2.4 Ottica geometrica
2.4.3 Metodo di fase stazionaria
Si consideri una funzione complessa, e si supponga di doverne fare l’integrale definito; per semplicit`a, si supponga che il dominio di integrazione sia un semplice intervallo [a, b]:
Z b a
A(x)ejφ(x)dx
dove A `e la funzione dell’ampiezza, φ la funzione rappresentante l’anda-mento della fase. Su queste funzioni, reali, si fanno le seguenti ipotesi:
• si ipotizza il fatto che φ(x) vari rapidamente; • si ipotizza il fatto che A(x) vari lentamente.
Queste ipotesi sono assolutamente ragionevoli a frequenza elevata, dal momento che le lunghezze d’onda λ sono piccole, dunque per variazioni anche piccole dello spazio si hanno comunque variazioni di diverse lunghezze d’onda, facendo dunque fare diversi giri alla fase.
Si consideri un andamento della fase, in questo intervallo, di questo tipo: si hanno sostanzialmente due tipi di andamenti: o punti stazionari, ossia massimi o minimi relativi, o andamenti lineari.
Dal momento che si ha a che fare con un’operazione di integrazione, `e possibile suddividere l’intervallo di integrazione in diversi contributi. Ci`o che si pu`o fare dunque potrebbe essere dividere le ordinate rappresentanti la fase in intervalli di 2π, ossia di un “giro” della fase, identificando, a partire da un certo riferimento arbitrario a meno del quale si pu`o definire la variazione di fase, il valore della fase in ciascun punto dell’intervallo. Si consideri un sottointervallo [x1, x2], per cui l’ampiezza `e circa costante (come secondo ipotesi), e la fase vari in maniera circa lineare; questo significa che:
dove
α = 2π x2− x1
si introduca a questo punto un cambio di variabile: ψ = α(x − x1), in modo che: dx = 1 αdψ l’integrale diventa: 1 α Z 2π 0 ejψdψ = 0
ossia, si ha la somma di tanti vettorini che formano un giro completo, annullando l’integrale.
Cosa abbiamo imparato? Sostanzialmente, dove la fase `e fortemente va-riabile, l’integrale vale 0. Questo, dal momento che supponiamo che la fase `e ad andamento lineare, significa che per ogni intervallino in cui la variazione di fase `e lineare, `e possibile dire che il contributo all’integrale sia nullo.
Si ha a questo punto la seconda situazione, quella per cui si ha un punto stazionario per la fase; in questa situazione, come vedremo, l’integrale non `e pi`u nullo. Quello che si fa per approssimare i contributi di questi integralini `
e supporre che l’andamento della fase in queste zone sia di tipo quadratico; dato xs il punto di stazionariet`a della fase, si ha:
ψ(x) ∼ β(x − xs)2
con un opportuno cambio di variabili, dunque, si ottiene un integrale del tipo:
Z xn+1
xn
ejβx2dx
si supponga a questo punto di approssimare questo calcolo al seguente: invece che integrare nel solo intervallino, lo si faccia per l’intera retta reale:
=⇒ Z +∞
−∞
ejβx2dx
Questo `e un integrale noto, dal momento che `e un integrale di Fresnel. Il passaggio `e giustificabile ragionando sul fatto che un integrale di quel tipo `e rappresentabile come:
Z t −t ejβx2dx = 2 Z t 0 ejβx2dx
focalizziamoci sul solo integrale ignorando il 2; si pu`o espandere secondo la formula di Eulero l’esponenziale, ottenendo qualcosa del tipo:
Z t 0
cos βx2+ j sin βx2 dx
si pu`o dimostrare che la funzione integrale sia del coseno sia del seno con argomento quadratico han un andamento oscillante attorno a un certo valore che tende a regime piuttosto rapidamente; spesso si tende a mostrare queste funzioni integrali anche in ambito bidimensionale, su di un diagramma polare, ottenendo la cosiddetta “spirale di Cornu”. Il fatto di avere dunque argomenti di integrazione sufficientemente larghi permette di approssimare bene l’integrale con un integrale di Fresnel estendendo come detto gli estremi di integrazione alla retta reale.
Cosa emerge da questo teorema? Nel calcolo dell’integrale di irradia-zione come quello che siamo abituati a fare, sappiamo dire che il contributo principale di questo integrale deriva dai punti in cui la fase `e stazionaria. Ap-plicando il principio di Huygens-Fresnel, considerando una superficie di fase e un punto di osservazione, e andando a vedere l’espressione dell’integrale di irradiazione, applicando il teorema di equivalenza sulla superficie avr`o su di essa varie correnti, ne calcoler`o l’irradiazione nei vari punti, e si trova che il punto di stazionariet`a `e proprio quello dove c’`e la normale della superficie: il punto da cui passa la normale alla superficie `e quello a distanza minima, e quindi `e proprio il punto dove passa il raggio: il punto il cui campo sar`a quello pi`u significativo.
Manca purtroppo un’osservazione: cosa accade agli estremi a e b? Beh, non `e purtroppo detto che agli estremi la fase abbia fatto un giro completo, e dunque che la fase termini proprio su un multiplo di 2π; si parla degli estremi come di “punti di stazionariet`a del secondo ordine”. Come vedremo in seguito parlando di propagazione, anche questi punti danno luogo alla generazione di un campo, ma con significato fisico leggermente diverso: i punti di prima specie sono legati al significato fisico dell’ottica geometrica, mentre gli altri a campo diffratto, o “scatterato”.
Supponendo di avere uno spigolo in mezzo al punto per cui si ha diffra-zione, dal punto P1 parte un insieme di raggi, alcuni dei quali colpiranno l’ostacolo, ottenendo uno scattering del campo; al punto P2 vi saranno dun-que due contributi di campo: dun-quello principale direttamente derivante da P1, e quello diffratto dall’ostacolo. La cosa pi`u interessante `e quella di conside-rare per`o un punto P3 coperto dall’ostacolo: come si pu`o vedere, in questo
caso in questo punto non si avrebbe campo diretto, ma si avrebbe comunque campo: questo `e campo scatterato, diffratto dall’ostacolo. Per questo punto dunque non esiste un punto di stazionariet`a del primo tipo, dal momento che la fase avrebbe un andamento completamente monotono. Questo signi-fica che l’integrale non `e nullo, ma si hanno altri contributi, che derivano solamente dagli “estremi”.