• Non ci sono risultati.

REVOCAZIONE E OPPOSIZIONE DI TERZO NEL PROCESSO CAUTELARE 11,a) LA REVOCAZIONE.

La revocazione è prevista dall'art. 91 del codice tra i mezzi di impugnazione e l'art. 106 ne disciplina i singoli casi. Si tratta di un rimedio a critica vincolata che può essere proposto per un numero limitato di motivi tassativamente elencati nell'art. 395, c.p.c.

La normativa precedente prevedeva la proponibilità dell'istituto nei confronti delle sentenze emesse dal T.A.R. E dal Consiglio di Stato: l'art. 28 della legge T.A.R. lo ammetteva nei confronti di quelle del Consiglio di Stato. In entrambi i casi non era dettata una disciplina specifica, con riferimento a pronunce dei giudici amministrativi, ma era disposto il rinvio al codice di procedura civile.

In particolare, si faceva riferimento all'art. 395, c.p.c.439.

Il tenore non chiaro delle norme ha dato in passato adito a dubbi interpretativi, soprattutto con riguardo alla possibilità di scelta tra l'impugnazione mediante appello o revocazione ordinaria per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell'art. 395 c.p.c., che l'enunciato sembrava consentire440.

L'art. 106, co. III afferma il principio di prevalenza dell'appello rispetto alla revocazione,

confermando l'orientamento presente nella dottrina processualcivilistica laddove l'appello, mezzo di impugnazione a critica libera, prevale rispetto alla revocazione qualora i vengano in evidenza durante la pendenza del termine per appellare.

Il principio della conservazione degli effetti giuridici richiede alcune considerazioni.

Se viene erroneamente presentata la revocazione al Consiglio di Stato ed è pendente il termine per l'appello, la giurisprudenza sembra ammettere la conversione. Si dubita invece che possa convertirsi in appello la revocazione proposta al T.A.R., contro una sentenza del medesimo T.A.R. L'art. 106 co. III, precisa che “contro le sentenze dei T.A.R., la revocazione è ammessa se i motivi non possono essere dedotti con l'appello”: l'uso della locuzione “è ammessa” induce a dubitarne441.

11,b) LA SOSPENSIONE DELLE SENTENZE IMPUGNATE CON IL RIMEDIO DELLA REVOCAZIONE.

437 M.V. FERRONI, Il ricorso in Cassazione avverso le decisioni del Consiglio di Stato, Padova, 2005, 98. In Giurisprudenza: [Cass., sent. 1037971993].

438 In Giurisprudenza: [C.G.U.E., IV sez., ord. 29 Aprile 2004].

439 In Giurisprudenza: [C.d.S., sez. V, 848/1997]. In tale pronuncia si ritiene inammissibile il ricorso per revocazione di una ordinanza cautelare, proposto ai sensi dell'art. 395, c.p.c., dall'amministrazione che al momento in cui fu detta pronuncia non era costituita in giudizio e motivato con la mancata comunicazione della data in cui l'istanza di sospensione sarebbe stata discussa in camera di consiglio.

440 E. PICOZZA, Il processo amministrativo, Milano, 2008, 248.

L'art. 106, co. II, stabilisce che “la revocazione è proponibile con ricorso dinanzi allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata”. Non è chiaro se sia applicabile l'art. 98 c.p.a., potendo sospendere la sentenza impugnata per revocazione. Potrebbe ritenersi ammissibile la sospensione dell'esecuzione della sentenza impugnata con l'ordinanza o con le altre opportune misure cautelari ai sensi dell'art. 38 c.p.a., che prevede il c.d. rinvio interno: “Il processo amministrativo si svolge secondo le disposizioni del Libri II che, se non espressamente derogate, si applicano anche alle impugnazioni e ai riti speciali”.

11,c) REVOCA E REVOCAZIONE.

Il secondo comma dell'art. 58 c.p.a. ammette il rimedio della revocazione delle misure cautelari correlato alla sussistenza delle circostanze disciplinate dall'art. 395 c.p.c.

