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Applicazione del metodo delle aperture

Nel documento Antenne e Propagazione (pagine 100-110)

2.6 Antenne a paraboloide

2.6.1 Applicazione del metodo delle aperture

e quella per cui, data % la suddetta distanza di un punto della parabola dall’asse, si ha:

% = r sin ϑ ma dunque, riprendendo l’equazione di prima:

% = 2f sin ϑ 1 + cos ϑ

A questo punto recuperiamo un po’ di trigonometria; come noto, si pu`o dire che: cos ϑ 2  = r 1 + cos ϑ 2 sin ϑ = 2 sin ϑ 2  cos ϑ 2  dunque: % = 2f sin ϑ 2 cos ϑ 2  cos2 ϑ 2  quindi % = 2f tan ϑ 2 

Come vedremo tra breve, questa formula spesso risulta essere molto im-portante.

2.6.1 Applicazione del metodo delle aperture

Nel caso della parabola, vi sono propriet`a molto interessanti che la rendono di fatto estremamente appetibile come funzione di base per la rivoluzione, al fine di realizzare una superficie riflettente. Esistono propriet`a interessanti che dicono, per le coniche, che i segmenti tracciati da un fuoco e rimbalzanti sulla conica finiscono, formando lo stesso angolo rispetto alla normale, nell’altro fuoco.

Mettendo dunque una sorgente di raggi in un fuoco F1, tutti questi raggi finiranno in F2. Per la parabola vale una cosa molto simile, tenendo per`o conto del fatto che il secondo fuoco della parabola `e all’infinito: facendo i conti, si pu`o dimostrare che se dal fuoco della parabola invio un raggio, questo viene riflesso parallelamente all’asse della parabola.

Ci`o che si potrebbe fare `e andare a calcolare con le formule il raggio ri-flesso: dato un raggio incidente, si pu`o calcolare la normale alla superficie, l’angolo tra la suddetta normale e il raggio incidente, e per qualsiasi pun-to della superficie si potrebbe vedere che quello che viene fuori `e un raggio parallelo all’asse, a ˆz. Se tutti i raggi riflessi sono dunque diretti verso ˆz, il fronte d’onda riflesso sar`a sostanzialmente un piano, dunque l’onda che emerge dall’illuminatore come un’onda sferica viene distorta in un’onda ri-flessa piana. In altre parole, facendo i conti per l’onda riri-flessa, si potrebbe vedere che la curvatura %1

r verrebbe nullo, dal momento che il fascio sferico viene “collimato” in un’onda piana.

Possiamo dunque buttare gi`u due conti; il campo incidente sulla superficie andr`a come la formula vista precedentemente:

Eincidente= 5, 5pG(ϑ, ϕ)PTr dove

r = 2f 1 + cos ϑ

`e quello ottenuto precedentemente studiando la parabola. Il campo inci-dente sulla parabola sar`a dunque:

Eincidente= 5, 5pG(ϑ, ϕ)PT

2f (1 + cos ϑ)

r rappresenta la distanza tra il punto in cui si mette l’illuminatore e il punto in cui il campo incide; il campo non incider`a alla stessa maniera sul paraboloide dal momento che, essendo esso una superficie curva, vi saran dei punti in cui il campo incide avendo percorso meno spazio, e punti in cui incide avendo percorso uno spazio maggiore. Questo ϑ `e l’angolo di incidenza sul paraboloide: il termine tra parentesi tonde pu`o valere al pi`u 2, di solito al minimo 1 (dal momento che non si usano di solito ϑ > 90 come discuteremo in seguito). Il termine tra parentesi `e detto “attenuazione spaziale”: aumentando la distanza percorsa con l’aumentare dell’angolo, si ha un’attenuazione maggiore.

Quando si va a calcolare il campo sull’apertura, il campo su di esso inci-dente avr`a un’attenuazione diversa a seconda del punto sull’apertura, dunque

sul ϑ; i raggi riflessi, invece, non verranno pi`u attenuati. Su di una superficie metallica, si sa per certo che:

|Eincidente| = |Eriflesso|

(infatti il coefficiente di riflessione o `e 1 o `e -1). L’apertura per`o noi ce l’abbiamo in funzione di %: qui interviene dunque la relazione vista prima, che dice per esempio che:

ϑ = 2 arctan % 2f



(invertendo quella vista precedentemente).

Campo incidente e campo riflesso possono dunque essere espressi me-diante queste coordinate senza problemi, semplicemente applicando questa relazione.

