendo probabilmente all’uccisione di Pelia che costringe la coppia a fuggire da Iolco. Dopo aver trovato rifugio a Corinto, Giasone chiede a Creonte di poter corteggiare Glauce e riceve l’assenso del sovrano. Il coro, a questo punto, prende posizione e condanna il comportamento dell’eroe definendolo “libertine” (GoldF, p. 28) e attribuendogli una “shameful duplicity” (GoldF, p. 28). La condotta di Giasone è giudicata “reprehensible / In a family man ‒ in short, quite indefensible” (GoldF, p. 28), valutazione analoga a quella formulata dal coro di donne corinzie della tragedia euripidea, dove esse definiscono Giasone “sposo crudele, traditore” (Eur. Med., v. 206) e mostrano, in una prima fase, solidarietà alla protagonista.

Inoltre, secondo il coro di The Golden Fleece, l’atteggiamento dell’eroe non è solo indifendibile visto il suo status di padre di famiglia, ma anche un segnale della sua scarsa intelligenza, poiché non tiene conto della “lady's vivacity” (GoldF, p. 28). Il termine ‘vivacity’ denota prontezza intellettuale, arguzia, sagacia, qualità che ricordano la sophia attribuita a Medea nella tragedia di Euripide (Eur. Med., v. 305). Il coro annuncia, infine, l’arrivo della nutrice, incaricata di prendersi cura dei figli di Medea. Ella viene presentata come “querulous, gossiping, ancient Greek gammer” (GoldF, p. 28), una donna greca esperta nell’arte del pettegolezzo e della maldicenza. Il termine ‘gammer’, evidenziato grazie all’utilizzo del corsivo, è polisemico: come sostantivo, indica l’anzianità della donna, come verbo, invece, rimanda alle dicerie che ella alimenta125.

Il successivo intervento della nutrice è modellato sul prologo della tragedia euripidea, che si apre con lo hysteron proteron “Vorrei che la nave di nome Argo non avesse oltrepassato mai le ombrose Simplegadi, volando verso la Colchide; e che l’albero di

125 “gammer n.”, OED Online, “An old woman; (in later use freq.) spec. a grandmother, or (less

commonly) other old female close relative. Also as a form of address, and as a title preceding a name”. “gammer v.”, OED Online, intr. “To idle, trifle, gossip; to lounge about; to fritter away (time)”.

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pino non fosse mai caduto […] per fornire i remi a quegli eroi […]. Medea, la mia padrona, non avrebbe preso il mare verso Iolco […]” (Eur. Med., vv. 1-6). In maniera pressoché identica, la nutrice ritratta nell’extravaganza afferma:

NURSE. Oh, that the hull of that fifty-oared cutter the Argo, Between the Symplegades, never had passed with its cargo! Indeed, I may say that I wish, upon Pelion, the pine trees.

Of which it was built had remained, as they were, very fine trees; For had there been never a boat in which man could have brought her, My poor ill-used missis had never come over the water;

Nor having, ‒ for that wicked Jason, cut all her connections ‒

Seen another young lady possessing her husband's affections (GoldF, p. 28).

Nella fonte, la protagonista è definita “infelice, offesa” (Eur. Med., v. 20) e, analogamente, Planché utilizza l’aggettivo ‘ill-used’, posto ad enfatizzare la sua condizione di donna oltraggiata e maltrattata.

Nella tragedia di Euripide, la nutrice indugia nel racconto del tradimento di Giasone, contenuto non incluso nell’extravaganza poiché già espresso dal coro126. Inoltre, il

monologo della nutrice di The Golden Fleece si differenzia da quello del personaggio euripideo poiché non menziona l’odio che Medea nutre per i figli127. Nell’opera di

Planché, Medea non è una madre infanticida e, per questo motivo, l’autore elimina le anticipazioni concernenti la sorte dei bambini.