La giurisprudenza antecedente all'entrata in vigore del codice aveva già riconosciuto la possibilità di esperire la revocazione nei confronti delle ordinanze cautelari, in forza del carattere decisorio ad esse attribuito442. L'art. 58 c.p.a., II co., ha dunque recepito il suddetto orientamento

giurisprudenziale, pur non attribuendo all'istituto la denominazione di revocazione.

Proprio tale mancata qualificazione induce la dottrina443 a ritenere che la norma del codice abbia

avuto riguardo ai “vizi revocatori” elencati dall'art. 395 c.p.c., piuttosto che ai provvedimenti giurisdizionali in esso indicati, dovendo altrimenti escludersi l'applicazione della norma alle ordinanze cautelari collegiali dei tribunali amministrativi regionali, in palese contrasto con la collocazione della disposizione nella disciplina del giudizio di primo grado. Infatti, si porrebbe il problema di armonizzare la tutela cautelare anche nelle ipotesi di cui al co. V, dell'art. 395 c.p.c., che prevede, tra i casi di revocazione, il contrasto tra sentenze contrarie passate in giudicato. Per tutti questi motivi si potrebbe definire il rimedio come una ipotesi speciale di revoca, anche in virtù dell'interpretazione letterale del codice stesso che lo definisce “revoca”444.

Il codice, peraltro, nulla dice relativamente ai termini per proporre la revocazione, ponendo il problema se il rimedio possa essere richiesto senza limiti temporali, al pari della revoca per sopravvenienze, disciplinato dal primo comma del medesimo art 58, o se invece debbano trovare applicazione i termini previsti in generale per le impugnazioni o se debbano trovare applicazione i termini previsti in generale per le impugnazioni o se ancora debbano applicarsi analogicamente i termini previsti in generale per le impugnazioni o se ancora debbano applicarsi analogicamente i termini previsti per l'appello cautelare dall'art. 62, c.p.a.

In dottrina si è osservato che stante la scelta legislativa di qualificare l'istituto come revoca e di disciplinarlo insieme alla revoca chiesta per sopravvenienze, non sarebbero individuabili i termini per chiedere la revoca di un'ordinanza cautelare per uno dei motivi di cui all'art. 395 c.p.c.

11,d) L'OPPOSIZIONE DI TERZO.

L'art. 108, co. I, c.p.a., disciplina l'istituto della opposizione di terzo. L'opposizione di terzo, non risultava prima del codice contemplata nelle leggi sul processo amministrativo. La giurisprudenza del Consiglio di Stato aveva desunto da questo silenzio che nel processo amministrativo l'istituto non fosse ammesso445. La Corte Costituzionale, con la sentenza 177/1995, ha dichiarato

l'illegittimità dell'art. 36 l. T.A.R., nella parte in cui non prevede l'opposizione di terzo ordinaria fra i mezzi di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato e delle sentenze del T.A.R. Divenute giudicato.

Si è dunque considerata applicabile la normativa prevista dall'art. 404, I co., c.p.c., attraverso la quale un terzo può porre in discussione una sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva che pregiudichi i suoi diritti e che sia pronunciata in un giudizio rimasti estraneo. L'opposizione di terzo 442 R. DE NICTOLIS, Processo amministrativo, Milano, 2011, 677.

443 A, DI GIOVANNI, Processo amministrativo di primo grado, in Codice del processo amministrativo, 2011, 110. 444 R. DE NICTOLIS, Processo amministrativo, Milano, 2011, 671.

dovrebbe essere proposta avanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza pregiudizievole per il terzo: tuttavia una parte della giurisprudenza, richiamandosi alle peculiarità del processo amministrativo in tema di legittimazione all'appello, sostiene che solo nei confronti delle sentenze dei T.A.R. l'opposizione vada comunque proposta al giudice d'appello446.

Il suddetto rimedio si riteneva disciplinato dalle norme generali, per quanto non diversamente disposto: si considerava ammissibile la sospensione dell'esecuzione della sentenza qualora dall'esecuzione stessa potesse derivarne grave ed irreparabile danno (art.li 373, 401 e 407, c.p.c.]. La stessa possibilità è da ritenere ammissibile anche alla luce della normativa attuale, pur non risultando alcuna norma espressa al riguardo.

