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L’attualità dell’art 2557 c.c alla luce del diritto Antitrust nazionale ed europeo.

Nel documento I "nuovi" limiti alla concorrenza (pagine 42-48)

I divieti legali di concorrenza

4. L’attualità dell’art 2557 c.c alla luce del diritto Antitrust nazionale ed europeo.

Dopo aver esposto le principali problematiche di applicazione e d’interpretazione dell’articolo in oggetto, non si può considerare concluso l’argomento senza analizzare l’impatto che la normativa Antitrust europea e la più recente normativa Antitrust nazionale93 hanno su questo particolare divieto legale di concorrenza.

In che modo, tali discipline incidono su quest’articolo? E´ corretto affermarne una sua abrogazione tacita? E se sì, in che misura?

Le opinioni dottrinali che hanno cercato di rispondere a questi interrogativi sono discordanti. Se da un lato c’è chi94 propende per un’abrogazione tacita della norma, altri95 ritengono invece che siano diversi i campi di applicazione delle normative e che quindi l’articolo 2557, 1°comma, c.c. abbia ancora una sua validità.

Il ragionamento della prima tesi si fonda sull’interesse e sullo scopo primario del diritto Antitrust, ovverosia quello di agevolare l’aumento di soggetti e operatori di mercato in favore della concorrenza, contrastando i comportamenti che tendono, invece, a soffocarla. Di conseguenza, nei casi in cui deve trovare applicazione la normativa

93 L. 10 ottobre 1990, n. 287 - Norme per la tutela della concorrenza e del mercato 94 ALBERTINI, op. cit.

95 MARCHISIO, Circolazione dell’azienda, tutela dell’avviamento e divieto di

Antitrust96, il divieto ex art. 2557,1°comma, c.c. non può trovare applicazione perché tacitamente abrogato97. Infatti il divieto di concorrenza per l’alienante e la durata quinquennale prevista sono incompatibili con un giudizio in senso restrittivo e caso per caso proprio della disciplina antitrust.

A riguardo è interessante notare come nell’ambito Antitrust non esistano norme che impongono restrizioni o divieti in caso di trasferimento d’azienda, ma entro certi limiti, sono consentite clausole restrittive concordate tra le parti98.

Fondamentalmente sarebbe proprio l’opposta prospettiva dell’Antitrust rispetto al Codice Civile (rectius: l’ordinamento in cui è nato il codice) a far ritenere che l’articolo 2557, 1°comma, c.c. sia abrogato ove trovi applicazione la disciplina antitrust.99

Per cui un divieto concorrenziale rilevante per il mercato di riferimento si scontra inesorabilmente con uno dei pilastri del diritto europeo, ovvero il principio di libertà di concorrenza su cui è impressa non la tutela dell’autonomia privata, ma la tutela del benessere collettivo attraverso lo stimolo della concorrenza imprenditoriale.

96 Cessioni d’azienda o operazioni similari rilevanti a livello comunitario oppure a livello nazionale.

97 Art. 15 preleggi

98 Si tratta dell’ipotesi delle clausole accessorie di non concorrenza a carico del cedente, previste nell’ambito di operazioni di concentrazione attuate attraverso una cessione d’azienda.

L’altra interpretazione100 si fonda, invece, sulla considerazione che la fattispecie dell’alienazione d’azienda e il divieto di concorrenza ivi previsto costituiscono nella sostanza una regola di diritto commerciale internazionale, comune a tutti i Paesi: in gioco c’è il risultato utile della transazione, costituente lo scopo stesso del contratto che, se privo di qualsiasi tutela, verrebbe meno 101. La stessa Corte di Giustizia dell’Unione europea102 ha, del resto, riconosciuto l’importanza della tutela dell’avviamento e del know-how ceduto, considerando lecita la clausola volta a garantire questa tutela e difendendo così il limite temporale necessario all’ingresso nel mercato dell’azienda ceduta. Nondimeno anche la Commissione europea103, in qualità di istituzione europea Antitrust, ha espressamente riconosciuto che: “Le disposizioni (rectius: le restrizioni) devono essere necessarie alla realizzazione della concentrazioni, vale a dire che, se esse non esistessero, l’operazione non potrebbe essere realizzata o lo sarebbe soltanto in condizioni assai più aleatorie, a costi sostanzialmente più elevati, in tempi nettamente più lunghi o con ben minori possibilità di successo. Necessarie alla