Una propriet`a molto interessante, quella che forse potrebbe essere quella che rende il paraboloide un’antenna cos`ı interessante, `e il fatto che la fase `e costante. Ci sono due motivi (collegati ovviamente) per cui si pu`o dire ci`o a cuor leggero:

• essendo il fronte d’onda piano, `e ovvio dire che la superficie a fase costante sar`a proprio un piano, dunque sui piani la fase sar`a costante; • osservando la geometria della superficie, essendo essa molto imparenta-ta con la parabola, ha anche le stesse propriet`a: se andiamo a calcolare il cammino dal fuoco a un piano qualunque perpendicolare all’asse pas-sante per il punto di riflessione, si pu`o vedere che il cammino `e costante; il cammino totale, dato dalla somma del cammino di incidenza a quello di riflessione, `e sempre uguale.

Ci`o rende l’antenna parabolica estremamente gradita: le aperture a fase costante sono quelle a massima direttivit`a, a massima efficienza; il diagram-ma di irradiazione se si ha un errore di fase quadratico si degrada violen-temente, ma con un’antenna di questo genere gli errori di fase sono estre-mamente ridotti, non quadratici, dunque si ha questo effetto estreestre-mamente interessante.

Secondo il modello che utilizziamo, basato sull’ottica geometrica (per il calcolo del campo), il campo si considera non nullo solamente all’interno del cilindro che chiude il paraboloide. Questa cosa in realt`a non `e del tutto vera: l’illuminatore potrebbe mandare dei raggi anche al di fuori del paraboloide, e in questo caso la potenza associata a questi raggi sarebbe di fatto dispersa, dal momento che questi raggi non potrebbero essere riflessi dal paraboloide e

quindi ridurrebbero l’efficienza. La potenza dispersa per questo motivo viene detta “potenza di spill-over”.

Ridurre lo spill-over di sicuro non `e una cosa negativa, ma non biso-gna neanche esagerare, per pi`u motivi; vediamo. Per studiare il campo sull’apertura `e necessario usare una funzione del tipo:

Eapertura= V0F (ϑ)

2f (1 + cos ϑ)

questo `e sostanzialmente collegato con il MEG, dunque con l’integrale di irradiazione. L’andamento della fase `e implicito, dentro F , la quale `e collegata con il guadagno. V0 `e una costante, dimensionata in volt.

Un illuminatore normalmente si realizza mediante un’antenna a tromba; se su di essa vi `e un grosso errore di fase, il diagramma di irradiazione del-l’illuminatore ha i soliti problemi: guadagno ridotto, lobi secondari pi`u alti, minimi riempiti. Si ricordi che i minimi hanno un campo sostanzialmente in opposizione di fase con quello del lobo principale (essendo la fase “a gradi-ni”); questo deve far intuire che la regione irradiata dai lobi secondari (che di solito `e quella periferica del diagramma di irradiazione) non deve assolu-tamente finire nel paraboloide: essendo il campo in controfase con quello del lobo principale, al momento di integrare i contributi di campo si otterrebbe una riduzione del campo causata per l’appunto dalla presenza di questa con-trofase, riducendo di fatto l’efficienza dell’antenna; non bisogna mai mandar contributi dei lobi secondari sul riflettore.

Una regola pratica `e quella di far coincidere l’angolo di apertura del ri-flettore con il lobo principale dell’illuminatore, considerando come angolo di apertura dell’illuminatore quello per cui il lobo principale si abbassa di 10 ÷ 15 dB. Ci`o che cambia questo potrebbe essere il tapering: si pu`o ridurre il guadagno, variando tutto.

ϑmax,riflettore ∼ ϑapertura,illuminatore

Detto ci`o si trova che:

Eapertura= Er(P0)e−jk(2f −r0)

Grazie al fatto che si ha sempre percorso lo stesso percorso per arrivare a uno qualsiasi dei piani a fase costanti, la fase totale del campo non cambia.

Prima si `e scritto che:

Eapertura= V0F (ϑ)

Il campo sull’apertura ha dunque due contributi di attenuazione; uno `

e la gi`a discussa attenuazione spaziale, l’altro `e il termine legato a F (ϑ) (considero solo il termine scalare), proporzionale a √

G. Riportando, in scala logaritmica (dB), questi due termini su di un grafico, si pu`o vedere qualcosa del tipo:

a 90 il termine di attenuazione spaziale `e circa pari a - 6 dB (riduzione a 1/4 del valore originale); F (ϑ) `e invece una funzione meno nota, dal momento che essa dipende dall’illuminatore (e infatti `e detto “attenuazione dell’illu-minatore”, o “attenuazione di feed”), nella fattispecie dal suo diagramma di irradiazione. L’attenuazione spaziale dunque in queste condizioni `e di pochi decibel, mentre quella dell’illuminatore non deve essere troppo bassa: se si limitasse a un livello di pochi dB l’attenuazione dell’illuminatore, vorrebbe dire che avrei tanto spill-over, dal momento che buona parte dell’energia del lobo principale, per ridurre l’attenuazione, sarebbe buttata fuori dal parabo-loide, riducendo l’efficienza; l’attenuazione totale arriva, come detto prima a 10 ÷ 15 dB, in totale trovando qualcosa di simile a 20 dB in caso peggiore.