Il coro, incuriosito dalle parole dell’anziana donna, chiede ulteriori informazioni su “the scandal / To which our friend Jason is giving a handle” (GoldF, p. 29). Il tradimento di Giasone costituisce un vero e proprio scandalo: l’utilizzo di questo termine permette da un lato di colpevolizzare nuovamente l’eroe, dall’altro esso si connette alla dimensione del pettegolezzo di cui la nutrice è portavoce. Questa confessa, infatti, di aver udito notizie in merito all’imminente esilio di Medea mentre si dirigeva alla fonte del Pirene. Il luogo viene citato nella tragedia di Euripide, ma è il pedagogo a recarvisi e a riportare le dicerie alla nutrice (Eur. Med., vv. 69-73). La donna racconta di aver sentito che “Creon, in order to bring about his daughter's

126 “Giasone ha tradito la mia padrone e il figli e si è unito a una principessa: ha sposato la figlia di

Creonte, che regna su questa terra”. Euripide, Medea, vv. 17-19.

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marriage, / Will pack off Medea and both her brats in a second class carriage” (GoldF, p. 29). L’esilio viene attualizzato in un viaggio in treno a bordo di un vagone di seconda classe.

Il coro chiede alla nutrice se Medea sospetti la decisione di Creonte. In risposta, l’anziana donna afferma di non volerle comunicare la notizia, adducendo come motivazione il suo essere “wild” (GoldF, p. 29). Anche alla protagonista della tragedia di Euripide vengono attribuite connotazioni ferine, come quella di “leonessa” (Eur. Med., v. 187). Inoltre, la nutrice di The Golden Fleece sostiene che “quite crazy I think it would drive her, / To be passed to her parish without, in her pocket, a stiver” (GoldF, p. 29). Il personaggio allude alla reazione di Medea: l’essere costretta a mendicare per trarre sostentamento, porterà la protagonista alla follia. La nutrice euripidea comunica la stessa sensazione, affermando che “se una nuova disgrazia si aggiunge a quelle antiche […] sarà la fine” (Eur. Med., vv. 78-79). Se però nella fonte la donna è costretta al silenzio dal pedagogo, che le intima non rivelare la disposizione di Creonte, nell’extravaganza di Planché ella decide autonomamente di non intromettersi nella questione, mostrandosi così meno empatica e coinvolta. Infine, il richiamo alla povertà di Medea si ancora alla realtà ottocentesca, poiché rimanda all’istituzione religiosa della parrocchia come responsabile dell’aiuto degli indigenti, in nome della carità cristiana.

A questo punto, si sente il lamento di Medea provenire dall’interno della sua abitazione, che si articola in tre esclamazioni volte ad esprimere la sua sofferenza, ossia “alas! alack, and well-a-day!” (GoldF, p. 29). Allo stesso modo, la protagonista della tragedia di Euripide grida dalla sua casa: “Sciagurata che sono, infelice, quanto soffro” (Eur. Med., vv. 96-97), un’esternazione tripartita del suo sconforto a cui aggiunge il desiderio di morte non incluso nell’extravaganza di Planché.

Come nella fonte, il coro intima alla nutrice di convincere Medea ad uscire, dicendo: “she seems in famous voice for singing out” (GoldF, p. 29)128. Con questa

affermazione, egli si riferisce contemporaneamente alla voce di Medea, che sta per

128 Nella trageda di Euripide, il coro intima alla nutrice: “Va’ dunque, falla venire qui, fuori dalla

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rivelare le cause della sua angoscia, e alla voce di Madame Vestris, l’interprete della protagonista nota al pubblico per le sue doti canore. La risposta della nutrice, “I'll do my best but, when so loud you hear her, / It's rather dangerous to come a-near her” (GoldF, p. 29), riecheggia le parole del personaggio euripideo nell’affermare “Lo farò; anche se temo di non persuadere la mia padrona […] Se qualcuno dei servi si avvicina a lei per dirle un parola, con sguardo feroce essa lo fulmina […]” (Eur. Med., vv. 184- 188), ma Planché sposta l’attenzione dall’organo sensoriale della vista a quello dell’udito.

L’anziana donna esce di scena e il coro, con l’espressione “She'll comb young Jason's wig” (GoldF, p. 29), comunica l’indubbia intenzione di Medea di rimproverare il marito per aver passato la notte fuori casa129.