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Metodi per l’analisi delle antenne a riflettore

Nel documento Antenne e Propagazione (pagine 94-98)

Una volta terminata l’ottica geometrica, si pu`o passare all’applicazione del-l’ottica geometrica: un’analisi delle antenne a riflettore. Per dire due parole su di esse, si tratta di antenne tipicamente direttive, la cui superficie `e tipica-mente metallica (a parte casi particolari, come quelli dei satelliti, in cui per esempio si costruisce in fibra di carbonio); si ha un’antenna, detta “illumi-natore” (o “feed”), che deve inviare un certo campo a un’altra apertura, in questo caso formata da una superficie, la quale rifletter`a il campo, reirradian-dolo. Il campo totale `e dunque dato dalla somma di due componenti ma, se il riflettore `e fatto secondo gli standard, il campo sar`a prevalentemente quello scatterato.

Al fine di determinare il campo, esistono diverse tecniche; la prima po-trebbe essere quella di determinare il campo a partire dall’integrale di irra-diazione: ES = −jZ0 2λ e−jkR R Z A Jt,Sejkr0· ˆRdS

Il problema a questo punto `e quello di conoscere l’integrando, nella fatti-specie la JS; esse dovranno in qualche modo essere determinate.

Una prima ipotesi che si introduce per lo studio del problema `e quello di considerare l’illuminatore molto piccolo, dunque confrontabile a una teorica sorgente puntiforme; data questa ipotesi, `e possibile applicare la formula:

Ep = 5, 5e

−jkr

r p

G(ϑ, ϕ)PT

Mediante questa formula, si pu`o vedere come il campo si trasmette dal-l’illuminatore all’apertura, posta a distanza r da esso. Determinato il campo incidente, tuttavia, `e necessario determinare le correnti, al fine di poterle integrare, introducendole nell’integrale di irradiazione; al fine di calcolare le correnti, ci sono almeno tre metodi (in realt`a di pi`u, noi ne presenteremo tre e useremo due): uno esatto, due approssimati.

Il metodo esatto sarebbe quello di risolvere un’equazione integrale: dato un punto e un Eincidente, le condizioni al contorno chiedono che:

ˆ

n × Etotale = 0

dove per`o Etotale `e dato dalla somma del campo incidente sulla superficie e quello generato dalle ipotetiche correnti superficiali presenti su di essa; dal

momento che noi siamo interessati proprio a queste, questo metodo potrebbe piacerci. Dobbiamo scrivere che:

Etotale= Eincidente+ j ωµ

Z

A

G · JSdS

Dove il secondo termine `e il campo calcolato in modo esatto, mediante la funzione diadica di Green. Per la condizione al contorno:

0 = ˆn × Eincidente+ j ωµn ׈

Z

A

G· JSdS

G `e nota, JS `e l’incognita. Questa equazione prende il nome di “EFIE”: Electric Field Integral Equation. `E un metodo esatto, ma anche estrema-mente complicato.

2.5.1 Ottica fisica

Una formulazione approssimata per la determinazione delle correnti superfi-ciali noto il campo incidente `e l’ottica fisica. Essa `e sostanzialmente basata su alcune ipotesi, la pi`u importante delle quali `e approssimare la superficie di incidenza del campo con il piano ad essa tangente; in questo modo, `e possibile calcolare le correnti indotte tramite il campo magnetico, come:

JS = ˆn × Htotale

A questo punto analizziamo un secondo cosa c’`e da fare, nel caso di onde TE e onde TM:

• per le onde TM, si ha che, data un’onda di questo genere incidente su di un piano metallico, si ha:

Htotale= 2Hincidente • per le onde TE invece si ha:

Htotale= 2Hincidentecos ϑi

Il fatto di approssimare con il piano tangente a essa la superficie, permette di utilizzare questo tipo di approccio. Ci`o pu`o essere pi`u o meno accettabile, a seconda delle situazioni che capita di studiare. In totale, si pu`o scrivere:

Questo modello, detto “ottica fisica”, fa approssimare la corrente della superficie curva con quella del piano tangente, purch`e non si sia vicino ai bordi: quello che si avrebbe ai bordi, nel caso si volesse applicare l’ottica geometrica, sarebbe un andamento pressoch`e costante di densit`a di corrente, che poi si dovrebbe annullare appena usciti dal bordo, con una discontinuit`a spaziale; una cosa del genere, fisicamente, non ha senso. Il fatto che questa cosa non funzioni si pu`o vedere anche sotto un altro punto di vista: quan-do siamo sul borquan-do, il raggio di curvatura non `e definito, dal momento che i bordi non hanno un raggio di curvatura. Inoltre, se noi andassimo a ve-dere la distribuzione delle correnti su un semipiano, con un’onda incidente obliquamente, si han due casi, TE e TM:

• nel caso TM si ha che la corrente superficiale ai bordi tende a decre-scere in maniera “smussata”: se si fa lo studio esatto della corrente sulla superficie le correnti nell’intorno del bordo tendono a 0 in questa maniera; questa cosa accade in frazioni di lunghezze d’onda, dunque l’errore si limita a una parte molto piccola della superficie.

• nel caso TE, si ha qualcosa di opposto: le correnti in questo caso, es-sendo equiverse al campo elettrico, quello che si vede `e che le correnti tendono a crescere e a divergere (con per`o un’ordine di divergenza molto debole, come 1/√

%, ottenendo una cosa diversa; questo capita dal mo-mento che le correnti sono parallele al bordo, e tendono ad addensarsi, portando a questo tipo di comportamento.