Scriviamo a questo punto un’espressione in grado di valutare il valore normalizzato (per esempio al valore massimo) del campo all’apertura:

Eapertura(P ) Eapertura(0) = V0F (ϑ) r V0F (0) f = s Gf(ϑ) Gf(0) f r0

Dove il valore massimo `e quello sull’origine. ossia: Eapertura(P ) Eapertura(0) = s Gf(ϑ) Gf(0) f r0 1 + cos ϑ 2

In questo modo `e evidente vedere quali sono i due contributi del tapering sull’apertura: l’attenuazione di feed e l’attenuazione spaziale.

L’attenuazione del feed finora `e stata espressa come una funzione del-l’angolo ϑ, ma, dal momento che mi serve conoscerla sull’apertura, sarebbe molto comodo averla in funzione del raggio %; purtroppo, come visto prece-dentemente, il legame tra % e ϑ `e non lineare; si pu`o comunque usare anche %.

Si ricordi sempre e comunque che il lobo secondario non va assolutamen-te inserito nel diagramma di irradiazione, dunque, visto che lo ignoriamo, possiamo approssimare il lobo principale (ignorando il secondario) con una funzione quadratica. Il campo risultante avr`a dunque, come ampiezza, quella del campo di partenza, sottraendovi la somma delle due attenuazioni.

Si vuole a questo punto trovare la relazione tra il diametro dell’apertura e l’angolo complessivo; per fare ci`o, utilizziamo la gi`a nota:

% = 2f tan ϑ 2



Ci serve il raggio massimo, che per`o sar`a ovviamente D/2, dove D `e il diametro della suddetta circonferenza massima dell’apertura; dunque:

D

4f = tan

 ϑmax 2



Da qui si pu`o ottenere D, ϑmax, quello che si vuole: ϑmax = 2 arctan D

4f 

Il rapporto fuoco su diametro `e una grandezza caratteristica del riflettore: essa `e un parametro che permette di dimensionare il riflettore. Questo dal momento che, per quanto le dimensioni siano diverse, se il rapporto fuoco su diametro `e diverso, le antenne sono simili e posso usare lo stesso illuminatore per alimentarle.

Quando si ha un riflettore parabolico simmetrico, nei casi pratici si vedr`a che f /D non `e fortemente variabile, ma varia all’incirca da 0,25 a 0,5; questa cosa deriva da due tipi di osservazioni, che ci indicano come mai ci limitiamo a questi valori.

• Il limite superiore `e dato dal fatto che se il rapporto fuoco su diametro `e maggiore di 0, 5, il semiangolo di apertura `e abbastanza piccolo, dunque servirebbe come illuminatore un’antenna a fascio stretto, e dunque un illuminatore grande; ci`o potrebbe diventare un ostacolo significativo per l’onda riflessa dal paraboloide, e dunque si avrebbero effetti diffrattivi importanti. A 0,5 si han 53.

• Per 0,25 si han esattamente 90di apertura; trovare illuminatori per un rapporto fuoco su diametro inferiore significherebbe richiedere illumi-natori che abbiano un semiangolo di apertura ancora pi`u grande, che si trovino all’interno del volume di apertura del riflettore, che irradi con un angolo di apertura superiore a 90 a fase costante; fare ci`o `e estremamente difficile perch`e ogni illuminatore ha lobi principali e se-condari, e per tutti questi problemi si han problemi realizzativi. Se si aumenta inoltre il semiangolo di apertura, l’attenuazione spaziale deve essere valutata sopra i 90 prima definiti come limite, e dopo di essi essa inizia a crollare molto pi`u rapidamente, diventando un fenomeno

estremamente importante; si avrebbe dunque per l’antenna finale un tapering troppo forte, riducendo eccessivamente l’efficienza.