L'ammissibilità è da ricavarsi dal combinato disposto dell'art. 98 del codice, che prevede

sospendibilità dell'esecutività della sentenza impugnata nel caso possa derivarne un danno grave ed irreparabile, e dell'art. 38, che consente il rinvio esterno.

Alla stessa stregua nulla osta a che il terzo richieda la sospensione dell'atto impugnato qualora la parte principale non la abbia richiesta.

Nel momento in cui il terzo propone l'opposizione egli entra, infatti, nel processo con tutti i diritti della parte, tra cui anche la facoltà di richiedere misure cautelari.

11,e) LA REVOCAZIONE E L'OPPOSIZIONE DI TERZO AVVERSO IL DECRETO INGIUNTIVO ESECUTIVO.

La disciplina prevista in queste ipotesi è la medesima di quella delineata dal codice di procedura civile: l'art. 108 c.p.a. precisa che l'opposizione al decreto ingiuntivo deve essere proposta con ricorso. L'art. 654 c.p.c. dichiara ammissibile l'impugnazione per revocazione e opposizione di terzo del decreto ingiuntivo divenuto esecutivo a norma dell'art. 647 c.p.c.

Il decreto può impugnarsi per revocazione nei casi indicati indicati dai numeri 1,2,3 e 6 dell'art. 395 c.p.c. e per opposizione di terzo nei casi previsti dall'art. 404, co. II, c.p.c.

L'opposizione di terzo deve essere presentata con ricorso giurisdizionale amministrativo e su di essa deve pronunciarsi lo stesso Presidente o giudice delegato deputato a pronunciarsi sulla

ingiunzione447.

Si osserva in dottrina che l'istituto ha perso gran parte di rilevanza a seguito della sentenza della Corte costituzionale che, pronunciandosi sui criteri di riparto della giurisdizione con la sentenza 204/2004, ha ristretto l'ambito di applicabilità della materia da parte del giudice amministrativo448.

446 S. CHIARELLI, L'opposizione di terzo nel processo amministrativo, in Ammin. it., 2007, 812; C. CHIERCHIA,

L'opposizione di terzo nel processo amministrativo: concreta individuazione degli estranei al giudizio, in Merito,

2007, fasc. 5, 80; A. BERTOLINI, L'adunanza plenaria del consiglio di stato, l'intervento in appello ex art. 344

c.p.c. e la legittimazione all'opposizione di terzo; L. MONFERRANTE, La tutela del terzo tra appello ed

opposizione ordinaria, 2007, 858. In Giurisprudenza: [C.d.S., sez. IV, 3945/2011; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez.

II, sent. 141/2012.

447 E. PICOZZA, Il processo amministrativo, Milano, 2008, 462. 448 E. PICOZZA, Il processo amministrativo, Milano, 2008, 462.

Capitolo III: Riti speciali IL RITO IMMEDIATO ED ABBREVIATO.

1,a) IL PROCEDIMENTO CAUTELARE NEL RITO ABBREVIATO.

Non è configurabile un solo modello di processo amministrativo di cognizione, a struttura

prevalentemente monofasica: il processo cautelare è ora caratterizzato da vari segmenti processuali. I processi sono differenziati in base alla materia da trattare, con diversi termini processuali e speso interamente celebrati in camera di consiglio e tendono a trasformarsi in micro-processi contrapposti al rito c.d. ordinario. Alla luce dei criteri speciali della legge delega, il codice ha proceduto ad una sensibile riduzione e accorpamento degli stessi, con eliminazione dei riti superflui o desueti

nell'applicazione pratica (esattamente quanto è accaduto sul versante della procedura civile)449. Sono

stati confermati i riti speciali in materia di accesso [art. 116 c.p.a.], di silenzio [art. 117 c.p.a.], di decreto ingiuntivo, il rito abbreviato comune a determinate materie di cui all'art. 119 c.p.a., il rito abbreviato speciale [art. 120 c.p.a.] ed il rito elettorale.