C’`e ancora un effetto, per entrambi i casi: anche “dietro” alla superficie in realt`a si formano delle correnti, dal momento che le correnti indotte fanno da sorgenti loro stesse; si ha la corrente pi`u “a punta”, divergente, accumulata, nel caso in cui essa sia parallela al bordo; nel caso sia perpendicolare, si ha ovviamente il contrario.

Se le antenne studiate sono sufficientemente grandi, questi errori sono sufficientemente trascurabili. L’ottica fisica fornisce risultati sufficientemen-te simili a quelli esatti, per`o bisogna comunque fare degli integrali, i quali spesso vanno calcolati numericamente, dal momento che bisogna “sommare” tutti i contributi sulla superficie parabolica, volta per volta approssimata localmente come un piano. Questi integrali non sono tutto sommato cos`ı semplici da calcolare, dal momento che le antenne a riflettore di solito non sono piane: di sicuro non sar`a una cosa semplice come una trasformata di Fourier.

Questo metodo utilizza in parte l’ottica geometrica: si calcoler`a il cam-po incidente mediante l’ottica geometrica, supcam-ponendo che la sorgente sia puntiforme (e dunque emetta un’onda sferica).

2.5.2 Metodo delle aperture

Il terzo metodo che viene utilizzato per risolvere questo tipo di problema `e il metodo delle aperture. Questo metodo `e fondamentalmente basato sull’appli-cazione del teorema di equivalenza in una posizione opportuna, in prossimit`a dell’antenna a riflettore. Si pu`o avere qualcosa di questo genere:

Invece di calcolare il campo direttamente sulla superficie del paraboloide, la quale potrebbe essere addirittura fornita solo in forma numerica e non analitica, quello che si pu`o fare `e individuare un piano in maniera tutto sommato arbitraria, applicare su di esso il teorema di equivalenza, ottenendo:

JS = ˆn × H MS= E × ˆn

Dal momento che il problema `e stato in questo modo approssimato/ricondotto a un problema planare, in questa maniera gli integrali si riconducono a nor-mali trasformate di Fourier, come prima. Noti dunque i campi elettromagne-tici su queste superfici, `e possibile, nota la normale al piano al quale si va ad applicare il teorema di equivalenza, determinare queste fatidiche correnti.

Come si fa per`o a determinare i campi che vi sono su questa superfi-cie? Beh, fino a quando si parlava di aperture rettangolari, trombe o cose di questo genere, era tutto facile: si avevano delle ipotesi che adesso sarebbero irrealistiche, come quella di avere topografie di campo sostanzialmente ap-prossimabili con quelle di monomodalit`a di una guida rettangolare/circolare; quello che si pu`o fare ora per calcolare questi campi incidenti invece `e usare ancora una volta l’ottica geometrica: considereremo un fascio di raggi che emerge dal nostro illuminatore, calcoleremo il campo incidente sulla superfi-cie, il campo riflesso dalla superfisuperfi-cie, e i raggi di curvatura dell’onda riflessa con le formule viste precedentemente (quelle dipendenti dai vari %i,r,s), spe-rando che la superficie sia orientata ragionevolmente, in maniera da non dover ricorrere alle forme generali delle suddette formule.

Noto il campo incidente (e dunque anche il campo riflesso, essendo esso, nel punto di riflessione, semplicemente uguale e opposto a quello incidente, per le condizioni al contorno applicate alle onde piane TE e TM), quando questo campo riflesso incomincia a propagarsi, esso incomincia ad attenuarsi secondo i raggi di curvatura dell’onda riflessa, non pi`u ovviamente di quella incidente.

Note finali

Questi sono i metodi generali che si possono usare per affrontare questo problema, ossia il problema della re-irradiazione da parte di un riflettore. Quale dei due metodi `e meglio? Mah, in realt`a sono, sotto certi punti di vista, validi entrambi: l’ottica fisica `e un poco pi`u accurata rispetto al metodo delle aperture, dal momento che il metodo delle aperture approssima il campo ma solo fino al piano scelto; il metodo delle aperture inoltre ha uno step in pi`u, dal momento che:

1. prima richiede di calcolare il campo incidente sul piano nel quale si applica il teorema di equivalenza;

2. poi richiede di applicare le condizioni al contorno per ottenere il campo riflesso;

3. infine richiede di integrare.

Nell’ambito dell’ottica fisica gli step sono solamente due, dal momento che:

1. prima si determina il campo incidente sulla superficie (che in questo caso non sar`a piana);

2. poi si integra direttamente questo.

Sembrerebbe pi`u semplice il secondo metodo, ossia l’ottica fisica, per`o c’`e da dire che tra integrare su un piano e integrare su una superficie, c’`e una grossa differenza: nel caso dell’ottica fisica sicuramente l’integrale sar`a molto pi`u complicato da fare.

Vi sono in realt`a delle relazioni tra un metodo e l’altro, nel senso che non `

e del tutto vero il fatto che l’integrale va fatto su una superficie strana per forza: matematicamente in certi casi `e possibile trovare una trasformazione che permetta la trasformazione dell’integrale su una superficie, semplificando la cosa.

Nel documento Antenne e Propagazione (pagine 94-98)