I valori standard, quelli normalmente utilizzati, per il tapering, sono in-torno ai 6 dB per il termine di attenuazione spaziale (anche un poco inferiori), e poi 20 log10F (ϑ0): questo termine dipende dalla relazione tra l’angolo di apertura del riflettore e l’illuminatore. In altre parole, `e necessario identifica-re anche per quanto concerne lo spillover un concetto di efficienza: maggioidentifica-re `e il campo di illuminazione irradiato al di fuori della superficie del paraboloide, peggiore sar`a lo spillover.

Precedentemente, quando si parlava di trombe, si era definita l’efficienza di apertura come: νa = 1 Ageometrica R E dS 2 R |E |2 dS

Questa formula semplicemente dice quanta dell’area effettiva dell’anten-na, ma non tiene conto in alcun modo dello spillover: `e un termine di ef-ficienza, ma non `e assolutamente tutto, per quanto concerne le antenne a riflettore. Se un riflettore viene illuminato in modo quasi uniforme, la sua efficienza di apertura `e sicuramente elevata, ma si rischia di perdere efficienza su un altro fronte, ossia sotto il punto di vista dello spillover.

νs = Rϑ0

0 |F (ϑ)|2sin ϑdϑ Rπ

0 |F (ϑ)|2sin ϑdϑ =

potenza racchiusa nel cono dell0illuminatore potenza totale

Questo, ammettendo che il riflettore sia simmetrico. Dove ϑ0 `e l’angolo massimo del riflettore.

Vogliamo a questo punto analizzare queste due efficienze, per`o con un riflettore ad angolo (o diametro) variabile; si avranno due funzioni di questo tipo:

Man mano che si aumenta l’angolo massimo del riflettore l’efficienza di apertura diminuisce, dal momento che aumentando l’area a parit`a di campo incidente ovviamente si avr`a meno area illuminata; dualmente, per`o, migliora l’efficienza di spillover, dal momento che tutto il campo `e racchiuso nel pa-raboloide; dal momento che ci sono i lobi secondari, tuttavia, non si arriver`a mai esattamente a efficienza di spillover unitaria. La curva risultante sar`a data dal prodotto delle due ν, dunque sar`a una funzione presentante un mas-simo e tender`a a 0 agli estremi. L’efficienza risultante presenta un massimo di valore circa pari a 0,5, ma tutto ci`o dipende dall’illuminatore. Per studiare l’illuminatore, serve conoscere F (ϑ); un modo per studiare l’illuminatore `e

basato sull’approssimare la suddetta funzione con una funzione nota. Il pro-blema sostanzialmente a questo punto `e il fatto che di solito la funzione nota approssima piuttosto bene il comportamento del lobo principale, ma i lobi secondari non sono rappresentati. Volendo per esempio usare una funzione cosα(ϑ), si ottengono al crescere di α coseni sempre pi`u stretti; per tutte le funzioni di questa famiglia vale sempre il fatto che cos(0) = 1, ma dove si annulli il coseno dipende da α; calcolando lo spillover con la formula di νs, quello che si vede `e che per ϑ > π2, possiamo supporre che esso valga un certo livello (o 0, o un certo livello costante).

Tutto dipende in sostanza dal tipo di illuminatore; se noi tuttavia ap-prossimassimo l’illuminatore con una famiglia di funzioni di questo tipo, po-tremmo vedere che il massimo valore di ν, dove ν , νsνa (come detto in precedenza), sarebbe intorno a 0,8, almeno teoricamente. Questo 0,8 si ha per un valore di tapering circa pari a - 10 dB.

Riportando una funzione della ν in funzione del tapering in dB, si avrebbe qualcosa di questo genere:

la curva non `e molto ripida, e si ha questo massimo. Questa cosa `e tendenzialmente quasi uguale per ogni valore di f /D.

Finora sembra che l’unica cosa importante sia la ν, dunque il guadagno; questo purtroppo non `e vero, dal momento che un altro parametro fonda-mentale da tenere sotto controllo `e l’ampiezza dei lobi secondari. Si pu`o di-segnare una curva cha rappresenta l’andamento del livello dei lobi secondari, in funzione del tapering:

la scala pu`o partire da -5 dB di tapering, andando avanti: a -5 dB di tapering (valore non ottimo neanche sotto il punto di vista del guadagno) si hanno -21 dB di lobi secondari; a -10 dB (valore ottimo per il guadagno) -24 dB circa; con -30 dB di tapering, si han circa -30 dB di lobi secondari; questa funzione tendenzialmente non dipende molto dal rapporto f /D, almeno fino a −11 ÷ −12 dB; di l`ı in poi, si hanno variazioni non troppo importanti. Per ridurre i lobi secondari devo avere un tapering pi`u pronunciato, arrivando per esempio a -14 dB, valore per cui la ν scende relativamente poco; impegnarsi troppo per`o sui soli lobi secondari, in un’antenna a riflettore, tuttavia, `e sciocco, dal momento che al di sotto di una certa soglia `e impossibile ridurre il campo fuori dal lobo principale, a causa della presenza dell’effetto del bloccaggio (il fatto che vi siano elementi davanti all’apertura parabolica che portano ad avere diffrazione del campo riflesso).