1,b) LA CONCENTRAZIONE DELLA FASE CAUTELARE NELLA FASE DI MERITO. La legge 205/2000 aveva codificato, in relazione ad alcune controversie, un rito ispirato a

particolare concentrazione e celerità, sia nella fase cautelare che in quella di merito450. L'art. 119 del

codice recepisce l'art. 23-bis della legge 1034/1971, introdotto dall'art. 4, l. 205/2000 che tale rito disciplinava. Il codice conferma così tale modello accelerato di processo amministrativo che garantisce strumenti di tutela concentrata e diretta alla velocizzazione dei processi in alcune materie, definite “sensibili”451. L'art. 119 riduce le materie soggette al rito abbreviato ma il

successivo art. 120 del c.p.a., disciplinante lo speciale rito in materia di appalti dispone che, “salvo quanto previsto dal presente capo, si applica l'art. 119”. Ne consegue che, se la materia degli appalti viene esclusa dall'art. 119 per essere disciplinata dall'art. 120 come rito abbreviato speciale, il medesimo art. 119 rimane la normativa di riferimento per la materia452.

L'art. 119 introduce la novità della pubblicazione anticipata del dispositivo solo nel caso in cui almeno una delle parti ne faccia richiesta. La soluzione risponde ad un principio di economia 449 [D.lgs. 150/2000]: “Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e

semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell'art. 54 della legge 69/2009, entrato in vigore il 06/10/2011, c.d. Decreto “taglia riti”, che riduce a tre modelli procedimentali di base i trentatré riti sono ad ora esistenti.

450 La norma non rappresentava una novità assoluta nel nostro ordinamento. In passato il legislatore aveva già introdotto, in alcuni settori, norme processuali volte a favorire la rapida definizione del merito di talune

controversie, dando luogo ad un vero e proprio regime speciale del contenzioso giurisdizionale amministrativo [art. 4, co. IV, l. 1/1978 in materia di opere pubbliche, art. 28, l. 93/1983, legge quadro sul pubblico impiego; art. 31bis della l. 109/1994, in merito alle controversie relative alle esclusioni da procedure di affidamenti di lavori pubblici per cui sia intervenuta una ordinanza di sospensione, che devono essere discusse nel merito entro 90 giorni dalla data dell'ordinanza di sospensione].

451 Le disposizioni si nei giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa aventi ad oggetto: a) i provvedimenti relativi a procedure di affidamento di incarichi di progettazione e di attività tecnico-amministrative ad esso connesse; b) i provvedimenti relativi alle procedure di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, ivi compresi i bandi di gara e gli atti di esclusione dei concorrenti, nonché quelli relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione di aree destinate alle predette opere; c) i provvedimenti relativi alle procedure di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di servizi pubblici e forniture, ivi compresi i bandi di gara e gli atti di esclusione dei concorrenti; d) i provvedimenti adottati dalle autorità amministrative indipendenti; e) i provvedimenti relativi alle procedure di privatizzazione o di dismissione di imprese o beni pubblici, nonché quelli relativi alla costituzione, modificazione o sospensione di società, aziende e istituzioni ai sensi dell'art. 22 della legge 142/1990; f) i provvedimenti di nomina, adottati previa delibera del Consiglio dei ministri ai sensi della legge 400/1988; g) i provvedimenti di scioglimento degli enti locali e quelli connessi concernenti la formazione e il funzionamento degli organi.

processuale atteso che non sempre emerge un'effettiva esigenza della pubblicazione del dispositivo anticipata rispetto alla sentenza. Si è riscontrato infatti che il dispositivo, stante la sua esecutività, finisce con l'essere solo causa di una duplicazione dei giudizi di appello453.

La configurazione legislativa del giudizio abbreviato prevede nelle materie individuate, uno spazio applicativo molto ridotto della sospensiva, potendo il giudice, chiamato a pronunciarsi sulla

domanda cautelare, fissare la data dell'udienza di merito, una volta accertata la completezza del contraddittorio nonché la sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora454.

