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Applicazione analogica del divieto: l’ipotesi di trasferimento delle quote sociali.

Nel documento I "nuovi" limiti alla concorrenza (pagine 35-42)

I divieti legali di concorrenza

3. Applicazione analogica del divieto: l’ipotesi di trasferimento delle quote sociali.

I principali problemi di applicazione della norma in esame emergono dall’ormai frequente utilizzo pratico di espedienti volti ad eludere il divieto sancito. Basti pensare alle ipotesi in cui un imprenditore individuale, dopo aver ceduto la sua azienda, costituisca una società con personalità giuridica, di cui sia amministratore e socio di maggioranza assoluta, che viene a trovarsi in concorrenza con l’azienda ceduta; ovvero, in altra ipotesi, il socio accomandatario di una società in accomandita semplice (oppure un socio che rivesta nella società un ruolo fondamentale per l’attività della stessa ovvero sia in possesso di un know how rilevante) ceda la sua quota e subito dopo inizi un’attività concorrente con quella della società medesima.

Anche se una lettura superficiale dell’art. 2557 c.c. 1°comma sembrerebbe non includere le suddette fattispecie73, non possiamo immaginare che il “vuoto normativo” lasciato dal legislatore, non sia colmabile attraverso una qualche interpretazione che ne impedisca una facile elusione.

Infatti, dottrina e giurisprudenza, chiamate in varia guisa a risolvere il problema, in alcuni casi hanno percorso la via di un’interpretazione

73 Nella prima delle due ipotesi sussiste l’interposizione di un altro soggetto, mentre nella seconda non c’è cessione d’azienda.

estensiva, altre volte hanno evidenziato la possibilità di un’interpretazione analogica74.

I sostenitori dell’interpretazione estensiva75 la ritengono preferibile per il fatto che si possa prescindere dalla natura comune o eccezionale della norma76. In realtà, c’è anche chi sostiene l’infondatezza di questa tesi, affermando che non si tratta di un caso di minus dixit lex quam voluit, dato che la cessione del bene-azienda è cosa ben diversa dalla cessione del bene- quota sociale77.

La possibilità invece di accedere ad un’interpretazione analogica viene fatta dipendere, in dottrina, dal riconoscimento della natura eccezionale della norma; tale natura renderebbe inapplicabile l’analogia, con la conseguenza immediata che la cessione delle quote sociali sarebbe priva di qualsiasi divieto legale di concorrenza.

Chi 78 sostiene la tesi dell’eccezionalità dell’art. 2557 c.c. ne individua tale natura facendo riferimento ai principi generali di libertà d’iniziativa economica e di concorrenza, sanciti in modo indiscutibile

74 Del resto quand’è necessario forzare un dato normativo i mezzi consentiti non possono essere che quelli di un’interpretazione estensiva o analogica.

75 LA GIOIA, Alienazione di quote sociali e obbligo di non concorrenza, nota a Cass. 23 giugno 1956 n° 2245, Riv. dir. ind. 1957, II, p. 113-114

76 Ricordiamo che le norme eccezionali non sono suscettibili d’interpretazione analogica come dispone l’articolo 14 delle preleggi, ma possono essere oggetto d’interpretazione estensiva: v. GAZZONI, Manuale di diritto privato, 4° ed., Napoli,

1993, p. 50

77 ALBERTINI, Cessione di quote sociali e divieto di concorrenza ex art. 2557 c.c., nota a Cass. Civ. 20 gennaio 1997, n° 549, sez. I in Giust. Civ. 1997, 5, p. 1289. 78 ALBERTINi, op. cit.

dall’articolo 41 della Costituzione: l’esistenza stessa della norma, quindi, ne evidenzia la sua eccezionalità.

Argomentando ulteriormente79, proprio la netta distinzione dal punto di vista soggettivo (società da una parte e socio dall’altra), renderebbe poco adatta l’applicazione dell’interpretazione analogica; ignorare l’esistenza dello schermo soggettivo, caratteristico dell’ente societario80, significherebbe eliminare un soggetto giuridicamente riconosciuto e tutelato dall’ordinamento con palese contraddizione dello stesso. Del resto, immaginare questo superamento, solo nei casi in cui chi cede riveste un ruolo fondamentale per la società, renderebbe l’applicazione di questa norma poco pratica e oltremodo discrezionale. La tesi avversa e prevalente81 sostiene, invece, che l’articolo 2557 c.c. non è altro che un’ulteriore conferma del principio generale di libertà d’iniziativa economica, partendo dal 2° comma dell’articolo 41 della Costituzione 82 e dello stesso principio di correttezza professionale contenuto nel n° 3 dell’articolo 2598 c.c.83Non va dimenticato che, sia quest’ultimo articolo sia l’art. 2557 c.c. sono espressione del principio

79 ALBERTINI, op. cit.

80 Senza distinguo tra società di persone e società di capitali.

81 DELLI PRISCOLI, Trasferimento di azienda e procedimento di applicazione in via

analogica , nota a Cass. Civ., 4 febbraio 2009 n° 2717, sez. I in Giur. Comm. 2010, 1,

p. 47

82“Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.”

83 “Compie atti di concorrenza sleale chiunque:... 3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda.”

generale di buona fede che deve accomunare le parti nell’esecuzione di un contratto 84. Quindi, nel caso il cedente che eseguisse una vendita d’azienda priva di una componente essenziale di quest’ultima (la clientela) non potrebbe essere considerato in buona fede. Pertanto si sostiene che non si tratta di norma eccezionale ma di semplice norma speciale, con tutte le conseguenze interpretative del caso.