Finora si sta parlando del primo lobo secondario; cosa si pu`o dire sugli altri lobi secondari? Nella pratica, non si ha solo la specifica sul primo lobo secondario, bens`ı su tutti: chi commissiona l’antenna (o comunque gli standard) fornisce una “maschera”, ossia un profilo che l’intero diagramma di irradiazione deve seguire.

Una caratteristica abbastanza generale di queste antenne `e la loro grossa dimensione: di solito queste antenne sono molto grandi rispetto alla lunghez-za d’onda λ. Si parla di riflettori che facciano qualche λ, a cose che fan anche 2000λ o pi`u (come dei radiotelescopi). Ricordando la fondamentale formula di passaggio da area geometrica/efficace a guadagno:

G = ν πD λ

2

si pu`o convertire in dB, ottenendo:

G|dB = 20 log10  πD λ  + 10 log ν

nel caso in cui D = 2000λ, si ha un guadagno di 76 dB circa; di solito, ν in dB vale dai -2 ai -3 dB, dunque si hanno, in totale, sui 73 dB di guadagno, con un’antenna di quelle dimensioni. Le antenne di cui si parla sono molto grandi, con guadagni molto elevati, dunque l’efficienza `e comunque impor-tante: sembrerebbe che aumentando le dimensioni delle antenne tutto vada a posto, ma in realt`a l’energia che si va a perdere va a finire da altre parti: nei lobi secondari; bisogna dunque prestare attenzione anche a ci`o: se l’an-tenna `e di grandi dimensioni, avremo un lobo principale (stretto) e tanti lobi secondari. Se ogni lobo secondario tiene pi`u o meno due gradi, per arrivare a 180 si avranno un mucchio di lobi.

Si richiede dunque qualcosa del genere:

Di solito, le maschere che si forniscono sono funzioni del tipo:

29 − 25 log10ϑ o

32 − 25 log10ϑ

Queste sono le funzioni che si possono avere, per esempio, come maschere; si noti che queste maschere si riferiscono ai livelli assoluti di ampiezze dei lobi: non si ha il guadagno normalizzato a 1, bens`ı al suo valore originale, Gmax.

Proviamo, come esercizio, a considerare un’apertura quadrata di lato a illuminata uniformemente; si cerchi l’inviluppo dei lobi secondari nei piani principali, al fine di poter effettuare un confronto con le funzioni di maschera trovate.

Come noto, l’apertura rettangolare illuminata uniformemente va sostan-zialmente modellata mediante una porta, e la sua funzione F (ϑ) sar`a la trasformata di Fourier di una porta:

F (ϑ) = sin

πa λ sin ϑ

πa λ sin ϑ

La funzione di guadagno sar`a questa, al quadrato, moltiplicata per il guadagno massimo Gmax:

G(ϑ) = Gmax

sin πaλ sin ϑ

πa λ sin ϑ 2

Per determinare il guadagno massimo, `e possibile usare la formula:

Gmax= λ2a2 dunque G(ϑ) = λ2a2

sin πaλ sin ϑ

πa λ sin ϑ 2

La funzione oscillante `e quella al numeratore, dunque l’inviluppo sar`a semplicemente tutto il resto:

Ginviluppo = λ2a2 1 πa λ sin ϑ 2

Dal momento che siamo interessati solo ai lobi secondari, possiamo consi-derare ϑ > 0; inoltre, fino a 30, possiamo dire che il seno di ϑ sia confondibile con ϑ stesso: sin ϑ ∼ ϑ dunque: G(ϑ) ∼ 4 πϑ2 radianti ricordando che: ϑgradi = 180 π ϑradianti si ottiene: G(ϑgradi360 2 π3ϑ2 gradi dB −→ 36, 21 − 20 log10ϑgradi

Data dunque l’apertura quadrata appena analizzata, la formula `e abba-stanza simile a quella vista precedentemente. Se l’antenna `e invece piccola, capita che i lobi sono molto pi`u larghi; se si ha guadagno elevato, si avranno i lobi molto pi`u stretti, ma dunque, a parit`a di angolo considerato, molti pi`u lobi.

Nel documento Antenne e Propagazione (pagine 100-110)