La ratio è quella della concentrazione della trattazione della fase cautelare in quella di merito. Si tratta di un rito di trattazione differenziato per materie che postula una speciale efficacia e celerità del processo amministrativo455. Le finalità acceleratorie derivano non solo dall'esigenza di

definire in modo celere i ricorsi proposti unicamente avverso gli specifici provvedimenti indicati dal co. I, ma piuttosto di concluderli in modo sollecito in considerazione degli interessi ivi coinvolti456.

L'oggetto del giudizio amministrativo non viene delimitato solamente e formalmente dagli atti impugnati, ma soprattutto dalle domande proposte attraverso i motivi del ricorso: esso si è definitivamente spostato dall'atto impugnato al rapporto controverso, o pretesa fatta valere. Le descritte esigenze acceleratorie si manifestano quando la domanda proposta coinvolge

provvedimenti indicati all'art. 119 c.p.a., e non vengono meno solo perché con il ricorso sono stati impugnati anche altri provvedimenti. Basti pensare al caso in cui esista un rapporto di derivazione tra il provvedimento rientrante nella norma e un diverso provvedimento presupposto457.

Il rito è ascrivibile alla categoria dei procedimenti speciali decisori a cognizione piena ed è alternativo a quello ordinario. La ratio è da rinvenirsi nell'esigenza di porre un argine alla tutela cautelare in determinati settori e di evitare che essa diventi una pronuncia definitiva volta a considerare il soddisfacimento delle pretese del ricorrente458.

Si tratta pur sempre di un procedimento nel quale il modello è delineato tenendo presente l'esigenza che la pronuncia finale sia preceduta dalla valutazione completa ed approfondita di tutte le questioni di merito ed emessa solo dopo che le parti siano state poste in condizione di spiegare in modo completo le loro difese459. La caratteristica di questo rito, dunque, consiste sostanzialmente in una

maggiore intensità dei presupposti cautelari460.

453 V. Relazione introduttiva al Codice del processo amministrativo, in www.lexitalia.it; S. MORELLI, Ottemperanza e riti speciali, in Codice del processo amministrativo, Torino, 2010, 231.

454 R. LEONARDI, La tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 2011, 240.

455 C. CONSOLO, La giurisdizione del giudice amministrativo si giustappone a quella del giudice “ordinario” e ne

imita il processo, in Giust.civ., II, 2000, 541.

456 In Giurisprudenza: [C.d.S., sez. V, sent. 84/2011].

457 In Giurisprudenza: [C.d.S., sez. VI, 1605/2003]: “non appare ragionevole ipotizzare che in questi casi la impugnazione dell'atto presupposto impedisca, o comunque ritardi, l'operatività del giudizio speciale diretto a consentire la più rapida definizione della lite. Parimenti irragionevole sarebbe precludere l'applicabilità del rito speciale nell'ipotesi in cui venga proposto un ricorso incidentale contro un atto diverso da quello impugnato con il ricorso principale e non rientrante, a differenza del primo, tra quelli elencati espressamente dalla norma. La parte resistente potrebbe così impedire al ricorrente di beneficiare del rito accelerato di cui all'art. 23-bis, attraverso la mera proposizione, anche strumentale, di un ricorso incidentale contro un diverso atto”.

458 W. FERRANTE, Le misure cautelari nel processo amministrativo, in Rass.Avv.St., 2006, vol. 4, 3; F. CARINGELLA, Corso di diritto processuale amministrativo, Milano, 2003, 1321.

