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Antenne a lente

Nel documento Antenne e Propagazione (pagine 139-144)

2.6 Antenne a paraboloide

2.6.14 Antenne a lente

e collegata a una trrasformata di Fourier. Quello che si deve prendere `e un paraboloide, e un altro, con distanza focale tra i due pari a λ/4; si metallizza questa cosa, in maniera da avere un po’ dell’uno e n po’ dell’altro, in modo che nella zona centrale vi sia il primo, in quella periferica il secondo:

A parte gli spigoli che non si fanno, per evitare strani comportamenti del campo, la fase sar`a costante, dal momento che la distanza `e pari a λ/4, ma il cammino ottico va “sia avanti sia indietro”, dunque fa λ/4 + λ/4 = λ/2, e non si ha sfasamento. Per l’ampiezza, invece, smussando, si ha qualcosa di molto simile ad una sinc, o quantomeno ai suoi primi lobi; trasformando ci`o si ottiene una specie di porta, come diagramma di irradiazione.

Un altro modo per fare la copertura settoriale `e basata sull’uso di N illu-minatori, ottenendo dunque un’antenna multifascio, che abbia un diagramma di irradiazione simile a quello di una porta.

2.6.14 Antenne a lente

Quando si parla di antenne a lente si parla ancora una volta di antenne ad apertura, basate per`o su un concetto molto diverso: in questo caso, infatti, non si utilizza pi`u il principio della riflessione al fine di irradiare, bens`ı quel-lo della rifrazione: si pu`o dire che le antenne a lente stanno alle antenne a riflettore un po’ come, in ottica, le lenti stanno agli specchi. Una caratteri-stica fondamentale di queste antenne `e il fatto che le superfici di ingresso e di uscita sono diverse: nell’antenna a riflettore, a partire da un certo fascio incidente, si produceva un fronte d’onda piano; ora si deve trovare qualcosa in grado di fare la stessa cosa, usando per`o il principio della rifrazione.

Per studiare il problema in maniera molto formale sarebbe necessario fare uso delle equazioni della rifrazione; quello che possiamo fare noi `e considerare fissa una delle due superfici, e considerarla parallela al fronte d’onda entrante o uscente; questo significa che la superficie che si considera (non si `e ancora scelto quale delle due fissare) dovr`a avere la stessa forma delle superfici a fase costante delle onde per l’appunto incidenti o uscenti: se si parla di onde uscenti, dal momento che esse dovranno essere sostanzialmente piane, la forma d’onda sar`a piana; in ingresso, supponendo di avere onde sferiche, si dovr`a avere una calotta sferica come superficie.

Si provi a considerare un primo esempio di lente, al fine di motivare un certo insieme di concetti introduttivi: si immagini per esempio di avere

un’antenna in trasmissione, che irradi; possiamo scegliere come superficie di uscita un piano parallelo ai raggi di uscita; la superficie di ingresso `e tutt’ora ignota.

La prima superficie non `e nota, ma dobbiamo determinarla mediante ra-gionamenti intuitivi. Quello che si pu`o fare `e utilizzare il principio di Fermat, e fare in modo da avere sull’uscita tutti raggi con la stessa fase; questo si-gnifica, dati i raggi provenienti dal feed (un’onda sferica, per ipotesi), che quelli pi`u vicini dovranno essere pi`u rallentati, quelli pi`u lontani di meno; il modo per “rallentare” l’onda consiste nel ridurne la velocit`a di fase, mediante l’introduzione di un dielettrico; otticamente, questo coincide con il progetta-re un certo coefficiente di rifrazione n per la struttura, e un certo spessoprogetta-re, variabile con l’angolo ϑ che i raggi del feed formano con l’asse orizzontale del sistema. Definiti i vari punti, si deve avere che:

F P + P P0 = F V + V O

questo, per il principio di Fermat, applicato a questa situazione. Dentro la “lente” si ha un indice di rifrazione n, che introduce, all’equazione appena vista, un “peso”:

F P + nP P0 = F V + nV O

A questo punto, definiamo un certo insieme di parametri: consideriamo r la coordinata radiale del sistema, f la distanza tra la sorgente e il vertice del profilo, V .