100 STILE, op. cit.

101 CASANOVA, Impresa e azienda, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da F. VASSALLI, X, Torino 1974, p. 761

102 C. Giust., 11 luglio 1985, 42/ 84, Remia Nutricia

103 Comunicazione della Commissione sulle restrizioni direttamente connesse e necessarie alle concentrazioni, (2005/C 56/03)

realizzazione della concentrazione sono di norma le disposizioni volte a preservare il valore dell’impresa trasferita.”104

La stessa afferma, inoltre, che “alle restrizioni che non possono essere considerate direttamente connesse alla realizzazione della concentrazione e a essa necessarie, invece, continuano ad applicarsi potenzialmente gli articoli 81 e 82 del trattato CE (rectius: oggi artt. 101 e 102 Trattato U.E.)”105. Infine conclude stabilendo quali siano i limiti temporali che giustificano la validità del patto, specificandoli in tre anni “quando la cessione dell’impresa comprende il trasferimento della fedeltà dei clienti tanto come avviamento dell’azienda che come know-how e due anni “quando è limitata all’avviamento dell’azienda”106

Ciò conferma che i limiti temporali sono considerati illegittimi se eccessivamente rigidi e non idonei allo scopo perseguito; mentre potranno essere considerati leciti caso per caso, analizzando le circostanze di mercato, in relazione alla natura e all’applicazione del know-how.

Certamente, è vero che le clausole di non concorrenza vanno ad intaccare i pilastri del diritto Antitrust, comprimendolo, ma è

104 Comunicazione della Commissione, cit., paragrafo 13 105 Comunicazione della Commissione, cit., paragrafo 7 106 Comunicazione della Commissione, cit. paragrafo 20

altrettanto vero che i principi sottostanti all’alienazione d’azienda sono comuni ad entrambi gli ordinamenti.

Le diverse “scelte” degli ordinamenti107 sono frutto delle diverse “sedi” di riferimento: la prospettiva codicistica era incentrata su un’economia nazionale più statica e autonoma e volta alla tutela d’interessi privati; mentre l’impostazione europea (da cui ha origine la stessa legge Antitrust nazionale) è necessariamente fondata su una visione del mercato più dinamica e “collettiva”.

Entrambe le scelte sottendono a un principio di libertà d’iniziativa economica; la differenza si apprezza piuttosto sotto il profilo dimensionale, ovviamente diverso, così da rendere fuori luogo (secondo questa tesi che pare preferibile) una contrapposizione tra l’articolo 2557, 1°comma c.c., e la disciplina Antitrust.

Ebbene, dovendo dare un senso pratico a quest’interpretazione, cosa succede nel caso di cessione d’azienda rilevante per il diritto Antitrust (europeo o nazionale)? Come ci si deve comportare quando, in assenza di diversa pattuizione, il divieto di concorrenza abbia la durata quinquennale ex art. 2557, 1°comma, c.c.? In risposta soccorrono i principi generali previsti dai Trattati, secondo cui gli Stati membri devono astenersi dal mantenere misure che possano ostacolare il perseguimento degli scopi comunitari108 ed inoltre le singole Autorità

107 Ordinamento nazionale da una parte; legge Antitrust (287/1990) e ordinamento europeo, dall’altra.

nazionali (amministrative e giurisdizionali) sono tenute a disapplicare le norme contrastanti109.

Pertanto, come affermato in dottrina110, il divieto di concorrenza di cui all’articolo 2557, 1° comma, c.c. dovrà considerarsi inefficace per la durata che ecceda il termine di tre o due anni secondo quanto stabilito dalla Commissione U.E..

Riassumendo, si può ritenere che il divieto in esame sia tutt’altro che tacitamente abrogato: la norma ha ancora validità in ogni suo aspetto, ad eccezione del limite temporale che dovrà essere calibrato in conformità alla previsione dell’Antitrust111.

109 v. CGCE, 9 settembre 2003, causa C-198/01, Consorzio Industrie Fiammiferi (CIF), Racc., 2003, p. I-8055

110 MARCHISIO, cit.

Sezione II

Il rapporto di lavoro (art. 2105 c.c.) e il rapporto di agenzia

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