459 L'art. 23-bis prevedeva un processo “accelerato”, attraverso sia il dimezzamento che la previsione di particolari termini processuali [II, VI e VII co.], il quale, a sua volta, si distingueva, qualora ricorressero alcune particolari condizioni, in un processo “immediato” e “processo abbreviato”. L'art. 23-bis, co. II così disponeva: “I termini processuali previsti sono ridotti alla metà, salvo quelli previsti per la proposizione del ricorso”. D. VAIANO,

L'accelerazione dei tempi processuali, in Trattato di diritto amministrativo, I ed., 2000-2001, vol. Diritto

amministrazione speciale, app. al tomo IV, 36. M.V. LUMETTI, I mezzi per accelerare il processo amministrativo,

in Rass.Avv.St., 2006, 2, 368. In Giurisprudenza: [T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, sent. 908/2011]: viene così ipotizzato che il termine della domanda di fissazione dell'udienza, per il suo carattere di adempimento, da effettuare dopo la costituzione del rapporto processuale, non può che rimanere assoggettata alla diminuzione prevista dall'art. 23-bis, l. 1034/1971, per tutti i termini processuali diversi dalla notificazione del ricorso, per cui, ai sensi del combinato disposto degli art.li 23 e 23-bis, l. 1034/1971, nella materia inerente, l'aggiudicazione, l'affidamento e l'esecuzione di lavori e servizi pubblici, essa va presentata entro il termine di un anno dal deposito del ricorso. 460 R. GAROFOLI, La tutela cautelare degli interessi negativi. Le tecniche del remand e dell'aordinanza a contenuto

Risulta evidente che il particolare rito si pone in una posizione quasi intermedia tra il procedimento ordinario e il procedimento immediato; la norma collega al riscontro favorevole sulla domanda cautelare solo un effetto processuale461.

1,c) IL GIUDIZIO CAUTELARE IMMEDIATO: LA TUTELA CAUTELARE COME PRESUPPOSTO PROCESSUALE PER LA DEFINIZIONE NEL MERITO DELLA CONTROVERSIA.

Il giudizio abbreviato e il giudizio abbreviato speciale disciplinati rispettivamente dagli art.li 119 e 120 c.p.a., si differenziano dal giudizio immediato previsto in termini generali dall'art. 60 c.p.a. (e introdotto dall'art. 26 della l. 1034/1071, così come modificato dall'art. 9 della l. 205/2000). Nel giudizio immediato la decisione nel merito è sollecita, “istantanea” rispetto all'udienza cautelare; al contrario nel giudizio abbreviato l'udienza di merito è fissata ad una distanza ravvicinata rispetto a quella cautelare, ma non è ad essa contestuale462. L'anticipazione della

decisione sul merito al momento della decisione sulla domanda cautelare contempla, invece, la possibilità di convertire il rito cautelare, in presenza di determinati presupposti , con la conseguenza di dare luogo ad un giudizio immediato.

La previsione normativa spinge il giudice amministrativo ad esaminare ogni causa trattata in sede cautelare, oltre che sotto il profilo del pregiudizio, nel merito (oltre il fumus), al fine di stabilire se possa essere risolta immediatamente in via definitiva con sentenza breve o sinteticamente motivata. Il giudizio immediato in esito all'udienza cautelare costituisce un quid pluris rispetto alla possibilità di pronunciare sentenza in forma semplificata in un'udienza di merito463: è necessario sentire in

proposito le parti costituite in giudizio e presenti, le cui richieste non sono comunque vincolanti per il collegio, a pena di vanificare lo scopo dell'istituto. L'art. 60 c.p.a. (così come il cessato art. 3, co. I della legge 205/2000), prevede infatti la facoltà del giudice amministrativo di decidere

immediatamente nel merito le controversie esaminate in sede cautelare, previa eventuale ordinanza di integrazione del contraddittorio.

Ove necessario, il tribunale amministrativo regionale dispone l'integrazione del contraddittorio o il rinvio per consentire la proposizione dei motivi aggiunti, il ricorso incidentale, il regolamento di competenza o di giurisdizione e fissa contestualmente la data per il proseguo della successiva trattazione del ricorso.

La norma statuisce che il giudice può concedere un termine non superiore a trenta giorni alle parti che richiedano di proporre motivi aggiunti, regolamento di competenza o di giurisdizione.

La normativa pregressa precisava che il giudice poteva adottare, ove ne fosse il caso, le misure cautelari interinali, precisione ora non più contenuta nell'art. 60, ma che si dà per scontata464. La