Consideriamo un’ulteriore semplificazione per l’operazione: si pu`o vedere che tutto il segmento P P0 `e nel dielettrico; si pu`o anche definire un punto P00 per cui P P0 = P00O, dunque togliere a ciascun membro questi, e riscrivere l’equazione come:

F V + nV P00 = F P tenendo infine conto del fatto che

V P00= r cos ϑ − f si pu`o scrivere l’equazione come:

r = f + n(r cos ϑ − f ) dunque:

di solito (in realt`a non `e detto e vedremo esempi in cui non `e cos`ı) n > 1; posso dunque cambiare tutto di segno:

r(n cos ϑ − 1) = f (n − 1) dunque

r = f n − 1 n cos ϑ − 1

Questa `e l’equazione del profilo della superficie di entrata; volendola iden-tificare formalmente, si dovrebbe fare il cambio di coordinate e cercare di ricondursi a una delle equazioni canoniche; sicuramente `e una conica, dal momento che vi sarebbero termini di secondo grado; quello che si pu`o fare `

e vedere che, per qualche particolare ϑ, si ha r → ∞, dunque si pu`o vedere che si ha la presenza di asintoti; delle coniche, quella che presenta asintoti `e certamente l’iperbole. Questo ci dice che, data una superficie di uscita pia-na, la superficie di ingresso sar`a iperbolica. Esiste il caso duale: se si ha una superficie sferica di ingresso, “adattata” dunque al fronte d’onda di ingresso, mediante una dimostrazione analoga a questa si pu`o determinare la presenza di una superficie ellittica in uscita, al fine di raddrizzare il fascio. Come gi`a accennato, il principio `e quello di mettere uno strato pi`u spesso di dielettrico in prossimit`a di un punto in cui i raggi sono pi`u “dritti”, in quanto essi vanno rallentati di pi`u, al fine di avere tutti i raggi in uscita con la stessa fase.

Quale delle due antenne `e meglio, tra riflettore e lente? Sotto il punto di vista del costo, il riflettore `e di sicuro pi`u economico, e soprattutto pi`u leggero: l’antenna a lente infatti `e sostanzialmente volumica, dal momento che va riempita di dielettrico, dunque avr`a massa molto maggiore rispetto a quella di un riflettore, che sar`a semplicemente una superficie. Le antenne a lente vincono invece il confronto quando si parla di frequenze molto elevate, e dunque dimensioni grandi: i volumi, in questi casi, sono comunque “leg-geri”; manca inoltre il bloccaggio, e si ha una minore sensibilit`a agli errori superficiali rispetto al paraboloide.

Il problema della massa elevata in realt`a ha una soluzione: la zoolizzazio-ne. Data una lente, si pu`o considerare un raggio centrale, e uno periferico; l’unica cosa che ci interessa `e il fatto che, fuori dall’antenna, i raggi abbiano tutti fase uguale. Quello che si pu`o fare `e rimuovere dei cilindri di materiale; fare ci`o sembrerebbe portare ad avere una differenza di fase di questo tipo:

∆p = n λ h − 2π λ h = 2π(n − 1) h λ

dove h `e lo spessore del cilindro rimosso, considerando che dall’altra parte del cilindro ci sia aria. Se si sceglie h in modo opportuno, nella fattispecie in

modo da ottenere ∆p multiplo di 2π, dunque sfasamento multiplo di 2π, si pu`o fare in modo da rifasare tutti i raggi tra loro, riducendo il volume della superficie: 2π(n − 1)h λ = 2mπ dunque h λ = m n − 1

In questo caso, la fase del campo sui due raggi considerati `e comunque uguale, a meno di multipli di 2π; si ottiene per`o un’antenna di questo genere: Questo, oltretutto, utilizzando dielettrici “normali”, senza usare quelli con n < 1.