Così, indipendentemente dalla modalità pratica, ogni volta che si persegua il risultato di trasferire un complesso di beni aziendali, da un soggetto a un altro (sia direttamente sia indirettamente attraverso l’acquisizione di quote sociali) emerge la stessa volontà del legislatore di impedire che il soggetto cedente possa riappropriarsi di una parte dei beni stessi e in particolar modo della clientela.

La peculiarità di questa interpretazione è che il divieto dell’articolo 2557, 1°comma, c.c. può investire anche l’ipotesi di un sostanziale trasferimento aziendale, effettuato attraverso il recesso del socio di maggioranza, con conseguente passaggio della gestione societaria al nuovo socio.

Altra dottrina85, nell’aderire alla tesi della non eccezionalità dell’art. 2557 c.c., tende a dare scarsa rilevanza all’obiezione dello schermo soggettivo, già richiamata dai sostenitori della tesi avversa. Infatti l’ordinamento consente al singolo imprenditore di beneficiare di una 84 Art. 1375 c.c.: “Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede”

85 STILE, Trasferimento di quote sociali e divieto di concorrenza, nota a Cass. Civ, 24 luglio 2000, n° 9682 sez. I in Giust. civ. 2001, 4, p. 1033

limitazione di responsabilità, avvalendosi della forma giuridica della società unipersonale a responsabilità limitata86.

Così come la dottrina si è espressa in maniera discordante su tale problematica, anche la giurisprudenza ha avuto modo di affrontare il problema giungendo gradualmente alle attuali conclusioni.

La giurisprudenza, sia di merito sia di legittimità87, si è dimostrata inizialmente ferma nel riconoscere all’articolo 2557 c.c. la natura di norma eccezionale, affermando conseguentemente che l’obbligo di non concorrenza, che tale norma pone in capo all’alienante dell’azienda, cessa di operare quando oggetto del contratto di cessione non sia direttamente l’azienda stessa (rectius: quote sociali)88.

L’orientamento più recente e consolidato, dato il numero di decisioni omogenee, è portato ad ammettere l’applicazione analogica dell’articolo 2577, 1°comma, c.c. (disconoscendone la natura eccezionale) in tutti quei casi in cui il potenziale pericolo concorrenziale, combattuto dalla norma, sia rinvenibile.

Così è possibile che “la cessione di quote di partecipazione societaria realizzi il presupposto del pericolo concorrenziale analogo a quello conseguente alla cessione di azienda vera e propria. E ciò 86 Forma introdotta dal d.lgs. n° 88 del 1993, in attuazione della direttiva 21 dicembre 1989 n° 89/ 667 C.E.E.

87 Cass. Civ. 27 febbraio 1947 n° 269 ; Cass. Civ. 7 febbraio 1963 n. 209; Cass. Civ. 29 aprile 1965 n. 756 ; A. Genova 17 dicembre 1993.

88 A. Cagliari, 26 gennaio 1998 in Riv. giur. Sarda 1999, 413; A. Milano, 15 luglio 1997 in Giur. annotata dir. ind. 1999, 222, e Trib. Milano 12 marzo 2002 in Giur. it. 2003, 1428.

indipendentemente dalla natura giuridica della società in questione (...). Non può escludersi infatti che attraverso la forma della cessione di quote si pervenga in realtà all’obiettivo di cedere una precipua attività di impresa. Cosicché la concorrenza eventuale del cedente può realizzare, in astratto, analoga pericolosità per l’effettivo dispiego del diritto d’impresa a danno del cessionario, attraverso analoga possibilità di sviamento di clientela”89.

Ovviamente è fondamentale comprendere quando ricorrano i presupposti di fatto perché una fattispecie concreta dia luogo a una situazione equiparabile a quella dell’alienazione d’azienda.

Al riguardo la Cassazione ha confermato il suo orientamento, secondo il quale si ha alienazione dell'azienda non solo in caso di vera e propria alienazione, ma in tutte le ipotesi di sostituzione di un imprenditore all'altro nell'esercizio dell'impresa, come conseguenza diretta della volontà delle parti o di un fatto da loro previsto90.

La stessa Cassazione suggerisce, infine, che “la verifica concreta di tale sostanziale equiparazione dev'essere condotta con estremo rigore perché con la equiparazione si fanno discendere da una situazione fattualmente meno estesa di quella prevista dalla norma gli stessi

89 Cass. Civ. 24 luglio 2000 n° 9682 in Giust.civ. 2001 90 Cass. Civ. 20 dicembre 1991 n°13762

effetti che questa riconduce alla situazione fattualmente più ampia da essa stessa prevista.”91

Lo stesso modus operandi è stato, di recente, confermato dalla Cassazione92, la quale invita il giudice di merito (nell’ipotesi di cessione di quote) a un’analisi accurata delle circostanze in modo da accertare la realizzazione o meno di un caso analogo all’alienazione d’azienda.

Riassumendo quanto finora rilevato, possiamo giungere alle seguenti conclusioni: l'art. 2557, 1° comma, c.c. costituisce una norma non eccezionale, e quindi ne è consentita l'applicazione in via analogica; è astrattamente ammissibile l'applicazione analogica di detta norma alla cessione di quote sociali; tale cessione realizza un "caso simile” all'alienazione d’azienda, prevista dalla norma, allorché dia luogo sostanzialmente allo stesso fenomeno che la norma ha inteso disciplinare; tale equiparazione va accertata in concreto tenendo conto di tutte le circostanze e le peculiarità del caso e va condotta con estremo rigore.

91 Cass. Civ. 20 gennaio 1997 n° 549 92 Cass. Civ. 4 febbraio 2009 n° 2717

4. L’attualità dell’art. 2557 c.c. alla luce del diritto Antitrust

Nel documento I "nuovi" limiti alla concorrenza (pagine 35-42)