Un difetto di questa lente `e la riflessione: non tutta la potenza irradiata dalla sorgente arriva poi sull’apertura, e parte di questa dunque viene rifles-sa (all’incirca un 10%); di queste potenze, la pi`u importante potrebbe essere quella riflessa all’interfaccia di uscita: questa potrebbe tornare indietro, e andare verso l’illuminatore. Per ridurre questo disadattamento, `e possibile utilizzare uno “strato di adattamento”, facendo dunque qualcosa di concet-tualmente molto simile a quanto si fa nei circuiti a parametri distribuiti: uno strato λ/4 con indice di rifrazione n2 tale per cui:

n2 =√ n1

Si noti che la lente `e un sistema intrinsicamente a banda larga: non si ha infatti dipendenza di λ nelle prime equazioni di progetto. Ci`o che limita la banda ha origine duplice: sicuramente l’illuminatore, ma anche l’eventuale presenza della riduzione di peso (la zoolizzazione) o l’adattamento: questi sono elementi che funzionano per precisi valori di λ, dunque per frequenze ben definite, e ci`o riduce la banda. Per i riflettori, si richiedeva semplicemente che essi fossero di diametro maggiore a qualche lunghezza d’onda (come lower bound), e che l’errore superficiale abbia uno scarto quadratico medio limitato (per quanto riguarda l’upper bound).

Materiali artificiali: n < 1

Terminiamo l’argomento introducendo l’uso dei materiali artificiali, per cui si ha un coefficiente di rifrazione minore di 1. Il principio che si utilizza in questo caso `e esattamente l’opposto: il fatto di avere n < 1 significa sostanzialmente “accelerare” i raggi, facendo ottenere loro una vf superiore

alla velocit`a della luce; in questo caso dunque si dovranno accelerare poco i raggi gi`a “dritti”, e di pi`u quelli “storti”. Si ha qualcosa di duale a prima:

Nel caso si abbia un piano come superficie di uscita si avr`a un ellisse, nel caso si abbia una sfera come superficie di ingresso si avr`a un’iperbole.

Come si possono realizzare questi materiali? Si propongono due soluzioni.

1. Mediante un certo numero di fogli di polistirolo espanso, con lamine metalliche a separarli. Questo polistirolo ha un εr molto vicino a 1; se si hanno tanti di questi fogli, con queste lamine. Se si manda in questa struttura un’onda elettromagnetica in cui il campo elettrico abbia po-larizzazione parallela alle lamine; se a > 0, 7λ, il campo si propaga in questa struttura, poich`e `e come avere una guida sopra taglio. La ve-locit`a di propagazione `e quella della guida d’onda, dunque `e maggiore della velocit`a della luce: infatti si ha che

k = r k2 0π a 2 < k

L’indice di rifrazione, che `e il rapporto tra i due λ, sar`a:

n = s 1 − λ 2a 2 < 1

questo `e un modo per realizzare materiali con indice di rifrazione minore di 1. Questo vale solo per una polarizzazione, ma le lamine possono essere messe sia verticali sia orizzontali, e dunque la polarizzazione finisce per essere accelerata.

2. Un altro tipo di lente `e quello detto “bootlegs lenses”, “lenti a stringa da scarpa”; non sono delle vere lenti, ma delle strutture di questo tipo: Questa struttura si realizza mediante un numero molto elevato di “sche-dine”, di circuiti stampati, in cui si hanno, per ciascuno, un’antennina ricevente, un’antennina trasmittente, e tra le due una linea di trasmis-sione, per esempio una microstriscia; il segnale si propaga lungo questa linea di trasmissione, e si fa in modo da fare qualcosa di molto simile a prima: per le strisce sulla periferia si fa in modo da avere linee pi`u corte, dal momento che il segnale non deve essere rallentato molto; man mano che ci si muove verso il centro, la linea di trasmissione sar`a allungata, in maniera che dunque il segnale faccia pi`u giri, ci impieghi pi`u tempo a percorrerla, e dunque venga rifasato nel modo giusto. Il vantaggio di questa seconda struttura sta nel fatto che sulle linee di trasmissione

posso mettere degli sfasatori, ossia dei circuiti controllabili in tensione che possono introdurre uno sfasamento; in questo modo si pu`o avere un fronte d’onda finale sempre piano, ma con una variazione di fase di tipo lineare che per`o pu`o essere ruotato, in maniera da poter avere una scansione elettronica della direzione di puntamento dell’antenna finale.

Nel documento Antenne e Propagazione (pagine 139-144)